Una giornata per fare il punto su contaminazioni fungine e sviluppo di micotossine nei cereali, in particolare nel mais, quella che si è svolta lo scorso 8 marzo a Piacenza, all'Università Cattolica.
Il workshop dal titolo 'Il contributo della ricerca per la gestione delle micotossine nella filiera mais' ha riunito i massimi esperti italiani in fatto di micotossine, focalizzando su due progetti, uno internazionale, il MyCoKey, e uno regionale 'Micotossine dei cereali: strategie di controllo e integrazione di filiera per uno energetico', finanziato con il Psr Emilia Romagna.

La giornata è servita anche per raccogliere spunti dalla platea, composta in gran parte da tecnici e operatori del settore, e per interfacciare l'esperienza locale con quella internazionale, i due progetti inoltre prevedono allo stesso modo il coinvolgimento attivo della filiera.

La coltura mais da qualche anno sta vivendo un momento difficile, sia dal punto di vista di sostenibilità economica, sia dal punto di vista sanitario, con l'emergenza aflatossine, micotossine prodotte dal fungo Aspergillus. La redditività di un ettaro, secondo i dati resi noti durante l'evento, è passata da circa 3.500 euro di Plv negli anni '80 a circa 1.500 euro a ettaro nel 2017. Contemporaneamente le rese sono rimaste praticamente ferme agli anni '90 (mentre negli Usa continuano a crescere) e le superfici sono calate drasticamente negli ultimi dieci anni.

Antonio Logrieco, direttore di Ispa-Cnr, coordina a livello europeo il progetto MyCoKey e ne ha illustrato le finalità. Il progetto vede il coinvolgimento della Cina e di altre nazioni, Canada, Nigeria, Argentina, a testimonianza del fatto che le micotossine sono un problema globale. Coinvolti anche partner scientifici, industriali e piccole e medie imprese.
Come ha sottolineato Paola Battilani (Diproves - UniCatt di Piacenza), il cambiamento climatico in corso porterà sempre più spesso ad annate simili al 2003 e al 2012, estremamente favorevoli quindi allo sviluppo di micotossine. Il progetto MyCoKey punta a sviluppare metodi rapidi e affidabili per rilevare le micotossine, a sviluppare modelli di previsione che siano in grado di prevedere contemporaneamente lo sviluppo di più micotossine (aflatossine, fumonisine, deossinivalenolo e zearalenone), a fornire metodi di intervento validi una volta che il problema sia stato rilevato, a tradurre i metodi di monitoraggio in tool e applicazioni da rendere disponibili agli agricoltori.
 

Tramite il progetto finanziato con la misura 16 del Psr della Regione Emilia Romagna, in fase di conclusione e strutturato secondo la logica dei Gruppi operativi, sono state messe a punto strategie di prevenzione del rischio micotossine, dalla fase di campo fino al conferimento e considerando le partite di mais eccessivamente contaminate a fini energetici da destinare ai biodigestori. Molti dei risultati del progetto sono poi confluiti nelle linee guida per il contenimento delle micotossine della regione.

I partner del progetto, oltre al Crpv di Cesena, leader del progetto, sono la Op Grandi colture, l'azienda agraria sperimentale Stuard di Parma e due istituti di ricerca, l'Ucsc dell'UniCatt di Piacenza e il Crpa di Reggio Emilia. Nell'ambito di questo progetto, fra il 2017 e il 2018, con l'Op Grandi colture sono stati organizzati campi dimostrativi per diffondere l'innovazione del biocontrollo di Aspergillus flavus, fungo che genera le aflatossine B1, con AFX1.

Fra le esigenze espresse dalla filiera ed evidenziate durante il workshop c'è quella di ridurre i tempi di analisi per determinare il livello di contaminazione da aflatossine della granella di mais (il limite di legge ad uso mangimistico è 20 ppb), una volta che i camion raggiungono i centri di stoccaggio: "Ogni centro di stoccaggio è anche un laboratorio di analisi, in questi ultimi anni la raccolta di mais è stata molto concentrata nel tempo in seguito a bolle di calore, in tre-quattro settimane al massimo - ha detto Diego Scudellari dell'Op Grandi colture che commercializza 540mila tonnellate di cereali annue, per il 90% si tratta di mais e cereali autunno vernini - se dobbiamo analizzare tutte le partite in entrata bisogna essere rapidi, anche pochi minuti fanno la differenza".

Parziale risposta a questa esigenza è arrivata durante l'intervento della ricercatrice Veronica Lattanzio di Ispa-Cnr puntato proprio su metodi rapidi per la determinazione di micotossine lungo la filiera cerealicola. I ricercatori, proprio nell'ambito del progetto internazionale MyCoKey stanno lavorando a un campionamento rapido a monte, da camion o addirittura, in futuro, direttamente in campo. "Il collo di bottiglia per la rapidità di conferimento è il campionamento a monte. Campionare da un camion o da una nave vuol dire prelevare un certo numero di campioni e formare un campione aggregato e omogeneizzarlo. E' la fase più lunga, noi stiamo testando il campionamento delle polveri. Il sistema aspira la polvere e l'analisi rapida ci consente di avere un'indicazione rappresentativa del livello di contaminazione per decidere la destinazione d'uso allo scarico. Da parte della Commissione europea c'è stato grande interesse per standardizzare questo tipo di campionamento ma necessitiamo di studiare il campionamento della polvere in aziende, non si può fare in laboratorio. I tempi per la standardizzazione sono quindi lunghi ma sappiamo, studi lo dimostrano, che c'è correlazione fra il contenuto di micotossine nella polvere e nella granella".