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Adesso è un diritto pagare con PagoPA. Ma solo il 37% degli enti ha un servizio

Dopo diversi rinvii entra in vigore l’obbligo di aderire alla piattaforma (esclusi i Comuni con meno di 5mila abitanti). Ma è difficile sanzionare

di Alessandro Longo

Le regole per gestire in sicurezza i pagamenti digitali

4' di lettura

Pagare con PagoPA è un diritto. Così com'è accedere all'ente tramite Spid o Carta di identità elettronica, online, per poter fruire dei servizi e, tra l'altro, poterli così pagare (multe, tasse, tributi). Ma è un diritto a macchia di leopardo, con grosse sacche di inadempienza, nonostante i buoni passi avanti fatti nell'ultimo anno sul fronte di PagoPA: a oggi solo il 37% degli enti ha almeno un servizio attivo con PagoPA. Ci sono anche grossi Comuni che mancano all'appello, come quello di Taranto. E nonostante una lunga battaglia di Altroconsumo non è ancora possibile pagare in modo facile e digitale il contributo per il rilascio del passaporto. Inadempiente in questo caso è il ministero dell'Interno.

È il decreto Semplificazione e innovazione a stabilire l'obbligo, dando tempo fino al 28 febbraio 2021 per tutti gli enti pubblici ad accettare Spid, Cie e PagoPa. Obbligo che nel caso di PagoPa veniva rimandato dal 2018. La conversione del decreto ha poi concesso una proroga – sino alla fine dell'emergenza Covid – ai circa 5mila Comuni con meno di 5mila abitanti.

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La lista degli inadempienti sarebbe comunque lunga, ad oggi. Perché persino gli ospedali e le scuole, essendo strutture pubbliche, sarebbero tenuti a fare pagare con PagoPA, con grossi vantaggi al cittadino e all'amministrazione stessa in termini di maggiori efficienza e comodità, minori costi.

A macchia di leopardo

«Basta vedere sul sito PagoPA che questo diritto si traduce in pratica nella possibilità di pagare ben pochi servizi. Il 70% dei pagamenti PagoPa riguarda il bollo Aci”, dice Eugenio Prosperetti, tra i più noti giuristi di PA digitale. Al secondo posto c'è l'Agenzia delle Entrate con il 17 per cento, a seguire, distanziati, l'Inps, la Regione Veneto e il Comune di Milano.

C'è un grosso vantaggio per il cittadino a poter pagare così alcuni servizi fondamentali e usati da tutti. Ma lo scopo della legge era ben più ampio.

«Per far rispettare la norma al ministero dell'interno non ci resterebbe che una class action - dice Marco Pierani di Altroconsumo, che si batte sul tema passaporto da due anni -. Le nostre diffide sono state annullate dalle successive proroghe all'obbligo PagoPa; ora è scattato ma le armi per il cittadino restano spuntate».

«Lo sanno tutti e l'ha riconosciuto la stessa PagoPa: l'impianto sanzionatorio per le amministrazioni inadempienti resta molto debole - aggiunge Prosperetti -. Questo al netto di situazioni dove far rispettare l'obbligo in tempi di covid è molto difficile, oggettivamente. Si pensi agli ospedali. Non si possono mica bloccare le strutture sanitare perché non possono fare pagamenti via PagoPa».

L’adesione e i servizi

Ma altri enti, vedi grossi Comuni e ministero degli interni, non hanno le stesse giustificazioni: «Sarà interessante vedere come il nuovo Governo, con il comitato interministeriale per l'innovazione diretto dal ministro Vittorio Colao affronterà il problema dei ritardi», aggiunge Prosperetti.

Il sito di PagoPa pubblica la lista degli enti aderenti, dove si trovano anche Camere di Commercio, ordini professionali, scuole, circa 11mila Comuni, solo un centinaio di aziende sanitarie.

Aderire e offrire il servizio al cittadino - che è ciò che conta – sono però due cose ben diverse. Solo il 37% degli enti ha un servizio attivo infatti. Almeno uno: la norma si accontenta di questo, non c'è nemmeno un orizzonte temporale fissato per poter pagare così tutti i servizi degli enti.

Da PagoPa notano comunque che nel 2020 le adesioni alla piattaforma hanno avuto un balzo di 1600 enti, grazie al lavoro della struttura di PagoPA dedicata all'accounting territoriale che «affianca gli enti nel processo di adesione e migrazione dei servizi su pagoPA e appIO, offrendo consulenza, supporto tecnico e assistenza mirata one to one, anche attraverso strumenti operativi che possano agevolare soprattutto i piccoli Comuni»; al «supporto di partner ed intermediari tecnologici pubblici o privati sul territorio, di cui ogni PA si può avvalere e che offrono soluzioni per il completo passaggio alle piattaforme abilitanti»; all'avviso pubblicato lo scorso 15 dicembre 2020, per l'assegnazione dei contributi destinati al territorio (risorse previste dal Fondo per l'Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione). Sono stati oltre 5.500 i Comuni che hanno richiesto di accedere ai contributi”.

Da PagoPa fanno sapere che non hanno pronta la roadmap di adeguamento degli enti che ancora non si sono adeguati.

In ritardo l’app IO

Discorso a parte per l’app IO. La norma impone agli enti solo di cominciare i lavori di transizione dei servizi su app io entro il 28 febbraio. Al momento, dicono da PagoPa, ce ne sono circa 400 con 900 servizi (messaggi di notifica e pagamenti legati a scuola, mobilità, anagrafe, tributi, edilizia…), anche se in questo momento l'app è in lavorazione e non rende accessibili i servizi locali.

«Questione di poco tempo perché tornino attivi», fanno sapere da PagoPa, che gestisce l'app. Ma anche per l'app IO si applica il principio della concentrazione degli utenti su pochi servizi disponibili, come il cashback, il bonus vacanze, di nuovo il bollo auto.


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