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RIVISTA DI INFORMAZIONE FILATELICA E STORICO POSTALE Periodico semestrale anno XXX n.60 novembre 2018 - Vaccari S.r.l. - Via M.Buonarroti 46 - 41058 Vignola (MO) - Italia - tel. (+39) 059771251 - 059764106 fax (+39) 059760157 - Poste Italiane S.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 - (conv. in L. 27/02/2004 N.46) art.1, comma 1 CN/MO - p 20,00

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Anno XXX n.60 - novembre 2018 pubblicazione semestrale

Autorizzazione Tribunale di Modena n.962 del 10.2.1989 Iscritto al Registro degli Operatori di Comunicazione R.O.C. n.4645 del 29.8.2001 Pubblicità non superiore al 45%

Direttore Responsabile Paolo Vaccari (O.D.G.E.R. - U.S.F.I.) Redazione Francesca Pancaldi, Valeria Vaccari, Claudia Zanetti Pubbliche relazioni - Renata Vaccari Impaginazione e immagini Federica Montaruli, Francesca Pancaldi Ufficio stampa e pubblicità - Claudia Zanetti Stampa - Formagrafica s.r.l. - Carpi (MO)

Hanno collaborato: Achini Maurizio, Adani Giorgio, Alessio Stefano, Alfani Vanni(), Amato Francesco Maria, Amorini Leonardo, Amorosi Michele, A.S.P.O.T., Aquila Nino(), Baffi Adolfo, Baldini Paolo(), Balossini Elio, Barucca Domenico(), Beech David (British Library - London), Bellocchi Lisa, Bentini Jadranka, Bernardini Ernst, Bernstein Benjamin, Bertazzoli Enrico, Berti Bruno, Bessone Alfredo, Bonacina Fabio, Bonalumi Luigi, Boragni Chiarino(), Boschetti Giovanni, Bottacchi Giacomo, Brettl Maria, Buffagni Giuseppe, Buzzetti Luciano(), Cani Norino, Capellaro Emil(), Càroli Alberto, Carra Lorenzo, Carraro Diego, Carraro Gianni, Casabianca Romano, Ceccaroni Sandro(), Ceccaroni Stefano, Cedolini Mario, Cesaretti Daniele, Cesaretti Eva, Ciullo Carlo, Coscia Vittorio, Craveri Guido, Crevato-Selvaggi Bruno, Cruciani Roberto, Dal Negro Francesco, Daolio Giuliano, De Angelis Enzo, De Battisti Luca(), De Biasi Marco, Dehn Roy A.(), Del Bianco Alberto, Del Bianco Umberto(), Diena Raffaele Maria, Donati Gianni(), Ermentini Beppe(), Fabbri Augusto, Fabrizio Paolo, Faccio Franco, Falciatori Giordano, Fardella de Quernfort Vincenzo, Favretto Claudio(), Fedele Clemente, Ferrario Antonio, Ferrazzi Mario(), Ferroni Massimiliano, Ferrucci Bruno, Finetti Fabrizio, Forti Gianluigi Maria, Franchi Sandro(), Fulcheris Giovanni, Fumu Antonello, Fusati Andrea, Gabbini M.Emanuele, Gardellin Paolo, Garelli Riccardo, Gerini Francesco(), Giannoccolo Gianni, Giovanardi Carlo, Giribone Piero, Imperato Saverio, Kimmel Kurt E., La Canna Sergio, La Storia Postale d’Italia, Landini Adriano(), Lazzerini Pietro(), Li Vigni Giuseppe, Li Vigni Mario(), Lissanesi Ugo, Lisu Marco Antonio, Lollis Bruno(), Lombardo Francesco, Longhi Fiorenzo, Longo Bernardo, Lucci Bruno, Lucini Ferruccio(), Macrelli Piero, Magnani Giorgio(), Magne JeanPierre, Mancini Vito, Manzoni Massimo, Marchese Giuseppe(), Marchetto Fortunato(), Marini Fernando, Mataloni Ivo(), Mathà Thomas, Mazza Gianna, Melotto Sergio, Menegon Walter, Mentaschi Mario, Michaud L.M., Micheli Giovanni(), Milani Claudio(), Milani Giorgio(), Mingione Alberto, Montandon Claude, Morani Vittorio, Moritsch Massimo, Moro Alessandro, Morolli Guido, Nembrini Giovanni, Nisi Cateno, Obizzi Franco, Ohnmeiss Edoardo P.(), Orecchia Franco, Orlandi Giacomo, Orlando Francesco(), Padrin Giuliano, Padrin Paolo, Pallini Giuseppe, Palmigiano Gaetano(), Palumbo Luigi, Pantani Piero(), Panzera Alberto(), Passoni Michele D., Pedriali Ferdinando, Pellarini Paolo, Penco Piero(), Peroni Adalberto, Peroni Gabriele, Piermattei Angelo, Pigini Rosalba, Porceddu Elena, Portulano Vincenzo, Provera Pietro(), Quondamatteo Roberto, Rabbione Piero, Rambelli Giacomo, Ricci Stefano(), Riccitelli Flavio, Rinaldi Sergio, Ripamonti Italo Franco(), Rosen Morris, Rossi Dario, Rossignoli Renzo, Rupena Pier Paolo, Salami Fabrizio, Salvatores Carlo, Sanson Luigi, Savini Luca, Schöpfer Klaus, Sciaky Roberto(), Serone Mario, Serra Gabriele(), Simonazzi Emilio, Sirotti Luigi, Sottoriva Fabio, Spaziani Sergio, Spluga Tano(), Stubens F.R., Stumvoll Heinrich, Taragni Sandro(), Tecardi Maurizio(), Teruzzi Angelo, Tessitore Giovanni(), Tregurtha A.R.(), Trovero G.Battista(), Vaccarezza Fabio, Valentinotti Giovanni, Venturini Pietro(), Viti Alessandra Francesca, Vollmeier Paolo(), Walz Jonathan Tutto ciò che viene pubblicato su Vaccari Magazine riflette unicamente il pensiero degli autori, unici responsabili dei testi e delle immagini, inclusa la loro provenienza. Gli articoli vengono accettati solo se corredati dalle illustrazioni a colori di buona qualità. È facoltà della redazione di pubblicare anche solo in parte gli articoli e le illustrazioni.

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SOMMARIO 3 6 15 23

Editoriale P.Vaccari, Francobolli dell’800 e del ‘900 F.Bonacina, L’“altra” posta militare L.Carra, I rapporti postali del Regno Lombardo Veneto con il Regno di Sardegna, poi d’Italia 1815-1866. La Convenzione del 1844 (dal Lombardo Veneto dal 1851 al 1853) 31 S.Melotto, P.Vaccari, La corrispondenza extraterritoriale dall’Oltrepò Mantovano durante l’occupazione sarda 37 F.Salami, Usi isolati dei francobolli del Ducato di Modena 42 E.Simonazzi, Affrancature miste di Modena occasionali o rispedizioni 46 R.Quondamatteo, Dallo Stato Pontificio al Regno di Napoli. Lettere tassate in grana dal 1852 56 F.Lombardo, Sicilia 1859-1860. Le ultime lettere viaggiate con le diligenze postali borboniche in Sicilia 61 M.Moritsch, I rapporti postali tra il Regno di Sardegna e la Francia dal 1° agosto 1849 al 3 settembre 1851. La convenzione “unilaterale” 65 M.Mentaschi, V.Morani, Lettere scambiate tra gli U.S.A. e la Toscana dal 1° gennaio 1836 al 31 dicembre 1862 69 L.Carra, Per prime volaron le farfalle 73 E.M.Gabbini, Uso dei francobolli per pacchi di Umberto I. 1° luglio 1884 - 31 dicembre 1890 81 P.Vaccari, Da Milano a New York - 1917 83 H.Stumvoll, “Posteriormente Affrancata” / “Nachtraeglich Frankirt” anche a Venezia e a Trieste 85 M.De Biasi, B.Lucci, 12 settembre 1866 - Un’inedita lettera da Udine a Sevegliano per Palma 87 A.Fumu, Il deprezzamento del dollaro cartaceo durante e dopo la guerra di secessione. I suoi riflessi sulle tariffe postali 89 G.M.Forti, Falso dell’Aquila da 15 centesimi. Operazione di Polizia Giudiziaria del 26 dicembre 1863 93 C.Giovanardi, Fiume 1918-2018 95 F.Longhi, Il centenario del volo su Vienna 101 F.Riccitelli, Il servizio postale regolare della L.A.T.I. sulla rotta sud-atlantica

INSERZIONISTI

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Poste Italiane 14 Daolio Consulting 112 Formagrafica 88 Sintoni 60 SPC - Cardillo Paolo 41 Ufficio filatelico e numismatico vaticano 82 Unificato 72 131a e 132a Veronafil a

Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

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Finito di stampare nel mese di novembre 2018 su carta Fedrigoni Symbol Freelife Satin

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EDITORIALE Eccoci giunti al numero 60! Sono davvero tanti 30 anni di pubblicazione per una rivista così specializzata che è riuscita a mantenere un così elevato livello per tanto tempo. Ma la passione ha guidato tutti noi, autori, collaboratori e anche i lettori, e ci ha portato a risultati insperati quando iniziammo questa avventura editoriale. Per festeggiare insieme, a Veronafil in regalo una cartolina dedicata con l’annullo speciale. Quasi duemila gli articoli scritti: numerose le analisi dettagliate e approfondite di interesse più generale o di aspetti specifici, sempre però sviluppate in maniera semplice e chiara con immagini esemplificative; innumerevoli i nuovi ritrovamenti pubblicati, le prime date note di alcune emissioni; alcuni articoli hanno cambiato radicalmente le antiche teorie esistenti. Tra i 184 autori, uno (sottoscritto escluso) scrive dal 1989 e non ha sbagliato un numero! Mi riferisco a Emilio Simonazzi che ci accompagna fin dall’esordio. Mario Mentaschi non ha partecipato alla prima rivista ma si è poi rifatto scrivendo più contributi sulle altre 59. Coloro che hanno scritto su più numeri della rivista, con uno o più interventi, sono Lorenzo Carra, Giovanni Fulcheris, Luigi Sirotti, Giovanni Micheli, Francesco Lombardo, Edoardo Ohnmeiss, Fabio Bonacina, Carlo Giovanardi, Giuseppe Pallini. In tanti hanno collaborato a più numeri e continuano a farlo, altri hanno iniziato più di recente, e in ogni rivista cerchiamo di dare spazio anche a nuovi autori. In ogni caso è sempre bello vedere come continui ad esserci la volontà di condividere i propri interessi. Tra gli autori che scrivono per la prima volta su queste pagine, Bruno Lucci, assieme a Marco De Biasi, ci propone un’inedita lettera da Udine a Sevegliano per Palma del 1866; Gianluigi Maria Forti racconta di un’operazione di Polizia Giudiziaria relativa al falso dell’Aquila da 15 centesimi. Tra gli articoli suddivisi in più parti che proseguono da numeri precedenti, Lorenzo Carra continua con la posta dal Lombardo Veneto al Regno di Sarde-

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gna dal 1851 al 1853 (Convenzione del 1844); Flavio Riccitelli segue la posta in partenza dal Sudamerica (in particolare dall’Argentina) con il servizio postale regolare della L.A.T.I.; Mario Mentaschi e Vittorio Morani terminano la presentazione delle tariffe e dei percorsi delle lettere tra Toscana e U.S.A. a seguito della Convenzione franco-toscana (1.1.1836-31.12.1862). Fabio Bonacina legge “in un altro modo” la posta militare, facendo riferimento all’inventario custodito presso l’Istituto di studi storici postali “Aldo Cecchi” di Prato. Sergio Melotto, assieme al sottoscritto, analizza la corrispondenza extraterritoriale dall’Oltrepò Mantovano durante l’occupazione sarda; Fabrizio Salami i francobolli isolati del Ducato di Modena; Emilio Simonazzi le miste di Modena con francobolli di diverse amministrazioni postali. Roberto Quondamatteo presenta le lettere tassate in grana dallo Stato Pontificio al Regno di Napoli; Francesco Lombardo le ultime viaggiate con le diligenze borboniche in Sicilia; Massimo Moritsch la Convenzione unilaterale tra Regno di Sardegna e Francia (1.8.1849-3.9.1851). Lorenzo Carra ci propone anche i “papillon”; Emanuele Gabbini studia l’uso dei francobolli per pacchi di Umberto I; Heinrich Stumvoll ci porta a Venezia e Trieste con le lettere “posteriormente affrancate”; Antonello Fumu analizza i riflessi del deprezzamento del dollaro sulle tariffe postali durante e dopo la guerra di secessione. E di anniversari trattano Carlo Giovanardi, che torna a Fiume, e Fiorenzo Longhi, che invece vola su Vienna. Oltre alla rubrica dedicata ai francobolli dell’Ottocento e del Novecento, io propongo un’interessante rispedizione al mittente del 1917. Vi auguro una buona lettura. Paolo Vaccari Novembre 2018

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RIVISTA DI INFORMAZIONE FILATELICA E STORICO POSTALE

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Periodico semestrale anno XXIX n.58 novembre 2017 - Vaccari S.r.l. - Via M.Buonarroti 46 - 41058 Vignola (MO) - Italia - tel. (+39) 059771251 - 059764106 fax (+39) 059760157 - Poste Italiane S.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 - (conv. in L. 27/02/2004 N.46) art.1, comma 1 CN/MO - � 20,00

Periodico semestrale anno XXIX n.57 maggio 2017 - Vaccari S.r.l. - Via M.Buonarroti 46 - 41058 Vignola (MO) - Italia - tel. (+39) 059771251 - 059764106 fax (+39) 059760157 - Poste Italiane S.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 - (conv. in L. 27/02/2004 N.46) art.1, comma 1 CN/MO - � 20,00

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FRANCOBOLLI DELL’800 e del ‘900 - POSTAGE STAMPS OF 1800s and 1900s

rubrica a cura di Paolo Vaccari - magazine column by Paolo Vaccari

Rarità, esemplari in eccezionale stato di conservazione e lettere con riferimenti storico-postali di particolare interesse. Rarities, items in exceptional condition, and covers with postal historical references of particular interest. Per eventuali altre informazioni/For any information: tel. (+39) 059 771 251 - E-mail: info@vaccari.it

PRIMA DI COPERTINA - FRONT COVER

REGNO DI NAPOLI - 1858 Lettera spedita da Bari il 2 gennaio 1858 (data manoscritta all’interno) a Napoli dove giunse il 4 gennaio (bollo rosso di arrivo al verso). È affrancata per 4 grana con due esemplari bene marginati del 2 grana, prima tavola, rosa lillaceo. Oltre ad essere ottimamente conservata, è accompagnata da quattro certificati: Luigi Raybaudi (1972), Enzo Diena (1986), M.Raybaudi (1997) e Vaccari S.r.l. (2018 - certificato di garanzia). Primo giorno d’uso dei francobolli del Regno di Napoli. (immagine ridotta del 15%) KINGDOM OF NAPLES - 1858 Letter sent from Bari on 2 January 1858 (handwritten date inside) to Naples where it arrived on 4 January (arrival postmark in red on the back). It is franked for 4 grana with two large margins copies of 2 grana, first plate, lilac rose. Besides its perfect condition, it is accompanied by four certificates: Luigi Raybaudi (1972), Enzo Diena (1986), M.Raybaudi (1997) and Vaccari S.r.l. (2018 - guarantee certificate). First day of use for the Kingdom of Naples postage stamps. (image reduced by 15%)

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Francobolli dell’800 e del ‘900 - Postage stamps of 1800s and 1900s

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QUARTA DI COPERTINA - BACK COVER

ITALIA REGNO - 1879 Lettera spedita da Roma a Wrington (Inghilterra) il 19 agosto 1879, affrancata con cent.25 azzurro della prima emissione di Re Umberto I, annullato con bollo numerale a sbarre “207” di “Roma Ferrovia”. Il 19 agosto 1879 è la prima data in assoluto per questa emissione; fino ad ora era il 20 agosto 1879. (collezione privata) (immagini ridotte del 29%) KINGDOM OF ITALY - 1879 Letter sent from Rome to Wrington (England) on 19 August 1879, franked with cent.25 blue of King Umberto I first issue, cancelled with bar numeral “207” of “Roma Ferrovia”. The 19 August 1879 is the really first date for the present issue; up to now it was the 20 August 1879. (private collection) (images reduced by 29%) Francobolli dell’800 e del ‘900 - Postage stamps of 1800s and 1900s

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DUCATO DI MODENA - 1853 Ricevuta di ritorno del 23 febbraio 1853 per lettera raccomandata spedita da Castelnovo ne’ Monti a Reggio il 22, affrancata non con il consueto cent.25 ma, sempre per la medesima tariffa, con cent.15 + cent.5+5 con punto dopo la cifra. Non sono note altre ricevute di ritorno con questa affrancatura e con lo speciale bollo a doppio cerchio di Castelnovo ne’ Monti con lo stemma estense al centro. DUCHY OF MODENA - 1853 Acknowledgement of receipt of 23 February 1853 for a registered letter sent from Castelnovo ne’ Monti to Reggio on the 22nd, franked not with the usual cent.25 but, for the same rate, with cent.15 + cent.5+5 with the full stop after the figure. No other acknowledgements of receipt bearing the present franking and with the special double circle postmark of Castelnovo ne’ Monti with Este coat of arms in the middle are known.

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DUCATO DI MODENA - 1859 Grande frammento di testata del giornale “L’Univers” edito a Parigi il 6 marzo 1859 e diretto nel Ducato di Modena, e più precisamente a Modena, dove venne apposto il segnatasse per giornali da 10 centesimi “TASSA GAZZETTE - CENT.10” annullato il 9 marzo 1859. Risulta essere l’unico esemplare noto con la linea di riquadro verticale e anche quella orizzontale. (immagine ridotta del 10%) DUCHY OF MODENA - 1859 Large piece of newspaper head, “L’Univers”, published in Paris on 6 March 1859 and addressed to the Duchy of Modena, exactly to Modena, where the 10 centimes postage-due label for newspapers “TASSA GAZZETTE - CENT.10” was stuck; it was cancelled on 9 March 1859. This is the only copy known with the vertical frame line but also the horizontal one. (image reduced by 10%)

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DUCATO DI PARMA - 1855 Lettera spedita da Parma il 2 gennaio 1855 a Milano (bollo di arrivo al verso del 3 gennaio), affrancata con cent.25 bruno rosso appartenente alla seconda emissione del Ducato di Parma. Il 2 gennaio 1855 risulta essere la prima data nota per questo francobollo. DUCHY OF PARMA - 1855 Letter sent from Parma on 2 January 1855 to Milan (on the back, arrival postmark dated 3 January), franked with cent.25 red brown belonging to the Duchy of Parma second issue. The 2 January 1855 is the first date known for this postage stamp.

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STATO PONTIFICIO - 1855 Lettera spedita da Bologna il 1° dicembre 1855 a Milano (bollo di arrivo al verso del 2 dicembre), affrancata in regolare tariffa di 8 bajocchi, con 3 baj. bistro arancio + 5 baj. rosa, falso dell’epoca, secondo tipo, con grandi margini. Trattasi di una lettera assai rara in quanto il falso ha grandi margini. PAPAL STATE - 1855 Letter sent from Bologna on 1 December 1855 to Milan (on the back, arrival postmark dated 2 December), franked for the regular 8 bajocchi rate, with 3 baj. orange bistre + 5 baj. rose, postal forgery, second type, with large margins. It is a really rare letter since the forgery presents large margins.

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ITALIA REGNO - 1898 Ricevuta di ritorno per lettera raccomandata spedita da Sparanise (Caserta) il 10 febbraio 1898 a un Tenente in quei giorni di stanza a Saati (Eritrea). La ricevuta è affrancata con cent.20 appartenente all’emissione di Re Umberto I del 1895. Al verso, bollo di Massaua (27.2.1898) e di nuovo di Sparanise al rientro (12.3.1898). Ex collezione Paolo Bianchi. Uno specialista del settore mi disse che era tipologicamente l’unica nota proveniente da quella zona. (immagine ridotta del 20%) KINGDOM OF ITALY - 1898 Acknowledgement of receipt for a registered letter sent from Sparanise (Caserta) on 10 February 1898 to a Lieutenant on those days stationed in Saati (Eritrea). The receipt is franked with cent.20 belonging to King Umberto I issue of 1895. On the back, Massaua postmark (27.2.1898) and again Sparanise one on return (12.3.1898). Ex collection Paolo Bianchi. One expert on the subject told me that it was the only type known coming from that area. (image reduced by 20%)

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IMPERO AUSTRIACO - TIROLO ITALIANO - 1859 “Supplemento al Messaggiere Tirolese - Rovereto 2 Maggio 1859” con marca per giornali da 1 kreuzer azzurro, primo tipo, bene marginato e con bollo (assai nitido) “UFFICIO DEL CENSO DI ROVERETO”. Il testo, considerata l’epoca, tratta di argomenti politico-militari. AUSTRIAN EMPIRE - ITALIAN TIROL - 1859 “Supplemento al Messaggiere Tirolese - Rovereto 2 Maggio 1859” with 1 kreuzer newspaper tax fiscal, blue, first type, with large margins and (really clean) postmark “UFFICIO DEL CENSO DI ROVERETO”. The text, because of the period, is about military and political subjects.

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L’“ALTRA” POSTA MILITARE Fabio Bonacina

Dodici, tra agenti postali e carabinieri, “si dedicavano al traffico delle sigarette estere di contrabbando acquistandole da altri militari nelle stazioni ferroviarie croate esistenti sul percorso FiumeSpalato, durante le soste degli ambulanti postali militari sui quali i medesimi prestavano servizio in qualità di messaggeri”.(1) Un sergente, “nascondendo il suo stato di coniugato si fidanzava con una giovanetta e la seduceva. La esclusione dal servizio è stata ordinata per motivi di opportunità, avendo i famigliari della ragazza manifestato intenzioni di vendetta”.(2) Da un tenente colonnello al tenente, titolare del Pm 206: “Nel recente sopraluogo in codesta sede dovetti rilevare che alle ore 9.30 del mattino nessun ufficiale era ancora entrato in ufficio e che nella sezione corrispondenze, i dispacci, giunti fino dalla sera precedente, attendevano di essere carteggiati”.(3)

Il “tesoro” di Prato Dislocazioni, ordini di servizio, quantitativi del trasportato, censure, numerazioni dei singoli uffici, nomi degli addetti... Tutto questo è posta militare. Ma la posta militare può essere letta anche in un altro modo, come dimostrano le citazioni precedenti. Questo grazie al “tesoro”, nel 2010 vincolato dall’allora ministero per i Beni e le attività culturali, che l’Istituto di studi storici postali “Aldo Cecchi” onlus conserva nella propria sede di Prato. Merito della puntigliosa attività esercitata da Aldo Cecchi (13 maggio 1931 - 20 marzo 2016) (Fig.1), che tra gli anni Settanta ed Ottanta

salvò il materiale dalla molto probabile distruzione (parte, relativa principalmente alla Grande guerra, già era stata avviata al macero per volontà del ministero a Poste e telecomunicazioni). Ora la città toscana conserva quanto resta dell’archivio della Direzione superiore della posta militare italiana, attiva per i due conflitti mondiali nonché per le campagne in Africa Orientale e Spagna. I documenti esistenti si riferiscono soprattutto al 1939-1945 e quelli riguardanti gli uffici di norma si fermano al 1943, però, come si vedrà, con vistose eccezioni. L’analisi seguente è stata svolta a campione, privilegiando i presìdi dislocati all’estero (*).

Lo sguardo sugli oggetti Gli approcci con cui esaminare i reperti sono diversi, a cominciare dagli strumenti impiegati. Matita e penna, più spesso la macchina per scrivere: con la carta carbone si facevano contemporaneamente più copie utilizzando la velina e queste ultime talvolta risultano poco leggibili. La grafia è quasi sempre chiara (non mancano gli strafalcioni, le ripetizioni, le frasi lunghissime), i testi dattilografati con pochi errori di battitura, anche se poi dipende dal mittente specifico. Tali scritti talvolta mostrano una cura particolare nell’impaginazione, ad esempio giocando con gli spazi per inquadrare in modo simmetrico gli indirizzi dei destinatari (Fig.2),(4) oppure usando due caratteri alternati per separare con grazia parti diverse della missiva,(5) o ancora creando con gli stessi accorgimenti vere e proprie tabelle(6): segno che l’autore sapeva il fatto suo.

* L’inventario

Dal 1991, un punto di riferimento imprescindibile è il volume “La posta militare italiana nella Seconda guerra mondiale”, dovuto a Beniamino Cadioli ed Aldo Cecchi, edito dallo Stato maggiore dell’Esercito. Negli ultimi anni, l’Issp ha lavorato per censire il materiale attraverso non pochi volontari. A raccogliere le fila, il vicedirettore Bruno Crevato-Selvaggi. L’esito, in corso di completamento, è l’“Inventario del fondo direzione superiore posta militare”. Costituisce -si legge nel testo introduttivo- uno “strumento di lavoro ma anche di conoscenza del grande patrimonio documentario posseduto dall’Istituto”. L’Issp “auspica che questa pubblicazione suggerisca ai ricercatori italiani nuovi interessanti filoni di ricerca. Con soddisfazione l’Istituto metterà a loro disposizione l’archivio -nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi e dai regolamenti- così come il proprio patrimonio bibliografico, ricco di opere su questo tema e su molti altri della storia postale”. Fig.1 - Aldo Cecchi.

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Fig.2 - Con la macchina per scrivere un’intestazione curata.

