Rita Carla Francesca Monticelli… autrice indipendente

Come ricorderete, in qualche articolo precedente ho parlato di un’autrice indipendente che ha pubblicato la sua prima puntata di Deserto Rosso in e-book. A questa seguiranno altri tre episodi di questo romanzo a puntate. Ci siamo conosciuti su twitter e, siccome il suo lavoro mi è piaciuto, oltre la recensione, ecco ospite sul mio blog Rita Carla Francesca Monticelli. Non aggiungo altro. Lascio la parola all’autrice.

Ciao Rita, cosa ci racconti di te? Quando è nata la passione per la scrittura?

Ciao Giovanni, innanzitutto ti ringrazio per avermi invitato nel tuo blog. Non so dirti di preciso quando è nata la mia passione per la scrittura. All’inizio la vedevo come uno strumento per mettere in pratica quella che era la mia grande passione da adolescente (e che continua ad avere un ruolo importantissimo nella mia vita), cioè quella per il cinema. Infatti ho iniziato scrivendo sceneggiature. Il primo tentativo in questo senso l’ho fatto negli ultimi anni di liceo, ma è stato quando ero già all’università, prima come studentessa e poi come ricercatrice (sono una biologa), che mi ci sono cimentata seriamente scrivendo tre sceneggiature, ma anche due fan-fiction, diversi articoli scientifici, iniziando a bloggare e così via. La scrittura è come un fuoco che ti brucia dentro e richiede la tua attenzione. Per quasi otto anni tra il 2001 e il 2009 l’avevo quasi messa da parte (ad eccezione del blogging e della scrittura di poesie e testi di canzoni), ma poi ho deciso non solo di tornare a scrivere sul serio, ma soprattutto di farlo con costanza portando a compimento il mio primo romanzo originale, che, come spesso capita, non è poi quello che viene pubblicato per primo.

Quando è nato il progetto “Deserto Rosso”?

Deserto rosso” è nato lo scorso gennaio. Avevo appena terminato la prima stesura, durata tre anni, di un romanzo e nel contempo mi ero cimentata nella lettura dei libri Robert Zubrin, fondatore della Mars Society e massimo esperto mondiale sul pianeta rosso. Pochi mesi prima era partita la missione Curiosità, che porterà un nuovo rover della NASA su Marte fra qualche giorno (la mattina del 6 agosto, ora italiana). Insomma una congiunzione di eventi che mi ha fatto venire voglia di raccontare una storia di esplorazione di questo pianeta così vicino e simile alla Terra. E proprio a gennaio ho scritto la prima stesura di “Punto di non ritorno”, il primo episodio di “Deserto rosso”.

Come mai lo hai diviso in quattro puntate?

Onestamente non avevo voglia di imbarcarmi in un altro progetto pluriennale di stesura di un romanzo, così all’inizio avevo pensato di scrivere un racconto, dal quale poi sviluppare appunto un nuovo romanzo. Volevo qualcosa di breve col quale sperimentare, in un certo senso senza troppo impegno (anche se poi così non è stato), l’auto-pubblicazione digitale. Con questo spirito mi sono messa davanti al foglio bianco.
Inizialmente avevo immaginato una storia in tre parti di cui “Punto di non ritorno” era in realtà la seconda, poi al momento di scrivere mi sono resa conto che sarebbe stato molto più interessante catapultare il lettore nel cuore della trama con un racconto, che poi si è trasformato in una novella, vista la lunghezza, che narrasse il folle gesto di un membro di un equipaggio, destinato a passare il resto della propria vita su Marte, che un bel giorno avesse lasciato la sicurezza della struttura abitativa per addentrarsi nel deserto marziano ben oltre i limiti di esplorazione della missione stessa, con la certezza di andare a morire. Nel descrivere il viaggio di questo membro, Anna Persson, volevo da una parte mostrare ai lettori le implicazioni anche scientifiche di questa sfida impossibile e dall’altra lasciare che la protagonista rendesse loro partecipi di quali potessero essere le motivazioni della sua scelta apparentemente insensata. Si tratta di un viaggio reale in un ambiente ostile e allo stesso tempo di uno interiore nella mente del personaggio.
Man mano che, però, mi sono messa scrivere questo racconto, ho capito che poteva solo essere la prima parte di una storia molto più articolata.

