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  • Venerdì 23 marzo 2018

In Paraguay una ragazzina di 14 anni – stuprata e incinta – è morta durante il parto

E non è affatto un caso isolato: la legge locale sull'aborto è molto restrittiva, per ragioni culturali e religiose

Una ragazzina con un cartello con scritto "No agli abusi", a una manifestazione contro la violenza sulle donne e le bambine, Asunción, Paraguay, 11 maggio 2015. (AP Photo/Jorge Saenz)
Una ragazzina con un cartello con scritto "No agli abusi", a una manifestazione contro la violenza sulle donne e le bambine, Asunción, Paraguay, 11 maggio 2015. (AP Photo/Jorge Saenz)

Giovedì 22 marzo in Paraguay una ragazzina di 14 anni che era stata stuprata, che era rimasta incinta e che non ha potuto abortire a causa delle severissime leggi contro l’aborto del paese, è morta durante il parto. La giovane donna era ricoverata in ospedale da venti giorni a causa di una serie complicazioni avute durante la gravidanza: i medici hanno tentato di eseguire un parto vaginale, ma ha avuto una complicazione respiratoria. Hanno dunque cercato di sottoporla a un parto cesareo di emergenza, ma ha avuto un’embolia, tre arresti cardiaci e poi è morta. Il bambino che è nato è stabile, ma è attaccato a un respiratore.

Hernán Martínez, direttore dell’ospedale di Itauguá, ha detto che la ragazzina era stata ricoverata in ospedale perché la sua gravidanza era ad alto rischio, a causa della sua età. E poi: «È successo tutto molto velocemente. Abbiamo tentato una rianimazione in terapia intensiva, ma non siamo riusciti a salvarla. Il suo corpo non era pronto per una gravidanza». È stata aperta un’indagine sulla procedura seguita dall’ospedale e anche il ministero della Salute ha fatto sapere di essere in attesa dell’autopsia. Nel frattempo giovedì 22 marzo un uomo di 37 anni – accusato di aver stuprato e messo incinta la ragazza – è stato arrestato, secondo quanto dichiarato da Ricardo González Borgne, capo della Segreteria Nazionale dell’Infanzia e Adolescenza del paese.

Nel 2015 in Paraguay era stato negato l’aborto a una bambina di dieci anni che, come aveva denunciato la madre, era stata violentata dal patrigno. Nonostante la richiesta della donna e una protesta che era diventata internazionale nel giro di pochi giorni, alla bambina era stato imposto di partorire. Aveva partorito con un taglio cesareo, riuscendo a sopravvivere. Il Guardian scrive ora che non ha però ancora ricevuto l’alloggio che il governo aveva promesso di darle.

Secondo i dati del ministero della Salute del Paraguay, nel 2015 hanno partorito 889 ragazze di età compresa tra i 10 e i 14 anni. Secondo i dati del Fondo dei popoli delle Nazioni Unite, in Paraguay il 2,13 per cento delle morti materne si riferiscono a bambine tra i 10 e 14 anni. Almeno altre tre ragazzine sono state abusate questa settimana in Paraguay e altre due stuprate in precedenza hanno scoperto di essere rimaste incinte. Ogni giorno in Paraguay quattro bambine subiscono abusi sessuali e due ragazze al giorno sono costrette a partorire, secondo Amnesty International. Nel 70 per cento dei casi l’abuso avviene all’interno dell’ambiente familiare. Rosalía Vega, direttrice della sezione paraguaiana di Amnesty International, ha dichiarato: «Siamo un paese che non ha un’educazione sessuale basata sulla scienza. Le autorità approfittano della maggioranza cattolica del paese per promuovere leggi basate su convinzioni religiose, non scientifiche». La chiesa cattolica e alcune associazioni conservatrici sono molto potenti e promuovono una cultura misogina e omofoba.

In Paraguay l’aborto è permesso solo quando la vita di una donna è a rischio: in tutte le altre circostanze, anche se la gravidanza è il risultato di uno stupro o di un incesto, o anche in caso di gravi malformazioni del feto, l’interruzione di gravidanza non è consentita. Spesso però, come nel caso della ragazzina di quattordici anni già ricoverata e poi morta, anche l’unica condizione per interrompere la gravidanza non viene rispettata. Le leggi repressive contro l’aborto del Paraguay sono il riflesso di un forte cattolicesimo e di una cultura radicalmente discriminatoria contro donne e ragazze. «Il sistema giuridico del paese, e la società in generale», dice Amnesty International, «sembrano considerare le donne poco più che fattrici di bambini». Come sempre accade, le leggi contro l’aborto colpiscono soprattutto le donne più povere. Le famiglie benestanti hanno infatti la possibilità di ottenere un aborto sicuro in una clinica privata o di viaggiare all’estero per interrompere la gravidanza dove è consentito.