La data è completata dall’era fascista, così come era prescritto. Meno evidente l’uso del “voi”, questo tipo di letteratura preferendo l’impersonale. Spiccano, applicate dai destinatari, le sottolineature in matita blu o rossa, che evidenziano gli elementi chiave, evitando un’ulteriore lettura dell’intera comunicazione. Non infrequenti, aggiunte a mano, delle note. I fogli appaiono in genere di buona qualità, tanto da essere ancora maneggiabili nonostante il tempo passato e le vicissitudini subite; rari ma presenti risultano i reimpieghi, ossia moduli girati ed utilizzati per scrivere (in alcuni contesti, sono state rinvenute cartoline in franchigia usate solo per prendere appunti). Quasi sempre la carta è intestata, magari a stampa e se necessario aggiornata; da notare quella inerente al ministero delle Comvnicazioni, con la “v” in luogo della “u”. Ma qual era la dotazione di un ufficio? Chi, in qualche percorso fisso o temporaneo, di recente ha visto esibito un ufficio di posta militare d’epoca repubblicana ha l’idea, dato che, pur ricondizionati e con qualche aggiornamento secondario tipo la targa ovale da apporre all’ingresso, sono gli stessi. Quattro pesanti casse contenevano praticamente tutto, dai tavoli alle sedie, dal casellario alla cassetta per imbucare, dalla cancelleria alla modulistica, dagli annulli alla lanterna (Fig.3). L’archivio pratese permette di andare nello specifico. Per il Pm 71, costituito a Mantova, il ministero della Guerra -era il 2 giugno 1940- invia alla

Fig.4 - Gli annulli in dotazione.

Direzione provinciale postale cittadina, attraverso due assicurate, da una parte 20mila lire in cartevalori, dall’altra moduli postali e telegrafici soggetti a controllo; con ulteriori dispacci si sarebbero aggiunti gli stampati comuni, i bolli ed il cifrario.(7) Gli appassionati scoprono un florilegio di timbri, sia di tipo amministrativo che postale vero e proprio. Si trovano sulla singola comunicazione o tutti insieme su un foglio bianco nel caso di inventari rispetto all’apertura o alla chiusura di un determinato ufficio, con l’arrivo o la restituzione dell’intera disponibilità (Fig.4).(8)

Fig.3 - Come si presenta ora un ufficio da campo.

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Molto poche le buste rimaste (magari sigillate con ceralacca ed impronta a secco); le presenti risultano quasi sempre in esenzione da tassa, ma capita di vederne affrancate o con il lembo riportante la carta valore asportato, forse da qualche collezionista. In alcuni casi, più delicati od urgenti e se le distanze lo permettevano, i materiali venivano affidati ad un camminatore o ad un ciclista, talvolta con obbligo di firma da parte del ricevente (Fig.5).(9) Riscontrabili servizi particolari, come il telegramma espresso di servizio ed il biglietto urgente di servizio.

polosi, una volta esperito l’impiego, provvedevano a cancellare il testo in chiaro; nella maggior parte dei casi, però, l’operazione non veniva eseguita ed ancora adesso si possono leggere informazioni come cambi organizzativi, attivazioni o soppressioni di dispacci, richieste o arrivi di rinforzi e così via (Fig.6). È anche vero che si tendeva ad abusare. Lo rivela una circolare del 27 maggio 1941, diffusa a Tirana. “Nel richiamare gli uffici a limitare la cifratura dei telegrammi alle parole strettamente indispensabili di carattere riservato e che possano renderli intelligibili si dispone che dei telegrammi stessi, che di frequente giungono in parte indecifrabili sia rimessa copia per posta”.(11) Una minuta destinata al Pm 72,(12) datata 17 agosto 1945, ricorda il regime dei telegrammi urgentissimi diretti a privati, peraltro ammessi per i soli capoluoghi di provincia: gli uffici di posta militare possono trattarli, non devono accettare (ma neanche gli uffici civili sono autorizzati a farlo) i telegrammi urgentissimi diretti a soldati con indirizzo di posta militare.

Fig.5 - Dal ministero alle Comvnicazioni (si veda la “v”), spedita “con ciclista e firma”.

Protagonisti, i telegrammi I telegrammi, numerosi, consentono ulteriori annotazioni. Vi erano in uso moduli di vario formato, anche i pubblicitari. In Albania ne circolavano almeno due tipi: quello nazionale vero e proprio ed un altro scritto nella lingua locale ma per formato, impostazione e grafica più simile all’equivalente italiano, segno che ad un certo punto i primi vennero sostituiti.(10) I testi, per definizione… telegrafici, sovente appaiono più o meno codificati. Vale a dire che certe parole sono sostituite con numeri, così da garantire la necessaria riservatezza. Tali codici sono tanti, difficili da imparare a memoria e periodicamente modificati. Per cui spesso i documenti in arrivo sono caratterizzati dalla traduzione. Gli addetti scruFabio Bonacina

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Fig.6 - Un telegramma “segretissimo”, cifrato e decifrato a mano (in Pm 206).

Storie di fatti Naturalmente, molto interessanti dal punto di vista storico sono i contenuti. Ecco qualche esempio. Jugoslavia - Il 27 giugno 1942 il Pm 10 scrive brevemente al 9: “Fra i 5 uomini uccisi dai ribelli, in servizio di scorta all’autocarro postale SpalatoRagusa, non vi erano militarizzati”.(13) Libia - Sciara Sciatt, 6 aprile 1941: il XII concentramento (più avanti sarebbe diventato il Pm 3.750) aggiorna sulla situazione “in seguito agli ultimi vittoriosi avvenimenti che ci hanno portato alla rioccupazione di Bengasi” e di altri centri. VACCARI

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Rendendosi “necessaria l’attuazione di un regolare, giornaliero allacciamento tra i concentramenti di Tripoli e gli uffici più avanzati”.(14) Il 22 dicembre 1941 da Tripoli l’XI concentramento (il futuro Pm 3.700) relaziona, in un telegramma avio, che “notte scorsa locali direzione, XI concentramento et ufficio Pm 3 rimasti sconvolti da bombardamento aereo. Ricuperati totalmente materiali et valori. Nessun danno alle persone, nemmeno a quelle rimaste sotto macerie”.(15) Cinque giorni dopo rileva che “da qualche giorno vi affluisce una rilevante quantità di corrispondenza da smistare e da bollare, mentre il numero esiguo del personale e l’attrezzatura inadeguata del concentramento stesso sono insufficienti per svolgere la quantità di lavoro che converge da ogni parte”.(16) Il 28 ottobre 1942 la presenza in Libia si riorganizza, “allo scopo di uniformare la numerazione di tutti i concentramenti Pm e facilitare in conseguenza il servizio postale di tutte le unità non indivisionate che ad essi si appoggiano”.(17) Così, gli uffici concentramento presenti nell’area diventano appunto 3.700 (quello di Tripoli), 3.750 (Bengasi), 3.800 (Marsa Matruk). Il 27 gennaio 1943 il Pm 210, rivolgendosi al Pm 9 (cioè allo Stato maggiore dell’esercito, interlocutore privilegiato che spesso emerge dalle corrispondenze), pone in oggetto il ripiegamento di diversi uffici e del concentramento 3.700 dalla Libia alla Tunisia. Di altri cinque presìdi, in quel momento non si sa nulla di certo.(18) Il 18 febbraio la situazione è sotto controllo: parecchi uffici, ormai inutili, sono stati chiusi.(19) Romania - Una testimonianza del 23 novembre 1945 rivela il problema: presso il Consolato generale di Bucarest si trovano i documenti ed il materiale del Pm 113. “Tanto prezioso [...] comprende rendiconti, registri di contabilità, titoli di credito quali libretti di risparmio, vaglia etc., i quali occorrono urgentemente al ministero delle Poste per il soddisfacimento dei diritti acquisiti dai terzi e rimasti in sospeso fin dall’8 settembre 1943”.(20) La situazione è confermata con un telespresso del ministero degli Affari esteri diretto al dicastero delle Poste e telecomunicazioni. Alla base del fatto che il materiale fosse presente nella sede diplomatica vi sono “varie peripezie” e comunque, “date le attuali note condizioni dei trasporti dall’Europa Orientale, tale spedizione potrà subire ritardi”.(21) Più avanti lo stesso mittente riferisce che “nelle attuali circostanze non sembra prudente” la spedizione. Questo per “la non sicurezza delle vie di comunicazione e le difficoltà doganali inerenti a documenti del genere”.(22) Parte del materiale -è un’altra lettera, questa del 20 maggio 1947- viene inoltrata il 12 febbraio 18

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1947, ma il rimanente, per un totale di circa 160 chili, resta fermo: chi paga?(23) Intanto, il 10 giugno un promemoria interno fa il punto della situazione (Fig.7).(24) Evidentemente ci si è chiariti e il 27 giugno 1947 si effettua l’ulteriore invio, stimato per 40 dollari(25) e alla fine costato 60. Lo si scopre su un documento teso ad autorizzare il rimborso, senza data ma con appunto del 5 dicembre 1955!(26)

Fig.7 - In sintesi, il problema vissuto a Bucarest.

Russia - Da un estratto di lettera datato 23 dicembre 1942 della direzione postale dell’8a Armata: due ufficiali del Pm 122 ed il vice brigadiere comandante il nucleo carabinieri “sono tornati a Millerowo con un autocarro per tentare di recuperare alcuni sacchi postali e pacchi sciolti dovuti abbandonare”. “Si sono offerti spontaneamente per effettuare il rischioso servizio”.(27) In un promemoria del 9 gennaio 1943, la stessa direzione postale fa il punto della situazione sugli uffici presenti lungo il fronte russo, in conseguenza del ripiegamento del 2° e del 35° Corpo d’armata. Lo sguardo si concentra, fra l’altro, sulle sorti del personale e dei materiali loro affidati.(28) “Fin dall’alba del giorno 15 gennaio c.a., la situazione in Rossosch s’era fatta critica per la presenza nel paese di un certo numero di carri armati russi”, esordiscono il 10 marzo 1943 due sottotenenti del Pm 108, che raccontano di come l’ufficio sia stato smantellato, poi subendo “estenuanti e lunghissime marce durate per più di venti giorni fra la desolata steppa nevosa ed inaudite sofferenze di ogni genere rese più gravi per le avversità e la rigidezza del clima” (Fig.8).(29) Fabio Bonacina

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ma la rappresentanza diplomatica tentenna per via dei costi. Alla fine, si trova l’accordo pagando 5.145,60 lire per farlo portare a Barcellona, da dove, con il piroscafo spagnolo “Ciudad de Valencia” munito di guidone postale, giunge senza costi a Genova. Il 28 ottobre 1948 è affidato al Roma Ferrovia.(34) Sulla nave viene considerato come dispaccio postale, “sia per giustificare il trasporto gratuito, sia per evitare inscrizioni al manifesto di bordo, e conseguente accertamento doganale”.(35) Il quadro riassuntivo è offerto da un promemoria del 29 gennaio 1949 (Fig.9).(36)

Fig.8 - La situazione a Rossosch nel gennaio del 1943.

Il giorno dopo, in ben altro quadrante, la direzione postale facente capo all’Intendenza comando superiore delle Forze armate “Slovenia-Dalmazia” spiega alla Direzione superiore: “Si è dovuto istituire di tutta urgenza una sezione staccata di Pm nel campo contumaciale n.1, ove stanno affluendo i rimpatriandi dalla Russia”. Essa “esegue i servizi di posta lettere, pacchi in arrivo, telegrammi in partenza ed in arrivo, vendita carte valori postali, servizi a denaro tramite l’ufficio Pm 10”.(30) Veniva chiesto di istituire un ufficio apposito, ma lo Stato maggiore risponde picche, “in quanto il provvedimento riuscirebbe intempestivo”. Insomma, bisogna arrangiarsi. Sul foglio, al Pm 9, annotano a mano: “Ci sono precedenti?”.(31) Spagna - Curioso quanto accade nel Paese iberico. Il 1° agosto 1939 l’ufficio “Missione italiana in Spagna” sostituisce l’ufficio speciale sezione 1, scrivono Beniamino Cadioli e Aldo Cecchi.(32) Esegue servizi di corrispondenza e pacchi. Chiude l’8 settembre 1943; “valori, materiali e bolli sono consegnati all’ufficiale capo missione e addetto militare, mentre l’archivio viene distrutto”.(33) Quanto depositato resta nell’Ambasciata di Madrid e, dopo il conflitto, un folto carteggio rivela il problema: come accade con Bucarest, il ministero delle Poste e delle telecomunicazioni lo vuole indietro, Fabio Bonacina

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Fig.9 - Ancora nel 1949, il caso di Madrid.

L’8 settembre 1943 L’annuncio dell’armistizio e le conseguenze possono essere esaminate, ma è sempre soltanto un esempio, attraverso le sorti del Pm 105, un passato tra Padova, Piemonte e Liguria, finito archiviato al termine dello stesso mese. A documentarne le vicende è il Pm 151, ricostituito a Brindisi a supporto del Comando supremo e dello Stato maggiore. Testimone, un sottotenente addetto: il 9 settembre a Riccò del Golfo (La Spezia) collabora a chiudere la contabilità del Pm 105, versando la cassa di 59mila lire all’amministrazione; poi viene “dato fuoco a tutti gli stampati soggetti a controllo ed alle carte-valori”, mentre “bolli e timbri di ogni specie” e “qualche documento contabile di una certa utilità” sono affidati temporaneamente al parroco. L’ufficiale, dopo esser rimasto nascosto fino al 30 settembre, arriva VACCARI

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a Roma e consegna il materiale che aveva portato con sé.(37) Qui viene reclutato presso il ministero delle Comunicazioni alle dipendenze del Governo fascista repubblicano. Lui, però, preferisce “darsi alla macchia con la speranza di varcare le linee per raggiungere l’Italia libera”, cosa che avviene il 1° giugno. È riassunto in servizio presso il Pm 3.400.(38) L’Italia resta divisa anche dopo il 25 aprile 1945. È esattamente di un mese dopo la circolare che il ministero della Guerra fa avere al Pm 72, di stanza a Palermo. Il servizio postale con il Nord non è stato ripristinato ancora; “per consentire ai militari di corrispondere subito con le proprie famiglie residenti nelle provincie dell’Italia Settentrionale è stata istituita, d’intesa con le Autorità alleate, una cartolina in franchigia a testo fisso” (Fig.10).(39)

Fig.10 - La guerra è finita, ma permane il problema delle comunicazioni tra Sud e Nord.

Storie di persone Non mancano le annotazioni su situazioni specifiche. In un faldone, questo relativo al Pm 10, il 27 aprile 1941 si denuncia “il nessun interessamento” mostrato dal titolare della ricevitoria di Postumia: un carro ferroviario lui destinato, contenente sacchi per i Pm 46, 59 e 63, a causa della sua inadempienza “fu rinviato parecchie volte” da Postumia ad Aidussina ed a San Pietro del Carso. Lo stesso ispettore rileva sotto la pensilina una ventina di sacchi collettori ordinari e speciali, “del tutto incustoditi, alla mercé di chiunque, specie nelle ore notturne”.(40) 20

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Altri documenti permettono di inquadrare un capitano militarizzato. A suo carico, un’inchiesta disciplinare perché -si legge in una relazione del 27 settembre 1941- “accusato di servirsi di un autocarro del servizio postale per trasportare sigarette ed altri generi, da vendere poi con una sensibile maggiorazione sui prezzi”. Dall’indagine, però, è risultato “estraneo all’illecito”: il responsabile era un autiere, ma è emerso da parte dell’ufficiale “molta negligenza nell’azione di vigilanza”. Non basta: successivamente viene punito “perché provocava un alterco in una casa di tolleranza”.(41) Una nota del 10 novembre 1941 descrive così il tenente militarizzato del Pm 60/A: “Agisce in modo sleale al fine di menomare l’autorità e la considerazione del proprio superiore immediato”.(42) Comunicazione con precedenza assoluta del 23 gennaio 1942: segnala che “manca terzo impiegato et materiale per funzionamento”.(43) Agli atti rimangono anche le raccomandazioni. Come quella del 2 maggio 1942 sottoscritta, su carta intestata Partito nazionale fascista - direttorio nazionale, dal fiduciario. Chiede di “esaminare con benevolenza la possibilità di accogliere la richiesta”, allegata, di un ufficiale postale che domanda di essere richiamato in servizio di posta militare.(44) A questo proposito, tra il materiale si trovano diverse istanze per essere arruolati, magari -scrive uno dei candidati- dichiarandosi disposti “a raggiungere qualsiasi zona del fronte”.(45) Quasi sempre la domanda -dettaglio significativo- è redatta su carta in… bollo da 6 lire! Altro è il problema rilevato il 2 giugno 1942, concernente le “frequenti interruzioni delle linee ferroviaria e di navigazione”.(46) Il 206 -è il 30 giugno 1942- registra: “Non è stato possibile costituire la sezione staccata a Visegrad in quanto mancano i timbri già richiesti e non sono ancora giunti i due ufficiali designati”.(47) Capita persino che si insinui il sospetto. Come lo scritto del 21 luglio 1942 riguardante un tenente militarizzato, in servizio presso il Pm 108. L’ipotesi è che sia coinvolto con “note denuncie anonime” inerenti due superiori. D’altro canto, “è stato in passato un acceso sovversivo, segretario dell’Associazione postelegrafonica rossa. In tale qualità prese anche parte a vari scioperi. È stato radiato dall’elenco dei sovversivi solo nel 1936”.(48)

Storie amministrative Informazioni che non richiedevano necessità di sicurezza venivano spedite senza particolari accorgimenti; possono interessare, per dire, la costituzione di un determinato ufficio, le comunicazioni periodiFabio Bonacina

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che riguardanti i conti di cassa come le assenze per malattia o le licenze del personale, l’avvio del servizio con le relative conseguenze sulla rete (si segnala un intervento molto dettagliato e sottoscritto dal direttore dell’Ufficio superiore posta militare, Renato Quarra, del 19 giugno 1940: concerne il Pm 9,(49) che doveva -lo si evince da un’integrazione del giorno dopo- anche effettuare il servizio notturno(50)). Il problema al Pm 64 è organizzare i materiali per trasferirsi. È l’11 febbraio 1941 quando chiede numi al Pm 9. “Non si hanno precise notizie circa la nuova destinazione [...] Tuttavia, con carattere strettamente riservato e personale, si fa presente che circola da qualche tempo la voce di uno spostamento verso la Corsica o la Sardegna o la Riviera ligure occidentale. Tanto si ritiene opportuno riferire al fine di un opportuno studio per modificare il movimento dispacci”.(51) È il 28 giugno 1942 quando il Pm 80 si rivolge al Pm 9. “Il comando della Divisione è intenzionato di istituire un ufficio di censura presso questa posta militare con ufficiali propri e dandone la direzione allo scrivente”, lamenta il titolare. “Ho l’impressione che il comando non conosca o non tenga troppo conto delle disposizioni che vietano in modo assoluto di distogliere il personale della posta militare dalle proprie mansioni”. “Poiché l’insistenza è fortissima ed io francamente non vorrei con un rifiuto netto mettermi in urto con questi miei Superiori (la «S» è maiuscola, nda), vi pregherei compiacervi di trovare una forma per ricordare genericamente le disposizioni che ho citato”. Ciò, naturalmente, “senza ingenerare il sospetto che io abbia a voi riferito queste sue intenzioni”(52) (a matita rossa il destinatario aggiunge: “Fatta circolare”). Al momento dello scritto, il Pm 80 si trova a Formia, ma ancora per poco: il 7 dicembre lo Stato maggiore certifica che una sezione, composta da un ufficiale, un agente ed un carabiniere, si è trasferita in Tunisia. “Il rimanente personale e materiali dell’ufficio, avviato via mare, non è giunto a destinazione perché sottoposto ad offese nemiche”.(53) Si verifica il caso -scrive il 3 ottobre 1942 il responsabile del Pm 64 al 9- che “pacchi posti regolarmente in distribuzione, siano successivamente restituiti (maiuscolo nell’originale, nda) dai reparti perché il destinatario, nel frattempo, risulta trasferito ad altro reparto della Divisione, o di altra Divisione. Il fatto pone in imbarazzo l’ufficio per la compilazione del prospetto mensile dei pacchi e per la compilazione del mod.272 delle statistiche dell’esercizio”. Il testo prosegue con una serie di aspetti tecnici e si conclude chiedendo se quanto fatto va bene o meno. Nella sede destinataria è aggiunto a matita un Fabio Bonacina

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Fig.11 - Un ufficio… imbarazzato.

commento: “È una disgrazia, ma non capisce niente” (Fig.11).(54) Tra le carte riferite al Pm 64 si trova uno schema di regolamento interno senza data che cita persino i filatelisti o comunque chi, in quel momento, maneggiava cartevalori per usi non strettamente postali. “È fatto speciale avvertimento e diffida -vi si leggea tutto il personale dell’ufficio di usare la massima riservatezza in ogni circostanza, circa il divieto, in modo categorico, di aderire a richieste di chicchessia per ottenere annullamento di francobolli, di assolvere incombenze di carattere privato oppure rispondere a privati su circostanze di servizio od anche di carattere militare od estranee al servizio”.(55) Quando l’Italia cambia alleati, occorre rimodulare i collegamenti, e la rete ubbidisce. Lo testimonia, il 9 dicembre 1944, il Pm 64, in quel momento ubicato ad Ascoli Piceno. “In ottemperanza alla disposizione”, ha preso contatto con l’Army post office più vicino, nel caso specifico un presidio del Regno Unito collocato a Porto Civitanova. Annunciando che “la corrispondenza inclusa nel dispaccio è stata sottoposta a censura totalitaria al 100%”.(56) Ancora il 10 marzo 1945 circolano testi come il seguente: “L’arbitraria tassazione, da parte di alcuni uffici civili, delle corrispondenze spedite da miliVACCARI

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tari” dislocati in zona operazioni “è stata già ripetutamente segnalata da questo Stato maggiore al ministero delle Poste e delle telecomunicazioni per i provvedimenti di competenza”.(57) Un altro problema è affrontato due giorni dopo, sollevato dai congiunti di volontari e partigiani appartenenti alla Brigata “Antonio Gramsci”, incorporati nella Divisione “Cremona”. Non a caso, il mittente è la sezione di Terni dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia. “Ci vengono rivolte lamentele circa il disservizio postale, che lascia completamente allo scuro di notizie le famiglie anzidette. Ad evitare che prendano piede notizie allarmistiche, nocive e deleterie, la di cui fonte è sempre incontrollabile, sarà bene che codesto comando provveda ad organizzare con sollecitudine un servizio più rapido e regolare”.(58) Un piccolo dettaglio rivela le difficoltà nel trovare le materie prime. Il 31 ottobre seguente ancora lo Stato maggiore restituisce il bollo “Conalbi” al Pm 64 poiché la Zecca “non può eseguire la chiesta riparazione per mancanza delle apposite piastrine da incidere”.(59) Chiuso il conflitto da tempo, c’è un ufficio speciale incaricato di ricostruire le contabilità distrutte da eventi bellici. Se ne può vedere l’attività in una lettera del 9 marzo 1950, dove si parla di mezzo milione di lire in cartevalori distrutte d’ordine.(60) Di molto successivo è il carteggio scambiato tra il Distretto militare di Sassari e l’ufficio stralcio presso il ministero delle Poste e delle telecomunicazioni tra il 27 gennaio ed il 22 marzo 1958, riguardante la precisa collocazione di un soldato al tempo delle ostilità.(61) Note (1) Da 2ª Armata, Susak (Jugoslavia), verbale allegato alla lettera del 23 febbraio 1942, spedita via assicurata da 100 lire, a Pm 9, il documento si trova nel faldone del Pm 10. (2) Da Stato maggiore, 3 ottobre 1942, a Pm 9, in Direzione superiore, personale. (3) Da Pm 1 sezione A, Beaulieu-sur-Mer (Francia), 16 dicembre 1942, a Pm 9, in Pm 206. (4) Da Stato maggiore, 26 aprile 1942, a vari destinatari, in Pm 300. (5) Un esempio nella lettera spedita da Pm 9, 9 febbraio 1941, a ministero delle Comunicazioni, in Pm 64. (6) Elenco delle assenze del personale militarizzato, 31 agosto 1942, Pm 105. (7) Da Ufficio superiore posta militare, 2 giugno 1940, a Direzione provinciale Pt Mantova, in Pm 71. (8) Pur riguardante il Pm 72, tale documentazione si trova nel Pm 71. (9) Da ministero alle Comunicazioni, 30 dicembre 1940, segreto, spedita con “ciclista e firma”, a Pm 60, in Pm 60. (10) Esempi nel faldone dedicato al Pm 264. (11) Circolare 84 telegrafica, Tirana 27 maggio 1941, a Pm 202, in Pm 264. (12) Da Pm 3.800, 17 agosto 1945, minuta, a Pm 72, in Pm 71. (13) Da Pm 10, 27 giugno 1942, a Pm 9, in Pm 10. (14) Da Pm 34, 6 aprile 1941, a Pm 9, in Pm 3.750. (15) Da XI concentramento, 22 dicembre 1941, copia, a Pm 9, in Pm 3.700. (16) Da XI concentramento, 27 dicembre 1941, a Pm 9, in Pm 3.700. (17) Da Pm 9, 28 ottobre 1942, urgente e segreto, a Pm 9, in Pm 3.700. (18) Da Pm 210, 27 gennaio 1943, a Pm 9, in Pm 3.700.

