Mentre una parte del mondo occidentale sta portando avanti una guerra contro l’uso indiscriminato dell’olio di palma, ingrediente di svariati prodotti alimentari, la coltivazione di questi alberi continua a essere un business fondamentale per molte regioni del Sud-Est asiatico.
In quest’area, che comprende tra l’altro Indonesia, Malesia e altri stati limitrofi, le piantagioni di palma da olio sono divenute così rilevanti da sconvolgere gli equilibri naturali e la biodiversità della regione.
Infatti, per far spazio alle coltivazioni delle palme, si è proceduto cancellando ampie porzioni di foresta, spesso attraverso gli incendi, causando un’immane perdita di biodiversità.
Il paradosso è che dopo aver rivoluzionato gli equilibri naturali, in queste coltivazioni immense sono proliferati i topi che stanno danneggiando in modo consistente le produzioni.
In Malesia, il secondo produttore mondiale di olio di palma, la Malaysian Palm Oil Board ha calcolato che la perdita di produzione si attesta tra il 5 e il 10%.
Adesso si ricorre all’aiuto della natura
Per correre ai ripari, il direttore generale Ahmad Parveez ha cercato la soluzione in alcuni predatori, ma ci si è ben presto resi conto che i macachi e i gatti locali non potevano frenare l’inarrestabile ascesa dei roditori. E quindi?
Alla fine è stato assoldato il più temibile killer dei topi: il barbagianni. In diverse piantagioni di palme sono stati inseriti centinaia di nidi artificiali per favorire la nidificazione di questi rapaci.
Nel contempo sono stati condotti studi scientifici che comprovano l’effetto positivo delle predazioni dei barbagianni sui topi locali.
E parrebbe proprio che questa sia l’arma letale giusta: si stima, infatti, che una coppia di barbagianni possa, insieme ai suoi piccoli, divorare oltre 1.000 ratti in un anno.
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