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QUANDO L'ELETTORE NON C'ÈIl commento

La clientela del deputato

QUANDO L'ELETTORE NON C'ÈIl commento

La clientela del deputato

Che cosa penseranno in queste ore, leggendo nelle cronache delle belle imprese dell'onorevole Milanese, i suoi elettori? E che cosa avranno pensato ieri o l'altrieri gli elettori dei vari Cosentino, Papa, Brancher, Romano, e di non pochi altri senatori e deputati, a vario titolo indagati, rinviati a giudizio, condannati da un tribunale? La risposta è semplice: non hanno pensato niente. Per una ragione altrettanto semplice: perché quegli elettori in realtà non esistono. Grazie alla legge elettorale in vigore, infatti, si è eletti alla Camera o al Senato per il puro ed esclusivo fatto di occupare un determinato posto nella lista presentata da un partito, non per altro (così come più o meno analogamente la consigliera regionale Minetti non è stata eletta per aver ricevuto dei voti, ma per la semplice volontà espressa dal candidato-presidente Formigoni di averla nel suo «listino»: l'elezione di lui comportando automaticamente quella di lei). In Italia non si eleggono dei rappresentanti, com'è noto: si vota un partito. Ci pensa questo, preliminarmente, a indicare nomi e cognomi.

Ne deriva che se si vuole occupare un posto di parlamentare ciò che conta è una cosa sola: guadagnarsi il favore di chi sceglie i nomi dei candidati da mettere nella lista di partito, e ottenere un buon posto nella medesima. Cioè, in pratica, l'unica cosa che conta è ingraziarsi ad ogni costo chi comanda: vale a dire il capo o i capi del partito. E naturalmente non smettere di farlo neppure a elezione avvenuta, dal momento che molto comprensibilmente ogni eletto vuole sempre essere rieletto. Il risultato è che in specie dove la gerarchia è ferrea - leggi nel Pdl - il semplice deputato o senatore diventa un'entità del tutto priva di ruolo ed eterodiretta: non ha da fare altro che votare come gli viene ordinato, ogni suo contatto con la base è sostanzialmente inutile, non ha radici in niente, non ha alcun elettorato di riferimento, non deve rispondere a nessuno se non a chi lo ha fatto eleggere.

Diviene in tal modo inevitabile - in fondo anche ragionevole - che il semplice deputato o senatore si dedichi allora a quelle attività diciamo così collaterali che possono procurargli direttamente un utile personale, ovvero renderlo «interessante» agli occhi di chi comanda: per esempio frequentare a vario titolo le sue varie stanze, mettere a disposizione appartamenti, persone e servigi di ogni tipo, offrire regali, creare occasioni, e poi intermediare a beneficio proprio incontri, appalti e commesse, agevolare amici e parenti, favorire nomine, e via dicendo. In Italia, il malcostume e la corruzione legati alla politica traggono un alimento continuo e potente innanzi tutto da questo degrado della funzione parlamentare, che da tempo è spogliata di quasi ogni autentico significato.

È dubbio però che il vero rimedio possa essere una diversa legge elettorale. Tuttavia cambiare quella attuale - per esempio ritornando non già a qualche sciagurata riedizione della proporzionale ma al «Mattarellum» - rappresenterebbe perlomeno un segnale. È vero, infatti, che anche con il «Mattarellum» i candidati dei collegi uninominali venivano scelti dai partiti - come del resto era la regola anche con la proporzionale - ma quel che dopotutto fa una certa differenza è per che cosa si viene scelti. Se per prendere più voti possibile in un determinato collegio, ovvero, come accade oggi, se per ricevere un regalo in cambio dell'obbedienza e di nient'altro.

Ernesto Galli Della Loggia
11 luglio 2011 07:24© RIPRODUZIONE RISERVATA

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