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(19) Da Direzione superiore posta militare, 18 febbraio 1943, ai reparti I, II, III, in Pm 3.700. 20) Dal sottotenente addetto all’ufficio, 23 novembre 1945, appunto, per la Regia delegazione italiana di Bucarest, in Pm 113. (21) Da ministero degli Affari esteri, telespresso 15/03744, che cita una comunicazione da Bucarest del 5 gennaio (1946), a ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, in Pm 113. (22) Da ministero degli Affari esteri, telespresso 15/15151, che cita una comunicazione da Bucarest senza data, a ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, in Pm 113. (23) Da ministero degli Affari esteri, 20 maggio 1947, a ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, in Pm 113. (24) Da ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, 10 giugno 1947, promemoria per il direttore generale, in Pm 113. (25) Sempre nella missiva del 20 maggio 1947, si ipotizzano necessari “circa 40 dollari al cambio odierno”. (26) Direzione generale delle poste e delle telecomunicazioni, n°U3/79562, in Pm 113. È senza data, ma con appunto manoscritto del 5 dicembre 1955. (27) Estratto di lettera direzione postale dell’8ª Armata, 23 dicembre 1942, in Pm 83. (28) Direzione postale Intendenza 8ª Armata, 9 gennaio 1943, promemoria per il generale intendente, in Pm 83. (29) Da Pm 108, 10 marzo 1943, relazione, a Pm 9 e 102, in Pm 300. (30) Da Intendenza comando superiore delle Forze armate “SloveniaDalmazia”, 11 marzo 1943, urgente, a Pm 9, in Pm 10. (31) Da Stato maggiore, 15 marzo 1943, segreto a Pm 9, in Pm 10. (32) Beniamino Cadioli e Aldo Cecchi, “La posta militare italiana nella Seconda guerra mondiale”, p.850. (33) Beniamino Cadioli e Aldo Cecchi, “La posta militare italiana nella Seconda guerra mondiale”, p.851. (34) Da ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, 28 ottobre 1948, a ufficio postale Roma Ferrovia. È nel faldone etichettato Mis, ovvero “Missione italiana in Spagna”. (35) Da ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, 11 settembre 1947, lettera interna, in Mis. (36) Da ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, 29 gennaio 1949, minuta, promemoria per il direttore generale, in Mis. (37) Da sottotenente, senza data, testimonianza, a Pm 151, in Pm 105. (38) Da Pm 151, 11 luglio 1944, minuta, in Pm 105. (39) Da ministero della Guerra, 25 maggio 1945, a Pm 72, in Pm 71. (40) Da Direzione superiore postale militare, estratto relazione del 27 aprile 1941, in Pm 10. (41) Da Intendenza del comando superiore delle Forze armate in Albania, 27 settembre 1941, copia, a Pm 22/A, in Pm 60. (42) Da Intendenza del comando superiore delle Forze armate in Albania, 10 novembre 1941, a Pm 22/A, in Pm 60. (43) Da Pm 206, 23 gennaio 1942, copia di telegramma con precedenza assoluta, a Ufficio superiore Pm, in Pm 206. (44) Da Partito nazionale fascista - direttorio nazionale, 2 maggio 1942, a capo del servizio I della Direzione generale Pt, in Pm 206. (45) Da ufficiale di prima classe, 7 novembre 1941, a Direzione generale poste e telegrafi, in Pm 60. (46) Da Intendenza comando superiore delle Forze armate “SloveniaDalmazia”, 2 giugno 1942, a Pm 9, in Pm 10. (47) Da Pm 206, 30 giugno 1942, copia in estratto, a Direzione superiore posta militare, in Pm 206. (48) Da Direzione superiore posta militare, 21 luglio 1942 (e allegati), a Pm 9, in Pm 300. (49) Da Ufficio superiore posta militare, 19 giugno 1940, minuta, a Pm 9, in Pm 9. (50) Da Ufficio superiore posta militare, 20 giugno 1940, a Comando corpo di stato maggiore, in Pm 9. (51) Da Pm 64, 11 febbraio 1941, a Pm 9, in Pm 64. (52) Da Pm 80, 28 giugno 1942, lettera riservata, a Pm 9, in Pm 80. (53) Da Stato maggiore, 7 dicembre 1942, a Pm 9, in Pm 80. (54) Da Pm 64, 3 ottobre 1942, segreto, a Pm 9, in Pm 64. (55) “Schema di regolamento interno”, senza data, in Pm 64. (56) Da Pm 64, 9 dicembre 1944 a Pm 3.800, in Pm 64. (57) Da sezione postale 3.800, 10 marzo (1945), a Pm 64, in Pm 64. (58) Da Associazione nazionale partigiani d’Italia, sezione provinciale di Terni, 28 febbraio 1945, copia, a Pm 64, in Pm 64. (59) Da Stato maggiore, 31 ottobre 1945, minuta di assicurata da 100 lire, a Pm 64, in Pm 64. (60) Da ministero delle Poste e delle telecomunicazioni, 9 marzo 1950, a ufficio speciale ricostruzione contabilità distrutte da eventi bellici, in Pm 9. (61) Carteggio tra Distretto militare di Sassari e Direzione generale delle poste e delle telecomunicazioni, 27 gennaio - 2 marzo 1958, in Pm 10.

Fabio Bonacina

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I RAPPORTI POSTALI DEL REGNO LOMBARDO VENETO CON IL REGNO DI SARDEGNA, POI D’ITALIA 1815-1866 La Convenzione del 1844 (dal Lombardo Veneto dal 1851 al 1853) Lorenzo Carra, FRPSL, AIFSP (quinta parte)

Dal Lombardo Veneto al Regno di Sardegna Anche nel Lombardo Veneto la difficile composizione delle complesse tariffe postali della convenzione sardo-austriaca, accompagnate anche dalla “rivoluzione postale” dovuta all’introduzione dei francobolli e all’inizio dell’applicazione della Lega Postale austro-italica (con la Toscana dal 1° aprile 1851), non fu facile da “assorbire” da parte del pubblico e degli stessi addetti postali, tantoché l’“I.R. Direzione superiore delle poste pel Regno lombardo-veneto”, a causa del “modo irregolare e non uniforme” di comportamento, fu indotta il 15 agosto 1851 a emettere un AVVISO col quale ribadire che “le corrispondenze [...] fra l’Austria e la Sardegna devono essere tuttora trattate a norma della convenzione postale [...] 1844”.

era quella (punto 8 - Notificazione austriaca n.19808/311 Poste, Venezia 28 maggio 1844) “del peso non maggiore di mezzo lotto” viennese, cioè 8,75 grammi, mentre da parte sarda, anche all’art.7 della legge 1108 del 1850 già citata, era di 7,50 grammi. E, a proposito di questi 7,50 (fig.153) o 15 grammi (figg.107 e 182), ad onta che “non oltrepassano” lo scaglione, segnalano invece quello superiore. Questa diversità di pesi può forse spiegare perché ci siano così tanti 11/2 o 21/2 porti soprattutto da parte sarda. Altre “anomalie” sono emerse talvolta quando le destinazioni non avevano ufficio postale specifico, come ad es. Grosio (figg.96 e 170), Masera (fig.113), Tigliole (fig.131) o certi uffici che “non condividevano” di essere stati inseriti in certi elenchi, come ad es. Valenza (fig.93), Asti (fig.214, e anche figg.168 e 169). Più difficile capire situazioni riscontrate con Mantova (figg.135 e 185) e con Nizza (figg.155, 217 e 218). Ma anche Domodossola (figg.103 e 161), Verona (fig.139), Vicenza (fig.140), Maccagno (fig.144), mi hanno dato problemi. Con questo non dovete pensare che abbia trovato solo situazioni anomale o strane. È che, nell’abbondante massa delle corrispondenze, ho preferito evidenziare quelle “fuori regola” anziché ripetervi quelle normali e secondo la tabella. Da A.R.F.

Questo avviso porta a comprendere e forse a riuscire a spiegare le non poche “anomalie” riscontrate e segnalate anche nella presentazione della “prima parte” della convenzione e che sono evidenziate anche in questa “seconda parte”. A provocare certi diversi trattamenti ha contribuito senz’altro anche la diversa condizione della lettera “semplice” che, da parte austriaca, Lorenzo Carra

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Fig.196 - 20 novembre 1853. Da Milano A.R.F. a Oleggio “Piemonte” S.1., dove per “NOVARA”, anche bollo tondo del 20, arrivò il 21. Tassa di 2 decimi di lira italiana (1 per A.R.F. + 1 per S.1.) (collezione Cedolini)

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Fig.197 - 8 giugno 1853. Da Milano A.R.F. a Vercelli S.1., dove per NOVARA, anche bollo tondo dell’8, arrivò il 9. Di 11/2 porto, fu tassata 3 decimi di lira italiana (1,5 per A.R.F. + 1,5 per S.1.) (collezione Cedolini)

Fig.200 - 7 luglio 1853. Da Milano A.R.F. e “DOPO LA PARTENZA” a Castelnovo Scrivia S.1., dove arrivò il 9 passando il 9 per Tortona. Alla partenza, considerando erroneamente Castelnuovo S.2., fecero pagare 6 carantani per S.2. + 3 per A.R.F. = 9. Poi, forse accortisi dell’errore, cancellarono e incassarono (senza segnarli) i corretti 6 carantani, tracciarono una croce di Sant’Andrea e poi bollo “P.D.” a conferma. (collezione Cedolini)

Fig.198 - 20 giugno 1853. Valentina da Pavia A.R.F. “Ferma in Posta” ad Arona “Stato Sardo” S.1. Del peso di 10 grammi, due porti, fu tassata 4 decimi di lira italiana (2 per A.R.F. + 2 per S.1.) (collezione Teruzzi)

Fig.201 - 7 luglio 1852. Da Pavia A.R.F. ad Arena Po “Voghera. Stato Sardo” S.1. affrancata con un francobollo da 30 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (15 c.a. per A.R.F. + 15 c.a. per S.1.) Tracciata una croce di Sant’Andrea e bollo “P.D.” a conferma. (collezione Teruzzi)

Fig.199 - 4 agosto 1853. Da Milano A.R.F. a “Novara per Cerano” S.1., dove arrivò il giorno stesso. Alla partenza pagò 3 carantani per S.1. + 3 per A.R.F. = 6. Bollo “P.D.” a conferma che era franca a destino. (collezione Cedolini)

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Fig.202 - 30 maggio 1853. Da Milano A.R.F. per “Lago Maggiore, Vogogna, Valanzasca, Permilera” a “Ponte Grande” S.1. affrancata con un francobollo da 30 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (15 c.a. per A.R.F. + 15 c.a. per S.1.) Non capendo la direzione (sulla strada per Macugnaga) a Milano misero “BOLLO INSUFFICIENTE”. Arrivata regolarmente e velocemente a destinazione (bolli di Arona e Vogogna del 31 maggio), la lettera non fu tassata in quanto l’affrancatura era corretta. (collezione Cedolini)

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Fig.203 - 10 gennaio 1853. Da Milano A.R.F. a Stradella “Piemonte” S.1. solo con un francobollo da 15 centesimi austriaci del Lombardo Veneto. Di “BOLLO INSUFFICIENTE” (sarebbero serviti 30 c.a.) il francobollo applicato non fu tenuto in considerazione e la lettera fu tassata 2 decimi di lira italiana (1 per A.R.F. + 1 per S.1.) (collezione Teruzzi)

Fig.204 - 20 settembre 1853. Da Milano A.R.F. a Casteggio “per Argine” S.1. solo con un francobollo da 10 e uno da 5 centesimi austriaci del Lombardo Veneto. Di “BOLLO INSUFFICIENTE” (sarebbero serviti 30 c.a.) i francobolli applicati non furono tenuti in considerazione e la lettera fu tassata 2 decimi di lira italiana (1 per A.R.F. + 1 per S.1.) (collezione Teruzzi)

Fig.205 - 20 marzo 1853. Lettera “Urgente” della “DRAMMATICA COMPAGNIA...” da Pavia A.R.F. a Casale Monferrato “Piemonte” S.2., dove arrivò passando per “NOVARA”. Affrancata con un francobollo da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (15 per A.R.F. + 30 per S.2.), fu messo il bollo “P.D.” Poi si constatò che pesava 8 grammi ed era pertanto di 11/2 porto. Fu perciò coperto il bollo “P.D.”, messi due “BOLLO INSUFFICIENTE” e indicato la provenienza “A.R.F.” Il bollo austriaco non venne considerato e la lettera fu tassata prima erroneamente 3, poi cancellati e corretti in 41/2 decimi di lira italiana (1,5 per A.R.F. + 3 per S.2.) Constatate cosa poteva provocare la diversa composizione delle tariffe e il diverso valore delle monete (45 centesimi austriaci non bastarono e andarono persi e si dovettero pagare 45 centesimi di lira italiana). (collezione Teruzzi)

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Fig.206 - 14 gennaio 1852. Lettera “Urgente” da “MILANO 2-3 P.”(omeridiane), però consegnata “DOPO LA PARTENZA”, a Genova S.3., dove potette arrivare solo il 16. Tassa di 4 decimi di lira italiana (1 per A.R.F. + 3 per S.3.)

Fig.207 - 11 marzo 1853. Da Milano A.R.F. a Torino S.3., dove arrivò il 12. Tassa di 4 decimi di lira italiana (1 per A.R.F. + 3 per S.3.) Poi questa tassa fu cancellata in quanto il destinatario “Senatore del Regno” godeva di franchigia (interna) e la lettera fu tassata solo per 1 decimo, indicando che era il “Dir.Eso” (Diritto Estero) riconosciuto alle Poste austriache.

Fig.208 - 5 gennaio 1853. Lettera che “Preme” da Milano A.R.F. a Torino S.3. da consegnare al destinatario in “S.P.M.” (Sue Proprie Mani). Presentata “DOPO LA PARTENZA”, arrivò soltanto il 7 gennaio. A Milano pagò 7 carantani per S.3. + 3 per A.R.F. = 10. Tracciata una croce di Sant’Andrea e messo un bollo “P.D.” a conferma. (asta Ferrario, luglio 2016, lotto 194)

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Fig.209 - 25 giugno 1853. Da Pavia A.R.F. a Torino S.3. affrancata per 50 c.a. con un francobollo da 5 e uno da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (15 c.a. per A.R.F. + 35 c.a. per S.3.) Tracciata una croce di Sant’Andrea e due bolli “P.D.” a conferma. (collezione Teruzzi)

Fig.210 - 14 febbraio 1853. Da Lodi A.R.F. a Nizza marittima S.3. affrancata per 50 c.a. con un francobollo da 5 e uno da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (15 c.a. per A.R.F. + 35 c.a. per S.3.) Poi messo un bollo “P.D.” a conferma. (asta Zanaria, ottobre 2016, lotto 409)

Da A.1.

Fig.212 - 16 dicembre 1852. Da Treviglio A1. a “Milano = Novara per Borgomanero” S.1. affrancata con un francobollo da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (30 c.a. per A.1. + 15 c.a. per S.1.) Scritto “franca”, tracciata una croce di Sant’Andrea e poi messo il bollo “P.D.” a conferma. (collezione Teruzzi)

Fig.213 - 21 maggio 1851. Da Bergamo A.1. a Vigevano S.1. solo con due francobolli da 15 centesimi austriaci del Lombardo Veneto. Fu cancellato un “P.D.” messo per errore e scritto “Bollo insufficiente”. Fu tassata prima 2 decimi, poi cancellati e indicati i corretti 31/2 decimi di lira italiana di tassa (2,5 per A.1. + 1 per S.1.) (collezione Teruzzi)

Fig.214 - 2 agosto 1853. Da Cremona A1. ad Asti S.2., dove arrivò passando per Novi il 2, con un francobollo da 45, uno da 5 e uno da 15 centesimi austriaci del Lombardo Veneto, totale 65 c.a. anziché i sufficienti 60 (30 c.a. per A.1. + 30 c.a. per S.2.) forse considerando Asti S.3. Fu messo il bollo “P.D.” di pagato fino a destino. (collezione Masi)

Fig.211 - 8 agosto 1852. Da Erba A.1. “al’antico caffè del Rosario in Novara” S.1. in “s.P.m.” (sue Proprie mani), dove arrivò il 9. Alla partenza pagò 9 carantani (3 per S.1. + 6 per A.1.) Fu tracciata una croce di Sant’Andrea, messo il bollo “FRANCA” e poi anche un “P.D.” a conferma. (collezione Colombo)

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Fig.215 - 30 dicembre1852. Da Crema A.1. a Genova S.3., dove arrivò il 31. Tassa di 51/2 decimi di lira italiana (2,5 per A.1. + 3 per S.3.)

Fig.218 - 24 marzo 1853. Da Mantova A.1. a Nice maritime S.3., dove arrivò il 28. Tassa di 71/2 decimi di lira italiana. (Vedi note alla precedente figura 217.) (archivio fotografico Teruzzi)

Fig.216 - 16 maggio 1853. Da Crema A.1. a Genova S.3., dove arrivò il 17. Bollata erroneamente A.R.F., fu tassata soltanto 4 decimi di lira italiana (1 per A.R.F. + 3 per S.3.) Una prova che si badava al bollo della sezione ed era quello che contava.

Fig.219 - 3 dicembre1852. Da Verolanuova A.1. a Torino S.3. affrancata per 65 c.a. con un francobollo da 5, uno da 15 e uno da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (30 c.a. per A.1. + 35 c.a. per S.3.) Bollo “P.D.” a conferma. (ex collezione Jerger)

Fig.217 - 27 maggio 1851. Da Mantova A.1. a Nice maritime S.3., dove arrivò passando il 28 per Milano. Tassa di 71/2 decimi di lira italiana. La tassazione corretta sarebbe stata 51/2 (2,5 per A.1. + 3 per S.3.) Non mi spiego questo chiaro 71/2 (perché 20 centesimi in più? Se avessero considerato Mantova A.2., la tassa sarebbe stata di 80 centesimi). (archivio fotografico Teruzzi)

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Fig.220 - 2 ottobre 1852. Da Soresina A.1. a “Milano per Genova” S.3. affrancata per 65 c.a. con due francobolli da 10 e uno da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (30 c.a. per A.1. + 35 c.a. per S.3.) Tracciata una croce di Sant’Andrea, messo il bollo “FRANCA” e poi un “P.D.” a conferma. (ex collezione Bertoncini)

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Fig.221 - 18 agosto 1853. Da Cremona A.1. a Torino S.3. Di 11/2 porto, fu affrancata per 100 c.a. con due francobolli da 45 e uno da 10 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (45 c.a. per A.1. + 52,5 arrotondati a 55 c.a. per S.3.) Messo il bollo “FRANCA” e poi un “P.D.” a conferma. (collezione Teruzzi)

Fig.223 - 13 gennaio 1853. Con due diverse bollature da Cremona A.1. a Genova S.3. Di 11/2 porto, fu affrancata per 110 c.a. (10 in eccesso) con una coppia del francobollo da 45 e una da 10 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (sarebbero stati sufficienti 45 c.a. per A.1. + 52,5 arrotondati a 55 c.a. per S.3.) Messo il bollo “FRANCA” e poi un “P.D.” a conferma. (ex collezione Capellaro)

Fig.224 - 8 agosto 1853. Da Bergamo A.1. “Ferma in posta” a Genova S.3., dove arrivò il 10. Affrancata solo con un francobollo da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto, era di “BOLLO INSUFFICIENTE” (sarebbero serviti 65 c.a.) Il francobollo non fu tenuto in alcun conto e la lettera fu tassata 51/2 decimi di lira italiana (2,5 per A.R.F. + 3 per S.3.) Dopo aver provato più volte a consegnarla (e incassare la tassa), dopo un mese fu messo il bollo “RETRODATO” e, cancellato “Genova”, fu rimandata a Bergamo, dove arrivò l’8 settembre e si provò ad affidarla alla “DISTRIBUZIONE 1” e poi alla “DISTRIBUZIONE 2”. Fu prima indicata la nuova tassa di 7 carantani perché da S.3. + 6 per A.1. = 13. Poi anche questi furono cancellati e ci si limitò ai soli diritti interni di 6 carantani (che non sappiamo se siano stati poi riscossi). (collezione Teruzzi)

Da A.2. Fig.222 - 1° gennaio 1853. Grosso piego da Cremona A.1. a Genova S.3., dove arrivò il 3 gennaio 53 (anno corretto). Di ben 5 porti, fu affrancata per 325 c.a. attaccando i francobolli anche al retro e segnalandolo con un “vertatur”. (I francobolli applicati furono 30 c.a. x 5 = 150 c.a. per A.1. + 35 c.a. x 5 = 175 c.a. per S.3.) Messo il bollo “FRANCA” e poi un “P.D.” a conferma. (ex collezione Capellaro) Fig.225 - 5 febbraio 1851. Da Verona A.2. a Pallanza S.1. solo con un francobollo da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto. “BOLLO INSUFFICIENTE” (sarebbero serviti 75 c.a.), il francobollo applicato non fu tenuto in considerazione e la lettera fu tassata 6 decimi di lira italiana (5 per A.2. + 1 per S.1.) (collezione Teruzzi)

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Fig.228 - 17 giugno 1853. Da Pieve di Soligo A.2. a Pinerolo S.3. affrancata per 95 c.a. con tre francobolli da 30 e uno da 5 centesimi austriaci del Lombardo Veneto (60 c.a. per A.2. + 35 c.a. per S.3.) Bollo “P.D.” a conferma che era pagata fino a destino. (ex collezione Capellaro) Fig.226 - 10 marzo 1853. Da Venezia A.2. “ferma in posta” a Torino S.3., dove arrivò il 12. Alla partenza pagò 7 carantani per S.3. + 12 per A.2. = 19. Tracciata una croce di Sant’Andrea, messo il bollo “FRANCA” e poi il bollo “P.D.” a conferma. (collezione Cedolini)

Fig.229 - 7 ottobre 1853. Da Vicenza A.2. a Torino S.3. solo con una striscia di tre del francobollo da 15 centesimi austriaci del Lombardo Veneto. Affrancature parziali fino al confine non erano ammesse e quindi “BOLLO INSUFFICIENTE” (sarebbero serviti 95 c.a.) I francobolli applicati non furono tenuti in considerazione e la lettera fu tassata 8 decimi di lira italiana (5 per A.2. + 3 per S.3.)

Fig.227 - 1° settembre 1853. Da Vicenza A.2. a Torino S.3., dove arrivò il 2. Alla partenza pagò 19 carantani (7 per S.3. + 12 per A.2.) Tracciata una croce di Sant’Andrea, messo il bollo “FRANCA” e poi il bollo “P.D.” a conferma. A Torino fu affidata al “Port. Lett. 1A DISTRIB.” e poi al portalettere “7”. Fu poi cambiato l’indirizzo in “Borgo sesia”. Rispedita da Torino il 3 ottobre, via Novara 4, arrivò a Borgo Sesia il 4 ottobre. (collezione Cedolini)

Lorenzo Carra

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Fig.230 - 31 agosto 1853. Da Venezia A.2. “Ferma in Posta” a Torino S.3. solo con un francobollo da 45 centesimi austriaci del Lombardo Veneto. Anche qui “BOLLO INSUFFICIENTE” (sarebbero serviti 95 c.a.) Il francobollo applicato non fu tenuto in considerazione e la lettera fu tassata 8 decimi di lira italiana (5 per A.2. + 3 per S.3.) (asta Filatelia Sammarinese, gennaio 2007)

Un particolare ringraziamento a Mario Cedolini e ad Angelo Teruzzi per la collaborazione. (continua)

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LA CORRISPONDENZA EXTRATERRITORIALE DALL’OLTREPÒ MANTOVANO DURANTE L’OCCUPAZIONE SARDA Sergio Melotto • Paolo Vaccari

È stata, nei secoli scorsi, buona norma quella di far coincidere i confini dei diversi Regni con precisi luoghi geografici, come la cresta di una catena montuosa o piccoli e grandi corsi d’acqua. Il motivo è semplice: questi confini erano chiari e soprattutto, aspetto fondamentale, offrivano la possibilità di essere facilmente difesi dagli eventuali attacchi dei nemici. Questa stessa logica fu adottata per definire gli accordi alla base dei preliminari di pace che portarono all’armistizio di Villafranca, l’8 luglio 1859, identificando il Po, al di sotto di Borgoforte come “una linea di delimitazione naturale tra le armate belligeranti fino a Ficcarolo e di là fino alla sua imboccatura a Porto di Goro.” Troppo importante, tuttavia, era per gli austriaci, il mantenere il contatto diretto con i ducati loro alleati, che, per gli accordi siglati, sarebbero ritornati sotto il controllo delle famiglie regnanti, ed evitare che un cuneo sardo si potesse inserire tra i territori del Veneto e del Ducato di Modena. L’Austria fu, quindi, disponibile a cedere la Lombardia alla Francia, ma insistette perché i suoi confini meridionali venissero modificati nei documenti finali, delineando i possedimenti austriaci “dal raggio estremo della fortezza di Peschiera, lungo il Mincio, a Scorzarolo, Luzzara ed al Po da dove le attuali frontiere continueranno a formare i confini dell’Austria.” (Fig.1) Il dispiegamento di forze, tuttavia, che si venne a creare sulle sponde opposte del fiume, alimentò da una parte illusioni e speranze di un affrancamento definitivo di questo piccolo territorio, ma anche, da parte austriaca, il desiderio di una rivincita e di un ritorno imminente sulle posizioni iniziali. L’occupazione sarda dell’Oltrepò imponeva un preoccupante isolamento a un territorio da sempre collegato a Mantova e al Veneto, determinando una frattura nelle relazioni economiche, sociali e anche affettive. Come sempre accade in questi frangenti di incertezza, a complicare le relazioni tra gli Stati, si rafforzò una massiccia azione degli opposti ‘reclutatori’, personaggi carismatici che appoggiando l’una o l’altra causa, cercavano di arruolare i giovani alle nuove idee patriottiche o consolidare in loro la “fedeltà” all’Impero. I reclutatori avevano iniziato la loro azione persuasiva nella popolazioSergio Melotto • Paolo Vaccari

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Fig.1 - 19 giugno 1859 - Lettera spedita da Milano a Sermide, inoltrata via Ferrara nel tentativo di aggirare il fronte bellico. Giunta a Bologna il 24 giugno, con il passaggio di Pontelagoscuro ormai chiuso, fu inoltrata via di Svizzera, ma giunse ormai quando gli austriaci si erano ritirati dall’Oltrepò. Ritornò, quindi indietro e fu recapitata solo il 27 luglio. (da B.Crevato Selvaggi, “Quel Magnifico Biennio 1859-1861”)

ne mantovana ben prima della pace di Villafranca, operando soprattutto nei punti cruciali del confine meridionale della provincia, territori attivi contro l’Austria sin dai tempi della Restaurazione seguita alla Prima guerra d’indipendenza. Nei primi frangenti della guerra, gli austriaci ignoravano “per qual via, in qual parte di Confine, e presso chi” queste persone potessero agire, ma le indagini poterono accertare che il maggior passaggio clandestino avveniva nella zona tra Luzzara, Gonzaga e Reggiolo, transitando “per strade e campagne che fra esse si confondono da non sapersi dal viandante se egli trovasi in territorio Lombardo od Estense nel percorrere quella liVACCARI

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nea”. Quanto era avvenuto, tuttavia, nel Distretto di Gonzaga, era accaduto anche nel confine di Sermide, del Viadanese e di Curtatone. (Fig.2)

Diversamente da quanto accadde con la Lombardia, dove lo scambio postale a Peschiera venne ripristinato il 15 di settembre, il passaggio lungo il Po con le Romagne, poco distante dal Basso Mantovano, venne riaperto già dal 1° di settembre. Diverse lettere confermano questo cambiamento, venendo inoltrate dai corrieri oltreconfine, sia affrancate che con porto pagato in denaro, ma ora tassate per la tariffa interna austriaca, relativa alla distanza dal sito di ingresso fino a destino. Due sono le lettere, invece, che ci aiutano a ricostruire gli avvenimenti nell’Oltrepò: - la prima (Fig.4), scritta a Revere, ma spedita da Ostiglia il 3 settembre 1859 e diretta a Mantova; - la seconda (Fig.5), scritta a Sermide, ma spedita da Ostiglia il 4 settembre 1859, anch’essa diretta a Mantova.

