Esteri

Economia in mano ai militari: così Al Sisi controlla l’Egitto

Società dell’esercito costruiscono la nuova capitale e hanno raddoppiato il canale di Suez. Grazie al presidente le forze armate non pagano l’Iva e le tasse sulla proprietà immobiliare
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IL CAIRO - Alberghi, elicotteri, autostrade, mitragliatrici, supermercati, condizionatori, carri armati, frigoriferi, ventilatori, missili. E poi agricoltura, acquacoltura, resort turistici, miniere, marmo, cementifici, componenti elettronici. L’esercito egiziano produce tutto. Per capire cosa sia e come funziona per davvero il “sistema Sisi” non bisogna guardare solo agli apparati di sicurezza, ai servizi e alle polizie. Il segreto è sotto gli occhi di tutto: è l’economia.
Uno degli hotel più belli del Cairo, anche se non fa parte delle catene internazionali che hanno i loro alberghi in riva al Nilo, è l’Al Masa Hotel, il “diamante”. Lo gestiscono i militari egiziani a Nasr City, il grande quartiere a nord-est del centro, dove sorgono lo stadio nazionale, il grande monumento al milite ignoto egiziano e dove vivono centinaia di ufficiali delle forze armate.
 
Nei momenti di picco, “il diamante” è sempre frequentato: feste di matrimonio, incontri di lavoro, cene delle famiglie bene del Cairo. Al Masa è davvero bello, gestito benissimo: ha saloni e giardini in cui possono essere organizzati banchetti per centinaia di ospiti. Alla fine, tutti sono felici e contenti: anche perché ad Al Masa non si paga l’Iva del 14%. L’albergo è proprietà di una società militare, e in Egitto i militari non pagano l’Iva. E non pagano neppure le tasse sulla proprietà immobiliare.
 
«È questo il vero segreto, la forza e il collante del sistema politico che il presidente Sisi sta consolidando», dice un esperto imprenditore italiano che da decenni frequenta l’Egitto: «In questi anni Sisi ha utilizzato l’impegno dei militari nell’industria e nel commercio per consolidare il sistema da lui rimesso in piedi dopo Mubarak. Da una parte ci sono i servizi di sicurezza, ma dall’altra c’è il ruolo delle forze armate nella società e nell’economia».
 
Avendo decine e decine di aziende a disposizione, la “Sisi-Spa” permette a migliaia di ufficiali di avere sfogo dopo il periodo di servizio, o magari mentre sono ancora in servizio. Questo consolida il consenso della sua base di potere, fornisce sostegno sicuro per la presidenza e per tutto il sistema.
Su ordine di Sisi i militari in poco più di un anno hanno raddoppiato il Canale di Suez, «di sicuro con costi più alti, ma l’hanno fatto, e a Sisi serviva farlo presto e farlo fare ai militari», dice il nostro interlocutore. Società edilizie collegate all’esercito stanno costruendo con fondi sauditi ed emiratini la New Cairo, la nuova capitale. Ci sono in progetto o costruzione altre 5 “smart cities”, tutte affidate in sostanza ai militari. Hanno appena terminato la costruzione del più grande cementificio del paese, tanto che l’Egitto è in sovraproduzione e molti cementieri internazionali hanno abbandonato l’Egitto o si preparano a farlo. Ma poi continuano a costruire su licenza aerei da caccia, carri armati, cannoni, mitragliatrici: tutto materiale bellico che tiene l’Egitto collegato a filo doppio ai paesi europei, agli Stati Uniti, ma anche ad alleati arabi come Arabia Saudita, Emirati o Giordania.
 
In Egitto il primo ad impegnare i militari nell’industria fu Gamal Abdel Nasser: sviluppare l’industria degli armamenti per aggirare gli embarghi sulle armi imposti dalle ex potenze coloniali. Quando il nuovo presidente Anwar Sadat nel 1979 si decise a firmare la pace con Israele (dopo aver perso nel 1973 anche lui come Nasser una guerra contro Gerusalemme), i commerci militari furono sviluppati per un altro motivo: impiegare le migliaia di soldati e ufficiali che con la pace sarebbero stati mandati a spasso. Far fare soldi ai militari, per non fargli fare la guerra.
 
Sisi adesso sta salendo di livello, realizzando un piano forse non originale, ma assai efficace: allargare a 360° la presenza dei militari nell’economia perché sempre più le forze armate siano coinvolte nella stabilizzazione politica del sistema.
 
Il presidente ha ereditato una costruzione complessa. Sotto il Ministero della Difesa c’è il Ministero della Produzione Militare. Le altre due organizzazioni più importanti sono la Aoi (Organizzazione Araba per l’Industria) e la Nspo. La prima fu creata nel 1975 per unire le forze di Egitto con Arabia Saudita, Emirati Arabi e Oman nel settore della produzione bellica. Oggi possiede 9 fabbriche, dà lavoro a 1250 ingegneri e 19000 operai. È la vera eccellenza egiziana nella produzione militare. Il gruppo produce aerei da guerra, motori, radar, veicoli blindati. Hanno assemblato l’elicottero francese “Gazelle”, i missili anti-tank britannici “Swingfire”. Soprattutto hanno costruito più di 1.000 carri armati americani M1-A1 Abrams.
 
L’altra organizzazione militar-industriale è la “National service products organization”. Anche questa fu creata da Sadat per raggiungere l’autosufficienza militare, ma da tempo si è allargata ad ogni settore civile.
 
Yezid Sayigh, lo studioso del Carnagie Center di Beirut che ha appena pubblicato un massiccio studio sull’economia militare in Egitto, scrive che è praticamente impossibile valutare l’ammontare del loro giro di affari: «Si è parlato del 20, del 40, addirittura del 60 per cento dell’economia egiziana: se fosse un terzo, sarebbero 100 miliardi di dollari all’anno».
 
Il nostro imprenditore italiano offre la sua spiegazione: «I numeri della presenza economica dei militari in Egitto non si devono calcolare con la matematica, ma con gli strumenti della scienza politica: se fossero pure negativi, quei bilanci si pesano, perché sono uno strumento importante per rafforzare il potere che controlla l’Egitto». Far fare soldi ai militari, perché in Egitto il potere rimanga stabile.