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Africa Masterchef: a tavola si mangia, si parla e ci si conosce

Concorso per "bianchi, neri e gialli, musulmani, cristiani, ebrei e atei" e i 5 vincitori avranno un contratto da cuoco

Vera Mantengoli
2 minuti di lettura
Un momento della gara Africa Masterchef (foto Mantengoli) 

VENEZIA. Bianchi, neri, gialli e misti. Cristiani, musulmani e atei. Lunedì sera, all’Istituto Alberghiero Barbarigo di Castello, si è visto uno spaccato del mondo in piccolo, riunitosi per la premiazione del concorso «Africa Masterchef».

I 17 sfidanti, provenienti dal centro di accoglienza Boa di Venezia e da altri in provincia, sono fuggiti da Gambia, Nigeria, Etiopia, Somalia, Libia, Guinea ed Eritrea. I cinque vincitori, grazie all’abilità dimostrata ai fornelli nel preparare un piatto dal sapore squisitamente africano, si sono guadagnati la possibilità di lavorare come cuochi all’«Africa Experience».

Il locale, ideato dai soci afghani Hamed Ahmadi e Hadi Noori e dall’iraniana Mandana Nadimi, nascerà a breve in Calle Lunga San Barnaba. Ahmadi, già fondatore con Sarah Grimaldi e Ali Qalandari della società «Orient Experience» che dà il nome ai due ormai noti ristoranti dal sapore medio orientale, propone lo stesso format, ma questa volta in versione africana.

Favorire l’integrazione attraverso la condivisione del cibo. La giuria era composta dal preside Claudio Marangon, dai docenti dell’istituto, da Rosanna Marcato delle Politiche Sociali del Comune, dai soci Grimaldi e Qalandari e da una trentina di persone del pubblico che hanno espresso con cinque ceci i loro piatti preferiti.

«Siamo bianchi, gialli e neri – ha detto Ahmadi, aprendo la serata – e non posso non notare quanto sia bella e colorata questa stanza, piena di persone che provengono da tutto il mondo e di religione diversa e che siedono tutti allo stesso tavolo con gioia e curiosità». Soddisfatto Marangon che ha dato la disponibilità delle cucine e l’aiuto dei cuochi della scuola, Manuel Garofalo e Luana Saivezzo: «Dietro a ogni piatto c’è una storia – ha aggiunto il preside – e situazioni come questa farò in modo che si ripresentino». La caratteristica che ritorna nei cibi preparati sono la carne, cotta nei modi più svariati, e un pane spugnoso, adatto ad assorbire le buonissime salse.

Prima della premiazione ognuno ha presentato il proprio piatto. C’è chi cucina da sempre come la prima classificata, l’eritrea Alganesh Gebrehiwet, ma anche chi ha imparato giorno dopo giorno durante il viaggio della speranza, come Sow Muhamed della Guinea. Efe Agbontaen della Nigeria ha invece preparato un piatto che nel suo Paese si prepara a Natale e che non è passato inosservato. Sempre dalla Nigeria verrà servito il piatto di Ernest Nosakahere e dell’altra donna scelta, Love Ybenosawemwinghate (nella sua lingua significa «Che Dio ti benedica»). «Insegnavo in Libia lingua e letteratura inglese – racconta Love, 25 anni – ma poi sono iniziate da parte dell’Isis le persecuzioni dei cristiani. Sono fuggita su un barcone che si è rovesciato in mare e siamo stati un giorno in acqua, avevamo tutta la pelle rovinata che bruciava dal sale e dal carburante che si era dissolto in mare. Ora sono qui e mi piacerebbe di nuovo ricominciare, in particolare a scrivere. Vorrei fare la giornalista». Il primo passo è stato fatto lunedì, con il primo lavoro in Italia.

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