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Privacy del dipendente: cosa sono i controlli difensivi?

6 Gennaio 2019 | Autore:
Privacy del dipendente: cosa sono i controlli difensivi?

Il datore di lavoro deve poter controllare che i dipendenti facciano il loro dovere. Tuttavia, un controllo indiscriminato dei dipendenti, si tradurrebbe in una eccessiva lesione della privacy.

Il potere di controllare i lavoratori è uno dei principali poteri del datore di lavoro. Non c’è dubbio, infatti, che il datore di lavoro deve essere messo in condizione di verificare se i dipendenti rispettano gli impegni che si sono assunti in base al contratto di lavoro. Tuttavia, la necessità di tutelare la privacy e la dignità dei dipendenti, non consente all’azienda di mettere in campo controlli continuativi ed indiscriminati che potrebbero tradursi in un vero e proprio accanimento nei confronti dei lavoratori. Un discorso a parte va fatto per i cosiddetti controlli difensivi. Privacy del dipendente: cosa sono i controlli difensivi? In questo articolo cercheremo di darti maggiori informazioni.

Cos’è il potere di controllo?

Con la firma del contratto di lavoro, il lavoratore si impegna a collaborare nell’interesse dell’impresa e a rispettare ed eseguire le direttive che gli verranno impartite dal datore di lavoro.

Il potere del datore di lavoro di dire al dipendente cosa deve e cosa non deve fare, detto anche potere direttivo, è strutturalmente collegato al rapporto di lavoro subordinato [1]. Lo dice il nome stesso: lavoro subordinato sta ad indicare che il lavoratore è gerarchicamente soggetto al datore di lavoro e non può decidere in autonomia cosa fare ma deve attenersi alle indicazioni che gli giungono dal proprio datore di lavoro.

Di solito per facilitare le cose, l’azienda mette nero su bianco le regole che i lavoratori devono rispettare nell’esecuzione della prestazione di lavoro in un documento, denominato Codice o Regolamento disciplinare.

A cosa servirebbe il potere di dire al dipendente cosa deve fare se non fosse possibile controllare che il lavoratore esegue realmente le direttive impartite? Appare del tutto logico che il potere di controllo è l’altra faccia del potere direttivo. Il datore di lavoro dice al lavoratore cosa deve fare e poi controlla la corretta esecuzione delle direttive impartite.

Se il lavoratore non fa ciò che gli viene detto, entra in gioco il terzo potere del datore di lavoro, ossia il potere disciplinare, vale a dire il potere di far scontare al dipendente delle conseguenze negative, una sorta di punizioni, qualora ponga in essere dei comportamenti contrari ai doveri che si è assunto in base al contratto di lavoro.

E’ possibile il controllo a distanza dei dipendenti?

La rivoluzione tecnologica che ha riguardato anche i luoghi di lavoro determina, almeno teoricamente, una possibile espansione senza confini per il potere di controllo sui dipendenti.

Con una telecamera che riprende il dipendente, infatti, il datore di lavoro potrebbe in teoria controllare continuativamente l’esecuzione della prestazione di lavoro da parte del lavoratore. Lo stesso potrebbe avvenire con i mezzi tecnologici che il dipendente utilizza per lavorare. Si pensi ad un impiegato che lavora tramite il PC aziendale.

Il datore di lavoro potrebbe controllare da remoto, vale a dire da un altro PC, cosa sta facendo il dipendente, visualizzando in tempo reale i siti web che il lavoratore apre, i programmi che utilizza, etc. analoghi controlli indiscriminati potrebbero essere posti in essere sulla mail aziendale, sul cellulare di servizio, etc.

Il potere di controllo del datore di lavoro è legittimo, come abbiamo detto, ma non può risolversi in un controllo a distanza sull’esecuzione della prestazione di lavoro da parte del dipendente.

La legge [2] infatti consente l’utilizzo di strumenti tecnologici dai quali deriva anche la possibilità di un eventuale controllo sulla prestazione del dipendente solo per:

  • esigenze tecniche, produttive ed organizzative;
  • tutela del patrimonio aziendale;
  • tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il controllo sull’esecuzione della prestazione di lavoro da parte del dipendente non può quindi mai essere lo scopo per cui vengono installati gli strumenti tecnologici.

Inoltre, per maggiore garanzia e tutela nei confronti dei lavoratori, la legge esige che l’installazione di questi strumenti (si pensi al circuito di videocamere installato per controllare chi accede alla sede aziendale) sia autorizzata da un apposito accordo sindacale tra azienda e rappresentanze sindacali che operano internamente all’azienda (o, laddove assenti, dalle organizzazioni sindacali provinciali). Se l’accordo sindacale non è possibile, l’azienda può chiedere l’autorizzazione ad installare lo strumento tecnologico all’ispettorato territoriale del lavoro, vale a dire un ufficio locale del Ministero del lavoro che si occupa di tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Gli strumenti tecnologici dati in uso ai dipendenti per svolgere l’attività lavorativa non devono invece essere autorizzati dal sindacato o dall’Ispettorato territoriale del lavoro [3].

