Elena Tamburini con Joao Carvalho

Il matrimonio tra Sangiovese e Touriga Nacional.

I Tamburini producono vino dal 1890, da cinque generazioni, in 50 ettari di terreno situati nelle colline del Chianti ad est della  cittadina termale di Gambassi. Dal 2002 è al comando dell’azienda Emanuela Tamburini che ha ereditato sapienza agricola e amore per il vino dal padre Mauro e da nonno Italo.

Sito e materiale illustrativo ci raccontano, attraverso splendide foto e paesaggi struggenti, la storia di questa famiglia e riportano meticolosamente vita morte e miracoli di tutta la produzione di vino, di grappa di olio extravergine.

La Vendemmia e i passaggi prima di essere un buon vino

Questo materiale costituisce un panorama esauriente di dati tecnici, ma non rende assolutamente l’idea di che cosa abbia significato l’ingresso di Emanuela, tra l’altro laureata in enologia, in azienda e quale sia il programma strategico che sta dietro all’esistente e ai nuovi programmi.

L’idea ce la siamo fatta in maniera chiara lunedì 11 febbraio durante la presentazione del nuovo vino Douscana presso la trattoria Burde, sentendo parlare Emanuela e cercando di carpire che cosa  esattamente sta dietro al suo operato e dietro ai vini che produce. La sua nuova equazione dice Douro + Toscana = Douscana: un vino ottenuto con il 50% di uva portoghese, per la precisione la Touriga Nacional della valle del Douro, zona del Porto insomma, e un 50% di toscanissimo Sangiovese.

Le origini

Cominciamo dalle origini dell’Agricola Tamburini. La tradizione innanzitutto: un Chianti dedicato al padre Mauro, il The Boss, e un Chianti Riserva dedicato a nonno Italo. Un’azienda che ha sede in Chianti, non può prescindere da questa etichetta, anche se a volte, come ci conferma Emanuela, “vendere Chianti può essere limitante in termini di fascia di prezzo e target di mercato, cosa che non avviene con gli IGT”.

Oggi siamo a circa 20.000 bottiglie prodotte per anno. Sempre nel filone della tradizione e dell’amore per il Sangiovese, di recente l’azienda ha fatto il suo ingresso a Montalcino con una quantità, ancora ridotta, di 1.000 bottiglie di Somnio, Brunello di Montalcino DOCG. Fino a qui la storia è abbastanza scontata.

I prodotti sono di ottimo livello, ma siamo in un campo dove la concorrenza è agguerrita e multiforme come un moderno cerbero dalle tre facce e dalla pelle piena di serpenti. Fare un buon prodotto non basta, soprattutto se nel passato c’è anche una forte tradizione di sfuso e fino al 2005 il vino prodotto veniva venduto per intero proprio come sfuso.

I prescelti

Emanuela spinge sull’etichetta e dal 2005 comincia ad uscire con il primo vino in bottiglia, il Sangiovese IGT Il Massiccio con il quale  cerca il consenso di mercati nuovi. Ecco che si capisce la presenza in catalogo di tre vini “personali” o almeno fuori dal coro, tre IGT dedicati al Sangiovese, ma declinati in maniera originale.

Il primo, il Castelluccio Rosso, è un Sangiovese al 90% con aggiunta di un 5% di Merlot e di un 5% di Cabernet Sauvignon,  vinificato in acciaio e maturato in cemento. Un vino “entry level”,  prodotto in circa 10.000 bottiglie, che di basso ha solo il prezzo, mentre da subito riscuote grandi apprezzamenti dalla critica guidaiola e dalla ristorazione.