Fig.2 - 26 agosto 1859 - Lettera spedita da Milano a Suzzara, ferma in posta. Sebbene non fosse stato ancora rispristinato il servizio postale tra Mantova e i Distretti dell’Oltrepò, era possibile per il patriota Fernelli attraversare il confine e ritirare la sua corrispondenza nell’ufficio postale di Suzzara. (da B.Crevato Selvaggi, “Quel Magnifico Biennio 1859-1861”)

Il ripristino delle comunicazioni da Revere a Ostiglia Questo clima ci fa ben intendere quanto dovesse essere riluttante l’Austria, ora da una posizione più facilmente difendibile lungo la riva sinistra del Po, a riattivare normali relazioni con i territori occupati dell’Oltrepò e, soprattutto, a ripristinare le comunicazioni e rendere più semplice il passaggio delle persone, passaggio che, però, non si interruppe mai completamente. (Fig.3)

Fig.4 - 3 settembre 1859 - Lettera scritta a Revere, ma inoltrata a Ostiglia e da lì spedita per Mantova; in questo periodo la comunicazione tra l’amministrazione postale sarda e quella austriaca non era ancora ristabilita. (archivio Melotto)

Fig.5 - 4 settembre 1859 - Lettera scritta a Sermide, ma inoltrata a Ostiglia e da lì spedita per Mantova, a indicare che questo stratagemma si era ormai diffuso anche nel Distretto vicino. (asta Santachiara) Fig.3 - 17 settembre 1859 - Lettera spedita da Brescia a Mantova alla riapertura delle comunicazioni: “Sia lodato Dio che almeno ora si possa comunicare direttamente colle vie ordinarie e sia di regola che qui l’ora di impostazione per la corsa Pescheria-Verona-Mantova sia quella del mezzogiorno per cui mi saprete dire quando vi giunga la presente” (archivio Vaccari)

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Sebbene si possa ipotizzare che fosse, in questi primi giorni, attivo solo il passaggio di Ostiglia, questo specifico instradamento sembrerebbe sugSergio Melotto • Paolo Vaccari

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gerire che il ben più strategico servizio postale Mantova-Ferrara, lungo il quale si trovano appunto sia Revere che Sermide, fosse stato riattivato. Come si diceva in precedenza, l’importanza strategica dell’Oltrepò era insita proprio nei collegamenti che lo attraversavano, ponendolo quale via elettiva per raggiungere Parma, attraversando Borgoforte e Suzzara, Modena, via Revere e Mirandola o San Benedetto e Novi, e appunto Ferrara. Il testo, tuttavia, della lettera scritta a Sermide, ci suggerisce una situazione molto diversa e ci aiuta a porre nel giusto contesto la riapertura del collegamento di Ostiglia, sul servizio postale di quei giorni: “La interrotta comunicazione mi privano di tue notizie. Siccome però mi riuscirebbe grato sentire sull’... tuo di salute, e siccome da Mantova ad Ostiglia sono libere le comunicazioni, così mi scriverai, con sopracoperta diretta all’Ing.(?) Gerolamo Brera in Ostiglia, questi aperta la lettera trovatane una a me diretta la spedirà. Quanto ai nostri conti...” Il testo sembra suggerire che, in questo periodo, sia stato necessario un secondo inoltro per poter recapitare la lettera a Sermide, probabilmente dopo aver attraversato il fiume, non essendo l’intero percorso ancora coperto da un unico servizio postale. Questa interpretazione porterebbe a pensare che in questi primi giorni di settembre, periodo in cui gli uffici postali dell’Oltrepò erano sotto il controllo sardo, non fossero state ancora ristabilite appieno le comunicazioni postali e che fosse necessario l’intervento di persone disposte a fare da tramite tra gli uffici di Revere e Ostiglia. È, forse, utile ribadire che, in questi stessi giorni, nel passaggio tra Romagne e Veneto, attraversato il Po, sulle lettere è apposto il bollo dell’ufficio di Padova, che ne certifica la provenienza dallo Stato Pontificio, a supportare il fatto che il servizio postale fosse totalmente integrato, sebbene non fosse possibile affrancare le lettere sino a destino, lasciando al destinatario l’onere di saldare la tassa austriaca. Il testo di questa lettera, invece, sembra evidenziare che l’inoltro a Ostiglia della corrispondenza dai Comuni dell’Oltrepò, in questo primo periodo, non sia stato un espediente per evitare la doppia tassazione, ma un più pragmatico stratagemma per poter far arrivare la lettera a destino, in attesa di una completa integrazione tra l’amministrazione postale sarda e quella austriaca (che avvenne, come ricordato prima, solo il 15 di settembre 1859). La lettera spedita il 24 di settembre da MoSergio Melotto • Paolo Vaccari

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glia per Mantova, sulla quale appare, per la prima volta, la doppia tassazione sarda e austriaca, sembra confermare questa ipotesi. Nella lettera scritta a Revere il 3 settembre e giunta a Mantova il 4, il mittente scrive a Giuseppe Franchetti: “Dall’ultima volta che ebbe lo scrittore il bene di parlarvi vi ordinò un vascello d’olio purificato ma fino a tutt’oggi non abbiamo avuto il piacere di vederlo [...] interessiamo caldamente la vostra amicizia e premura a volerlo spedire con qualche mezzo al Sig. Giuseppe Seidenari - di Ostiglia per noi”. Si conferma, quindi, dal testo di questa seconda lettera, che, riaperta la via Ostiglia-Mantova, le persone erano riuscite a riattivare anche le comunicazioni commerciali, ma che l’identificare qualcuno a Ostiglia, che potesse fungere da tramite tra le sponde opposte del Po, rimaneva una prerogativa necessaria per finalizzare gli scambi. Se questo si è rivelato utile per poter recapitare le missive tra l’Oltrepò e Mantova, sorprendentemente l’espediente, negli stessi giorni, fu utilizzato per compiere il percorso contrario. La raccomandata (Fig.6), infatti, impostata a Revere il 28 agosto, fu scritta in realtà a Verona e come si legge nel testo: “Per maggior sicurezza invio la presente ad Ostiglia, acciò venga impostata sotto raccomandata di presto a Revere”. Questa ulteriore evidenza testimonia quanto velocemente si diffuse l’informazione della riapertura dei rapporti tra Ostiglia e Revere, e come avesse colto l’attenzione anche di coloro che erano soliti corrispondere non già con i tre Distretti, ma tramite quei cammini postali che li attraversavano. In questo specifico caso, infatti, il lungo tragitto via di Svizzera era stato sin qui l’unica possibilità di mantenere i contatti con Modena.

Fig.6 - 28 agosto 1859 - Raccomandata scritta a Verona, ma inoltrata ad Ostiglia e di qui a Revere, dove fu spedita per raggiungere Modena, evitando la dispendiosa e complicata “Via di Svizzera”. (archivio Vaccari)

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A completezza dell’informazione, non mi sono note altre lettere spedite da Sermide per Mantova, nel periodo sardo, e dovremo attendere fino al 28 di ottobre per ritrovarne una da Revere (Fig.7), un’altra seguirà il 9 e una il 19 novembre, e questo lascia il dubbio che il portare le lettere a Ostiglia possa essere diventata una prassi comune, anche dopo la riapertura delle comunicazioni dirette tra le due amministrazioni, ora si per evitarne la doppia tassazione.

Fig.7 - 28 ottobre 1859 - Lettera spedita da Revere per Mantova, affrancata con un francobollo sardo per il porto interno e tassata per 5 soldi per il porto austriaco. (archivio Zanaria)

ne. Molti nobili, sostanzialmente filo-austriaci, e la massa dei contadini nullatenenti e proletari rurali non presero parte alla contesa, anzi, questi ultimi accantonarono ogni considerazione patriottica e andarono, per anni, a rimpinguare le fila di braccianti assoldati dagli austriaci per le nuove necessarie fortificazioni. L’autunno del 1859, tuttavia, rimaneva per molti un periodo di intensa attività di propaganda filo-piemontese. Certo fu questo il caso di Lisiade Pedroni, patriota gonzaghese che visse questi frangenti con grande partecipazione e mantenne aperta una fervente comunicazione con il conte Giuseppe Arrivabene, rivoluzionario e grande possidente nel Distretto di Gonzaga, esule dopo la Prima guerra d’indipendenza, stabilitosi a Varese Ligure. Il tono delle sue lettere, già illustrate da Mentaschi su questa rivista, e soprattutto il fatto che fossero entrambe spedite da Reggiolo (una il 3 e l’altra il 18 settembre), ha portato l’autore a ipotizzare che la ragione fosse legata a una incertezza generale sul funzionamento dei servizi locali, “spingendo gli utenti ad attraversare il confine con l’ex Ducato di Modena il cui servizio postale era evidentemente ritenuto più affidabile”. (Fig.9)

Due invece sono le lettere affrancate, ora per la sola prima distanza, che da Revere giungono a Mantova nei 21 giorni di dicembre (Fig.8), dopo il ritorno degli austriaci, e tre quelle in franchigia.

Fig.8 - 21 dicembre 1859 - Lettera spedita da Revere a Mantova, affrancata per il solo porto austriaco, essendo i Distretti dell’Oltrepò ritornati sotto il controllo austriaco. (archivio Melotto)

Lettere scritte a Gonzaga ma spedite da Reggiolo Lo stallo che si creò nelle comunicazioni tra Mantova, il Veneto e i tre distretti dell’Oltrepò, dopo una prima euforia in alcune classi della popolazione, provocò di fatto il crollo economico della regio34

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Fig.9 - 18 settembre 1859 - Lettera scritta a Gonzaga ma spedita da Reggiolo per Varese Ligure. Giunta a Guastalla, invece di essere inoltrata a Reggio, arrivò a Milano e quindi a destinazione, a testimonianza dell’integrazione del nuovo servizio postale con la rete lombarda. (archivio Vaccari)

I diversi instradamenti delle due lettere ci consentono di stabilire la data di inizio del servizio di corriere che l’amministrazione sarda, probabilmente per iniziativa della Direzione postale di MiSergio Melotto • Paolo Vaccari

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lano, si vide costretta ad attuare per porre in comunicazione i tre distretti e Canneto, sede del Commissario sardo per queste zone liberate, e, più in generale, con tutta la rete postale lombarda. Questo servizio, che ha interessato tutti gli uffici dell’Oltrepò, ha di fatto creato un collegamento comune tra questi territori con Reggiolo e, quindi, Guastalla, in territorio estense, uniformandone il servizio, almeno fino al rientro degli austriaci nel dicembre 1859. Risulta quindi difficile poter sostenere che la ragione della spedizione di queste lettere, direttamente da Reggiolo, potesse essere legata a un più affidabile servizio postale. (Fig.10)

In una nota a piè pagina Sartoretti scrive: “Nel caso che Le occorresse di scrivermi prima che i tre Distretti siano rioccupati dai carissimi austriaci, diriga le lettere a Gonzaga. Le riceverei più presto. Seguita la rioccupazione non vi rimetterei piede.”

Fig.11 - 11 novembre 1859 - Lettera scritta a Gonzaga ma spedita da Reggiolo per Milano; giunse a Guastalla il 12 e il 13 a destinazione. (archivio Melotto)

Fig.10 - 25 ottobre 1859 - Lettera spedita da Revere indirizzata all’Avv. Sartoretti, prima a Canneto e rispedita a Gonzaga, a conferma dei continui spostamenti del destinatario e dell’efficienza del servizio; una prima lettera, con medesimo iter, era stata spedita il 15 settembre. (archivio Vaccari)

Non dobbiamo dimenticare che Reggiolo, il cui ufficio postale fu aperto solo nell’estate del 1852, costituì fin qui un caso davvero singolare, giacché i suoi abitanti percorsero, per lungo tempo, i 5 chilometri che li separavano da Gonzaga per poter inoltrare e ricevere le loro corrispondenze tramite l’ufficio austriaco, alimentando quello che Del Bianco chiamò “un traffico postale abusivo di frontiera”. Possiamo, ragionevolmente, aspettarci che questa “abitudine” sia stata ripristinata dagli abitanti di questi due Comuni, e questa volta con direzione inversa, visto che tutte e tre le lettere note, spedite da Reggiolo in questo periodo, risultano, in realtà, essere scritte a Gonzaga. Alle due lettere del Pedroni, infatti, dobbiamo aggiungere la lettera che Luigi Sartoretti, un altro personaggio eminente del gonzaghese, invia, l’11 novembre 1859, all’avvocato Norsa a Milano (Fig.11). Sergio Melotto • Paolo Vaccari

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Sartoretti, in effetti, ottenne il permesso di trasferirsi nei territori liberati, continuando ad amministrare i beni mantenuti a Gonzaga, prima rientrando a Reggiolo, da cui spedirà una seconda lettera il 16 dicembre allo stesso destinatario, e poi trasferendosi a Cremona. Assodato quindi che non fu una questione di sicurezza o di efficienza del servizio, e non potendo in questo primo periodo ipotizzare un vantaggio economico per la mancata doppia tassazione, ci rimane, quindi, il compito di ipotizzare una ragione plausibile per spiegare queste “anomale” spedizioni. Per far questo è utile rivedere cosa avvenne nell’ufficio di Gonzaga durante l’occupazione sarda. Un numero limitatissimo di francobolli furono distribuiti a questo ufficio, che li esaurì prima della fine del mese di agosto. Come abbiamo detto la prima lettera del Pedroni impostata a Reggiolo è del 3 settembre, e dell’8 settembre è la prima lettera “FRANCA”, a noi nota (indirizzata in Belgio!) Dell’11 è una lettera in franchigia spedita dal Regio Commissario del Distretto di Gonzaga alla Deputazione Comunale di San Bendetto, e, come ricordavamo prima, del 18 settembre è la seconda lettera del Pedroni. Tutto farebbe pensare che l’ufficio postale di Gonzaga, nel settembre 1859, fosse operativo, sebbene sprovvisto di francobolli. Una situazione simile si riscontra in concomitanza della lettera spedita dal Sartoretti. Una prima lettera in franchigia è del 3 novembre seguita da una seconda lettera del 10, inviata dalla Pretura di Gonzaga. Dell’11 è la lettera spedita da Reggiolo, VACCARI

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mentre il 14 novembre viene spedita da Gonzaga una lettera a Ostiglia, resa “FRANCA” e tassata in arrivo 5 soldi (Fig.12). Insomma, anche in questo periodo, nulla che potesse evidenziare problemi nella spedizione di lettere da questo ufficio, che manteneva operativi sia i servizi verso gli altri uffici dell’Oltrepò che quelli verso l’esterno.

Fig.12 - 14 novembre 1859 - Lettera spedita da Gonzaga a Ostiglia, con la tariffa per il porto interno assolta in denaro e resa “FRANCA”, ma tassata 5 soldi per il porto austriaco. (da B.Crevato Selvaggi, “Quel Magnifico Biennio 1859-1861”)

Rimane quindi plausibile che l’inoltro delle lettere all’ufficio di Reggiolo, durante l’occupazione sarda di questo territorio, rispondesse unicamente alla comodità dei mittenti, persone che comunque erano solite spostarsi tra i due Comuni molto frequentemente, o addirittura giornalmente, e che in questo travagliato periodo cercavano di capire come meglio allocarsi. Durante il novembre 1859 si giocavano le ultime carte per cercare di ribaltare gli accordi della pace di Zurigo, appena siglata, come si legge nella lettera spedita in franchigia dalla Questura Distrettuale: “è disposto di comune accordo colle altre Deputazioni che la Commissione recatasi a Torino per propugnare le sorti di questi Distretti vi rimanga sino che il bisogno lo richieda. Da al quale scopo si dispone da parte del Comune di San Benedetto altra somma di F.63.” (Fig.13)

Fig.13 - 18 novembre 1859 - Lettera spedita dalla Questura Distrettuale di Gonzaga a San Benedetto, in franchigia. (archivio Melotto)

Dal 9 dicembre 1859, al rientro degli austriaci nell’Oltrepò, il controllo del territorio divenne difficilissimo sul piano organizzativo ed economico. Furono molti i problemi che dovettero affrontare: la sfiducia degli impiegati nella gestione dei Co36

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muni, i comportamenti non sempre trasparenti dei Commissari Distrettuali responsabili della linea di confine, il commercio clandestino e la vertiginosa crescita del contrabbando, la corruzione di molti finanzieri, l’infiltrazione di spie e la pressione dell’esercito del Regno sardo, appena di là del confine. Il 2 gennaio 1860, il delegato Carpani scrisse al presidente della Luogotenenza in Venezia: “non posso tacere che gli avvenimenti passati e l’idea di un’Italia unita hanno esaltato in generale le menti in guisa che oggi è un desiderio comune che anche questa veneta provincia vi abbia a formar parte.” L’inoltro delle lettere all’ufficio postale di Reggiolo, spedite dalle persone che decisero di rimanere a Gonzaga dopo il rientro degli austriaci nell’Oltrepò, per evitare la doppia tassazione, fu, probabilmente, l’ultimo dei problemi. (Fig.14)

Fig.14 - 16 dicembre 1859 - Lettera spedita da Reggiolo a Milano, affrancata 20 centesimi per il porto interno, ma tassata 8 soldi per il secondo porto. (da P.Vaccari, “Modena 1852-2002 - 150° anniversario dei francobolli estensi”)

BIBLIOGRAFIA - A.Bazzi, Storia della Posta nel Mantovano 15501900, Sirotti Editore, Milano, 1977; - E.Camerlenghi, M.A.Malavasi, I.Mazzola, Il mantovano diviso: la provincia nei primi anni del Regno d’Italia 1861-1866, in “Quaderni dell’Accademia” 4/2015; - B.Crevato Selvaggi, Quel Magnifico Biennio 18591861, Roma - Rimini, 2012; - U.Del Bianco, Storia postale del Lombardo Veneto (1815 - 1866), Editrice Elziviro, 2002; - S.Leali, L’Oltre Po mantovano, in “Filatelica - La filatelia nel III millennio”, Vaccari, Vignola (Mo), 2008; - M.Mentaschi, I francobolli dell’Oltrepò mantovano, in “Vaccari Magazine” 27/2002; - M.Mentaschi, Riflessioni su alcune lettere spedite durante il Governo Provvisorio dell’ex Ducato di Modena, in “Vaccari Magazine” 21/1999; - L.Rivolta, I francobolli provvisori dell’Oltrepò Mantovano, edizione Notiziario A.S.I.F., 1973; - L.Sirotti, Dagli stati preunitari al Regno d’Italia (1859-1862), Sassone, 1998; - P.Vaccari (a cura di), 1852 MODENA 2002, 150° Anniversario dei Francobolli Estensi, Vaccari, Vignola (Mo), 2002. Sergio Melotto • Paolo Vaccari

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USI ISOLATI DEI FRANCOBOLLI DEL DUCATO DI MODENA Fabrizio Salami

Sono uno dei tanti collezionisti che subiscono il fascino del francobollo usato singolarmente su lettera. Non so l’origine di tale attrazione ma lo studio della composizione tariffaria soddisfatta con l’uso di un solo valore acquista più interesse, anche e soprattutto se il francobollo non era stato concepito per quello specifico fine. Per il periodo d’oro dello sviluppo della posta, cioè grossomodo dopo il 1875, tale studio è esaltato dalla disponibilità di tanti servizi, oggetti e agevolazioni che, nel corso degli anni, furono resi disponibili agli utenti come ad esempio: il fermo posta; le cartoline; le “tariffe sindaci”; le “tariffe aeree” e così via. Tuttavia anche il periodo più antico ha un buon numero di combinazioni interessanti. Riguardo ai francobolli del Ducato di Modena ho voluto indicare sia gli usi che conosco sia la loro frequenza rispetto a un uso normale. Secondo la mia opinione non tutti gli isolati sono isolati nello stesso modo. Per essere veramente tali devono coprire esattamente la cifra stabilita da una tariffa, o una combinazione di tariffe, e non esserne né sopra né sotto. Voglio precisare, per non sembrare fanatico, che anche gli usi approssimati sono interessanti e sempre molto infrequenti: non li considero nel mio articolo perché potrebbero essere dovuti a ignoranza (ad esempio perché le tariffe erano diminuite … pare incredibile ma succedeva!); a paura di fare brutta figura nei confronti del destinatario, in altre parole il mittente voleva evitare ad ogni costo che la lettera arrivasse tassata; a furbizia (in caso di affrancatura in difetto … ma raramente andava bene!); a semplice errore (nel Regno di Sardegna si conosce almeno un caso dove, a causa del colore, un cent.5 della II emissione è stato scambiato per un 20). Per questi motivi nelle tabelle che presento ho considerato gli usi precisi ma anche le affrancature verso l’estero che potevano o dovevano essere limitate alla frontiera. Ovviamente questi ultimi usi contemplavano tassazioni in transito e/o in arrivo. I casi erano possibili o per mancanza di convenzione che consentisse di pagare fino a destino (ad esempio le lettere verso il Regno delle Due Sicilie) oppure erano ammessi da una convenzione in vigore (ad esempio, le lettere per la Svizzera potevano lecitamente essere affrancate fino all’estrema frontiera del Lombardo Veneto anche dopo la convenzione postale austro-svizzera del 1852), dunque tutte situazioni perfettamente lecite e giustificate, Fabrizio Salami

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escludendo gli usi che comportavano una multa o che provocavano la nullità dell’affrancatura. Ho scelto una scala di frequenza molto semplificata. - N: si tratta dell’uso normale del francobollo. Ovviamente se il francobollo è raro anche un suo uso normale sarà raro! Ad esempio il valore da cent.5 “ducale” in periodo di Governo Provvisorio non è facile da reperirsi ma quando lo si trova lo si trova generalmente isolato. - P: l’uso isolato del francobollo è infrequente. - R: l’uso isolato del francobollo è eccezionale. - (tax): l’uso isolato del francobollo non è dovuto ad affrancatura insufficiente ma ad affrancatura limitata alla frontiera e, pertanto, tassata in transito/arrivo.

L’emissione ducale I francobolli della serie ducale in periodo “normale” si possono reperire con più facilità isolati, ad eccezione del valore da 1 lira, dunque è l’uso particolare dell’isolato che ne fa aumentare l’infrequenza. Usi isolati dell’emissione ducale su corrispondenza per l’interno emissione ducale

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Per l’interno

Per la Lega austro-italiana

Fig.1 - Cent.5 stampe per l’interno, maggio 1858. È uno degli usi più difficili da individuare perché per località distanti fino a 40 miglia italiane la tariffa ordinaria e quella stampe coincidevano; l’uso, pertanto, è riconoscibile con sicurezza solo su corrispondenza indirizzata tra località distanti più di 40 miglia italiane (come nel caso illustrato) per la quale vigeva una tariffa ordinaria di 10 centesimi mentre la tassa per le stampe rimaneva sempre a 5 centesimi.

Fig.3 - Cent.5 oliva su stampa primo porto per la Toscana.

Fig.4 - Cent.10 con punto su stampa secondo porto per il Lombardo Veneto. (da “Modena 1852-2002 - 150° anniversario dei francobolli estensi”, Vaccari, Vignola (Mo), 2002, pag.117)

Usi particolari del valore da cent.25 “ducale” emissione ducale

Fig.2 - Cent.15, luglio 1855, isolato per coprire il terzo porto entro 40 miglia italiane. Si riscontra più facilmente su raccomandate di parte ma in tal caso è accompagnato da un cent.25.

ricevute di ritorno per l’interno

ricevute di ritorno per l’estero

reclamo

P

R

R

cent.25

Usi isolati dell’emissione ducale su corrispondenza per i paesi della Lega austro-italiana emissione ducale

Lombardo Veneto I dist.

II dist.

III dist.

stampe

Austria ordinaria

Parma

stampe

I dist.

II dist.

Pontificio

stampe

I dist.

II dist.

III dist.

Toscana stampe

I dist.

II dist.

III dist.

stampe

senza punto cent.5

R

R

cent.10 cent.15 cent.25

R N

N N

N N

N N

N

cent.40 celeste

N

P

N

cent.40

N

N

N

con punto cent.5

P

cent.5 oliva

P

cent.10

R

cent.40

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R

R R

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Usi isolati dell’emissione ducale su corrispondenza per altre destinazioni emissione ducale

Stati Sardi fino a febbraio 1855

Napoli Sicilia

Svizzera

1a convenzione marzo 1855-ottobre 1858*

fino a settembre 1852

da ottobre 1852

Francia

Regno Unito

fino a marzo 1855

da aprile 1857 a ottobre 1858

Olanda Russia

senza punto cent.5 cent.10 cent.15

N (tax)

cent.25

N (tax)

R (tax)

cent.40 celeste

R (tax)

R (tax)

cent.40

N

R (tax)

P (tax)

R (tax)

P (tax)

R (tax)

R (tax)

R (tax)

R (tax)

R (tax)

R (tax)

R (tax)

con punto cent.5

R

cent.5 oliva cent.10

R R (tax)

R

cent.40

N

1 lira

R

* In periodo di seconda convenzione (da novembre 1858) gli unici usi isolati possibili erano il cent.5 per la tariffa stampe (R), o altri valori per i porti multipli (non mi sono noti).