Hai già in mente lo svolgimento principale e un finale?

A grandi linee sì. Come ti dicevo prima, originariamente “Punto di non ritorno” era la seconda parte di una storia costituita da tre episodi. Dopo aver scritto questa novella e in parte anche durante la scrittura, sono venuti fuori i dettagli del resto della storia, che è andata oltre il finale che mi ero prefissata, costringendomi a estenderla a quattro parti.
In questo momento sto scrivendo il secondo episodio, intitolato “Abitanti di Marte”, che in gran parte racconta l’inizio della storia originale, facendo un passo indietro e mostrando cosa è accaduto in quegli oltre mille giorni di permanenza dell’equipaggio dell’Isis nella Stazione Alfa. Si tratta di eventi che sono strettamente legati al viaggio di Anna e che, insieme a ciò che ha trovato alla fine dello stesso, ci traghettano verso il terzo episodio. Ovviamente, nonostante questo passo indietro, allo stesso tempo continuerà la storia esattamente dal punto in cui l’abbiamo lasciata in “Punto di non ritorno”. Sarà un episodio ricco di rivelazioni e molto probabilmente sarà più corposo come lunghezza, rispetto al primo. Tant’è vero che, a differenza del primo, presenterà una suddivisione in capitoli, necessaria per separare i vari blocchi temporali della storia e soprattutto i cambi di punto di vista. Solo una parte di “Abitanti di Marte”, infatti, sarà raccontata in prima persona, questo ci permetterà di scoprire ciò che Anna ci ha nascosto fino ad ora.
Anche per quanto riguarda gli altri due episodi la trama è abbastanza delineata. Ci sono dei punti fissi, che mi faranno da guida nella stesura del testo, ma scommetto che, da qui a quando li scriverò, la mole di appunti aumenterà notevolmente. La suddivisione in parti alla fine è solo formale e serve più che altro a darmi dei traguardi da raggiungere per “incoraggiarmi” nella scrittura del romanzo intero. Di fatto di continuo mi si materializzano in mente delle scene di tutte e tre le parti mancanti, compresa quella che sto scrivendo, che subito fisso per iscritto. In alcuni casi ho dei dialoghi già pronti con i movimenti e pensieri dei personaggi schematizzati. Questo vale anche e soprattutto per i finali di puntata, compreso il finale di tutto il romanzo.

Essendo un e-book potresti proporre anche due o tre finali, una sorta di contenuti speciali come si fa per il DVD video e i Blue Ray, no?

In teoria sì, in pratica non è una cosa che mi piace moltissimo, anche perché è già molto difficile inventare un finale valido per un romanzo, figurati se poi ne dovessi inventare più di uno! Credo che ogni storia abbia un solo finale che sia veramente perfetto per essa, almeno dal punto di vista dell’autore. La cosa difficile è riuscire è a capire esattamente quale sia e narrarlo nel modo giusto. Ho ripensato molte volte al finale di “Deserto rosso” e rispetto all’idea iniziale l’ho spostato spesso in avanti, perché ritenevo che ci fosse ancora molta storia da raccontare, ma adesso credo di averne trovato uno degno dello spirito del romanzo stesso, il quale in realtà racconta il percorso di cambiamento profondo di un personaggio a opera dello stesso Marte, che in un certo senso è a sua volta un vero personaggio, e del legame profondo e indissolubile che si viene a creare fra i due.
Tutto questo, però, viene poi raccontato tramite una storia ricca di azione, di mistero, ma anche di sentimenti contrastanti, quelli che si trovano nella cosiddetta zona grigia tra il bene e il male, che sono poi, a mio parere, quelli più realistici.
Quest’ultimo aspetto si troverà nel finale, del quale ti confesso di aver già scritto il dialogo (non ti dico fra quali personaggi, ovviamente), compresa la battuta finale, che richiamerà il titolo dello stesso episodio.
La vera difficoltà adesso è unire tutti i puntini e scrivere quello che c’è in mezzo in modo credibile e coinvolgente, o meglio trovare il tempo per riuscirci nel migliore dei modi. E il tempo, tu lo sai bene, per noi autori non famosi purtroppo scarseggia.