Il secondo, il Massiccio, è la prima etichetta imbottigliata dalla Tamburini, ed è un blend di Sangiovese 85%  e Merlot 15% vinificati in acciaio e maturati in cemento per un anno. Niente legno, neppure per il merlot, e questo vino piace molto alle donne e ha il suo mercato principale in Danimarca

Il terzo, il Moraccio, Sangiovese 90% e Merlot 10%, è prodotto in circa 3000 esemplari solo nelle migliori annate e in piccole quantità, e qui la maturazione, unico caso per il marchio Tamburini,  avviene per 6-8  mesi in barrique nuove sia per il Sangiovese che per il Merlot. Il vino, sino ad ora, più internazionale, molto venduto agli stranieri in visita in azienda.

A parte il Moraccio, vicino a un Super Tuscan, per il resto siamo di fronte a vini che cercano immediatezza di comprensione e facilità di beva, privilegiando gli aspetti più semplici e fruttati delle uve. Non per niente questi sono i vini che godono della percentuale più alta di vendite all’estero., che hanno fatto da testa di ponte per l’ingresso del marchio nei nuovi mercati.

In definitiva l’attenzione è rivolta da un lato al mercato più tradizionale, quello che apprezza Chianti e Brunello, e mettiamoci anche il Vin Santo del Chianti d’Incanto,  mercato che però non costituisce l’universo dei bevitori i quali molto spesso non comprendono le finezze del Sangiovese (il recente, e per fortuna già assorbito, terremoto del Brunello di Montalcino vorrà pure significare qualcosa), dall’altro lato ai mercati internazionali, propensi a privilegiare vini con maggiore rotondità e frutto e immediatezza di comprensione.

Nonno Italo, però, a mio parere, mai e poi mai avrebbe pensato a mescolare il suo  Sangiovese di casa con un qualcosa di esotico e prodotto molto al di là dell’orizzonte visto dal colle più alto delle proprie terre. L’intervento di una mentalità giovane con una visuale proiettata sul mercato globale, l’intervento di Emanuela, appunto, è in questo caso determinante.

Emanuela e Mauro Tamburini

L’incontro con Douro Family Estates

Il caso appunto vuole che Mauro ed Emanuela entrino in contatto con alcuni esponenti della realtà Douro Family Estates, un’associazione di quattro famiglie di produttori, Quinta dos Poços, Quinta do Soque, Quinta das Bajancas e Brites Aguia con tenute nella valle del Douro.

L’associazione  produce tre livelli di vini, un base, un superiore e un livello alta gamma. Il Douro è la regione dove si produce il Porto, ma questo vino, nonostante l’altissima qualità e le grandissime potenzialità nella gastronomia, subisce, anche se meno di altri fortificati, la crisi dei vini dolci, passiti, liquorosi, tipologia che resta apprezzata solo in un ristretto ambiente di gourmet di scuola anglosassone.

Si cerca allora uno sbocco nel settore dei grandi rossi da invecchiamento. Siamo in un territorio molto caldo e il risultato si percepisce molto bene nell’assaggio del DFE Douro DOC 2015, 100% Toriga Nacional, dal colore intenso e pronunciati profumi di fiori, frutto rosso, ciliegia in confettura.

A sinistra Francesca Pinochi dell’ufficio stampa con Emanuela Tamburini

Al palato è denso e morbido, con un frutto dolce che si espande e si allarga, sostenuto da un’acidità che è presente, ma resta in seconda linea e da un tannino robusto ma maturo. Un vino che sembra pensato proprio per il mercato internazionale di alto livello. Viene da pensare anche ad altri tipi di mercato in espansione che prima o poi potrebbero rientrare tra gli appassionati di questa tipologia di prodotto.

Si parla di quei nuovi bevitori, americani o cinesi, che sono alla base di strepitosi episodi di vendite con cifre a sette zeri. Dodici milioni di bottiglie vendute in un anno di 19Crimes, ad esempio, per non parlare dei fenomeni Yellow Tail di Casella o di Meyomi in California (con cifre intorno ai 60 milioni di bottiglie vendute in un anno  senza possedere un ettaro di vigna).

