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MODELLI

Artisti, grafici e informatici
tutti insieme nello stesso ufficio

Spazi condivisi e a tempo, per risparmiare e fare rete: il coworking si diffonde nel nostro Paese

La squadra, collaboratività del coworking
La squadra, collaboratività del coworking
Potrebbe essere una delle cifre stilistiche del lavoro che cambia. Soprattutto per chi vive di contratti a progetto. Ma è anche una soluzione logistica per lo start up soffice di una nuova attività professionale. O un luogo di lavoro più adatto per un free lance a cui sta stretta la casa. E comunque questi sono solo tre tratti dell’identikit di una tendenza che si sta diffondendo i n Italia, quella del coworking. Un po’ figlia della crisi (si condivide un ufficio e si risparmia sulle spese), un po’ costruita sul modello del lavoro 2.0 che si potenzia nei social network. Soluzione inventata quattro anni fa da un informatico della Silicon valley, stanco di creare programmi sui divani di uno Starbucks coffee.

L’idea del coworking è semplice: in uno spazio comune si allestisce un certo numero di postazioni di lavoro con tavoli- scrivania, attacchi per il computer, connessione Internet e con, eventualmente, l’uso di una sala riunioni per ricevere ospiti e clienti. Il tutto con affitti stracciati, massimo 300 euro al mese, senza caparre e senza basi minime di permanenza: si può stare anche un solo giorno, a fronte di locazioni classiche che chiedono contratti almeno semestrali. E in questo periodo in cui le società riducono il personale e svuotano gli uffici, l’avere spazi disponibili diventa un’occasione da offrire in coworking.

«Ma non è solo un fatto di scrivanie, l’importanza dell’idea è la vicinanza tra persone, la possibilità di fare network scambiandosi idee e integrando competenze con il vicino di tavolo», commenta Massimo Carraro, coordinatore della rete Cowo da lui fondata nove mesi fa e che già conta 24 uffici affiliati in 11 città d’Italia. «Siamo partiti a Milano un anno fa, tra i primi a importare il coworking - continua Carraro -. Ora con il marchio Cowo ci sono spazi da Roma a Firenze, a Bari, a Vicenza, a Genova, a Napoli o a Torino».

Ma altri marchi proliferano, come a Udine con un’iniziativa partita solo una settimana fa, o come a Bologna dove «Pillola 400» ha uno spazio con 15 postazioni. «L’età media dei nostri coworker - spiega la responsabile Barbara Sarti - è sui 40 anni. Abbiamo artisti, designer, grafici, informatici e persino un broker di fertilizzanti. Spesso si tratta di start up di nuove attività: se funziona si passa a una sede stabile. Intanto, mentre si lavora gomito a gomito con qualcuno che ha una professionalità complementare, ci si scambia favori. Come la grafica che qui ha dato una mano a uno stilista per preparare una brochure». In definitiva una collaboratività che è poco frequente negli altri contesti lavorativi, e che invece nel coworking funziona perché free lance di aree diverse non entrano in competizione.

Enzo Riboni
20 novembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA


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