Sono passati dieci anni da quando ho visto Anche libero va bene, ma ricordo esattamente il primo pensiero a farsi strada in me, appena uscita dal cinema, fra le emozioni a cui il primo film di Kim Rossi Stuart mi aveva inchiodata. Il pensiero era una domanda: perché? Perché ci ostiniamo a investire in quello che proviamo, se, come la madre di Tommaso, il piccolo protagonista, anche a noi potrebbe capitare di svegliarci una mattina, non provare più niente e allora prendere, andarcene senza salutare, non sapere chi siamo e che cosa vogliamo, quindi tornare, ma solo per andarcene di nuovo e poi di nuovo tornare?
Per quale motivo se, come Tommaso, siamo stati amati male, da persone impegnate a nutrirsi anziché nutrirci, noi, proprio noi, dovremmo invece essere capaci di amare e costruire una famiglia e nutrire? Non sarebbe meglio rinunciare una volta per tutte a quello che, ben che vada, è uno straordinario equivoco, prima di rivelarsi, nella maggior parte dei casi, un gioco al massacro?
Certo, ma il richiamo della vita purtroppo e per fortuna è irresistibile, allora: come? Come possiamo sperare di salvare noi stessi e gli altri dal bambino che siamo stati? A queste domande risponderà Tommaso stesso, che ormai ha quarant’anni, nel film che porta il suo nome e che sarà a Venezia fuori concorso e uscirà nelle sale l’8 settembre.
E intanto risponde lui che Tommaso l’ha scritto, diretto e interpretato: bello senza farlo apposta, naturalmente gentile, sprovvisto di qualsiasi formula piaciona o preconfezionata di chi deve promuovere qualcosa di suo. Insomma, alla ricerca. Come se tutti a questo punto avessimo capito chiaramente quanto vale Kim Rossi Stuart, tranne Kim Rossi Stuart.
Ma alla fine di questa chiacchierata si capirà perché: e, soprattutto, che ha ragione lui.
«Spero che non suoni presuntuoso o esagerato, ma Tommaso potrebbe essere il mio film testamento. Sono passati nove anni da quando ho cominciato a lavorare al soggetto e in questa storia c’è tutto quello in cui io mi ostino a credere. Racconta il percorso di uomo che, prima in maniera confusa, poi sempre più precisa, avverte l’urgenza di conoscersi, smetterla d’ingannarsi per smetterla di ingannare. Ha un valore etico, per me, il mettersi a nudo del protagonista davanti a se stesso».
(...) E ha più o meno la sua età, fa l’attore, sta scrivendo un film, ha un forte desiderio di paternità: quanto le somiglia?
«Condivido con lui molte riflessioni, ma l’autobiografismo è solo un’illusione ottica: ho voluto appositamente dare a Tommaso il mio lavoro e altre mie caratteristiche per essere il primo a consegnarmi alla sincerità del suo smarrimento, a questa sua nudità. E per lo stesso motivo ho scelto un registro che passa in continuazione dal tragico al comico, per guardare non solo ai suoi, ma a tutti i nostri problemini esistenziali anche con distacco e ironia. Mi sono davvero abbandonato a questo personaggio. Sa, mentre giravo il primo film controllavo ossessivamente qualsiasi dettaglio, qualsiasi virgola perché fosse recitata esattamente come io l’avevo pensata e scritta. Stavolta, invece, sul set sono arrivate intuizioni, battute nuove, delle scene sono state interamente improvvisate dall’alchimia fra me e le brave attrici con cui ho lavorato».
Forse perché, nel frattempo, è cambiato lei: cinque anni fa ha conosciuto Ilaria Spada, la sua compagna, ed è diventato padre.
«Certo. La nascita di Ettore mi ha obbligato a fare i conti con la tentazione folle di tenere sempre tutto sotto controllo. Per carità, quell’ansia sta sempre lì: ma quando arriva un figlio ti confronti inevitabilmente con l’imponderabile».
Tommaso ci ricorda che da grandi ameremo come siamo stati amati da piccoli: sente che è anche sua, oggi, la responsabilità del trattamento che un domani Ettore riserverà agli altri?
«Lo sento molto. Un altro dei motivi per cui ho voluto fare un film come questo è perché, un giorno, quando sarà adolescente, mio figlio possa vederlo… E magari fare meno danni».
È più difficile essere figli o genitori?
«Per quanto riguarda la mia storia personale, non ho dubbi: ho avuto un’infanzia talmente faticosa da lasciarmi pochi ricordi sereni. Come padre, invece, il divertimento e le gioie sono continue. Quando Ilaria è rimasta incinta… anzi, no: non mi piace quest’espressione». Si ferma. Ci pensa. Riprende. «Quando Ilaria e io abbiamo deciso di avere un figlio – perché così è andata – per tre anni io mi sono dedicato solo a Ettore, alla meraviglia di quest’evento».
Il titolo provvisorio del film era Due, vero?
«Ha avuto tanti titoli provvisori, uno era L’intelligenza del maschio, per esempio, un altro Viaggio di un uomo in stallo… Ma doveva chiamarsi anche Due, sì. Perché?».
Perché lei parla con talmente tanto entusiasmo della paternità che mi viene un sospetto. Non è che, anziché risolvere i problemi con la relazione di coppia e con questo benedetto Due, molti uomini superano a destra la faccenda passando direttamente al Tre e facendo un figlio?
Ride. «Posso parlare solo per me. A un certo punto ho sentito lucidamente la voglia e la felicità di mettere al mondo un’altra creatura e di regalarle l’esperienza del vivere che io ritengo prodigiosa, anche con il carico di malessere che ci tocca sopportare. Però, per arrivare al Tre, il Due è fondamentale. Ricordo bene come, in maniera più o meno subliminale, ho riconosciuto in Ilaria le caratteristiche che desideravo per la madre di mio figlio».
Cioè?
«Ilaria è una persona complessa e, come tutte le persone complesse, vive di contraddizioni. Oltre a innamorarmi follemente di lei, ricordo di avere avuto un’intuizione subliminale sulla sua capacità di amare un figlio e darsi a lui».
Per un bambino, secondo lei, è più importante l’amore che riceve o l’amore che percepisce fra i suoi genitori?
«Sono essenziali entrambe le cose. Per questo il famoso Due rimane un discorso centrale. Detto questo, possiamo fare un percorso, come lo fa Tommaso: ma non credo si possano mai risolvere definitivamente i nostri problemi con un organismo naturale e allo stesso tempo artificiale come è la coppia…».
L'intervista completa sul numero 34 di Vanity Fair in edicola da mercoledì 24 agosto 2016.