Il primo decennio di dati aperti è stato un successo, ma non per le ragioni che pensiamo

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Questo articolo è stato scritto da David Eaves – docente di politica pubblica presso la Harvard Kennedy School (Cambridge, USA) e il suo studente Ben McGuire, tradotto da Maurizio Napolitano.

11 Maggio 2019

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Maurizio Napolitano

Coordinatore Digital Commons Lab Fondazione Bruno Kessler

Photo by Armando Arauz on Unsplash

Questo articolo è stato scritto per Apolitical da David Eaves – Docente di politica pubblica presso la Harvard Kennedy School (Cambridge, USA) e dal suo studente Ben McGuire, e tradotto da Maurizio Napolitano.

Quando, a maggio 2009, è stato lanciato l’Open Government per gli Stati Uniti d’America, sembrava che questa azione fosse in grado di soddisfare la visione di apertura e ricostruzione di fiducia definito nella prima campagna elettorale del Presidente Obama.
La stessa co-fondatrice della Sunlight Foundation, Ellen Miller, era esuberante: “questo passaggio rappresenta un grande cambiamento di atteggiamento nei confronti dei servizi pubblici pubblici. Significa che diventano online. Significa che diventano disponibili. Penso che sia una svolta cruciale nel ruolo del governo“.
Sono passati quasi 10 anni da quando Tim Berners Lee – l’inventore del Web – ha chiesto al mondo di condividere i dati ed altrettanti dal lancio di data.gov.

Se guardiamo indietro, il movimento dei dati aperti ha avuto un impatto, ma non è l’impatto che alcuni pensavano di ottenere.
Si è vista una manciata di App sostenibili e brillanti ed un certo aumento della trasparenza dei governi, con potenziali effetti su corruzione e impegno democratico. Nonostante questi sviluppi siano stati importanti a livello locale, non è chiaro se il loro impatto sia stato tale su scala globale.
Il vantaggio principale dei dati aperti è nel cambiamento culturale che ha generato nel settore pubblico.

L’open data ha convinto i governi che i dati che raccolgono sono un bene pubblico con un valore importante, che questo valore deve essere condiviso a chiunque e che deve essere catturato dagli stessi dipendenti pubblici con la capacità di gestire, analizzare e distribuire i dati con processi sempre più frequenti.

Dopo 10 anni di lavoro, il movimento Open Data sta ancora affrontando molti degli stessi problemi.

Ed è ancora difficile definire obiettivi su programmi Open Data e le metriche che ne dimostrano il successo. Le grandi città e le agenzie nazionali hanno in gran parte abbracciato il movimento, ma la partecipazione a livello statale e provinciale non è uniforme al punto che talvolta, non esiste nemmeno.

I progetti sugli Open Data vengono ancora avviati e gestiti da eroi locali; quando poi queste persone cambiano posto di lavoro o posizione, i progetti smettono di sopravvivere. E in troppi ancora pensano che il successo di una iniziativa Open Data sia quello di riempire una casella con scritto “ho messo dei dati tabellari online”, invece di concentrarsi su investimenti di una comprovata domanda e sul valore pubblico.

Il progetto data.gov e i suoi parallelismi nei governi nazionali, statali e municipali sono stati annunciati come modi per aprire la democrazia, creando uno spazio in cui le comunità hacker delle e gli sviluppatori di app possono trasformare flotte di dati governativi in ricche fonti di valore pubblico.

Il mondo degli Open Data è pieno di storie avvincenti ed esempi di come le informazioni sull’amministrazione trasparente ci hanno regalato molte curiosità.

Il blogger “I Quanto NY” usava i dati aperti di New York per dimostrare come la polizia stava ripetutamente facendo il controllo dei pagamenti dei parcheggi già in regola.

L’App FuelCheck sviluppata nel New South Wales (Australia), permette agli automobilisti di conoscere in tempo reale i prezzi della benzina di tutte le stazioni di servizio del Paese. I cittadini degli Stati Uniti ora possono utilizzare GovTrack e Councilmatic per avere un accesso senza precedenti ai processi governativi nazionali e locali. I residenti di Città del Messico possono conoscere l’indice della qualità dell’aria con frequenza oraria a livello di quartiere.

Di contro, per ogni successo, ci sono almeno 10 progetti che non sono mai riusciti ad essere realizzati. Ma il fatto che gli Open Data siano in grado di essere una piattaforma per questa tipologia di innovazione, è una prova di quanto il movimento abbia creato qualcosa di interessante e utile.

