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Sei anni fa la Juventus iniziava il ritiro di Bardonecchia con l'obiettivo di riprendersi da due settimi posti consecutivi che avevano svilito e attristito tutto l'ambiente dopo alcuni ottimi risultati arrivati subito dopo il ritorno dalla Serie B. Nell'anno in cui la Juventus avrebbe dovuto compiere il salto di qualità, qualcosa si spezzò. Nella stagione 2009/10 Zaccheroni venne chiamato a raccogliere i cocci lasciati da Ciro Ferrara, l'anno dopo, il primo di Agnelli, Marotta e Paratici alla guida della Juve, Gigi Delneri non riuscì a ripetere il miracolo fatto alla Samp. Nell'estate del 2011, sei anni fa, appunto, i bianconeri affidavano la guida della Juventus ad Antonio Conte. L'uomo giusto al posto giusto, uno juventino vero che avrebbe dovuto far ricordare all'ambiente che cosa vuol dire giocare nella Juventus.

LA SVOLTA DI ANTONIO - Sudare e vincere: sono questi i due precetti che Conte si è sempre portato dietro, sia da calciatore che da allenatore. A Torino Antonio deve riportare la cultura del lavoro, della fatica e soprattutto, della vittoria. “Torniamo ad essere quelli che dobbiamo essere: non quelli che eravamo”, si può riassumere così il pensiero di Conte al suo primo approccio da allenatore nel mondo Juve.”Confessare che sono contento è riduttivo, oltre che banale. Posso garantire che questa accoglienza mi ha caricato ancora di più e vi giuro che sono già carico abbastanza”, diceva Conte in questo momento sei anni fa. “Qui c’è gente che è venuta per trascorrere le vacanze accanto alla Juventus, non dobbiamo dimenticarlo. Gente che va ripagata con i fatti, non con le parole. Ci sarà da lavorare perchè è fondamentale che alcuni concetti vengano assimilati il più in fretta possibile. Io devo trasmettere le mie idee, devo dare a tutti il senso dell’organizzazione tattica”, continuava Conte che, ancora, non sapeva di essere il fondatore di un progetto vincente che sta continuando la sua strada, battendo tutto’ora record su record.

ACQUISTI – Quell’anno a Bardonecchia arrivarno anche Vucinic, Pirlo, Lichtsteiner e Vidal. Cambiò anche lo scenario delle partite casalinghe della Juventus. Non più l’Olimpico che aveva caratterizzato il post-calciopoli, ma lo Juventus Stadium, la nuova casa della Juve, quasi la prova che la Juventus non sarebbe stata più quella degli ultimi due anni. La prova che la Juve stava diventando qualcosa di diverso, di più grande, come lo era stato in passato e, se possibile, anche di più. “La cosa più importante è ritrovare subito lo spirito Juventus. Il resto verrà dopo. Il punto di partenza è la voglia di sudare e di combattere, bisogna che ognuno dei miei giocatori si ficchi in testa un’equazione: Juventus uguale vittoria. Io sono fiducioso, ho trovato un gruppo disponibile, anche se ammetto che dopo due settimi posti il morale non può essere al massimo”. Ci pensò lui, Conte a far tornare le cose come erano prima. Oggi sei anni fa prendeva in mano le redini della Juventus trascinandola verso tre scudetti consecutivi, cifra poi eguagliata da Max Allegri. Sei anni fa la Juventus si leccava le ferite causate da due settimi posti consecutivi ma sei anni fa a quest’ora la Juve di oggi, quella della leggenda, stava già nascendo.