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Il commento

Ancora Slogan? Provate a Sorprenderci

La strategia Davanti a vicende nuove, gravi e imprevedibili, le risposte non possono essere vecchie, rituali e prevedibili

Il commento

Ancora Slogan? Provate a Sorprenderci

La strategia Davanti a vicende nuove, gravi e imprevedibili, le risposte non possono essere vecchie, rituali e prevedibili

«Se non ora, quando?». Capisco lo spirito, condivido il fastidio, discuto il metodo. Ancora piazze e slogan? È il XXI secolo, ragazze!
Ho pubblicato questo commento su Twitter, ieri, e sono stato inondato di reazioni. Prevedibili, sorprendenti, irritate, irritanti, comprensive, preoccupate, ragionevoli. Molte chiedono: «Bene, lei cosa propone?». Ci arrivo, ma prima lasciatemi spiegare, allungandomi oltre i 140 caratteri di Twitter.

Davanti a vicende nuove, gravi e imprevedibili, le risposte non possono essere vecchie, rituali e prevedibili. Microfono e buone intenzioni, lettura delle dichiarazioni, studentesse e sindacaliste, francarame e facce già viste. Si finisce per far sembrare originali perfino i soliti, professionali slalom di Giuliano Ferrara, degni dei mondiali di sci in corso (dove peraltro non scendono in mutande). «Se non ora, quando?» sotto le mie finestre, in una delle 230 piazze d'Italia, quella di Crema, dove ci conosciamo tutti: duecento persone, più o meno le stesse di quand'ero studente.

«Se non ora quando?», manifestazione a Milano
di Alessia Rastelli

Sgombriamo il campo da un equivoco. Ho scritto sul «Corriere», chiaramente e ripetutamente, che la questione legata a Ruby è seria: un capo di governo deve risponderne in tribunale e magari in qualche intervista, invece di rifugiarsi nei videomessaggi e tra le braccia di dipendenti, portavoce e consiglieri. La vicenda non riguarda infatti solo la vita privata di un uomo pubblico - che peraltro, come insegnano le grandi democrazie, è meno tutelata di quella di un normale cittadino. Di chi ci guida, infatti, dobbiamo valutare la coerenza, l'affidabilità, l'onestà, il buon senso, la responsabilità.
Le notti di Arcore (palazzo Grazioli, villa Certosa etc) non rappresentano solo un'umiliazione per le donne italiane. Hanno coinvolto organi elettivi (un premio per le favorite?); apparati di protezione (poveri carabinieri di guardia!); questioni di sicurezza (rischio di ricatti); reputazione internazionale (l'Italia derisa nel mondo); importanza dell'esempio (talmente catastrofico che i nostri ragazzi dicono «Blah!» e guardano oltre).

Rispondere a questo sfacelo con l'ennesima manifestazione? Sa di déjà vu. Un milione di donne in piazza nel mondo? A casa, in Italia, ce n'erano trenta milioni. L'Egitto, costantemente richiamato nelle menti e nei commenti? Be', andrei piano prima di celebrare un colpo di stato militare; e poi, in Medio Oriente, è bene aspettare come va a finire (Iran docet). Ma c'è di più. Come questo giornale non si stanca di ripetere, i governi cadono in Parlamento (dove s'accettano le dimissioni). L'opinione pubblica ha il diritto di farsi sentire, i magistrati devono poter lavorare. Ma diciamolo, per banale che sia: sono le urne che decidono chi governa.

La giovane precaria e la sindacalista, l'immigrata e l'attrice: sincero e addirittura commovente, in qualche caso. Ma già visto. Quelle donne avevano cose nobili da dire, ma le hanno dette nel modo consueto e nei soliti luoghi. La forza di Silvio Berlusconi è la capacità diabolica di reinventarsi e sorprenderci. Va affrontato con lo stesso metodo. Sono amico di Lella Costa, ammiro Paola Cortellesi e Anna Finocchiaro. La fantasia non gli manca di sicuro. Provino a inventarsi altro. Qualcosa che possa convincere decine di milioni di donne che non sono scese in piazza, e non lo faranno mai: eppure molte di loro, in questi giorni, sono imbarazzate e arrabbiate. Il momento più efficace, a Roma, è stato il ballo finale sul palco: perché era spontaneo, e non l'avevamo già visto.

È vero: le ragazze e le donne, in Italia, non la pensano come Nicole Minetti, che su Affaritaliani.it ha chiamato in sua difesa Cenerentola e Biancaneve (le quali probabilmente s'avvarranno della facoltà di non rispondere). Certo: concedersi a pagamento non è la nuova forma di imprenditorialità femminile, come argomentano maschi cinici in libera uscita. Ma le donne italiane devono - anzi tutti noi dobbiamo - inventare forme di protesta più originali. Dico la prima cosa che mi viene in mente: coprire l'Italia di post-it rosa, per un mese, scrivendo cosa fanno le donne vere, quelle che non hanno nessuna intenzione di sacrificarsi per i minotauri.
Perché diciamolo: il nostro labirinto è grande, e non ne contiene uno solo.

Beppe Severgnini
14 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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