Firenze, 23 settembre 2016 - 09:17

Macchiarini, la verità che manca
e gli alt della scienza

In tre Paesi (Italia, Svezia, Spagna) i media stanno cercando di portare alla luce la verità sulla sua condotta scientifica. Paradossalmente, l’arresto a Firenze è stata una sciagura, per chi cercava di capire i risultati dei suoi interventi

di Alessio Gaggioli

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Tre inchieste giornalistiche, in Italia, Svezia e Spagna, hanno provato o stanno cercando di portare alla luce la verità sulla condotta scientifica e clinica di Paolo Macchiarini. A Stoccolma nel 2015, la principale rete tv svedese, Svt, ha realizzato un documentario su cosa sia successo ai pazienti sottoposti da Macchiarini a trapianto di trachea. Dei tre pazienti operati in Svezia solo uno è vivo, ma è ricoverato da tempo per problemi post operatori. In Spagna, proprio in questi giorni, viene messa in dubbio l’efficacia del primo trapianto che rese famoso Macchiarini nel mondo e che spinse il governatore Enrico Rossi (all’epoca, nel 2009, assessore regionale alla Sanità) a farlo rientrare ad ogni costo in Italia, a Firenze, a Careggi. L’inchiesta di Carmen Janen, su El periodico de Catalunya, ha scoperto che la paziente, Claudia Lorena Castillo Sanchez, sopravvissuta a quell’operazione, è andata incontro a gravi complicanze che Macchiarini avrebbe nascosto, sia ai media che a Lancet, la prestigiosa rivista scientifica che pubblicò per prima la notizia di quel trapianto senza precedenti su cui Macchiarini costruì gli ultimi anni da stella della sua carriera.

Il Corriere Fiorentino già nel 2009 sollevò dubbi sull’efficacia e l’eticità dell’attività scientifica e trapiantistica di Macchiarini. Da subito, da quando cioè il chirurgo presentò a Careggi e all’Università — con l’allora preside di Medicina Gianfranco Gensini, che aveva promesso a lui e a Rossi la chiamata diretta per farne un professore ordinario dell’Ateneo — curriculum falsi o da cui comunque era impossibile ricostruire la sua carriera accademica, come concluse la relazione del gruppo di saggi nominato dall’università che Gensini non ha mai reso pubblica. Scrivemmo anche quello che oggi stanno scoprendo in Spagna, cioè che quando fu arrestato, era il settembre 2012, Macchiarini stava rioperando per l’ennesima volta Claudia Lorena Castillo Sanchez. Ma non successe nulla. Anzi. Dopo quell’arresto di Macchiarini, in Italia, è rimasta solo una traccia: l’inchiesta della Procura fiorentina — passata tra le mani di tre procuratori diversi — che lo accusava di truffa nei confronti dei pazienti (e che ora è finita con l’assoluzione del chirurgo), ma che non è mai entrata nel merito dell’attività scientifica del chirurgo come invece sta facendo la magistratura svedese (lì è accusato di omicidio colposo e lesioni colpose gravi).

Quell’arresto, in realtà, è stata una sciagura. Non solo per il chirurgo viareggino, ma paradossalmente anche per chi cercava di capire quali risultati avesse ottenuto Macchiarini nei suoi anni di Careggi. In Italia, in Toscana, da quel momento è calato il silenzio sulle sue attività scientifiche. L’oblio. Le istituzioni che avevano fatto di tutto per portarlo qui non si sono mai poste pubblicamente il problema di capire se gli interventi sperimentali fatti da Macchiarini a Careggi fossero stati eseguiti seguendo le regole (etiche e scientifiche). E nessuno conosce il reale stato di salute delle persone su cui Macchiarini ha provato la sua tecnica sperimentale, anche perché gli unici dati che la Regione ha diffuso sono autocertificati dal chirurgo stesso, che in Svezia è stato accusato (accusa poi provata) per aver falsificato i risultati dei suoi trapianti. Sappiamo che non sono andati bene, che Careggi ha dovuto risarcire almeno uno di questi pazienti (di cui per motivi di privacy non possiamo raccontare la drammatica storia). Non sappiamo se però tutti i pazienti fossero davvero senza alternative come diceva il chirurgo all’epoca per giustificare i trapianti come «compassionevoli». E non sappiamo se siano stati informati adeguatamente dei rischi a cui andavano incontro. Di una cosa invece siamo sicuri: se Macchiarini nel 2012 non fosse stato arrestato, nonostante i curriculum falsi, nonostante le denunce e i dubbi sollevati da qualche accademico e da questo giornale (che in una lettera di raccomandazione al Karolinska l’allora assessore Rossi definì «vili attacchi mediatici»), sarebbe ancora a Careggi dove la Regione con un finanziamento (predisposto ma mai erogato di svariati milioni di euro) pur di non perderlo gli aveva messo in piedi il Cert (Centro di ricerca europeo).