Vini progettati appositamente sui nuovi consumatori, quelli che non avevano mai bevuto un bicchiere di vino in vita loro e non certo abituati a raffinatezze degustative. (Potete approfondire su questo giornale ai link:  http://bit.ly/2DLvqWx      http://bit.ly/2O1PbuX).

Vini fondamentalmente morbidi dolci alcolici, assolutamente distanti dai nostri palati, ma che con il tempo porteranno questa enorme massa di consumatori ad apprezzare prodotti più raffinati, come appunto potrebbe essere un DFE Douro.

Abbiamo messo nella giusta posizione una pedina che un domani potrà rivelarsi un cavallo di Troia all’interno di mercati del tutto nuovi. Niente vieta, nel frattempo, di pensare anche  al mercato internazionale di alta gamma.

Cosa potrebbe esserci di meglio di un vino che unisse l’eleganza, la raffinatezza, la freschezza di un Sangiovese, alla struttura, alla sapidità,  alla polpa fruttata e matura e agli intensi profumi di una Touriga Nacional?

Douscana

Qualche anno di lavoro dietro ad un’idea giovane, nuova e ben definita, dei produttori altrettanto giovani e determinati, uno staff tecnico, da Matteo Betti e Andrea Bernardini fino a Filipa Pizarro, che mette a punto vinificazioni, assemblaggi e affinamento ed ecco nascere il Douscana, il frutto dell’unione di due territori tra i più vocati del vino nel mondo.

Il Sangiovese è vinificato in Toscana e la miglior selezione viene spedita in Portogallo, quindi è assemblato con la Touriga Nacional. L’idea, a ben vedere, non è nuova. Roberto Cipresso la percorre da anni, proponendo con buon successo assemblaggi di uve provenienti dall’Italia del Nord a quella del più profondo Sud. Il caso Douscana però sembra partire fin da subito con una marcia in più e con prospettive molto interessanti.

Il Douscana 2015 è prodotto in 2.600 bottiglie vendute al prezzo di circa 26 euro. Si presenta con un colore rubino intenso e profondo, ma ricco di lampi luminosi. Il profumo è estremamente complesso e spazia da frutti rossi e neri come ciliegia morella, mirtillo, mora, prugna, fino ai fiori di violetta, alle essenze di macchia, al tabacco kentucky, alle spezie.

Al palato si apre su note fruttate potenti e fresche, la dolcezza del frutto è subito sostenuta da freschezza acida e sapidità, mentre il tannino è già vellutato e ben risolto. Impressiona anche la lunghezza in bocca. Il tutto fa pensare a quale evoluzione potrà avere questo vino con il paziente soggiorno in bottiglia.

Fa presagire che siamo di fronte a un vino da lunghissimo invecchiamento e dalle potenzialità infinite, se giustamente sostenuto da buone azioni di marketing, perché il fare un vino buono è solo il primo passo, ma per raggiungere le quotazioni d’asta in mancanza di una storia pluricentenaria è necessario anche un altro tipo di lavoro.

Le premesse ci sarebbero tutte, se consideriamo che Chianti e Douro sono due tra le prime Denominazione di Origine del mondo. Chianti è una delle quattro zone citate dal Bando di Cosimo III de’ Medici nel 1716, mentre il  Douro viene delimitato nel 1756 ad opera del Marchese di Pombal.

In occasione della presentazione del Douscana abbiamo conosciuto anche João Carvalho, responsabile commerciale e marketing della DFE: ebbene parlare con lui e con Emanuela, percepire il loro entusiasmo e la loro passione, la convinzione che sta dietro alle decisioni prese, tutto questo, unito al gruppo di persone che hanno dato vita all’iniziativa, mi ha convinto che le qualità del Douscana non sono per niente casuali ed effimere, ma che in futuro avremo una nuova stella brillante nel firmamento del vino. O forse anche più di una.

Paolo Valdastri

Agricola Tamburini – Wines from Tuscany
Via Catignano, 106 – 50050 Gambassi Terme – Firenze – Italy
ph. 0571 680235
www.agricolatamburini.it