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ma lei spiega: «punita perché trattavo i detenuti con umanità e rispetto»

Gran Bretagna: la secondina licenziata perché troppo sexy vince la causa

Amitjo Kajla, fu cacciata nel 2008 per essersi mostrata troppo provocante nei confronti dei detenuti

Amitjo Kajla (dal sito della Bbc)
Amitjo Kajla (dal sito della Bbc)
LONDRA (GRAN BRETAGNA) - Ha vinto la causa la secondina costretta a lasciare il posto di lavoro perché vittima di episodi di bullismo da parte dei suoi stessi colleghi a causa della sua avvenenza. La bella Amitjo Kajla aveva, infatti, denunciato il servizio penitenziario inglese per licenziamento ingiustificato e discriminazione sessuale e il tribunale di Birmingham le ha dato ragione.

LA VICENDA - La 22enne, che lavorava come guardia carceraria presso il “Brinsford Young Offender’s Institution” nei pressi di Wolverhampton, era stata mandata via dall’istituto di pena nell’aprile del 2008, dopo che i suoi colleghi (che, a suo dire, si erano “compattatati” contro di lei) l’avevano accusata di familiarizzare troppo coi detenuti maschi e di vestire e di truccarsi in maniera eccessivamente provocante (in realtà, la ragazza era stata costretta a riadattare l’uniforme d’ordinanza alla sua taglia “mignon” e per questo l’abito era più corto e più stretto): accuse infondate secondo la diretta interessata, che aveva così deciso di portare il caso davanti ai giudici, denunciando i soprusi subiti. E la giustizia ha riconosciuto le sue ragioni, convenendo che il licenziamento della signorina Kajla era stato immotivato e le sue accuse di mobbing fondate. Da qui, la sentenza favorevole, mentre l’ammontare del risarcimento verrà reso noto agli inizi di novembre.

LA DIFESA - «Sono molto felice per la decisione del tribunale – ha detto una sorridente Amitjo al termine dell’udienza – . Tutto quello che io ho fatto è stato di mantener fede alle indicazioni dell’HMPS (il servizio penitenziario, ndr): ovvero, trattare i detenuti con umanità e rispetto. Ma ad un funzionario della prigione non piaceva il mio modo di lavorare, che era in contrasto con l’approccio “macho” che lui preferiva e così io sono diventata la donna debole che poteva essere intimidita e umiliata. Inoltre, sono particolarmente contenta perché è stato condannato anche il modo in cui l’HMPS ha tentato di giustificare gli episodi di bullismo nei miei confronti, sostenendo che erano causati dal mio approccio coi detenuti e dal mio aspetto. L’intera storia è stata davvero stressante, ma voglio ringraziare tutti coloro che hanno detto la verità in tribunale, anche se questo poteva significare mettere a rischio il loro futuro nel servizio penitenziario nazionale». E mentre un portavoce dell’HMPS si è detto deluso per l’esito della sentenza e ha spiegato alla BBC che «il servizio carcerario prende sul serio ogni accusa di molestia sessuale», l’avvocato della Kajla, Nigel Tillott, ha affidato al “Sun” la felicità per la vittoria: «Spero che il servizio penitenziario rifletta sulla sentenza del tribunale e riconosca le proprie responsabilità, perché anziché appoggiare la mia cliente, loro hanno sostenuto il comportamento di quelli che l’hanno intimidita, senza pensare nemmeno per un momento che lei potesse avere ragione».

Simona Marchetti
15 settembre 2009(ultima modifica: 16 settembre 2009)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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