Qual è la differenza tra un autore indipendente e un autore che ha alle spalle una casa editrice?

Direi tutto quello che viene dopo la prima stesura di un’opera, almeno in teoria, se la casa editrice in questione ti supporta davvero. Le differenze vanno ad assottigliarsi e riguardare sempre più soltanto la detenzione dei diritti, il conseguente ritorno economico (sempre che esista) e la mera libertà di azione, man mano che si parla di case editrici sempre più prive di mezzi o poco interessate a investire tempo e denaro in un determinato autore. Insomma c’è tutto un gradiente, nell’ambito del quale bisogna essere fortunati.
Personalmente ho scelto la strada dell’indipendenza, perché non mi piace mettere il mio lavoro in mano ad altre persone. Ne sono un po’ gelosa, lo ammetto. Non è solo una questione di mancanza di fiducia (anche perché poi la fiducia va conquistata), ma riguarda la difficoltà oggettiva di trovare delle persone con le quali trovarsi in sintonia, in tutte le fasi di sviluppo del libro, prima e dopo la pubblicazione.
È chiaro che l’autore indipendente deve prima di tutto essere disposto a prendersi la responsabilità del risultato che avrà la pubblicazione del suo libro e per farlo deve prima prepararsi adeguatamente. Deve avere capacità organizzative. Deve avere una reale comprensione delle sue capacità come scrittore, per valutare se e quanto spendere per richiedere l’intervento di un editor professionale. Deve occuparsi della realizzazione della copertina, della descrizione del libro (la cosiddetta quarta di copertina), della formattazione del testo, della scelta delle piattaforme giuste per pubblicarlo, della progettazione della promozione sia prima che dopo la pubblicazione. E deve soprattutto dedicarsi all’intero progetto con passione, sottraendo tempo ad altre attività.
Molti scrittori sono comprensibilmente atterriti anche soltanto dall’idea di affrontare tutto questo o comunque non sanno neppure da dove iniziare, perché l’unica cosa che desiderano fare è scrivere. Io li capisco perfettamente, ma allo stesso tempo, forse con un pizzico di incoscienza (ma in fondo cosa ho da perdere?), mi sento attratta dalla sfida e, nonostante tutte le ovvie difficoltà, devo dire che mi sto divertendo molto nel viverla giorno per giorno.

Quanto hai lavorato sulla fase di correzione del teso? Chi ti ha aiutato?

Dopo aver completato la prima stesura a gennaio, ho lasciato il testo da parte per oltre un mese, durante il quale ho fatto la prima rilettura all’altro romanzo e mi sono messa a studiare diversi libri sulla scrittura e soprattutto sull’auto-editing, che mi hanno aperto gli occhi sui problemi che i affliggevano i miei testi.
Ho rimesso mano alla novella a marzo e ci ho lavorato, realizzando altre tre stesure, fino a metà maggio. Poi l’ho passata a un gruppo di beta reader, una decina di persone, che mi hanno aiutato a stanare tutti quegli errori che ancora si nascondevano nel testo. In precedenza, subito dopo la prima stesura, il testo era stato letto e, rispettivamente, corretto e commentato da due test reader, che avevano già fatto lo stesso con le varie parti del romanzo precedente.

Esiste un lettore privilegiato a cui sottoponi sempre i tuoi scritti e che può darti buoni consigli (oggettivi) sulla tua scrittura?