Per altre destinazioni

Fig.6 - 1 lira per l’Inghilterra. Uso perfetto per coprire una tariffa valida da aprile 1857 a ottobre 1858. In precedenza era di 1,20 lire, dopo diminuirà a 80 centesimi. (da “Modena 1852-2002 - 150° anniversario dei francobolli estensi”, Vaccari, Vignola (Mo), 2002, pag.88)

Fig.5 - Cent.40 celeste per Lugano nel giugno 1852. A destinazione la lettera è stata tassata per 20 rappen comprensivi del transito austriaco che, però, era già stato pagato dal mittente!

Usi isolati dell’emissione ducale su corrispondenza in periodo di Governo Provvisorio emissione ducale

interno

Lombardia

Parma

R

Romagne

Pontificio

Toscana

ex Stati Sardi

Napoli

Svizzera

senza punto cent.5 cent.10 cent.15

N

cent.25

N

cent.40 celeste

*

cent.40

N

P

N

P **

**

con punto cent.5

N

cent.5 oliva

N

cent.10

R

cent.40

N

1 lira

R

N

R

R (tax)

R

* Sono noti due esemplari entrambi isolati. ** Sono noti pochissimi esemplari tutti isolati.

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U L’emissione ducale in periodo di Governo Provvisorio

sconosciuto (in tariffa). L’uso più raro del cent.20 è quello su ricevuta di ritorno di cui si conosce un solo esemplare. Il valore da cent.80 è noto isolato su raccomandate di parte quasi solo tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre 1859, questi ultimi apparentemente non in tariffa esatta; io ritengo che l’uso sia corretto perché tale tipo di corrispondenza recepiva sempre in ritardo i cambiamenti tariffari.

Fig.7 - Cent.40 con punto per la Svizzera a soddisfare la nuova tariffa sarda.

Fig.9 - Cent.5 dell’emissione provvisoria per città. La tariffa particolare per città non esisteva in periodo ducale. (da “Modena 1852-2002 - 150° anniversario dei francobolli estensi”, Vaccari, Vignola (Mo), 2002, pag.264)

Fig.8 - 1 lira per Milano. Il francobollo da solo copre la nuova tariffa di tre porti raccomandati. (da “Modena 1852-2002 - 150° anniversario dei francobolli estensi”, Vaccari, Vignola (Mo), 2002, pag.223)

L’emissione del Governo Provvisorio Della serie provvisoria solo il cent.20 è frequentemente isolato, tutti gli altri valori sono molto più rari se usati singolarmente e il cent.15 è addirittura

Fig.10 - Cent.40 dell’emissione provvisoria, isolato per soddisfare il doppio porto. (da Catalogo Vaccari di vendita a prezzo netto n. 92, lotto 149)

Usi isolati dell’emissione del Governo Provvisorio interno Lombardia emissione Governo Provvisorio ordinaria per città cent.5

R

Parma

Romagne Toscana Stati Sardi

Pontificio

Austria

Svizzera

Veneto

R

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cent.15 cent.20

N

N

cent.40 cent.80

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N R

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N

N

R

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P (tax)

N (tax)

R (tax)

R (tax)

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UFFICIO FILATELICO E NUMISMATICO Stato della Città del Vaticano Emissione di 6 settembre 2018

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AFFRANCATURE MISTE DI MODENA OCCASIONALI O RISPEDIZIONI Emilio Simonazzi

Fra le affrancature degli antichi Stati italiani quelle che vengono definite generalmente come miste sono indubbiamente, da ogni punto di vista, fra le più affascinanti e interessanti. È bene precisare che per affrancature miste si vuole qui intendere quelle che, per motivi politici o del tutto occasionali, sommano nel loro insieme francobolli di diverse amministrazioni postali, piuttosto che quelle in cui vi sia stato l’utilizzo di valori postali appartenenti a emissioni di epoca diversa ma sempre dello stesso Stato emittente. Questa precisazione è tesa a far comprendere il perché si siano definite come affascinanti e interessanti tali tipologie di affrancature in quanto, senza nulla voler togliere ad altre, risulta abbastanza evidente la loro scarsità, considerato che una simile evenienza può essersi verificata solo in casi del tutto eccezionali e comunque di norma del tutto infrequenti. In generale il maggior numero di tali affrancature, sempre rimanendo nell’ambito degli antichi Stati italiani, lo si riscontra con l’impiego di francobolli dei vari Governi provvisori unitamente a quelli sardo-italiani, circostanza quest’ultima verificatasi a seguito degli avvenimenti connessi alla Seconda guerra d’indipendenza e agli effetti dei vari plebisciti tenutisi al termine di tale evento bellico che portarono diversi Stati preunitari a confluire nel Regno di Sardegna. Indicative a questo proposito le affrancature miste formate con francobolli del Governo provvisorio di Modena e del Regno di Sardegna, rese possibili dal contestuale utilizzo dei valori postali delle due amministrazioni nel periodo compreso fra il mese di febbraio e il mese di marzo del 1860, allorquando l’ex Ducato di Modena venne annesso al Regno di Sardegna a seguito appunto di un plebiscito popolare. È questo il caso della lettera (Fig.1) affrancata per 20 centesimi, corrispondenti alla tariffa dovuta in base al tariffario sardo, con due esemplari del cent.5 del Governo provvisorio di Modena e un cent.10 del Regno di Sardegna, spedita da Modena il 28 marzo 1860 e diretta a un sottoufficiale della Brigata Modenese di stanza a Rimini dalla fine del 1859. Si tratta della lettera con la data più tarda fra quelle con francobolli del Governo provvisorio im42

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piegati nel Cisappennino modenese ed è anche l’unica mista non raccomandata fra quelle rientranti nella suddetta fattispecie.

Fig.1 - (archivio Vaccari)

Vi furono anche casi che sono fra i più rari in cui l’affrancatura mista venne realizzata per assolvere preventivamente oltre al porto dovuto sino al confine dello Stato in cui si originava la missiva anche quello necessario per il transito nello Stato in cui era diretta. È quanto avvenne per la lettera (Fig.2) spedita da Ferrara il 15 settembre 1859 indirizzata a Padova, sulla quale il mittente provvide ad applicare un francobollo da 4 baiocchi del Governo provvisorio delle Romagne per il porto dovuto sino al confine e un francobollo da 5 soldi del Lombardo Veneto per il transito della lettera in tale Stato, in quanto era venuta meno la validità della convenzione che in precedenza aveva regolato gli scambi postali diretti fra i due territori e ciò a causa della Seconda guerra d’indipendenza.

Fig.2 - (collezione Masi)

Alle fattispecie sin qui illustrate se ne aggiunge un’altra in cui la realizzazione di un’affrancatura mista è frutto di un’azione fraudolenta per frodare Emilio Simonazzi

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la posta, come nel caso della lettera (Fig.3) spedita dai fratelli Ferrario di Milano il 5 agosto 1854 e diretta a Trieste, nella quale l’affrancatura di 45 centesimi, previsti dal tariffario postale del Lombardo Veneto per gli invii oltre la terza distanza chilometrica, anziché essere realizzata come avrebbe dovuto con soli francobolli di tale Stato venne composta con un valore da cent.10 e uno da cent.5 del Lombardo Veneto intervallati con un francobollo da cent.25 del Ducato di Modena. Quest’ultimo venne recuperato da un precedente utilizzo postale e con il proprio colore camoscio, nelle intenzioni dei mittenti, avrebbe dovuto essere scambiato per un francobollo bruno da cent.30 sempre del Lombardo Veneto; il che peraltro non avvenne come dimostrerebbero i segni di tassa apposti sulla fronte della lettera.

glia Paolucci, la contessa Paolucci Scutellari, e che i marchesi Paolucci agli inizi dell’Ottocento furono gli acquirenti della villa di Mamiano che un secolo e mezzo più tardi sarebbe divenuta la residenza della famiglia dell’imprenditore agricolo Giuseppe Magnani e sede della famosa Fondazione Magnani-Rocca, voluta dal figlio di quest’ultimo Luigi Magnani, universalmente nota per il notevole complesso di opere d’arte di assoluta rilevanza che essa racchiude.

Fig.4 - (archivio Bolaffi)

Fig.3 - (archivio Bolaffi)

Carlo e Giovanni Ferrario, titolari di un’attività commerciale, tentarono anche un’altra frode simile a quella descritta, utilizzando in questo secondo caso un francobollo del Ducato di Parma da cent.25 violetto, della prima emissione, impiegato al posto di un valore da cent.30 del Lombardo Veneto su di una lettera spedita da Milano e indirizzata a Padova il 23 febbraio del 1854. Stiamo comunque parlando di documenti postali di notevole interesse, oltre che di incontrovertibile rarità in quanto in molti casi unici, relativi a tutti gli Stati preunitari italiani e dunque anche a quello di Modena, che può vantare una rarità di primo piano con l’unica occasionale affrancatura mista conosciuta (Fig.4); formata con un francobollo da cent.15 di Parma e un cent.5 di Modena del tipo con punto dopo la cifra apposti su di una lettera spedita dalla piccola località di Mamiano, frazione del comune di Traversetolo in provincia di Parma, il 22 giugno 1856 e diretta a Sassuolo. È interessante segnalare che la lettera in questione è indirizzata a una componente della famiEmilio Simonazzi

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Non meno interessanti, ancorché non uniche, sono alcune affrancature miste nelle quali la presenza di francobolli di Modena con quelli di Stati diversi fu dovuta alla necessità di rispedire le missive sulle quali gli stessi vennero apposti. Un esempio di questo tipo di corrispondenze per le quali furono utilizzati francobolli di diverse nazionalità è la lettera (Fig.5) partita da Padova il 14 luglio 1856 diretta a Modena e affrancata con un cent.30 del Lombardo Veneto, valore dovuto per la seconda distanza chilometrica in ossequio alla convenzione austro-italica che regolava i rapporti postali fra le due amministrazioni. Non essendosi, tuttavia, trovato nella città estense il destinatario, l’ingegnere Stefano Breda figura di spicco della sorgente imprenditoria industriale italiana, in quanto si era trasferito a Bologna, la missiva vi fu rispedita previa affrancatura aggiuntiva con un cent.15 di Modena, importo tariffario quest’ultimo previsto per la prima distanza che intercorreva fra Modena e Bologna, creando in tal modo una pregevole affrancatura mista.

Fig.5 - (archivio Vaccari)

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Un’altra lettera (Fig.6) venne spedita il 26 settembre 1852 da Bologna diretta a Modena e affrancata con un 5 bajocchi, tariffa valida sino al confine dello Stato Pontificio, in quanto a tale data non era stata ancora stipulata la convenzione fra questo Stato e il Ducato di Modena. Una volta giunta, la lettera venne tassata per 16 centesimi e nel contempo rispedita a Parma, atteso che il destinatario vi si era nel frattempo trasferito, previa apposizione di un francobollo modenese da cent.15, necessario per gli scambi epistolari con località del Ducato di Parma poste entro la prima distanza chilometrica.

za potesse raggiungere il destinatario ripartito per Modena, come espressamente indicato sulla fronte della missiva e ove la stessa venne definitivamente reinviata.

Fig.7 - (asta Ferrario)

Analoga circostanza si verificò per la lettera spedita da Reggio il 3 settembre 1856 e diretta a Bologna con la regolare affrancatura di 15 centesimi prevista dalla convenzione postale che dal 1° ottobre 1852 regolamentava gli scambi epistolari fra le due diverse amministrazioni postali. Anche per tale missiva infatti non venne rintracciato il destinatario e la lettera fu quindi rispedita a Reggio previa affrancatura con un francobollo del Pontificio da 2 bajocchi, in quanto la tariffa prevista dalla citata convenzione per gli inoltri di una lettera di primo porto di peso entro la prima distanza di 10 leghe germaniche verso il Ducato di Modena prevedeva appunto un esborso di 2 bajocchi corrispondenti al cambio a 10 centesimi, decisamente inferiori ai 15 previsti per la tariffa modenese.

(Fig.8)

Fig.6 - (archivio Bolaffi)

Nel settembre del 1852, lo Stato Pontificio non aveva ancora aderito alla convenzione austro-italica che regolamentava in maniera omogenea i tariffari per gli scambi postali, adesione che lo Stato della Chiesa avrebbe attuato a far data dal 1° ottobre dello stesso 1852, mentre il Ducato di Modena e quello di Parma l’avevano già sottoscritta con effetto dal 1° giugno di quello stesso anno, con la conseguente adozione di un porto univoco di 15 centesimi per gli invii postali entro la prima distanza di 75 km che era quella che separava Modena da Parma. Sempre nell’ambito delle affrancature miste dovute alla rispedizione della stessa lettera fra località ubicate in Stati preunitari diversi si può ricordare la lettera (Fig.7) partita da Roma il 13 marzo 1855 diretta a Modena e affrancata con un francobollo da 8 bajocchi che ne consentiva l’inoltro a destino senza alcuna ulteriore tassazione in base a quanto previsto dalla già più volte citata convenzione che regolava i reciproci scambi postali. A Modena tuttavia non venne rintracciato il destinatario trasferitosi a Salò e la missiva affrancata con un ulteriore valore postale, questa volta del Ducato di Modena da cent.25 trattandosi di una distanza entro le 75 miglia germaniche (150 km), partì alla volta della nuova destinazione in data 18 marzo, senza che nemmeno in tale circostan44

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Fig.8 - (archivio Vaccari)

Affrancatura mista è anche quella della lettera (Fig.9) inoltrata da Firenze e diretta nel Ducato di Modena a Carpi il 26 settembre 1858, recante un valore da 4 crazie per la seconda distanza chilometrica, e da quest’ultima località rispedita, previa apposizione di un francobollo modenese da cent.25, a Padova ove l’originario destinatario si era trasferito, assolvendo anche per tale destinazione il porto dovuto per una seconda distanza Emilio Simonazzi

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chilometrica sempre in base alla convenzione austro-italica che regolava i rapporti fra gli Stati qui interessati.

ove venne rispedita previa apposizione del bollo dell’ufficio postale di Mori in data 19 luglio sul francobollo di Modena.

Fig.10 - (archivio Vaccari)

Fig.9 - (collezione Morani)

Nell’ambito delle rispedizioni sono comunque interessanti anche quelle lettere che non recano affrancature miste bensì annullamenti apposti da uffici postali di Stati diversi fra loro. Mi riferisco a quelle missive che spedite da una località, in questo caso del Ducato di Modena, ad altra di uno Stato preunitario ove il destinatario non vi fosse più presente perché trasferitosi nell’ambito dello stesso Stato ad altra città, venivano rispedite a quest’ultima tramite la sola applicazione del bollo dell’ufficio postale che provvedeva a tale incombenza. Nel caso in questione infatti non era necessario riaffrancare la missiva in quanto la rispedizione della stessa avveniva nell’ambito dello stesso Stato di destinazione e le Poste di quest’ultimo si assumevano l’onere di reinviare la lettera alla nuova destinazione senza gravarla di alcun onere. È il caso della lettera (Fig.10) inviata da Reggio il 17 luglio del 1858 a Mori nel Tirolo austriaco; affrancata correttamente con cent.40 secondo il porto dovuto per località dell’Impero austro-ungarico, non poté essere recapitata al destinatario che si era nel frattempo trasferito ad Ala in Trentino,

Analogo è il caso della missiva (Fig.11) partita da Modena il 10 ottobre 1855 indirizzata a Villafranca di Verona nel Regno del Lombardo Veneto e per ciò tale affrancata con un francobollo da cent.25 occorrente per invii postali entro la seconda distanza chilometrica con la specifica indicazione di “Ferma in Posta”. Scaduto il termine di giacenza senza che fosse stata ritirata, la lettera venne rispedita a Modena previa apposizione del bollo a tre cerchi di Villafranca in data 15 gennaio 1856 e al verso l’indicazione “Mai chiesta”.

Fig.11 - (archivio Vaccari)

Un quadro d’insieme che mi auguro possa essere risultato sufficientemente ampio per illustrare un settore storico postale di assoluto rilievo.

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DALLO STATO PONTIFICIO AL REGNO DI NAPOLI LETTERE TASSATE IN GRANA DAL 1852 Roberto Quondamatteo, AISP, ASPOT, CIFO

Nell’articolo pubblicato nel numero precedente di questa rivista ho esaminato in dettaglio le tariffe delle lettere raccomandate - e parzialmente anche di quelle franche a destino - inviate dallo Stato Pontificio e dirette nel Regno di Napoli. Vediamo ora le lettere via di terra tassate in grana dal 1° gennaio 1852 (data di introduzione dei francobolli pontifici).

Le lettere recano tutte al recto il bollo rosso “AGDP” (Fig.1), bollo di controllo napoletano che marcava le lettere soggette a tassa. In caso di tassa errata, si trova il bollo “corretta” (Figg.2 e 3).

Lettere dirette a Napoli città La tariffa Tosti del 1844 prevedeva la possibilità (era anzi la forma utilizzata più di frequente) di inviare lettere nel Regno di Napoli franche - solo - fino al confine. Il mittente affrancava per il diritto d’impostazione e lasciava a carico del destinatario il pagamento per il tratto interno nel Regno di Napoli. Le tasse, riscosse in grana, venivano segnate a penna al recto delle lettere. Per il dettaglio di tutti gli scaglioni Tosti rimando alla colonna “imp.” della tabella pubblicata su “Vaccari Magazine” 59/2018 a pag.50; qui, basterà considerare che il diritto d’impostazione era di 5 bajocchi ogni 1/4 d’oncia (6 denari). L’oncia romana equivaleva a 28,25 grammi, mentre quella napoletana a 26,73 grammi. Nel Regno di Napoli il conteggio (fino ai primi quattro scaglioni) non era effettuato in base al peso, bensì secondo il numero dei fogli; questo diverso sistema di calcolo determinava differenti combinazioni tariffarie. Riporto una tabella (Tab.1) con l’indicazione delle tasse riscontrate sulle lettere in arrivo a Napoli provenienti via di terra dallo Stato Pontificio. Anche se alcuni scaglioni non erano indicati direttamente in tariffa, nella pratica venivano utilizzati e applicati nelle tassazioni. fogli

Fig.1 - Bollo rosso di controllo tassa “AGDP” (Amministrazione Generale Delle Poste) con cornice ornata. Ne esistono di diversi tipi.

Fig.2 - Bollo rosso napoletano “Corretta” in doppia ellisse. Usato per annullare cifre di tassa errate.

Fig.3 - Bollo rosso napoletano in cartella “CORRETTA”. Usato per annullare cifre di tassa errate.

A titolo esemplificativo, mostro una selezione di lettere (Figg.4-13) tassate in grana che riassumono bene le varie combinazioni tariffarie peso/fogli e peso/peso che potevano verificarsi. Salta subito all’occhio come, per lettere rientranti in un determinato scaglione di peso per lo Stato Pontificio, risultino compatibili diverse tassazioni a Napoli, conteggiate in base al numero dei fogli. Ad esempio, a lettere che pesano fino a 6 denari pontifici possono corrispondere tassazioni in fogli da 5 o 7 grana napoletani, mentre per lettere con peso fino a 12 denari si possono trovare tasse di 5, 7, 10 o 15 grana.

grana

1

5

11/2

7

2

10

3

15

once 1

20

11/4

25

11/2

30

13/4

35

2

40

Tab.1 - Tasse da pagarsi a destino per le lettere in arrivo via di terra nella città di Napoli inviate dallo Stato Pontificio.

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Fig.4 - 1.1.1852 - Primo giorno d’emissione dei francobolli pontifici - Da Roma a Napoli, lettera semplice di 1 porto (fino a 1/4 d’oncia = 6 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 5 bajocchi per il diritto d’impostazione e tassa napoletana di 5 grana. È la combinazione tariffaria più comune. (asta Ferrario, 2016)

Roberto Quondamatteo

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Fig.5 - 5.9.1855 - Da Terracina a Napoli, 1 porto (fino a 1/4 d’oncia = 6 denari) per lo Stato Pontificio e 11/2 foglio per il Regno di Napoli. 5 bajocchi per il diritto d’impostazione e tassa a destinazione di 7 grana. (asta Del Re, 2011)

Fig.6 - 1.1.1852 - Primo giorno d’emissione dei francobolli pontifici. Da Roma a Napoli, 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e 1 foglio per il Regno di Napoli. 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 5 grana. (da Barcella, Bizzarri, Zanaria, Zanaria, “Etats Pontificaux”)

Fig.9 - 1.1.1852 - Primo giorno d’emissione dei francobolli pontifici. Da Roma a Napoli, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 2 fogli per il Regno di Napoli. Affrancatura di 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 10 grana. (da Sassone, Antichi Stati Italiani)

Fig.10 - 24.11.1853 - Da Roma a Napoli, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 3 fogli per il Regno di Napoli. Affrancatura di 10 bajocchi per diritto d’impostazione e tassa a destinazione di 15 grana. (asta Del Re, 2011)

Fig.7 - 5.6.1855 - Da Roma a Napoli, 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e 11/2 foglio per il Regno di Napoli. 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassazione iniziale di 5 grana (1 foglio) che, dopo verifica, viene rettificata in 7 grana; il 5 è stato cancellato con segni di penna e annullato con il timbro “Corretta”. (collezione privata)

Fig.11 - 22.9.1852 - Da Ancona a Napoli, lettera quadricolore di 3 porti (fino a 3/4 d’oncia = 18 denari) per lo Stato Pontificio e di 3 fogli per il Regno di Napoli. Affrancatura di 15 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 15 grana. (da Barcella, Bizzarri, Zanaria, Zanaria, “Etats Pontificaux”)

Fig.8 - 2.5.1861 - Da Roma a Napoli, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 11/2 foglio per il Regno di Napoli: questa volta senza ripensamenti. Affrancatura di 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 7 grana. Ricordo che dal dicembre 1860 il Regno di Napoli faceva già parte dello Stato italiano. (collezione privata)

Roberto Quondamatteo

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Fig.12 - 2.3.1854 - Da Roma a Napoli, lettera tricolore di 5 porti (fino a 1 oncia e 1/4) per lo Stato Pontificio e 1 oncia e 1/2 per il Regno di Napoli. Affrancatura di 25 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 30 grana. (asta Del Re, 2011) Fig.15 - 1.3.1852 - Da Bologna a Napoli, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 2 fogli per il Regno di Napoli. Affrancatura solo di 7,5 bajocchi per diritti d’impostazione in quanto proveniente dalla Direzione di Bologna e tassa in arrivo di 10 grana. (asta Laser Invest, 2018)

Fig.13 - 15.4.1856 - Da Roma a Napoli, lettera di 6 porti (fino a 1 oncia e 1/2) per lo Stato Pontificio e 2 once per il Regno di Napoli. Affrancatura di 30 bajocchi per diritto d’impostazione e tassa a destino di 40 grana. (asta Del Re, 2011)

La tariffa Tosti del 1844 prevedeva che “Nelle direzioni di Bologna e Ferrara le lettere, con qualunque inserzione, che non giungano al peso di due quarti d’oncia, pagheranno la tassa di una lettera e mezzo”. In pratica si prevedeva uno “sconto” di 2,5 bajocchi per le due Direzioni di confine: fino a 12 denari si pagavano 7,5 bajocchi invece di 10 bajocchi. Per le lettere dirette nel Regno di Napoli vi sono vari riscontri sull’applicazione della “speciale” tariffa ridotta su corrispondenza proveniente dalla Direzione di Bologna (Figg.14 e 15). Invece, dalla Direzione di Ferrara verso il Regno di Napoli, lo “sconto” sembrerebbe non essere applicato (Fig.16).

Fig.16 - 17.10.1856 - Da Ferrara a Napoli, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 2 fogli per il Regno di Napoli. Affrancata 10 bajocchi per diritti d’impostazione e proveniente dalla Direzione di Ferrara. Tassa a destino di 10 grana. (da Ferrario, Manzoni, Teruzzi, in “Vaccari Magazine” 41/2009)

Lettere oltre Napoli La corrispondenza diretta nel resto del Regno di Napoli che transitava dalla Capitale era soggetta a una tassazione che comprendeva la tassa fino a Napoli, a cui occorreva sommare l’importo dovuto per il transito fino a destinazione. Per le lettere oltre Napoli, bisogna, però, considerare due distinti periodi tariffari: fino al 31 dicembre 1857 e dopo tale data.

Fig.14 - 4.12.1852 - Da Bologna a Napoli, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 7,5 bajocchi per diritto d’impostazione in quanto proveniente dalla Direzione di Bologna e tassa di 5 grana. (collezione privata)

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Tab.2 - Tasse in grana da pagarsi a destino per lettere via di terra inviate dallo Stato Pontificio al Regno di Napoli con transito da Napoli fino al 31 dicembre 1857.

Fino al 31 dicembre 1857 Le tariffe napoletane per l’interno, in vigore dal 1° luglio 1845, prevedevano quattro distanze diverse: fino a 50 miglia, fino a 100 miglia, fino a 150 e oltre le 150 miglia. Riporto una tabella (Tab.2) fino all’oncia che semplifica il calcolo: nelle colonne in neretto è già sommata la tariffa “per Napoli” a quella dovuta per il percorso interno - fino a destinazione - conteggiata in base alla distanza e, a volte, arrotondata. Alle figure 17-21, alcuni esempi di tassazioni basate sulle distanze ex tariffa del 1845 (per Napoli + il tratto interno oltre la città).

