21 gennaio 2019 - 18:08

L’Italia dice addio al carbone dal 2025
Il caso Sardegna senza il metano

L’Italia spegnerà le centrali a carbone entro sei anni. La Sardegna ha 2 degli 8 impianti del Paese, dipende dal termoelettrico per il 76% e non ha il metano. Il nuovo Piano energia individua gli interventi: depositi costieri di Gnl e un cavo elettrico sottomarino. Ma il tempo stringe

di Francesca Basso

La centrale di Fiumesanto (Sassari) di Ep Produzione La centrale di Fiumesanto (Sassari) di Ep Produzione
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C’è la data: l’Italia dirà addio definitivamente al carbone nel 2025. Lo ha annunciato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, lo ha messo nero su bianco il ministero dello Sviluppo, guidato da Luigi Di Maio, nella proposta del Piano nazionale integrato per l’energia e l’ambiente reso pubblico l’8 gennaio. Entro il 2025 le otto centrali a carbone (5 dell’Enel, 2 di A2A e una di Ep) in funzione in Italia saranno spente. Di queste, due alimentano la Sardegna, che produce elettricità per il 76% da fonte termoelettrica (di cui la metà circa viene dal carbone). Ma poiché è un’isola, «l’obiettivo della decarbonizzazione presenta problematiche con riferimento alla gestione in sicurezza della rete sarda», scrive il Mise nel Piano. Allarme lanciato anche dal presidente della Regione uscente Francesco Pigliaru, che prima in una lettera al premier Giovanni Conte, poi in un appello al ministro Di Maio — all’indomani del suo tour elettorale a Porto Torres e Cagliari a sostegno del candidato M5S alla Regione — ha chiesto come il governo intenda «assicurare entro il 2025 il fabbisogno energetico, termico ed elettrico della Sardegna». Perché un dato è certo: non c’è tempo da perdere.

La transizione

Il caso Sardegna è emblematico della transizione energetica. Se si riduce una fonte, si devono trovare soluzioni alternative che siano nuova produzione da rinnovabili, nuove interconnessioni, o nuove mini centrali a gas. La Sardegna, però, è l’unica regione a non avere ancora il metano o meglio è priva di accesso alla rete nazionale del gas con la pesante conseguenza che il prezzo non è allineato, è più alto. Per questo c’era (e c’è) un progetto di metanizzazione della Regione che prevede la realizzazione di tre depositi costieri di Gnl di piccolo volume da realizzare a Oristano più un altro progetto per Cagliari, oltre alle interconnessioni tra i depositi e le reti di distribuzione e un gasdotto Porto Torres-Cagliari. Di quest’ultimo, però non c’è traccia nel nuovo Piano energia, che invece prevede i depositi costieri di Gnl. Ed è questo che preoccupa il presidente Pigliaru e i sindacati sardi, che hanno minacciato la mobilitazione e hanno chiesto al governo un tavolo di confronto perché «la mancanza del gas e della sua rete di distribuzione — hanno spiegato Filctem Cgil, Femca Cisl, Cisl Reti e Uiltec Uil — determina per la Sardegna una situazione di diversità infrastrutturale, rispetto alle altre regioni che non consente una transizione graduale dall’uscita dal carbone».

Le centrali da spegnere sono quella di Fiumesanto (Sassari) di Ep Produzione e l’impianto di Portoscuso (Sulcis) dell’Enel. Entro il 31 gennaio va presentato un piano di riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale, con il dettaglio del piano di fermata definitiva, pulizia e messa in sicurezza oltre al cronoprogramma. Invece nessuno sta ancora parlando di una road map per le soluzioni alternative. «Non solo non abbiamo ricevuto nessuna risposta — ha spiegato Pigliaru al Corriere — ma anzi le notizie raccolte sul Piano energia e clima, sul quale non è stata avviata alcuna consultazione preventiva con le Regioni, sembrerebbero prevedere per la Sardegna uno scenario molto diverso da quello chiaramente delineato nella Sen e per noi del tutto inaccettabile». Il sottosegretario del Mise con delega all’Energia, Davide Crippa, contattato non ha risposto. La Sardegna è in piena campagna elettorale: si vota per la Regione il 24 febbraio.

Il cambio

Nel Piano energia e clima si legge che «nel settore gas sono in corso di autorizzazione presso il Mise e il Mit numerosi progetti di depositi costieri di Gnl di piccolo volume da realizzare in Sardegna e in Adriatico (Ravenna e Porto Marghera) per lo scarico del Gnl da navi metaniere di piccola taglia, lo stoccaggio e il successivo caricamento su navi bettoline (bunkeraggio) e su autocisterne criogeniche per il rifornimento di clienti civili e/o industriali e di stazioni di rifornimento carburanti». Sono già stati autorizzati i depositi di Gnl della Higas e di Edison. C’è un terzo progetto di IVI Petrolifera. Mentre sono in fase di autorizzazione i depositi e il rigassificatore della Is Gas Energit Multi-Utilities presso il porto di Cagliari. Italgas sta già realizzando le reti cittadine per la distribuzione del gas e di recente ha acquisito alcune società locali, titolari della concessione per la distribuzione del gas a Sassari, Cagliari, Nuoro e Oristano. Del progetto di gasdotto presentato da Snam e Sgi al Mise, al ministero dell’Ambiente e alla Regione, che aveva l’obiettivo di creare un mercato unico del gas nell’isola e di ridurre il trasporto su gomma del Gnl, nel Piano invece non c’è alcuna traccia. Mentre sono necessari «per il phase-out dal carbone in Sardegna — spiega il Piano — una nuova interconnessione elettrica Sardegna-Sicilia-Continente insieme a nuova capacità di generazione a gas o capacità di accumulo per 400 MW localizzata nell’isola nonché installazione di compensatori per almeno 250 MVAR», oltre al rafforzamento delle due interconnessioni esistenti. C’è però un problema di tempistica, lo riconosce anche il Piano. «Considerati i tempi medi di autorizzazione del Piano di Sviluppo e dei tempi necessari alla progettazione, autorizzazione e realizzazione delle opere — si legge — è necessario monitorare il processo, anche sui volumi di energia rinnovabile che saranno nel frattempo sviluppati, e mettere in campo azioni di accelerazione, in modo da arrivare ad avere e dare certezza sui tempi del processo».

Il fatto è che il Piano è ora in consultazione. Una cabina di regia non è stata definita. Servono investimenti (solo per il cavo sottomarino 2,6 miliardi) e una certezza normativa. Ad esempio non sono stati chiariti i meccanismi che disciplineranno il regime regolatorio applicabile alle infrastrutture e senza i quali gli operatori non iniziano a costruire. Insomma, c’è molta incertezza. Oggi si tiene la conferenza di servizi per Eurallumina di Portovesme e sul tavolo c’è il problema della fornitura di energia termica ed elettrica. Ma il costo dell’energia è cruciale per tutte le industrie energivore del Sulcis. E il 2025 è dietro l’angolo...

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