In Svezia invece sta succedendo l’opposto. Il Karolinska dopo aver licenziato Macchiarini (per cattiva condotta scientifica e clinica) ha reso pubbliche pochi giorni fa due inchieste commissionate a professori esterni all’Università e all’ospedale che stanno cercando di ristabilire la verità sui tre trapianti di trachea effettuati dal chirurgo viareggino a Stoccolma. In quelle relazioni si dice che la pessima condotta del chirurgo viareggino sia stata facilitata dalla «cultura del silenzio», dalla «mancanza di rispetto per le regole e dall’assenza di verifiche» sui pazienti sottoposti a trapianto e sulle procedure e i motivi che hanno portato a quei trapianti. Il professor Kjell Asplund (il presidente del consiglio nazionale svedese per l’etica medica che ha condotto una delle due inchieste) parla di pressioni dell’Università svedese sull’ospedale per assumere Macchiarini e per difenderlo dalle critiche. Nella seconda relazione, che il Karolinska non ha nascosto ma diffuso, si dice che l’istituto «ha fallito nei controlli sul rispetto delle regole e delle procedure», di «pazienti (due morti, uno ricoverato da tempo subito dopo l’intervento, ndr) non adeguatamente informati», di aver adoperato «farmaci mai approvati per un utilizzo clinico»; che Macchiarini «non sempre era disponibile a trattare le complicazioni post operatorie dei pazienti e che l’ospedale — così come successo a Careggi — «non ha mai garantito un sistematico follow up», necessario anche per aggiornare le pubblicazioni che Macchiarini faceva sulle più prestigiose riviste scientifiche di volta in volta. In questi mesi, da quando il chirurgo viareggino è stato licenziato, al Karolinska fioccano dimissioni e licenziamenti: 15 giorni fa due membri della Commissione Nobel (Harriet Wallberg e Anders Hamsten) sono stati allontanati dalla stessa commissione (fatto senza precedenti) per aver sottovalutato le scorrettezze commesse da Macchiarini ed aver fatto addirittura pressioni per l’estensione del suo contratto col Karolinska.

«Abbiamo fallito, ora spetta a noi dimostrare che siamo molto di più di un semplice caso Macchiarini», ha detto il direttore dell’ospedale Karolinska, Melvin Samsom. «Quello che è successo è inaccettabile ed eccezionale, ma ci servirà per rivedere tutte le procedure di ingaggio e non commettere gli stessi errori». Il Karolinska cerca di capire come sia potuto succedere. Cerca di difendere l’immagine dell’istituto che assegna il Nobel della medicina riportando a galla la verità. Sarà forse la Svezia, saranno forse ancora una volta gli altri, a darci lezioni di trasparenza, etica ed umiltà nell’ammettere i propri errori. Rossi, a poche ora da una sentenza di primo grado che nulla c’entra con le attività cliniche di Macchiarini, dice che la Toscana ha perso un grande chirurgo. Da Stoccolma definiscono il caso Macchiarini, licenziato per cattiva condotta scientifica e clinica, «il più grande scandalo della sua storia». E dagli sbagli commessi cercano di ripartire. E noi?

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