Fig.19 - 30.1.1852 - Da Roma a Castellamare, oltre Napoli e fino a 50 miglia. Lettera di 3 porti (fino a 3/4 d’oncia = 18 denari) per lo Stato Pontificio e di 2 fogli per il Regno di Napoli. Affrancatura di 15 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 14 grana a destino. (asta Del Re, 2011)

Fig.17 - 18.8.1855 - Da Roma a Piedimonte d’Alife (Caserta), oltre Napoli e fino a 50 miglia. Lettera di 1 porto (fino a 6 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 5 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 7 grana a destino. (asta Del Re, 2011)

Fig.20 - 18.8.1853 - Da Roma a Brindisi, oltre Napoli e oltre 150 miglia. Lettera di 1 porto (fino a 6 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 5 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 10 grana. (da Mathà, “Tariffe e collegamenti postali dello Stato Pontificio con gli Antichi Stati Italiani ed il Regno d’Italia 1852-1870”)

Fig.18 - 25.5.1853 - Da Roma ad Avellino, oltre Napoli fino a 50 miglia. Lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 2 fogli per il Regno di Napoli. Affrancatura di 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 14 grana. A seguito di verifica, la precedente tassazione di 10 grana (11/2 foglio) viene cancellata con segni di penna e annullata con il timbro in cartella “CORRETTA”. (collezione privata)

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fino a Napoli

Dal 1° gennaio 1858 Il 1° gennaio 1858 entrarono in vigore le nuove tariffe napoletane per l’interno che non erano più basate sulle distanze, ma su fogli e peso, ed erano molto dettagliate: ben sette scaglioni solo fino alla prima oncia; per i tre scaglioni iniziali si consideravano solo i fogli, poi il peso. Le tariffe interne in porto dovuto per i primi sette scaglioni erano 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 grana, cui occorreva aggiungere il 50% per il porto assegnato, ovvero 3, 4,5, 6, 7,5, 9, 10,5 e 12 grana. Quindi, per le lettere provenienti dallo Stato Pontificio, si sommava quanto dovuto per il tratto fino a Napoli alla tariffa per il percorso interno (+50%). Ad esempio, per una lettera di 1 foglio per qualunque distanza il totale era: 5 grana (fino a Napoli) + 3 grana (percorso interno = 2 grana + il 50% per il pagamento a carico del destinatario) = 8 grana. Allego una tabella (Tab.3) con ipotesi di ricostruzione degli importi dovuti fino all’oncia ottenuti, in parte, convertendo gli scaglioni dai due fogli all’oncia di tabella 1 (da 10 a 20 grana) in trappesi (1 trappeso = 1/30 di oncia). La lettera alla figura 22 mostra la tassazione di 13 grana fino a Napoli. Alle figure 23-28, alcune lettere che rendono bene l’idea del nuovo sistema con cui venivano calcolate le tasse, applicate senza considerare la distanza da Napoli. Sei lettere con destinazioni diverse (la corrispondenza “fuori Napoli” non è facile da reperire) tutte tassate 8 grana per mostrare come il cambio di sistema tariffario del 1858 avesse uniformato le tassazioni. Infatti, troviamo la tassa di 8 grana (la più bassa possibile) sia per località distanti meno di 50 miglia (Campagna) sia per le destinazioni più lontane (Catanzaro, oltre le 150 miglia). Stessa tassazione anche per tutte le altre località intermedie (Piaggine Soprane e Foggia fino a 100 miglia, e Cosenza e Bari fino a 150 miglia). 50

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Fig.21 - 11.5.1854 - Da Roma a Palmi (Reggio Calabria), oltre Napoli e oltre 150 miglia. Lettera di 3 porti (fino a 3/4 d’oncia = 18 denari) per lo Stato Pontificio e di 2 fogli per il Regno di Napoli. Affrancatura di 15 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 20 grana a destino. (collezione privata)

percorso interno

da 25 trappesi a 1 oncia

Tab.3 - Ricostruzione delle tasse in grana da pagarsi a destino per lettere via di terra inviate dallo Stato Pontificio al Regno di Napoli con transito dalla città di Napoli dal 1° gennaio 1858 al 28 febbraio 1861. Della tassa da 18 grana fino a Napoli non ho riscontri. Dal 1° marzo 1861 cambiano le normative napoletane per l’interno, ma per il primo scaglione in PA la tariffa per il percorso interno rimane 3 grana (Decreto Farini n.156 del 6 gennaio 1861).

Fig.22 - 31.12.1858 - Da Roma a Napoli, lettera considerata di 3 porti (fino a 3/4 d’oncia) per lo Stato Pontificio e da 11 a 15 trappesi per il Regno di Napoli. Affrancatura di 15 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 13 grana. (collezione privata)

Fig.23 - 3.11.1859 - Da Roma a Campagna (Salerno), lettera di 2 porti (fino a 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 8 grana: 5 fino a Napoli + 3 per l’interno. (collezione privata)

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Fig.24 - 4.5.1861 - Da Roma a Piaggine Soprane (Salerno), lettera di 1 porto (fino a 6 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 porto per l’ex Regno di Napoli. Affrancatura di 5 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 8 grana: 5 fino a Napoli + 3 per l’interno. (collezione privata)

Fig.25 - 14.4.1859 - Da Roma a Foggia, lettera di 1 porto (fino a 6 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 5 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 8 grana: 5 fino a Napoli + 3 per l’interno. (collezione privata)

Fig.27 - 10.9.1858 - Da Bologna a Bari, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari per lo Stato Pontificio e di 1 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di soli 7,5 bajocchi per diritti d’impostazione in quanto proveniente dalla Direzione di Bologna e tassa di 8 grana: 5 fino a Napoli + 3 per l’interno. (da Vaccari, “Francobolli e Storia Postale”)

Fig.28 - 28.6.1861 - Da Roma a Catanzaro, lettera di 1 porto (fino a 6 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 porto per l’ex il Regno di Napoli. Affrancatura di 5 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 8 grana: 5 fino a Napoli + 3 per l’interno. (collezione privata)

Naturalmente, la tassazione aumentava in caso di porti multipli (Figg.29 e 30), ma sempre senza considerare la distanza da Napoli (Sorrento, dista meno di 50 miglia da Napoli e Bari meno di 150 miglia).

Fig.26 - 20.4.1861 - Da Roma a Cosenza, lettera di 1 porto (fino a 6 denari) per lo Stato Pontificio e di 1 porto per l’ex Regno di Napoli. Affrancatura di 5 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 8 grana: 5 fino a Napoli + 3 per l’interno. (collezione privata)

Fig.29 - 30.11.1858 - Da Roma a Sorrento, lettera di 2 porti (fino a 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 11/2 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa a destino di 11,5 grana: 7 fino a Napoli + 4,5 per l’interno. (da Mathà, “Tariffe e collegamenti postali dello Stato Pontificio con gli Antichi Stati Italiani ed il Regno d’Italia 1852-1870”)

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Fig.30 - 21.2.1859 - Da Roma a Bari, lettera di 2 porti (fino a 12 denari) per lo Stato Pontificio e da 16 a 20 trappesi per il Regno di Napoli (1 trappeso = 0,891 grammi). Affrancatura di 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassa di 24 grana: 15 fino a Napoli + 9 per l’interno. (asta Del Re, 2011)

Lettere con affrancatura insufficiente La tassazione in grana, oltre che sulla corrispondenza franca fino al confine, si può riscontrare anche nelle lettere con affrancatura insufficiente. In questi casi, a Roma, l’ufficiale postale marcava le lettere, al recto, con il timbro corsivo “Insufficiente” e dava corso alla spedizione. Poi, a destino, alle competenze napoletane venivano sommate anche le spettanze pontificie dovute per l’insufficienza del diritto d’impostazione. (Figg.31-34) Per spiegare meglio come venivano calcolate le tasse nel Regno di Napoli, mostro due lettere interessanti che recano, al verso, i conteggi napoletani. (Figg.33 e 34) La lettera in figura 33 doveva essere affrancata per 35 bajocchi: 7 porti pontifici da 5 baj. (da 11/2 a 13/4 oncia); mancano, quindi, 25 bajocchi a cui vengono aggiunti 7 grana per la conversione bajocchi/grana. In pratica, si convertiva aggiungen-

Fig.31 - 25.4.1856 - Da Bologna a Napoli, lettera con affrancatura insufficiente. Pesava da 1/4 a 1/2 oncia ed erano necessari 10 bajocchi. A Roma riceve il timbro “Insufficiente” rosso e a Napoli viene tassata 14 grana: 7 per le spettanze pontificie + 7 per le competenze napoletane (lettere di 11/2 foglio). (collezione privata)

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Fig.32 - 18.9.1856 - Da Roma a Napoli, lettera con affrancatura insufficiente. Anche questa doveva pesare da 1/4 a 1/2 oncia, tariffa di 10 bajocchi. A Roma timbro “Insufficiente” nero e a Napoli tassa di 14 grana: 7 per le spettanze pontificie + 7 per le competenze napoletane (lettere di 11/2 foglio). (asta Del Re, 2011)

do il 25% in grana ai bajocchi mancanti: quindi 25 baj. + 6,25 grana (il 25% di 25 baj.) arrotondati per eccesso a 7 = 32 grana per l’insufficienza. A questa cifra andavano sommate le competenze napoletane, ovvero 35 grana per 13/4 d’oncia = 67 grana. Al verso si può osservare l’indicazione del peso (13/4), la tassa da riscuotere (67) e il conteggio dell’addizione fatto in colonna: 25 (mancanza in baj.) + 7 (per la conversione in grana dei 25 bajocchi) + 35 (spettanze napoletane) = 67. Indicativamente, la lettera poteva pesare circa 46 grammi.

Fig.33 - 22.11.1855 - Da Roma a Napoli, lettera con affrancatura insufficiente. Al recto timbro romano “Insufficiente” nero e segno di tassazione napoletano 67 (grana): 32 di spettanze pontificie + 35 per le competenze napoletane (lettere di 13/4 oncia). (collezione privata)

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va corso alla spedizione e la corrispondenza rimaneva “in giacenza” presso gli uffici postali. Poi, se si riusciva a contattare il mittente, questi poteva integrare la corrispondenza con i francobolli mancanti. Mostro due lettere trattate in questa maniera. (Figg.35 e 36) Come evidenziato in figura 36, la lettera è tassata in centesimi e non più in grana. Infatti, anche se nel novembre 1860 le “Terre al di qua del Faro” avevano assunto lo status di Province Napoletane e il mese successivo le stesse facevano già parte dello Stato italiano, in genere le tassazioni in grana, a Napoli, continuarono fino all’agosto del 1862. Due lettere, una (Fig.37) dell’agosto 1862 (ancora tassata in grana) e l’altra (Fig.38) del settembre 1862 (tassata in centesimi), mostrano l’utilizzo delle due valute nella città partenopea. Esistono anche lettere precedenti che recano solo le tasse in centesimi (Fig.39).

Fig.34 - 27. 1.1857 - Da Roma a Napoli, lettera con affrancatura insufficiente. A Roma riceve il timbro “Insufficiente” rosso e a Napoli è tassata 55 grana: 25 per le spettanze pontificie + 30 per le competenze napoletane (lettere di 11/2 oncia). (collezione privata)

Invece, alla lettera in figura 34 mancano 20 bajocchi: per lo Stato Pontificio doveva essere affrancata 30 baj. (6 porti, da 11/4 a 11/2 d’oncia). Il conteggio in colonna fatto a Napoli al verso è il seguente: 20 baj. di mancanza + 5 grana (aggiunta del 25% di 20 baj. per la conversione) = 25 grana + 30 grana (competenze napoletane per 11/2 d’oncia) = 55 grana. Anche in questo caso, al verso, è indicato il peso (11/2) e l’importo da riscuotere a destino (55), ripetuto anche al recto. La lettera pesava all’incirca 40 grammi. Anche nelle due lettere insufficienti alle figure 31 e 32 si è seguito lo stesso schema di tassazione: mancanza di 5 bajocchi (le lettere pesavano da 1/4 a 1/2 oncia pontificia) e aggiunta napoletana del 25% per la conversione in grana (1,25 arrotondati per eccesso a 2): 5 + 2 = 7 grana + 7 altri grana per lettere di 11/2 foglio per Napoli = 14 grana a destinazione. Dopo il 1860 (a seguito dell’interruzione dei rapporti tra i due Stati), le lettere con affrancatura insufficiente non potevano più essere contabilizzate secondo i criteri precedenti. Quindi, in caso di bollini insufficienti, lo Stato Pontificio non daRoberto Quondamatteo

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Fig.35 - 24.4.1862 - Da Roma a Napoli, lettera insufficientemente affrancata, in origine, 5 bajocchi. Però, pesava da 1/4 a 1/2 oncia ed erano, quindi, necessari altri 5 bajocchi. A Roma, dopo il controllo, riceve il timbro “Insufficiente” nero e rimane in giacenza fino al 3.5.1862 (altro doppio cerchio con data), quando viene integrata con un secondo francobollo da 5 baj. Tassata a Napoli 5 grana (20 centesimi). (collezione privata)

Fig.36 - 19.8.1864 - Da Roma ad Avezzano (Aquila). In questo caso la lettera è affrancata 10 bajocchi, ma risulta insufficiente per mancanza di 5 baj. (pesava da 1/2 a 3/4 d’oncia). Rimane in giacenza a Roma fino al 5.9.1864 (altro doppio cerchio con data), quando viene integrata con ulteriori 5 baj. Tassa a Napoli di 40 centesimi (10 grana). (da Vaccari, “Francobolli e Storia Postale”)

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Rispedizioni tra i due Stati

Fig.37 - 12.8.1862 - Da Roma a Napoli, lettera semplice di 1 porto (fino a 1/4 d’oncia = 6 denari). Affrancatura di 5 bajocchi per il diritto d’impostazione e tassa a Napoli ancora in grana (5 grana = 20 centesimi). (collezione privata)

Fig.38 - 30.9.1862 - Da Roma a Napoli, lettera semplice di 1 porto (fino a 1/4 d’oncia = 6 denari). Affrancatura di 5 bajocchi per diritto d’impostazione e tassa a Napoli di 20 centesimi (5 grana). (collezione privata)

In caso di rispedizione, le tasse si cumulavano. La lettera (Fig.40) inviata da Roma il 10 settembre 1860, il 12 novembre ritorna nell’Urbe, dove è tassata 22 bajocchi comprensivi delle tasse non riscosse, dei diritti napoletani e delle competenze pontificie. La missiva è importante perché documenta la chiusura delle frontiere terrestri tra i due Stati nel periodo 8.9.1860 - 5.11.1860 a seguito degli avvenimenti bellici nei territori napoletani. Ricordo che il 6.9.1860 Francesco II e la Regina Maria Sofia abbandonarono la capitale per dirigersi nella fortezza di Gaeta e che il 7.9.1860 Garibaldi fece il suo ingresso a Napoli, dove assunse la Dittatura in nome del Re Vittorio Emanuele II. Dunque, l’8.9.1860, per paura che i rivoluzionari entrassero nel territorio della Chiesa, lo Stato Pontificio chiuse le frontiere con il Regno di Napoli e lo scambio della corrispondenza via di terra tra i due Stati rimase sospeso fino al 5.11.1860. Infatti, la lettera, pur essendo stata spedita il 10.9.1860 (2C al recto), rimase in giacenza a Roma fino al 5 novembre per giungere a Napoli solo il giorno successivo (2C al verso “NAPOLI 6 / NOV / 1860”). L’8.11.1860 la missiva venne rispedita a Roma (sotto i francobolli si legge in verticale la scritta in corsivo “In posta 8 Nov”), dove giunse il 12.11.1860 (2C al verso).

Fig.39 - 24.6.1862 - Da Roma all’Aquila, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari). Affrancatura di 10 bajocchi per il diritto d’impostazione e tassa a destinazione di 20 centesimi (5 grana). Non transita da Napoli, ma da Rieti (già italiana). (asta Ferrario, 2016)

C

Fig.40 - 10.9.1860 - Da Roma a Napoli, lettera di 2 porti (fino a 1/2 oncia = 12 denari) per lo Stato Pontificio e di 11/2 foglio per il Regno di Napoli. Affrancatura di 10 bajocchi per diritti d’impostazione e tassazione iniziale di 5 grana (1 foglio) che, a seguito di verifica, viene rettificata in 7 grana; il 5 è stato cancellato con segni di penna e annullato con il timbro “Corretta” (figura 2). Anche se spedita il 10 settembre la lettera rimane in giacenza a Roma fino al 5 novembre per la chiusura delle frontiere via terra tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Arriva a Napoli solamente il 6 novembre e, dopo la cancellazione della tassa da 7 grana, l’8 viene rispedita a Roma, dove giunge il 12 novembre con tassazione cumulativa di 22 bajocchi. (da R.Cassandri, G.Di Bella, A.Ferrario, “1860 Lettere dalla guerra d’Italia”)

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Affrancature miste Per completezza, segnalo anche un’affrancatura mista Stato Pontificio-Regno di Napoli (Fig.41). Anche se nel luglio del 1859 era ancora possibile spedire lettere franche a destino (da Roma a Napoli, 1 porto = 13 bajocchi), la lettera è affrancata con un francobollo da 5 bajocchi per il diritto di impostazione (lettera semplice) e con uno da 2 grana per le competenze interne napoletane (tariffa del 1858, 1 foglio senza la maggiorazione del 50% prevista per il porto assegnato). Anche se non si tratta, propriamente, di una tassazione in grana, la lettera è unica e spettacolare ed è impossibile non citarla.

Fig.41 - 16.7.1859 - Da Roma a Napoli, lettera semplice di 1 porto (fino a 1/4 d’oncia = 6 denari). Affrancata con un francobollo da 5 bajocchi per il diritto d’impostazione e con uno da 2 grana per le competenze napoletane (1 foglio). (da Barcella, Bizzarri, Zanaria, Zanaria, “Etats Pontificaux”)

BIBLIOGRAFIA - A.Barcella, G.Bizzarri, A.Zanaria, M.Zanaria, Etats Pontificaux, Musée des Timbres et des Monnaies, Principauté de Monaco, 2006;

- R.Cassandri, G.Di Bella, A.Ferrario, 1860 Lettere dalla guerra d’Italia, Club della filatelia d’oro italiana, Milano, 2015; - Decreto del 22 aprile 1845 n.9391 a firma del Re Ferdinando II “…col quale approvasi la novella tariffa per la tassa delle lettere”, pubblicato a Napoli il 31 maggio 1845; - Decreto del 28 settembre 1857 n.4454 a firma del Re Ferdinando II “…col quale si approva un regolamento per l’applicazione ed esecuzione del servizio postale nei dominii di qua del Faro.”, pubblicato a Napoli il 14 ottobre 1857; - Decreto del 6 gennaio 1861 n.156 a firma Farini “Decreto contenente alcune disposizioni circa il modo di regolare il servizio delle poste nelle provincie napoletane.”, Napoli 1861; - Del Re, Catalogo asta pubblica del 19 aprile 2011 Collezione Roma Caput Mundi, Milano, 2011; - G.Dello Buono, Bollature e annullamenti postali del Regno di Napoli, Vaccari, Vignola (Mo), 2003; - E.Diena, I francobolli del Regno di Napoli, Vaccari, Vignola (Mo), 2008; - C.Fedele, M.Gallenga, Per servizio di Nostro Signore, Enrico Mucchi Editore, Modena, 1988; - Ferrario, Catalogo asta pubblica del 20 marzo 2016, Ferrario Aste, Milano, 2016; - Ferrario, Catalogo asta pubblica del 14 dicembre 2016, Ferrario Aste, Milano, 2016; - A.Ferrario, M.Manzoni, A.Teruzzi, 7 e 1/2 Che tariffa…Tosti!, in “Vaccari Magazine” 41/2009, Vaccari, Vignola (Mo), 2009; - V.Mancini, Tariffe postali nel Mezzogiorno d’Italia dal Viceregno alla riforma del 1862, Quaderni di Storia Postale n.27, giugno 2003, Prato; - T.Mathà, Tariffe e collegamenti postali dello Stato Pontificio con gli Antichi Stati Italiani ed il Regno d’Italia 1852-1870; - Notificazione Tosti del 2 novembre 1844; - Sassone, Antichi Stati Italiani - Regno d’Italia 1850-1900, 65a ed., Sassone, 2006; - L.Sirotti, G.Colla, Dagli Stati Preunitari al Regno d’Italia, volumi I e II, Sassone, Roma, 1999; - Vaccari, Francobolli e Storia Postale, XIV ed., Vaccari, Vignola (Mo), 2010.

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SICILIA 1859-1860 Le ultime lettere viaggiate con le diligenze postali borboniche in Sicilia Francesco Lombardo, FRPSL, AIFSP

L’11 maggio 1860 alle 13 e 30 i garibaldini sbarcano a Marsala con le scialuppe dei vapori “Piemonte” e “Lombardo”. Le navi napoletane “Stromboli”, “Partenope” e “Capri” intervengono tardivamente e le loro cannonate finiscono quasi tutte a mare, senza provocare danni. Solo alle 18 e 30 lo sbarco è completato, le imbarcazioni vengono abbandonate, e tutti i garibaldini si dirigono verso Salemi. L’indomani 12 maggio 1860 il generale Giuseppe Garibaldi da Salemi decreta di assumere nel nome di Vittorio Emanuele Re d’Italia la dittatura in Sicilia. (Fig.1). Da tale proclama deriva come naturale conseguenza anche la pressoché totale paralisi del servizio postale borbonico nei territori via via occupati dai garibaldini.

le vetture corriere che erano partite regolarmente sabato 12 maggio 1860 e, distrutti i plichi del governo, si appropriano dei cavalli di posta e delle stesse vetture corriere. Tutto ciò, si presume, avviene nelle prime ore del 14 maggio (lunedì) in prossimità di Corleone, per la corsa da Licata a Palermo (Fig.2). Analogamente, vengono fermate le carrozze postali dirette a Palermo provenienti da Messina per la via delle montagne (Fig.3). In effetti il 14 maggio (lunedì) si lamenta anche l’interruzione del servizio dei telegrafi elettrici. In pratica viene bloccato oltre che il servizio postale, pubblico e privato all’interno della Sicilia, anche ogni tipo di comunicazione. Infine è da tenere presente che il 15 maggio 1860 (martedì) ebbe luo-

Fig.2 - 12 maggio 1860. Lettera di un foglio affrancata con 2 grana azzurro I tavola carta di Palermo pos.27 da Licata a Palermo, distribuita a Palermo il 5 luglio 1860. Indirizzata al Sig. Antonio Chiaramonte Bordonaro. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Licata.

Fig.1 - 12 maggio 1860. Salemi. Decreto del generale Giuseppe Garibaldi di assunzione della Dittatura in Sicilia.

Infatti, diffusasi rapidamente la notizia dello sbarco, sia tramite corrieri, che con l’utilizzo del telegrafo elettrico, prima che il servizio fosse interrotto, gruppi di rivoltosi in prossimità di Palermo bloccano 56

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Fig.3 - 12 maggio 1860. Lettera di un foglio affrancata con 2 grana II tavola azzurro carta di Palermo da Bronte a Palermo, distribuita a Palermo il 5 luglio 1860. Indirizzata al Barone Bernardo Cupone. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Bronte per lettere inviate a Palermo.

Francesco Lombardo

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Fig.4 - 12 maggio 1860. Lettera di un foglio affrancata con 2 grana I tavola azzurro carta di Palermo pos.55 ritoccato da Noto a Palermo, distribuita a Palermo il 5 luglio 1860. Indirizzata al Sig. Francesco Paolo Orlando. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Noto.

go la famosa battaglia di Calatafimi, infausta per i soldati borbonici del Re Francesco II, e primo vero scontro dei garibaldini. La lettera proveniente da Noto partita il 12 maggio 1860 e indirizzata a Palermo al Sig. Francesco Paolo Orlando (Fig.4) molto probabilmente fu intercettata, prima dell’arrivo a Palermo, il 14 maggio 1860, a Ogliastro (Misilmeri), località vicino a Palermo. La lettera di due fogli affrancata per 4 grana con l’ovale nominativo di Caltagirone (Fig.5) scritta a Comiso il 13 maggio 1860 fu consegnata lo stesso giorno alla Posta a Caltagirone, alla cui officina postale Comiso era aggregata, e partì per Palermo, dove però la vettura postale non giunse.

distribuzione a Palermo del 5 luglio 1860, giorno in cui è da presumere avvenne la loro consegna ai destinatari. Tutte le lettere distribuite a Palermo il 5 luglio 1860, quando la città era già sotto Amministrazione garibaldina, vennero considerate come regolarmente affrancate, e pertanto non tassate, anche se partite e viaggiate sotto l’amministrazione borbonica. Fa eccezione una lettera proveniente da Caltanissetta che, unica fra le lettere distribuite il 5 luglio a Palermo, fu tassata tre grana, ritengo a Caltanissetta e non a Palermo in quanto molto probabilmente era rimasta presso l’officina postale di Caltanissetta (comunque il francobollo siciliano di 2 grana applicato sulla lettera non fu considerato valido). Anche le lettere provenienti da Leonforte (corsa Palermo-Catania) del 13 maggio 1860 (Fig.6) e Bronte (corsa Palermo-Messina per le montagne) del 15 maggio 1860 (Fig.7), distribuite a Catania il 4 giugno 1860, quando la città era passata in mani garibaldine, non vennero tassate. Tali lettere assumono un particolare importante significato e un valore intrinseco analogo a quello delle lettere distribuite a Palermo il 5 luglio 1860.

Fig.6 - 13 maggio 1860. Lettera di un foglio affrancata con 2 grana II tavola azzurro carta di Palermo pos.23 da Leonforte a Catania, distribuita a Catania il 4 giugno 1860. Indirizzata al Sig. Eduardo Jacob. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Leonforte.

Fig.5 - 13 maggio 1860. Lettera di due fogli affrancata con due francobolli da 2 grana azzurro I tavola carta di Palermo pos.46 e pos.42 scritta a Comiso (Caltagirone) e consegnata alla Posta a Caltagirone lo stesso giorno 13 maggio 1860, distribuita a Palermo il 5 luglio 1860. Indirizzata al Cav Cesare Ferreri. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Caltagirone.

Oltre alle lettere illustrate occorre tenere presente che esistono altre lettere provenienti da Avola, Caltanissetta, Giardini, Modica e Piazza che risultano distribuite a Palermo il 5 luglio 1860. Le lettere che si richiamano sono contraddistinte da una peculiarità comune: pur spedite da differenti officine postali, e lungo corse e itinerari differenti, recano tutte il bollo datario di arrivo e Francesco Lombardo

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Fig.7 - 15 maggio 1860. Lettera di due fogli affrancata per 4 grana con striscia di quattro di 1 grano III tavola verde oliva carta di Palermo pos.47-48-49-50 da Bronte a Catania, distribuita a Catania il 4 giugno 1860. Indirizzata all’Arcivescovo di Catania. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Bronte per lettere inviate a Catania.

