11 giugno 2019 - 22:51

Alimentazione: cosa ci dicono le etichette e gli errori da evitare

di Simona Ravizza

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Per nutrirsi meglio la prima regola è quella di sapere «cosa» si mangia. Lo strumento più immediato a disposizione è l’etichetta, resa obbligatoria dall’UE nel 2011 su tutti i cibi confezionati («Per ottenere un elevato livello di tutela della salute dei consumatori e assicurare il loro diritto all’informazione», dice la normativa). Sull’etichetta è specificato il contenuto di grassi (saturi e non), carboidrati, zuccheri, proteine, sale, valore energetico; e per vitamine e sali minerali viene indicata la percentuale contenuta nel prodotto rispetto alla razione giornaliera raccomandata. Poi ci sono i claims nutrizionali, ossia indicazioni concise ben in evidenza sulla confezione: «senza zuccheri aggiunti», «ricco in omega-3», «ad elevato contenuto di fibra». Seguono quelli salutistici: «calcio e vitamina D per aiutarti a rinforzare le ossa», «riduce il colesterolo», «vitamine B6 e D che aiutano il buon funzionamento del sistema immunitario». Si tratta di scritte disciplinate dall’Ue per garantire la veridicità del messaggio.
In quanti leggono le etichette?

I conti li ha fatti il dipartimento di Scienze e Politiche ambientali della Statale di Milano: solo il 22% legge sempre le etichette, e il 28% lo fa spesso. Ma la metà dei consumatori praticamente non la utilizza: il 18% mai, l’11% raramente, il 22% ogni tanto. Tra chi le legge: l’85% ha un titolo di studio superiore, il 58% sono donne e il 52% ha più di 45 anni. I giovani si informano poco: tra i 18 e i 24 anni solo l’11%. Tra chi non le legge: il 65% ha un titolo di studio di scuola media inferiore e in percentuale minore il diploma; il 53% sono uomini, il 47% ha meno di 45 anni. Complessivamente solo il 40% è molto interessato alle diciture sulle vitamine, il 35% al contenuto di grassi, energia, fibre e zuccheri, il 26% alla presenza di sodio/sale.

Perché è importante

È scientificamente dimostrato che l’etichetta svolge un ruolo cruciale per un consumo più consapevole: dai 26 studi internazionali, raccolti dalla Finders University di Adelaide in una pubblicazione del giugno 2019 sulla rivista Appetite, emerge che la sua consultazione è associata a diete più sane.

Gli errori che possiamo evitare

Qualche esempio lo fornisce l’endocrinologo e specialista in Scienze dell’alimentazione Lelio Morricone, alla guida della Nutrizione clinica e Prevenzione cardiovascolare dell’Irccs Sant’Ambrogio-Galeazzi di Milano.
1) È noto che è consigliabile assumere poco sale. Meglio evitare allora gli alimenti con più di 1,2 grammi di sale per 100 grammi di prodotto.
2) Gli ingredienti devono essere descritti sull’etichetta in ordine decrescente. Se in una crema alla nocciola il primo ingrediente è lo zucchero e la nocciola è al terzo posto a meno del 13%, mentre in un’altra la nocciola è il primo ingrediente con oltre il 45%, è facile capire quale delle due fa meno male.
3) Lo zucchero spesso è nascosto sotto altre voci: sciroppo di glucosio, sciroppo di fruttosio, maltosio, amido di mais, sciroppo di cereali, destrosio, fruttosio. Pertanto non bisogna fermarsi alla generica scritta «senza zucchero», ma leggere attentamente. La dose giornaliera consigliata è di 25 grammi al giorno.
4) Per gli alimenti integrali è meglio scegliere i prodotti con la scritta «farina integrale», significa che è ottenuta direttamente dalla macinazione del seme intero. Se invece leggiamo: «farina di frumento 00, crusca di frumento» vuol dire che di integrale c’è poco e che la farina è raffinata.

Etichetta tipo: i parametri

Per leggere al meglio l’etichetta è necessario conoscere i parametri di riferimento. Ossia qual è la dose consigliata da assumere per ciascun nutriente, che deve essere per il 55% carboidrati, per il 30% grassi e per il 15% proteine. Vuol dire che se il fabbisogno è mediamente di 2.000 kilocalorie al giorno, i carboidrati da assumere non devono superare i 270 grammi, di cui solo il 10% zuccheri semplici; i grassi 70 grammi (di cui un terzo saturi), e i restanti 75 grammi di proteine. Per quel che riguarda il colesterolo, va considerato che il fabbisogno quotidiano non deve superare i 300 milligrammi (un uovo ne contiene 220).

In aumento i problemi di salute

In sostanza la salute del nostro corpo dipende da molti fattori, ma soprattutto dal carburante che ci mettiamo dentro: più il cibo è fresco, poco elaborato e meno confezionato, e meglio è. Lo dimostra l’aumento inesorabile delle patologie legate proprio alla cattiva alimentazione. Oltre 18 milioni di italiani sono in sovrappeso e 5 milioni obesi. Fra i 6 e i 17 anni pesa troppo quasi un bambino su tre. Rispetto al 2001 il tasso di obesità è raddoppiato. Chi è in sovrappeso raddoppia la probabilità di ammalarsi di diabete: ne soffrono 3,7 milioni di italiani (più 70% in 18 anni). Aumenta il rischio ipertensione e malattie cardiache: il colesterolo alto colpisce il 21% dei maschi ed il 23% delle femmine.

Misura urgente: la divulgazione

Come è stato fatto per il tabacco e l’alcool, servono campagne di sensibilizzazione che invitano i consumatori a leggere e interpretare correttamente l’etichetta (che va esibita sui prodotti con scritte leggibili anche senza lente di ingrandimento). Il ministero della Salute e dell’Istruzione pubblica dovrebbero prevedere lo sviluppo di programmi che educhino alla sana alimentazione in tutta la scuola dell’obbligo. Sarebbe un’investimento infinitamente più piccolo rispetto al conto che, negli anni, devono sostenere le casse pubbliche proprio a causa di ciò che mangiamo.

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