Venerdì 13 luglio 2018
GIURISPRUDENZA
Corte di Cassazione, 3 luglio 2018, n. 17365 - L'azienda cambia orario al dipendente: si al danno biologico
Nel caso di specie, una società di ipermercati adibiva un proprio dipendente (con un bagaglio di competenze tecniche a mansioni meramente manuali), escludendolo dai precedenti lavori di manutenzione elettrica; inoltre, la società modificava l'orario di lavoro del dipendente, prevedendo delle pause giornaliere di sei ore consecutive durante le quali lo stesso non poteva recarsi presso la propria abitazione (data la distanza dal luogo di lavoro).
Tali comportamenti causavano al lavoratore una malattia che veniva poi accertata nel corso del giudizio di merito, mediante la c.t.u. (la quale aveva ritenuto che la stessa fosse causalmente riconducibile al mutamento delle condizioni di lavoro). I giudici d'appello - in riforma della pronuncia di primo grado - condannavano il datore di lavoro al risarcimento del danno biologico.
La Corte di Cassazione ha confermato l'esistenza nel caso di specie del danno biologico in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità dell'esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto.
Sotto altro profilo, la Suprema Corte - richiamando un consolidato principio di diritto in riferimento all'onere probatorio in caso di demansionamento - ha anche chiarito che "quando il lavoratore alleghi un demansionamento riconducibile ad inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 c.c., incombe su quest'ultimo l'onere di provare l'esatto adempimento del proprio obbligo: o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che fosse giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari oppure, in base all'art. 1218 c.c., a causa di un'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile".
Corte di Cassazione, 3 luglio 2018, n. 17358 - Patto di prova nullo: sì alla reintegra
Qualora il licenziamento si fondi sull'errato presupposto della validità del patto di prova, dichiarato poi nullo, dovrà essere applicata la tutela sanzionatoria massima (nel caso di specie, la reintegra e il risarcimento previsti dall'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori).
Nel caso di specie, solo in grado di appello (quindi tardivamente) la Società aveva allegato circostanze idonee a dimostrare la necessità di una durata superiore del patto di prova rispetto a quello previsto dal CCNL applicato.
La Corte di Cassazione ha chiarito che "il licenziamento intimato sull'erroneo presupposto della validità del patto di prova, in realtà affetto da nullità per essere già avvenuta con esito positivo la sperimentazione del rapporto tra le parti, non è sottratto all'applicazione della disciplina limitativa dei licenziamenti, sicché la tutela da riconoscere al prestatore di lavoro è quella prevista dall'articolo 18 dello Statuto lavoratori ove il datore non alleghi e dimostri l'insussistenza del relativo requisito dimensionale".
Corte di Cassazione, 3 luglio 2018, n. 17356 - Tollera i fondi neri anche se sono i vertici a volerli: licenziamento legittimo
E' legittimo il licenziamento intimato al dirigente per falsa fatturazione.
Nel caso di specie, un dirigente veniva licenziato per aver fatto intestare alla società fatture false e per aver acquistato con fondi occulti beni destinati a regalie per i dipendenti, pur avendo egli agito nell'ambito di una prassi aziendale preesistente.
Nella fase di merito, i giudici accertavano che il dirigente aveva tollerato una prassi aziendale (senza intervenire per farla cessare, contribuendo anzi ad alimentarla); il carattere illegale delle false fatturazioni e la violazione delle regole di contabilità (non giustificabili in nome dell'interesse dell'impresa "avendo questa certamente la facoltà di erogare premi ai clienti più fedeli, senza tuttavia passare attraverso violazioni delle regole contabili e di bilancio") oltre che la prassi seguita dal dirigente fosse contraria alle regole di buona amministrazione, di trasparenza e rispetto della legalità, nonché alle regole etiche.
La Corte di Cassazione, confermando le pronunce dei giudici di merito, ha stabilito che "deve ritenersi legittimo il licenziamento per giusta causa inflitto al dirigente che tollera la prassi di fondi occulti in azienda utilizzati per liberalità d’uso come regalie ai clienti più affezionati laddove la creazione di fondi extrabilancio si pone al di fuori della conformità all’ordinamento giuridico che impone regole rigorose nella amministrazione delle società e nella tenuta della contabilità, regole dettate per essere osservate, e non tollera falsi ideologici in nessuna forma e per nessun fine: ne consegue la lesione del vincolo fiduciario alla base del rapporto dirigenziale".
Prassi
INPS - Messaggio del 10 luglio 2018, n. 2791 - Quota TFR in busta paga: cessazione obbligo di erogazione
L’INPS ha emanato un messaggio con il quale informa che, a decorrere da luglio 2018, non essendo stato adottato dal legislatore alcun provvedimento di proroga o reiterazione delle disposizioni normative, i datori di lavoro non saranno più tenuti a erogare in busta paga la quota maturanda del TFR per i dipendenti che ne abbiano fatto richiesta.
Decadono, pertanto, gli obblighi informativi e contributivi della circolare INPS 23 aprile 2015, n. 82, fatte salve specifiche indicazioni, contenute nel messaggio, relative alle aziende che abbiano avuto accesso al finanziamento della Quota Integrativa della Retribuzione (Qu.I.R.)
INL - Nota del 4 luglio 2018, n. 5828 - Sanzione in caso di pagamento delle retribuzioni in contanti
L'Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito ai propri ispettori ulteriori precisazioni in merito al calcolo della sanzione amministrativa in caso di violazione al divieto di pagamento in contanti delle retribuzioni.
In particolare, ha evidenziato come la determinazione della sanzione non deve tener conto del numero dei lavoratori coinvolti quanto piuttosto, in presenza di pagamenti mensili, del numero dei mesi per i quali si è protratto l’illecito.
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Buona lettura e buon weekend dal Team di DLA Piper!