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A testimonianza del blocco dei servizi postali occorre tenere presente che anche sull’ultima corsa borbonica da Mazzara a Palermo si ebbero ritardi di consegna delle lettere. Questa ultima corsa è documentata da una lettera di due fogli (Fig.8) affrancata per 4 grana partita da Trapani il 13 maggio 1860: sarebbe dovuta arrivare a Palermo il 14 maggio 1860 e invece arrivò e fu distribuita il successivo 21 maggio 1860, con un ritardo cioè di una settimana; la lettera è indirizzata ad Antonio Chiaramonte Bordonaro.

Altresì è interessante osservare la lettera valentina (Fig.10) partita da Catania il 9 maggio 1860 che pervenne regolarmente e senza ritardi a Palermo il 12 maggio 1860 (giorno del proclama di Salemi).

Fig.10 - 9 maggio 1860. Lettera di un foglio affrancata con 2 grana II tavola azzurro carta di Palermo pos.53 da Catania a Palermo pervenuta a Palermo il 12 maggio 1860. Indirizzata al Cav Salvadore Cusa. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani da Catania a Palermo. Una delle due lettere valentine conosciute.

Fig.8 - 13 maggio 1860. Lettera di due fogli affrancata con due francobolli da 2 grana azzurro II tavola carta di Palermo pos.62-63 scritta a Trapani e indirizzata a Palermo al Sig. Antonio Chiaramonte Bordonaro, distribuita a Palermo il 21 maggio 1860. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Trapani.

Il 15 maggio 1860 la Posta a Palermo, ancora borbonica, funzionava regolarmente, come testimonia la lettera indirizzata a Girgenti di pari data (Fig.9) che partita il 15 maggio però arrivò a Girgenti il 2 giugno 1860, dopo più di due settimane, come da annotazione manoscritta interna.

Fig.9 - 15 maggio 1860. Lettera di un foglio affrancata con 2 grana I tavola azzurro carta di Palermo pos.26 da Palermo a Girgenti, distribuita a Girgenti il 2 giugno 1860 (annotazione manoscritta). Indirizzata al Sig. Gaetano Carrano. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani per lettere inviate da Palermo a Girgenti.

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Per quanto riguarda il resto della Sicilia, sono da tenere presenti le lettere da Mistretta per Messina (Fig.11), da Milazzo per Napoli (Fig.12) e da Milazzo per Novara di Sicilia (Barcellona Pozzo di Gotto) (Fig.13) che testimoniano gli ultimi giorni d’uso dei francobolli siciliani a Mistretta e a Milazzo.

Fig.11 - 12 maggio 1860. Lettera assicurata del peso sino a 3/4 + 1/8 di oncia da Mistretta a Messina con affrancatura di 14 grana (7 grana doppi per l’assicurazione) formata da 10 grana azzurro cupo pos.3 + coppia di 2 grana II tavola azzurro carta di Palermo pos.4-5. La lettera, indirizzata al Sig. Raffaele Oliva, arrivò a Messina il 15 maggio 1860.

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Fig.12 - 14 maggio 1860. Lettera di un foglio affrancata con 2 grana I tavola azzurro carta di Palermo pos.83 ritoccato, da Milazzo a Napoli transitata da Messina il 15 maggio 1860. Indirizzata al Sig. Anselmo Marassi. Arrivata a Napoli il 16 maggio 1860 con il vapore Elettrico dei Florio. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Milazzo per lettere inviate a Napoli.

Per completezza dell’argomento occorre tenere presente che il servizio postale per via di terra con le diligenze postali, dopo il disservizio verificatosi nei giorni seguenti al 12 maggio 1860, data di assunzione della Dittatura da parte del generale Giuseppe Garibaldi, continuò eccezionalmente e per quanto possibile. Particolarmente interessante al riguardo la lettera assicurata di un foglio affrancata per 4 grana, da Partinico (ex collezione Notaio Barresi) transitata da Palermo il 13 luglio 1860 e arrivata al Sig. Raffaele Oliva a Messina il 17 luglio

Fig.13 - 18 maggio 1860. Lettera assicurata di un foglio da Milazzo a Novara di Sicilia (Barcellona Pozzo di Gotto) con affrancatura di 4 grana (2 grana doppi per l’assicurazione) formata da coppia di 2 grana azzurro III tavola carta di Palermo. La lettera è indirizzata al Sig. Andrea Stancanelli. Ultima data d’uso dei francobolli siciliani a Milazzo.

1860, descritta accuratamente nella monumentale opera “I francobolli degli ultimi Re” del dott. Nino Aquila (pag.331), riprodotta in copertina sul numero 56 di “Vaccari Magazine” e proposta nella rubrica “Francobolli dell’800 e del ‘900” della stessa rivista. Infine i francobolli siciliani, che peraltro non furono mai dichiarati fuori corso, vennero regolarmente adoperati solamente a Messina e sino al 23 luglio 1860 quasi esclusivamente su corrispondenza viaggiata per via di mare con i vapori postali francesi.

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Un viaggio nella Sicilia insurr ezionale, negli anni dal 185 9 al 1861, raccontata attrave postale e la corrispondenza rso la storia di Ippolito Nievo. Un quadro del periodo che precedette l’Un grazie all’analisi del sistema ità d’Italia di posta e alla lettura delle lettere di chi trascorse sull’iso ultimi anni al seguito delle trup la i suoi pe di Garibaldi. Dalla “Prefazione” di Giulio Per ricone, Presidente dell’Unione Filatelica Siciliana “I due collezionisti autori di questa opera, partendo ogn indirizzata ad Ippolito Nievo uno da una lettera in proprio ed esa min ando l’altra corrispondenza possesso lare nella Biblioteca civica Jop dello scrittore custodita neg pi di Udine - se da un lato han li archivi - in particono aggiunto un tassello alla tra Palermo e Napoli nel 186 storia del patriota che naufrag 1, rendendoci partecipi della ò nel viaggio situazione in cui egli operò rapporti con i familiari, dall’al in Sicilia mantenendo attraverso tro hanno arricchito di una le lettere i dotta pubblicazione il grande Sicilia, del periodo garibaldin capitolo della Storia Postale o, dei sistemi di posta emerg italiana, della enziali connessi ad una situazi Introduzione di Francesca Tam one insurrezionale.” burlini, Responsabile Sezione manoscritti e rari della Bibliot eca Civica “Vincenzo Joppi” di Udine 112 pagine - immagini a col ori - formato cm 21x29,7 brossura - ed. 2018 collana “la Storia attraverso i documenti” - in italiano ISBN 978-88-96381-26-7 e 25,00 • codice 2725E VACCARI MAGAZINE n.60/18

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I RAPPORTI POSTALI TRA IL REGNO DI SARDEGNA E LA FRANCIA DAL 1° AGOSTO 1849 AL 3 SETTEMBRE 1851 LA CONVENZIONE “UNILATERALE” Massimo Moritsch

Con un Arrêté (decreto) del 4 luglio 1849 emesso dal Presidente della Repubblica francese, entrato in vigore a partire dal 1° agosto 1849, la Francia uniformò le proprie tariffe interne ed estere. Per quanto riguarda il Regno di Sardegna, vennero fissate 3 tariffe. Molto interessante notare che vengono specificati tutti gli uffici per cui vale la tariffa ridotta di raggio limitrofo.

Massimo Moritsch

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Le tariffe francesi per il Regno di Sardegna, in base all’ Arrêté del 4 luglio 1849, sono le seguenti: - 100 centesimi di franco per le lettere scambiate via di mare; - 80 centesimi di franco per le lettere scambiate via di terra; - 40 centesimi di franco, tariffa frontaliera per le lettere scambiate via di terra tra uffici situati

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in prossimità del confine divisi in due gruppi un gruppo comprendeva 12 località del Ducato di Savoia riferite a 27 francesi, l’altro 11 della Contea di Nizza e della Liguria verso 7 francesi. (cfr. G.Boschetti, Tariffe di “raggio limitrofo” tra Sardegna/Italia e Francia, in “Vaccari Magazine” 43/2010) Il Regno di Sardegna, invece, continuò a calcolare la tariffa come previsto dalla Convenzione del 23 agosto 1838 in vigore dal 1° gennaio 1839, come trattato nel mio precedente articolo su questa rivista. (cfr. M.Moritsch, Studio delle tariffe postali tra il Regno di Sardegna e la Francia dal 1° gennaio 1823 al 31 luglio 1849, in “Vaccari Magazine” 44/2010 e 45/2011) 62

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Si viene a creare quella che io ho chiamato la Convenzione “unilaterale” in quanto valida solo per la Francia e che troviamo applicata nelle lettere in porto dovuto dalla Francia al Regno di Sardegna oppure nelle lettere in porto assegnato dal Regno di Sardegna in Francia. In pratica, per memorizzare meglio la situazione possiamo dire che le lettere tassate in centesimi di franco seguono il decreto francese del 1849, mentre quelle tassate in centesimi di lira sarda continuano a seguire la convenzione franco-sarda del 1839. Si verificano 4 possibilità. Molto interessanti a mio parere sono le lettere alle figure 4 e 6, entrambe spedite da Chambéry per Grenoble, che ci dimostrano perfettamente il diverso trattamento in Sardegna e in Francia. Massimo Moritsch

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1 - Lettere in porto dovuto dalla Francia

2 - Lettere in porto dovuto dalla Sardegna

Seguono l’Arrêté francese del 1849, ovvero pagano 80 Fcent escluso il raggio limitrofo che paga 40 Fcent.

Seguono la Convenzione del 1839 (ovvero continuano a pagare il diritto sardo + il diritto francese in base alla reciproca distanza dal confine).

Fig.1 - Lettera da Parigi per Annecy in porto dovuto del 20 marzo 1850. Il mittente pagò in contanti 80 centesimi di franco, segnati al verso.

Fig.4- Lettera da Chambéry per Grenoble in porto dovuto dell’8 maggio 1850. Porta il bollo rosso francese “9/AED” per confermare il pagamento a destino della lettera. La tariffa a carico del mittente fu di 6 soldi (corrispondenti a 30 centesimi) così determinati: 10 centesimi diritto sardo per distanza interna fino a 20 km + 20 centesimi diritto francese per distanza interna fino a 40 km. (collezione privata)

3 - Lettere in porto assegnato dalla Francia Seguono la Convenzione del 1839, ovvero pagano il diritto sardo + il diritto francese in base alla reciproca distanza dal confine. Fig.2 - Lettera da Lione per Nizza in porto dovuto del 22 aprile 1850. Il mittente pagò 80 centesimi di franco, con due francobolli da cent.40. (Asta Soler Y Llach, marzo 2011, lotto 253)

Fig.3 - Lettera da Antibes per Nizza in porto dovuto del 23 ottobre 1850 in rara tariffa di raggio limitrofo. Il mittente pagò 40 centesimi di franco, con un francobollo da cent.40. (Asta Boule, dicembre 2016, lotto 468)

Massimo Moritsch

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Fig.5 - Lettera da Tolosa per Porto Maurizio in porto assegnato del 17 aprile 1850. Porta il bollo di transito “VIA DI NIZZA”. La tariffa a carico del destinatario fu di 20 soldi (corrispondenti a 100 centesimi) così determinati: 70 centesimi diritto francese per distanza interna di 400-500 km + 30 centesimi diritto sardo per distanza interna di 82 km.

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4 - Lettere in porto assegnato dalla Sardegna Seguono l’Arrêté francese del 1849, ovvero pagano 80 Fcent escluso il raggio limitrofo che paga 40 Fcent.

Fig.7 - Lettera da Torino per Lione in porto assegnato del 10 novembre 1849. La tariffa a carico del destinatario fu di 80 centesimi, la tariffa prevista dall’arrêté.

Fig.6 - Lettera da Chambéry per Grenoble in porto assegnato del 1° ottobre 1850. La tariffa a carico del destinatario fu di 40 centesimi, la non comune tariffa di raggio limitrofo in essere tra Chambéry e Grenoble prevista dall’arrêté. (collezione privata)

Fig.8 - Lettera da Genova per Lione in porto assegnato del 3 novembre 1849 del peso di 10 grammi. La tariffa a carico del destinatario fu di 160 centesimi, la tariffa prevista dall’arrêté per lettere del peso compreso tra 7,5 e 15 grammi.

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Luca De Battisti • Luca Savini SPUNTI DI STORIA MILA NESE DAL XIV AL XIX SECOLO

LA POSTA DI MILANO

CATALOGO ANNULLAM ENTI E

1849-1859

BOLLI DELL’UFFICIO PO STALE DI MILANO

con la collaborazione di co Luraschi, Massimilian o Ferroni, Giuseppe Antonio

Gabriele Cafulli, Frances

Natoli

Descrizione e catalogazione dei bolli di Lombardo Veneto dell’Ufficio Postale di Milano, spondenza, nel periodo dall’ dal qua introduzione dei francobolli alla liberazione del 1859. Una gran le transitava tutta la corriuna continua sperimentazione de varietà di usi, forme, colo di nuove tecnologie per la prod ri, uzione di tipari, inchiostri, bolli Per ogni timbro, le caratteri stiche dell’impronta; eventual ni, carte. i modifiche apportate nel tem classificazione, l’evoluzione dell’ po imp e, qua ront ndo significativa per la a nel periodo d’uso con i dive e quando il timbro è stato utiliz rsi gradi di usura; la destina zato; il periodo d’uso comples ogni tipologia d’uso. Massimo zione d’uso specificando se sivo e il periodo riscontrato spa zio agli ann per ulli ogn e ai i des bolli in ben determinate situazion tinazione d’uso; il grado di rarit “tipologici”, cioè quelli regolarm i. Solo à per ente usati per un certo periodo basata su diversi tipi in perfetta un cenno viene dato per gli errori nelle date. Esauriente di tempo o anche occasionalme e completa la classificazione sequenza cronologica. nte dei bolli riquadrati e di quelli L’opera presenta inoltre la stor a cerchio piccolo ia postale di Milano dalle orig ini alla fine della dominazione prima e seconda emissione, approfondimenti, un inquadra austriaca, la riforma postale , le tariffe e i servizi postali, mento storico. i francobolli della 480 pagine • oltre 900 imm agini a colori • formato cm 21x29,7 • carta patinata di collana “la Storia attraverso alta qualità • ril. • ed. 2018 i documenti” • in italiano GRADO DI RARITÀ IN PUNTI ISBN 978-88-96381-27-4 e 50,00 • codice 2730E

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LETTERE SCAMBIATE TRA GLI U.S.A. E LA TOSCANA DAL 1° GENNAIO 1836 AL 31 DICEMBRE 1862 Mario Mentaschi, FRPSL, AISP • Vittorio Morani, RPSL, AEP (seconda e ultima parte)

Lettere scambiate con la mediazione francese La convenzione franco-americana richiedeva che sulla lettera venisse indicato in cents, in rosso, l’ammontare che doveva essere accreditato all’amministrazione destinataria per le lettere affrancate. Per le lettere non affrancate l’ammontare da addebitare all’amministrazione destinataria delle lettere veniva indicato in nero. Tale indicazione dipendeva dal postale che aveva effettuato il trasporto transatlantico. Vi erano le seguenti possibilità: trasporto con un postale inglese, trasporto con un postale americano da Havre (Francia) e trasporto con un postale americano da un porto inglese.

Fig.21 - 11 gennaio 1859 - lettera primo porto in porto assegnato da New York a Livorno, tassata 20 crazie a destinazione. Come indicato dal mittente la lettera venne trasportata a Liverpool da Boston dal postale inglese “America” delle linee Cunard, quindi l’addebito di 3 cents degli U.S.A. alla Francia, per i soli diritti interni, indicato dal datario impresso dall’ufficio di scambio di New York.

Affrancate sino a destino negli U.S.A. o in porto assegnato tassate a destino in Toscana Dal 1° maggio 1857, quale conseguenza della convenzione franco-americana, fu possibile affrancare le lettere dalla Toscana sino a destinazione negli U.S.A. con una tariffa di 20 crazie ogni 6 denari (7,1 grammi) di peso. Con la stessa tariffa venivano tassate a destinazione in Toscana le lettere non affrancate spedite dagli U.S.A. Le lettere insufficientemente affrancate venivano tassate a destinazione come le non affrancate. (Figg.20-23)

Fig.20 - 28 marzo 1858 - lettera primo porto (sino a 7,1 grammi) da Livorno a Filadelfia, affrancata con 20 crazie sino a destinazione. Il fronte reca indicazione dei 3 cents, corrispondenti ai soli diritti interni U.S.A., accreditati dalla Francia agli U.S.A. nel caso di trasporto transatlantico con un postale inglese da un porto inglese. Il bollo rosso “21” impresso a Filadelfia indica in cents la tariffa primo porto delle lettere spedite franche dagli U.S.A. nel Regno di Sardegna. Sono note meno di 5 lettere con un’affrancatura quadricolore delle emissioni granducali.

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Fig.22 - 5 luglio 1859 - lettera doppio porto da Filadelfia a Firenze, tassata 40 crazie a destinazione. La lettera venne trasportata, in plico chiuso, dal postale inglese “Persia” delle linee Cunard che la sbarcò a Liverpool; da qui all’ufficio di scambio ambulante francese di CalaisParigi che aprì il plico. Il datario di Filadelfia reca indicazione dei 6 cents addebitati dagli U.S.A. alla Francia in caso di trasporto di una lettera di doppio porto con un postale inglese. Il 1° gennaio 1860 venne introdotta in Toscana la lira italiana divisa in 100 centesimi; le tariffe della convenzione franco-toscana, che rimasero in essere sino al luglio 1860, vennero convertite in lire: 20 crazie = 1,40 lire.

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Dal 1° gennaio 1860 le tariffe della convenzione franco-toscana vennero convertite in lire italiane; la progressione del peso venne indicata in 7,5 grammi per cui la tariffa della lettera primo porto per gli U.S.A. (sino a 7,5 grammi di peso) venne stabilita in 1,40 lire.

Fig.25 - 3 ottobre 1860 - lettera primo porto in porto assegnato da New York a Livorno, tassata 1,20 lire italiane sino a destinazione. Il plico chiuso venne predisposto a New York, dove vennero addebitati alla Francia 3 cents per i diritti interni U.S.A. perché il trasporto a Liverpool venne effettuato dal postale inglese “Persia” delle linee Cunard, come richiesto dal mittente. Il plico chiuso venne aperto dall’ufficio ambulante Calais-Parigi che confermò il trasporto transatlantico con un postale inglese.

Fig.23 - 8 gennaio 1860 - lettera doppio porto da Firenze a Springfield, affrancata con 2,80 lire sino a destinazione. A Parigi, come confermato dal datario rosso impresso dall’ufficio di scambio, venne preparato il plico chiuso che venne imbarcato a Liverpool sul postale inglese “America” delle linee Cunard. Il plico venne sbarcato a Boston dove il 4 febbraio venne aperto, come confermato dal bollo impresso dall’ufficio di scambio americano. Sulla soprascritta, indicazione dei 6 cents accreditati alla Francia per una lettera di doppio porto in caso di trasporto transatlantico con un postale inglese.

Dal 15 luglio 1860 la convenzione franco-sarda venne estesa anche alla Toscana. La tariffa delle lettere affrancate sino a destinazione dalla Toscana negli U.S.A. venne stabilita in 1,20 lire ogni 7,5 grammi di peso; con la stessa tariffa venivano tassate in Toscana le lettere spedite in porto assegnato dagli U.S.A. Le lettere insufficientemente affrancate venivano tassate a destinazione come le lettere non affrancate. (Figg.24 e 25)

Fig.24 - 19 giugno 1861 - lettera primo porto da Volterra a Filadelfia, affrancata con 1,20 lire sino a destinazione. Il datario rosso impresso dall’ufficio di scambio francese di Parigi conferma l’estensione della convenzione franco-sarda alla Toscana. Sulla soprascritta, in rosso, indicazione dei 9 cents accreditati dalla Francia agli U.S.A.: 3 cents diritti interni U.S.A. + 6 cents per il trasporto della lettera con un postale americano da un porto inglese.

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Affrancate sino a destino in Toscana o tassate a destino negli U.S.A. Dal 1° aprile 1857 le lettere potevano essere affrancate, sulla base della convenzione franco-americana, sino a destino in Toscana con una tariffa di 27 cents ogni quarto di oncia di peso. Con la stessa tariffa venivano tassate negli U.S.A. le lettere spedite in porto assegnato dalla Toscana. (Figg.26-28)

Fig.26 - ottobre 1860 - lettera primo porto da New York a Firenze, affrancata con 27 cents sino a destinazione come richiesto dalla convenzione franco-americana. La lettera venne imbarcata il 31 ottobre sul postale americano “Arabia” delle linee Cunard per essere sbarcata a Liverpool. 24 cents vennero accreditati alla Francia, come richiesto per lettera trasportata con i postali inglesi: 3 cents diritti interni francesi + 6 cents per il trasporto con un postale inglese + 3 cents per il transito in plico chiuso attraverso il Regno Unito + 12 cents diritti esteri.

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Lettere scambiate con la mediazione della lega austro-tedesca (GAPU) Non ci risulta che la possibilità di spedire lettere dalla Toscana negli U.S.A. con la mediazione della lega austro-tedesca sia stata notificata in Toscana. Non ci sono pertanto note lettere spedite dalla Toscana negli U.S.A. con la mediazione austro-tedesca. Fig.27 - 24 ottobre 1859 - lettera primo porto in porto assegnato da Livorno a Washington, tassata a destinazione 27 cents, come indicato dal bollo nero impresso dall’ufficio di scambio di New York. Sulla soprascritta indicazione manoscritta dei 24 cents addebitati dalla Francia: 3 cents tariffa interna francese + 6 cents per il trasporto transatlantico con un postale inglese + 3 cents transito in plico chiuso attraverso il Regno Unito + 12 cents diritti esteri. Il bollo ottagonale rosso conferma il trasporto con un postale inglese.

Dagli U.S.A. affrancate sino al confine della lega austro-tedesca Dall’ottobre 1852 viene segnalata negli U.S.A. una tariffa di 30 cents ogni mezza oncia di peso (14,2 grammi) che consentiva l’invio di lettere dagli U.S.A. in Toscana affrancate sino al confine della lega austro-tedesca sulla base della convenzione tra U.S.A. e Prussia che prevedeva l’invio delle lettere in plico chiuso attraverso Gran Bretagna e Belgio o da un porto inglese al porto di Brema o al porto di Amburgo e da qui all’ufficio prussiano di scambio di Aachen (Aquisgrana). Le lettere venivano tassate a destinazione in Toscana per i diritti interni toscani. (Figg.30-33)

Fig.28 - maggio 1859 - lettera doppio porto in porto assegnato da Livorno a Baltimora, tassata 54 cents a destino, come indicato. 48 i cents addebitati dalla Francia agli U.S.A. nel caso di trasporto transatlantico con un postale inglese, come confermato dal bollo ottagonale rosso “British Service”.

Dal 1° gennaio 1862 la tariffa di 21 cents ogni quarto di oncia (7,1 grammi), indicata per le lettere spedite nel Regno di Sardegna, venne estesa alla lettere affrancate spedite in Toscana o alle lettere spedite in porto assegnato dalla Toscana negli U.S.A. (Fig.29)

Fig.30 - 7 novembre 1858 - lettera primo porto da New York a Firenze, affrancata con 30 cents sino al confine della lega austro-tedesca, come indicato dal bollo rosso in cartella “Franco Preuss: / resp: Vereinsl: Ausg:Gr” (affrancata sino al confine di uscita dalla lega) impresso ad Aachen. Sulla soprascritta il bollo rosso “N.YORK 7 AM PKT / (date) / PAID” impresso a New York che accredita alla Prussia 7 cents. Al verso il bollo di arrivo di Firenze. La lettera venne imbarcata il 15 novembre sul postale “Borussia” delle linee HAPAG (linee Amburgo-americane) e sbarcata ad Amburgo il 30 novembre, data in cui il plico chiuso venne aperto ad Aachen. La lettera in Toscana venne considerata erroneamente pagata sino a destino e non venne quindi tassata.

Fig.29 - 27 aprile 1862 - lettera doppio porto in porto assegnato da Firenze a Boston, tassata 42 cents a destinazione. La lettera venne inserita a Parigi nel plico chiuso che venne sbarcato il 13 maggio dal postale inglese “Jura” delle linee Allan, a Quebec (Canada). Il plico venne aperto il 14 maggio dall’ufficio di scambio di Boston dove vennero indicati i 42 cents da addebitare a destino. Sulla soprascritta indicazione dei 36 cents addebitati dalla Francia agli U.S.A.: 6 cents doppio porto dei diritti francesi + 12 cents doppio porto del trasporto transatlantico con un postale inglese + 6 cents doppio porto per il transito in plico chiuso attraverso il Regno Unito + 12 cents doppio porto dei diritti esteri.

Mario Mentaschi • Vittorio Morani

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Fig.31 - 24 maggio 1854 - lettera primo porto da Boston a Coreglia, affrancata in contanti con 30 cents sino al confine della lega austrotedesca. Sulla soprascritta indicazione dei 7 cents accreditati dagli U.S.A. alla Prussia e il bollo rosso in cartella “Franco Preuss: / resp: Vereinsl: Ausg:Gr” (affrancata sino all’uscita dal confine prussiano). 2 crazie vennero addebitate al destinatario per i diritti interni toscani.