E’ il caso del badge, del computer aziendale, dell’e-mail aziendale, del cellulare di servizio, etc. L’azienda, in ogni caso, deve consegnare ai dipendenti una informativa privacy e deve dire ai dipendenti come vanno usati gli strumenti tecnologici. L’uso di questi strumenti, infatti – anche se non vengono installati a tale scopo – può comportare anche un controllo eventuale sulla prestazione del dipendente e dunque il lavoratore deve sapere come saranno utilizzati i propri dati e come deve utilizzare lo strumento tecnologico che gli è stato dato in uso. Di solito viene redatto un documento apposito, detto regolamento informatico aziendale o policy sull’uso degli strumenti informatici.

Per fare un esempio, se l’azienda non vuole che i dipendenti visitino siti web di interesse personale durante l’orario di lavoro, tale divieto dovrà essere previsto nel regolamento aziendale di cui abbiamo parlato. A quel punto, se l’azienda scopre che il dipendente usa il pc per visitare siti web extra-lavorativi, potrà sanzionare disciplinarmente il dipendente, a patto che ha dato al lavoratore l’informativa privacy sull’uso dei dati raccolti dallo strumento informatico (pc aziendale e navigazione internet).

Cosa sono i controlli difensivi?

I controlli difensivi sono controlli che vengono posti in essere dall’azienda per accertare comportamenti illeciti dei lavoratori. In questi casi l’azienda non sta controllando la corretta esecuzione della prestazione di lavoro ma degli (eventuali) comportamenti che non sono funzionali all’adempimento esatto degli obblighi che scaturiscono dal rapporto di lavoro.

Facciamo un esempio. L’azienda rileva che manca della merce aziendale dal magazzino. Decide allora di incaricare una società di vigilanza per scoprire eventuali furti che si verificano in magazzino. In questo caso di controllo difensivo l’azienda non sta chiedendo ai vigilanti di verificare quanti pacchi sollevano i dipendenti del magazzino, se rispettano l’orario di lavoro, etc.. ma sta chiedendo loro di verificare comportamenti illegittimi (il furto) estranei al rapporto di lavoro.

La giurisprudenza ha, anche di recente, ribadito la legittimità dei controlli difensivi [4] e, soprattutto, il fatto che i controlli difensivi non devono rispettare le regole che abbiamo visto prima e cioè quelle che disciplinano l’utilizzo di strumenti tecnologici dai quali possa derivare anche un controllo a distanza della prestazione lavorativa dei lavoratori.

Ciò significa che:

  • se il controllo difensivo è posto in essere con strumenti (come le telecamere) per i quali la legge richiede l’autorizzazione tramite accordo sindacale o da parte dell’ispettorato territoriale del lavoro, tale autorizzazione non è necessaria perché il controllo ha natura difensiva. Facciamo un esempio. L’azienda ha installato la telecamera fuori dalla sede aziendale senza autorizzazione sindacale in quanto la possibilità anche solo eventuale di controllare la prestazione dei dipendenti è da escludere. La telecamera inquadra un dipendente che fugge con merce aziendale rubata. Si tratta di un controllo difensivo, posto in essere per la tutela del patrimonio aziendale e dunque il controllo è legittimo perché non era stato messo in campo per verificare l’esatto adempimento del lavoratore;
  • se il controllo difensivo è posto in essere con strumenti tecnologici dati in uso al dipendente per svolgere il suo lavoro (pc aziendale, mail, etc.) per i quali la legge richiede che venga data al lavoratore l’informativa privacy e le istruzioni su come usare lo strumento, tali adempimenti non sono necessari visto che si tratta di un controllo difensivo. Facciamo un esempio. L’azienda rileva il rischio di un attacco informatico alla propria rete aziendale. I tecnici informatici effettuano dei controlli ed emerge che un dipendente, navigando su un sito pericoloso, ha fatto sì che un virus accedesse alla rete. Il controllo è legittimo in quanto posto in essere non per controllare l’esatto adempimento del dipendente, ma per tutelare il patrimonio aziendale e preservarlo da potenziali rischi.

Che uso si può fare delle informazioni raccolte con un controllo difensivo?

Le aziende utilizzano le informazioni raccolte dal controllo difensivo a fini disciplinari. Infatti, anche se il controllo è stato posto in essere per finalità estranee alla verifica dei comportamenti del dipendente, lo stesso può comunque portare all’attenzione del datore di lavoro dei comportamenti del dipendente scorretti, a volte addirittura dei veri e propri reati.

L’azienda può dunque decidere di non riporre più alcuna fiducia in quel dipendente e licenziarlo per giusta causa [5]. Ciò che conta è che il controllo sia difensivo, ossia non messo in campo per controllare come lavora un dipendente, ma determinato da altre finalità e, in particolare, dalla necessità di tutelare il patrimonio dell’azienda e la sicurezza delle persone.

note

[1] Art. 2094 cod. civ.

[2] Art. 4 co. 1 L. n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).

[3] Art. 4 co.2 L. n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).

[4] Cass. n.10636 del 2.05.2017.

[5] Art. 2119 cod. civ.

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