Come dicevo prima, una volta terminata la prima stesura, subito dopo aver dato una prima rilettura, ho sottoposto il testo a miei due test reader, che poi sono il mio ragazzo e una mia cara amica. Forse non sono i lettori più oggettivi di questo mondo, per ovvi motivi, ma mi sono stati comunque di grande aiuto, essendo entrambi dei forti lettori con una perfetta padronanza della lingua scritta, ma con un background culturale molto diverso. Mentre il mio ragazzo mi ha aiutato a individuare le frasi che non giravano bene ed errori vari disseminati nel testo, limitandosi a un commento di gradimento generale sulla storia (che, ripeto, non poteva essere oggettivo), la mia amica, che tra l’altro non ha una preparazione scientifica né è una lettrice di fantascienza, mi ha fornito degli elementi utili per capire se riuscivo a trasmettere al lettore ciò che volevo, in particolare mi ha dato dei giudizi soprattutto sui personaggi e sulla loro credibilità.
Per tutto il resto che riguarda l’editing in senso stretto, a parte l’intervento dei beta reader nella fase finale, ho fatto per conto mio. Sono consapevole che sarebbe stato opportuno lavorare con un editor, ma avendo poco tempo per cercarne uno col quale mi potessi trovare in sintonia (cosa a mio parere estremamente difficile) né un budget da spendere per poterlo pagare con la speranza di recuperare quei soldi con le vendite (speranza pari a zero, visti i costi di un editor serio e il prezzo del mio ebook, cioè 89 centesimi), mi sono rimboccata le maniche e ho cercato di guardare il testo da una prospettiva esterna, basandomi su quello che avevo imparato nella lettura di alcuni ottimi testi sull’argomento, e l’ho letteralmente massacrato per ben tre volte, finché non mi sono ritenuta soddisfatta del risultato.
Forse, anzi sicuramente, non è perfetto, ma all’editore (cioè io) piace, quindi l’ho pubblicato! 🙂
Adesso la parola va ai lettori.

Ecco, non vorrei dilungarmi oltre. E liberarti da questa intervista. Vuoi aggiungere qualcosa?

Be’, una cosa che sicuramente va detta è che, scrivendo e pubblicando una storia a puntate, si finisce per interagire con i lettori prima che la scrittura sia terminata. C’è chi mi ha chiesto se mi preoccupavo dell’influenza che questo avrebbe potuto avere sulla stesura delle altre puntate. In realtà credo che questa sia un’opportunità in più. Il feedback che ho ottenuto finora in un modo o nell’altro, magari inconsciamente, sta influenzando la mia scrittura e questo è il bello di un progetto così sperimentale come lo scrivere a puntate. Sono tutti ulteriori stimoli, che mettono in moto la fantasia e mi permettono di ampliare il mio punto di vista nel dare vita alla storia. Insomma in ultima analisi ritengo che questo sia un vantaggio.
C’è, però, un rovescio della medaglia, che colpisce poi un po’ tutti quelli che scrivono dei libri nell’ambito di una serie (anche se si tratta di romanzi interi), cioè il timore di deludere le aspettative. In fondo, della stesura di un libro, la scrittura della prima parte è forse la più facile, perché non sei obbligato a dare spiegazioni, ma ti limiti a narrare dei fatti, che hanno lo scopo di creare la curiosità nel lettore. La cosa difficile è mantenere le promesse fatte, tanto più che il lettore, dopo mesi, ha il tempo per farsi delle idee personali sulla storia, che quasi sicuramente verranno sbugiardate. A questo punto l’unico modo per non deluderlo è proporre un proseguo che sia migliore e più sorprendente rispetto a quello immaginato. Ancora una volta si tratta di una sfida e questo pensiero mi spinge ancora di più a non ragionare in maniera ovvia e possibilmente a farmi dettare dai personaggi una storia che riesca addirittura a sorprendere me stessa.
Riesci a immaginare qualcosa di più divertente per uno scrittore? 🙂

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