Il problema è che anche storie così eccitanti come quelle sopra elencate rimangono tali – solo aneddoti. Quando invece il tema si sposta sugli impatti delle politiche pubbliche, allora gli esempi sono pochi e difficilmente scalabili e sostenibili. Le analisi sugli Open Data sono difficili da replicare per ciascuna organizzazione e gli impatti sono spesso così diffusi che è difficile misurarne il vero valore.

Di conseguenza, i benefici degli Open Data sono intrappolati in una lunga coda. Gli impatti aggregati possono essere grandiosi, infatti ci sono milioni di decisioni, dal trasporto pubblico alle scelte scolastiche, che vengono fatte quotidianamente sulla base di dati aperti. Tuttavia, identificarli e raccoglierli in qualcosa che è coerente e riconoscibile come valore pubblico è difficile e frustante. I sostenitori dell’Open Data sono condannati, come Sisifo, a raccontare sempre storie di successo.

Il successo finora nascosto ma drammatico degli Open Data è stata quello di un cambio dell’atteggiamento dei funzionari pubblici nei confronti dei dati. Uno degli impatti più importanti è stato convincere i governi che i loro dati sono una risorsa con un valore reale. Questo non vuol dire che non sarebbero mai stati riusciti a valorizzare i dati. Ma senza il movimento Open Data il dibattito sarebbe stato controllato da fornitori e da terze parti.

È probabile che i leader della città avrebbero potuto capire il valore dei loro dati solo dopo che questi siano stati effettivamente privatizzati e posseduti da fornitori e terze parti.
Forse il vantaggio principale e in gran parte non dichiarato del movimento Open Data sta nel far sì che il governo realizzasse che i dati sono un vantaggio, e lo hanno fatto con una prospettiva di trasparenza e valore pubblico, in contrasto con chi invece lo voleva privatizzato e monetizzato.

Sindaci, governatori e responsabili di agenzie partecipate si sono rivolti alla priorità dei dataset da pubblicare in base al loro valore nell’apertura e nell’interesse dei cittadini – e i cittadini hanno avuto una piattaforma per esprimere i loro desideri e obiettivi per le informazioni pubbliche. L’altro vantaggio inaspettato, ma in gran parte non dichiarato, del movimento Open Data era la governance e l’uso interno. I governi lungimiranti, ora sensibilizzati al valore dei loro dati, hanno sviluppato capacità interne per la gestione dei dati, l’analisi e il reporting – una serie di capacità individuali e competenze organizzative con un enorme valore a lungo termine.

La necessità di aprire dati costringe ad imparare come mappare le loro risorse di dati e a gestirle in modo efficiente. Le organizzazioni hanno così imparato come trarre vantaggio da nuove fonti interne e, i primi e più grandi utilizzatori, rimangono gli analisti e professionisti interni che stanno lentamente ma sicuramente trasformando il governo in servizi pubblici digitali più efficienti ed efficaci.

In molti casi, i portali Open Data e i team di analisi sono andati spesso di pari passo. Se gli attivisti sono rimasti delusi dall’apertura dei dati, e se non si può di certo dire che le nuove sorgenti dati abbiano trasformato il settore pubblico da un giorno all’altro, si può però essere assolutamente sicuri affermare che l’insieme di competenze e capacità gestionali sui dati dei governi di oggi sono in grado di evolvere e migliorarne l’uso interno.
Per le organizzazioni, un decennio è spesso un periodo di tempo relativamente breve. Il fatto che oggi centinaia di governi nazionali, agenzie federali, governi statali e provinciali e comuni in tutto il mondo abbiano i propri progetti Open Data, evidenzia il fascino dell’idea e degli ideali che sono dietro al movimento.

Alcuni fra primi sostenitori sono stati delusi dai lenti progressi; altri si meravigliano di ciò che è stato realizzato. Può essere che gli Open Data non forniscano il livello di trasparenza desiderato o che non abbiano stimolato abbastanza l’impegno pubblico che molti desideravano, ma ha avuto un impatto significativo sulla politica e sul panorama governativo. Gli Open Data, istruendo i funzionai sui dati e spingendo la discussione sul valore pubblico, hanno dato vita ad un dibattito molto più importante e più ampio: la governance dei dati e della tecnologia tra i nostri governi.

Parleremo ancora di governance dei dati, e di sostenibilità e valorizzazione di questi ultimi nel tempo, all’interno della Manifestazione ForumPA2019, nell’ambito dell’Academy Suggerimenti per un percorso open data che guardi alla sostenibilità.

L'ACADEMY

Suggerimenti per un percorso open data che guardi alla sostenibilità

L'Academy è rivolta a tutti coloro che sono impegnati nella creazione del patrimonio informativo pubblico e nella sua valorizzazione cercando di garantirne continuità nel tempo.

Roma Convention Center "La Nuvola", 14 Maggio 2019

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