Fig.33 - 25 aprile 1856 - lettera in porto assegnato da New York a Firenze. Il mittente ha richiesto il trasporto transatlantico con il postale americano “Baltic” delle linee Collins. L’ufficio di scambio di New York ha impresso il bollo circolare nero “23/(date)/ New York Am PKt”, che addebitò 23 cents alla Prussia e confermò il trasporto con il postale americano “Baltic” che arrivò a Liverpool il 7 maggio 1856. Il plico chiuso, che conteneva la lettera, arrivò ad Aachen il 9 maggio 1856, dove venne impresso al retro il bollo a doppio cerchio dell’ufficio di scambio. In Aachen 38 krCM vennero addebitati all’Austria, corrispondenti a 30 cents. Il plico chiuso preparato ad Aachen, attraversata la Svizzera, venne aperto a Milano ove venne impresso il lineare rosso “VIA DI SVIZZERA”. La lettera arrivò a Firenze il 15 maggio 1856, come confermato dal doppio cerchio impresso al verso. In Firenze 32 crazie vennero addebitate al destinatario: 26 crazie, corrispondenti a 30 cents, alla lega austro-italiana + 2 crazie alla Svizzera per il transito in plico chiuso + 4 crazie diritti toscani.

Dagli U.S.A. affrancate sino a destino in Toscana Nell’ottobre 1852 venne indicata negli U.S.A. anche una tariffa di 35 cents ogni mezza oncia (14,2 grammi) che consentiva la spedizione delle lettere dagli U.S.A. franche sino a destinazione in Toscana. (Fig.34)

Fig.32 - 29 gennaio 1856 - lettera in porto assegnato da New York a Livorno. Il mittente ha indicato via Boston con il postale “America” in plico chiuso attraverso la Prussia. L’ufficio di scambio di New York ha impresso il bollo nero “23/(date)/ New York Br PKt” che addebita 23 cents alla Prussia e indica il trasporto transatlantico con il postale inglese “America” che, salpato da Boston, arrivò a Liverpool l’11 febbraio 1856. Il plico chiuso, che conteneva la lettera, venne aperto ad Aachen, come confermato dal datario rosso impresso al verso il 13 febbraio. In Aachen 38 krCM, che corrispondevano a 30 cents, vennero addebitati all’Austria. A Livorno 30 crazie vennero addebitate al destinatario: 26 crazie, corrispondenti a 38 krCM diritti della lega austro-tedesca + 4 crazie diritti toscani.

Fig.34 - 8 dicembre 1857 - lettera da Baltimora a Firenze, affrancata con 35 cents sino a destinazione, come da indicazione “35” manoscritta dell’ammontare pagato in rosso sul lato destro della lettera, confermata dal bollo rosso “PAID” impresso a New York, dove vennero accreditati alla Prussia 12 cents: 7 cents diritti della lega austrotedesca + 5 cents per la Toscana. Il mittente ha chiesto il trasporto transatlantico con il postale inglese “Africa” via New York. Il plico chiuso, predisposto a New York, venne aperto ad Aachen che ha impresso il bollo rosso in cartella che conferma l’affrancatura sino a destinazione. Sulla soprascritta l’indicazione manoscritta dei 2 sielbergroschen (5 cents) accreditati alla Toscana. La lettera è arrivata a Firenze il 28 dicembre 1857 come indicato dal bollo impresso al verso.

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PER PRIME VOLARON LE FARFALLE Lorenzo Carra, AIFSP, FRPSL

La guerra del 1870 fu disastrosa per la Francia. Dichiarata nel mese di luglio dall’Imperatore Napoleone III alla Prussia di Re Guglielmo I di Hohenzollern, vide una serie di sconfitte francesi, in particolare quella di Sedan dell’1 e 2 settembre. La Francia fu invasa dai prussiani e la capitale Parigi assediata. Vi fu la fine dell’Impero francese e nel gennaio 1871 la resa di Parigi. La parte nord est della Francia, la regione della Mosella e le aree vicine al Reno, dove stazionava l’Armée du Rhin dovettero subire grande pressione da parte dell’esercito prussiano. Il Maresciallo francese François Achille Bazaine, dopo le sconfitte di Colombey, Mars-la-Tour e Gravelotte, fu costretto a ritirarsi con più di 150 mila soldati nella piazzaforte di Metz che fu posta sotto assedio dai tedeschi comandati dal principe Friedrich Karl di Prussia. L’accerchiamento della fortezza iniziò il 20 agosto e fu completato il 3 settembre. Nella città erano presenti anche più di 60 mila civili e il ripiegamento avvenne senza un’adeguata preparazione e organizzazione di scorte di cibo. Cominciò presto a esaurirsi il grano e i francesi iniziarono a cibarsi persino dei propri cavalli. Cani, gatti e anche topi finirono in pentola! L’assedio si trasformò in una lotta per la sopravvivenza: mentre i civili cercavano di scappare, ricacciati indietro dai prussiani, molti reparti francesi tentarono di disertare o si arresero. In città si diffusero dissenteria e colera, poi il tifo e successivamente anche il vaiolo. Erano più di 15 mila i malati e i feriti ammassati negli ospedali e in ricoveri di fortuna. Il 1° settembre Bazaine sferrò, inutilmente, un attacco per rompere l’accerchiamento prussiano, ma dovette presto ripiegare in città. Metz fu co-

Fig.1 - 13 agosto 1870. Busta con bollo “Armée du Rhin QR GL 7E Corps” (Armata del Reno Quartier Generale 7° Corpo) diretta a Metz dove arrivò poco prima che la città fosse posta sotto assedio dai prussiani (i militari francesi godevano di franchigia).

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Fig.2 - La difesa di Metz da parte dei francesi in un dipinto di Alphonse de Neuville. (da Wikipedia)

Fig.3 - La resa di Metz. (da Wikipedia)

stretta a capitolare il 27 ottobre. Furono più di 150 mila i francesi fatti prigionieri. Poi, col Trattato di Francoforte del 1871, Metz e tutta l’Alsazia-Lorena divennero tedesche. Vi fu poi la proclamazione dell’Impero germanico (Deutsches Reich). Con Metz assediata tutte le comunicazioni postali erano state interrotte. Nessuno osava entrare in città. Raramente e con gravi rischi qualche passeur riusciva, fuggendo, a portare fuori qualche lettera. (pochissime quelle note!) La privazione di ogni genere di notizie (scarse le informazioni trovate sull’uso dei piccioni a Metz) e lo stato d’isolamento in cui versavano i più di 200 mila assediati erano un fattore di grande apprensione e timore. Visto che le vie di terra e di acqua erano precluse, vi fu chi si ingegnò per cercare di utilizzare quelle aeree. Già allora qualche “pazzo”, in esibizioni da circo, rischiava (e spesso ci rimetteva) la vita volando su una mongolfiera, ma in una pur grande città come Metz non vi erano ancora le disponibilità tecniche per studiare e realizzare progetti del genere. Il 1° settembre 1870 il dottor E. (non sono riuscito a sapere il nome completo) Papillon, meVACCARI

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dico militare, aiuto Maggiore all’Ambulanza della Guardia Imperiale, parlò di una sua idea al dottor Julien-François Jeannel (1814-1896), capo del Servizio Farmaceutico del Quartier Generale, che la abbracciò, la fece propria, redasse e sottomise il progetto al generale Jarras, capo di Stato Maggiore dell’Armata del Reno, che lo presentò al Maresciallo Bazaine, che l’approvò. Qualche giorno dopo nei granai vuoti dell’ospedale di Fort Moselle iniziò la costruzione, in modo molto artigianale, di piccoli aerostati di carta inamidata e impermeabilizzata (c’è chi scrive di taffettà, una specie di seta usata oggi anche per le fodere degli abiti), che per la loro origine vennero chiamati “ballons des Pharmaciens”. Erano, in genere, larghi circa 1 metro e alti 1 metro e mezzo e venivano gonfiati con circa 500 litri d’idrogeno. Erano leggeri, come dei giocattoli, potevano portare un peso minimo, e quindi solo poche lettere, poco più in là delle mura cittadine (riuscivano a restare in aria non più di cinque ore). Fu imposto di limitare la corrispondenza a comunicazioni strettamente famigliari, evitando notizie sui militari e qualsiasi informazione che potesse giovare al nemico nel caso il pallone fosse caduto nelle sue mani. Questi “palloni dei farmacisti” non furono quindi giudicati sicuri per portare dispacci militari o informazioni e notizie importanti, però il maresciallo Bazaine ne autorizzò il lancio. La notte del 6 settembre il primo aerostato si levò da Metz e portato da un leggero vento riuscì a passare le linee tedesche. Pur ignorando se il tentativo fosse riuscito, i francesi assediati lanciarono nella settimana seguente altri (c’è chi parla di tredici) palloni. Il primo aerostato portava qualche dozzina di messaggi, gli altri anche più di cento. Si è calcolato che furono quasi tremila quelli spediti con questi piccoli palloni. Qualche giorno dopo, constatato il successo dell’operazione (forse da qualche piccione arrivato

Fig.4 - Ritrovamento di un pallone. (da “La Poste à Paris” di Léon Chamboissier, p.10)

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a Metz), l’École d’Application de l’Artillerie et du Génie adottò il progetto dei farmacisti e, con i suoi più grandi mezzi e dotazioni, l’Artiglieria e il Genio Militare, sotto la direzione del colonnello Goullier, costruirono dei palloni un po’ più grandi (circa il doppio). Questi palloni chiamati “ballons du Génie” furono c’è chi scrive sette chi una dozzina, e ognuno portava più di diecimila messaggini.

Fig.5 - “Papillon de Metz”, dalla data un “ballon du Génie”, indirizzato a “Monsieur Salard serrurier Rue à Avignon rue Philonarde N° 15 (Vaucluse)” cioè “al signor Salard fabbro, via Philonarde n.15, Avignone (Vaucluse)”. Il fogliettino ha le misure 4,9x9,9 cm, esattamente nei limiti previsti, ed è scritto su un tipo di carta ideale all’uso, come se fosse stato preparato e fornito da un’organizzazione. Al centro in basso si nota il foro per il passaggio del cordino.

Fig.6 - Al retro: “Metz 23 settembre. Cari genitori. Io sono in buona salute così come Bartolomeo mi viene a trovare tutti i giorni il tempo ci passa più svelto e vi auguro ardentemente buona salute. Felix Salard”. Testo breve e semplice per assicurare di star bene e augurarlo anche ai genitori.

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Il lancio di questi palloni continuò fino al 3 ottobre 1870, quando il Maresciallo Bazaine, apprendendo che numerosi erano quelli che avevano scritti che criticavano i suoi comandi e il suo comportamento, ne vietò la partenza. I messaggi erano scritti su dei fogliettini di carta fine, leggera, tipo velina, quasi trasparente, ma resistente, della misura standard di 5x10 cm. Il testo su una facciata, sull’altra l’indirizzo del destinatario. Questi foglietti venivano forati e legati assieme passando un cordino sottile. Ogni pacchettino ottenuto era accompagnato da un foglietto di avviso che prometteva una ricompensa di 100 franchi a chi avesse ritrovato il pallone in territorio francese non occupato e invitava a consegnare il prezioso allegato all’ufficio postale più vicino. Qui i fogliettini recuperati venivano catalogati e scelti, messi in una piccola busta sulla quale veniva ripetuto l’indirizzo, e inviati a destinazione senza applicazione di francobolli in quanto a queste spedizioni venne accordata

la franchigia postale. Questa “posta aerostatica” fu ufficialmente proposta al sindaco di Metz il 13 settembre 1870 e messa gratuitamente a disposizione del pubblico. Si creò così la prima posta aerea al mondo! Ufficiale, regolamentata e documentata (anche se per pochi giorni, quella più famosa dei ballons montés parigini fu solo seconda). Furono quindi al massimo 25 in tutto i palloni che poterono lasciare Metz assediata tra settembre e i primi di ottobre 1870 portando un prezioso carico di piccole lettere. Si stima che i messaggini partiti siano stati tra 140 e 150 mila (c’è chi ha scritto meno di 100 mila). Meno della metà, certamente meno di 50 mila, furono quelli recuperati, poi imbustati e avviati a destinazione. Diversi palloni andarono dispersi o caddero in mano dei prussiani e malgrado il loro carattere prescritto anodino permisero loro di rendersi conto degli effetti che il blocco aveva provocato anche sul morale degli assediati. Dei “pizzini” che furono spediti dagli uffici postali francesi, molto pochi sono quelli pervenuti fino a noi in buone condizioni - erano, sono molto

Fig.8 - Il palazzo sede del “Departement de la Moselle” con nella facciata la lapide che ricorda che lì è nata la Posta aerea.

Fig.7 - Busta (mostrata aperta, ma spedita chiusa) che conteneva il papillon indirizzata semplicemente a “Salard serrurier rue philonarde 15”. La specifica Avignone era superflua, così come il bollo di arrivo in quanto partita dalla stessa località: bollo Avignon del 5 o 6 ottobre. È questo un elemento molto interessante che oltre a rendere completo il “papillon” suggerisce e fa capire come venisse svolto questo nuovo servizio postale. È infatti molto improbabile che il pallone lanciato a Metz abbia attraversato tutta la Francia da nord a sud per cadere nei pressi di Avignone, proprio nella località dove era indirizzato il “papillon”. In linea d’aria sarebbe stato un percorso di 666 km. Troppi per quei palloni! E poi sarebbe stato un caso troppo casuale! Più facile pensare che il “ballon” sia caduto in territorio francese libero poco distante da Metz e recuperato sia stato portato nel più vicino ufficio postale dove classificavano, dividevano e raggruppavano i vari bigliettini secondo le diverse località di destinazione e li inviavano ai rispettivi uffici postali principali. Giunto il pacchetto ad Avignone fu sufficiente mettere il “papillon” in una busta, indicare solo il nome e la via non dimenticando però di scrivere e sottolineare che era giunto “par ballon”. Questo “papillon de Metz” completo della sua busta è un documento affascinante che ha fatto scrivere in un certificato del 2000 a Jacques Robineau: “Pièce d’amateur. Rareté”.

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Fig.9 - La lapide recita: “Nascita della Posta Aerea durante l’Assedio di Metz. I palloni del primo Corriere Aereo furono realizzati e lanciati da questo stabilimento il 5 settembre 1870 su iniziativa del Dr. Julien F. Jeannel 1814-1896 Farmacista in Capo della Guardia Imperiale con la partecipazione degli ufficiali del Servizio di Sanità”.

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fragili! Si pensa meno di cento. Quelli completi della busta che li conteneva una ventina, forse. La stampa locale chiamò queste lettere “Papillons de Metz” (farfalle di Metz) per la loro forma, le loro piccole misure, il tipo di materiale e la loro leggerezza e anche forse ispirandosi al quel dottor E.Papillon che le aveva ideate. BIBLIOGRAFIA essenziale

Fig.10 - Cartolina, che presenta un dipinto raffigurante il Dr. Jeannel con accanto il testo della lapide, indirizzata a una discendente del Dr. Jeannel da parte del Presidente il Comitato Organizzatore i festeggiamenti per la Nascita della Posta aerea. Spedita da Metz il 25 ottobre 1980 è affrancata anche con un francobollo raffigurante una farfalla.

- L.A.Chaintrier, La poste aérostatique pendant le siège de Metz, Les Cahiers lorrains, n.1,‎ 1935; - Lèon Chamboissier, La Poste à Paris, Lille, 1914; - Gilbert Dreyfuss, La poste pendant la guerre et l’occupation (1870-1872), Mémoires de l’Académie nationale de Metz, vol.148,‎ 1966-1967; - Gérard Lhéritier, Les Ballons Montés. Boules de Moulins. Pigeongrammes. Papillon de Metz. Historique. Evaluation. Classification. Cotation, Valeurs Philatélique, 1992; - Gérard Lhéritier, Collection 1870. Ballon Montés. Boules de Moulins, Valeurs & Références, Édition 2000; - Gérard Lhéritier, Livre des Valeurs et Cotations des années 1870-1871, Valises diplomatiques, Gravilliers. Passerurs ct Messagers. Sièges de province. Ballons Montés. Boules de Muolins. Papillons et Pigeons, Éditions Plume, 2008; - Luis Lutz, Papillons de Metz, in Centex, Friburgo, 1970; - J. le Pileur, La Poste par Ballons Montés 18701871, Yvert & Tellier, Amiens, 1943.

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USO DEI FRANCOBOLLI PER PACCHI DI UMBERTO I 1° luglio 1884 - 31 dicembre 1890 Emanuele M. Gabbini

Dopo il rientro in Italia dall’Inghilterra, nei primi anni ‘90, ho iniziato la collezione del servizio dei pacchi postali affascinato da questi documenti, i bollettini pacchi, che oltre all’interesse storico postale della tariffa, dell’affrancatura, della destinazione e del loro instradamento, hanno un interesse storico-sociale con l’indicazione del tipo di merce trasportata. Da subito ho conservato fotocopia di tutti i bollettini affrancati con i francobolli pacchi di Umberto I che apparivano nelle aste o nelle esposizioni o contenuti nelle collezioni di amici filatelisti, creando una banca dati sviluppata nell’arco degli ultimi trenta anni. Penso sia utile pubblicare un’analisi approfondita degli usi di questi francobolli che hanno avuto validità postale per soli sei anni e mezzo, ma con un utilizzo molto differente nei primi tre anni e mezzo da quello dei successivi tre anni. Prima di sviluppare il tema di questo studio, è opportuno ricordare gli eventi accaduti qualche anno prima. Al Congresso di Parigi del 1878 - che aveva visto la creazione dell’Unione Postale Universale - la Germania aveva chiesto che fosse dato origine a un servizio internazionale di spedizione dei pacchi utilizzando la rete postale. La proposta veniva accolta con favore, dopo non poche discussioni e negoziazioni, da una ventina di nazioni, tra cui l’Italia, che a Parigi il 3 novembre 1880 firmavano una “Convenzione pel cambio dei pacchi postali senza dichiarazione di valore” da rendere esecutiva dal 1° ottobre 1881. L’Amministrazione italiana, contrariamente a quelle di alcuni altri Paesi, si organizzava velocemente strutturando un servizio sia internazionale che nazionale che, sia pure un poco confusamente, iniziava puntualmente a funzionare dal 1° ottobre 1881. Nel 1881 viene pubblicata la prima edizione del “Regolamento e Istruzione del servizio dei Pacchi Postali”.(1)

Servizio dal 1° ottobre 1881 al 31 dicembre 1883 In questo periodo il bollettino di spedizione è un modulo senza valore, bianco per l’interno (Mod.251) e rosa violaceo per l’estero (Mod.402-B): Emanuele M. Gabbini

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l’identificazione dei moduli dei bollettini non si modificherà mai anche nei periodi successivi. I diritti postali di spedizione venivano assolti con l’uso di segnatasse che però non si applicavano sul bollettino, ma sulla contromatrice del registro bollettario (Mod.252). A oggi non è noto alcun bollettino per l’interno o per l’estero e un solo bollettino dall’ufficio postale italiano all’estero di Tunisi. Va notato che fino all’emissione dei bollettini con valore (1888), per i pacchi da e per gli uffici postali italiani all’estero dovevano essere utilizzati i bollettini per l’estero Mod.402-B: con l’emissione dei bollettini con valore, si useranno invece i bollettini per l’interno Mod.251. L’applicazione dei segnatasse sulla contromatrice di un registro non permetteva alcun controllo incrociato sulla correttezza dell’affrancatura e quindi l’Amministrazione modificava il sistema prevedendo l’applicazione dei segnatasse sui bollettini.

Servizio dal 1° gennaio 1884 al 30 giugno 1884 Vengono stampati nuovi bollettini con lo spazio per l’applicazione dei segnatasse. Questo sistema dura soltanto sei mesi perché l’Amministrazione vuole avere dei francobolli ad hoc per il servizio dei pacchi postali. Nessun bollettino per l’interno, affrancato con segnatasse, è a oggi noto. Sono invece noti quattro bollettini per l’estero affrancati con segnatasse in centesimi e due bollettini affrancati con segnatasse in lire.

I francobolli per pacchi di Umberto I Il 1° luglio 1884 vengono emessi i francobolli per pacchi postali con l’effige di Umberto I. Inizialmente l’emissione è composta da quattro valori - cent.50, cent.75, lire 1,25 e lire 1,75 che, come si vedrà di seguito, corrispondono alle principali tariffe del periodo; successivamente, il 1° maggio 1886, vengono emessi due altri valori - cent.10 e cent.20 - per far fronte alla necessità di affrancatura dei nuovi servizi accessori per l’estero e, dal 1889, anche per i servizi accessori per l’interno. VACCARI

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Il 1° febbraio 1888 vengono emessi i bollettini con valore e pertanto viene meno la necessità d’uso dei francobolli per pacchi per la gran parte delle spedizioni, sia per l’interno che per l’estero. Il loro uso continua, sia pure marginalmente, per l’affrancatura dei servizi accessori o per l’integrazione d’affrancatura dei bollettini con valore, fino al 31 dicembre 1890 quando termina la loro validità.

Tariffe per l’interno

Servizio dal 1° luglio 1884 al 31 gennaio 1888

Fig.1 - Bollettino pacchi da Taranto per Verona del 22.12.1887, consegna in ufficio, affrancato con cent.50 “Agrumi”.

Per tutto il periodo considerato (1884-1888) il peso dei pacchi sia per l’interno che per l’estero non può eccedere i 3 chilogrammi e le dimensioni non possono eccedere i 20 decimetri cubi.

Bollettini di spedizione Con l’emissione dei nuovi francobolli, si emettono anche nuovi bollettini senza valore con lo spazio per l’applicazione dei francobolli. Con l’occasione si modifica un poco il layout del bollettino per poter indicare gli estremi di spedizione da uno a tre pacchi; dal 1° maggio 1883 infatti erano state consentite le spedizioni collettive, cioè spedizioni fino a 3 pacchi dallo stesso mittente allo stesso destinatario con un unico bollettino. Con i nuovi bollettini continuano a essere usati, a esaurimento, anche i bollettini precedenti, cioè quelli emessi con lo spazio per l’applicazione dei segnatasse. Con l’emissione dei francobolli e dei nuovi bollettini, nel 1884 viene anche distribuita la seconda edizione del “Regolamento e Istruzione del servizio dei Pacchi Postali”. 74

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Fig.2 - Bollettino pacchi da Genova per Verona del 8.1.1888, consegna a domicilio, affrancato con cent.75 “Frutta fresca”.

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La tariffa per l’interno è di 50 centesimi per la consegna del pacco in ufficio (Fig.1) e di 75 centesimi per la consegna a domicilio (Fig.2). Non è previsto alcun servizio accessorio per l’interno per tutto il periodo. Dal 1° gennaio 1885 vengono soppresse le spedizioni collettive.

Tariffe per gli uffici postali italiani all’estero e per le colonie Le tariffe da e per questi territori sono le stesse in vigore nel Regno con l’aggiunta di un diritto marittimo di 25 centesimi. I bollettini da usarsi sono quelli per l’estero (Mod.402-B). Gli uffici postali italiani all’estero aperti e abilitati al servizio dei pacchi postali sono Tunisi, La Goletta e Susa in Tunisia e Tripoli di Barberia in Tripolitania. Questi uffici non fanno consegna a domicilio. Il 3 marzo 1897 vengono chiusi gli uffici postali all’estero in Tunisia. In Eritrea, in questo periodo, sono aperti solo gli uffici di Massaua e Assab. Dal 1° aprile 1886 il servizio nei Possedimenti del Mar Rosso (successivamente Colonia Eritrea) viene equiparato in tutto alle norme in vigore nel Regno. Viene quindi abolito il diritto marittimo e il bollettino da usarsi è il Mod.251 (cioè quello per l’interno). Conosco solo i due bollettini alle figure 3 e 4.

Fig.4 - Bollettino pacchi (Mod.251) da Massaua per Napoli del 17.12.1887, consegna a domicilio, affrancato con cent.75 “Biancheria”. (collezione B.Cadioli)

Tariffe per l’estero In tabella, gli stati esteri che in questo periodo avevano aderito alla Convenzione di Parigi, con le rispettive tariffe. (Figg.5-7) stati esteri aderenti alla Convenzione di Parigi

tariffe lire

Austria-Ungheria, Francia (continentale), Svizzera

1,25

Francia (Corsica), Grecia (via di Brindisi dal 1887)

1,50

Belgio, Germania, Lussemburgo (2,00 lire dal 1885), Turchia

1,75

Montenegro, Romania, Serbia, Spagna (dal 1885), Egitto

2,00

Danimarca, Grecia (via di Udine dal 1887), 2,25 Paesi Bassi

Fig.3 - Bollettino pacchi (Mod.402-B) da Massaua per Bologna del 3.7.1885, consegna a domicilio e diritto marittimo, affrancato con cent.50x2 “Conchiglie”. (collezione B.Cadioli)

Emanuele M. Gabbini

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Bulgaria, Portogallo (via di Francia)

2,50

Gran Bretagna (ogni destinazione via di Francia - da dicembre 1886)

2,70

Norvegia, Svezia (dal 1886)

3,25

Gran Bretagna (ogni destinazione via di Svizzera - da dicembre 1886)

3,35

Portogallo (via di Svizzera dal 1887), Svezia

3,50

Gran Bretagna (Dover e Londra via di Francia - fino a novembre 1886)

3,75

Argentina (dal 1887)

4,50

Gran Bretagna (resto del Paese via di Francia - fino a novembre 1886)

4,85

Marocco (dal 1886)

5,25

Cile (dal 1888)

5,25

Gran Bretagna (Scozia e Irlanda via di Francia - fino a novembre 1886)

5,70

Cina (via di Svizzera dal 1886)

6,00

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Fig.5 - Bollettino pacchi da Montichiari per Roncegno del 4.7.1885, affrancato con lire 1,25 “Un pantalon”.

A seguito delle deliberazioni del Congresso di Lisbona del 1885, dove viene firmato un Atto addizionale alla Convenzione di Parigi del 1880, il 28 marzo 1886 vengono introdotti i seguenti nuovi servizi accessori per l’estero: - assegno (con un massimo di 500 lire) - tassa di 10 centesimi ogni 5 lire con un minimo di 20 centesimi; - valore dichiarato (massimo 500 lire) - tassa diversa per ogni Paese (da 10 a 40 centesimi ogni 200 lire di assicurazione); - ricevuta di ritorno - tassa di 25 centesimi da applicare sul bollettino; - pacco ingombrante - maggiorazione della tassa di spedizione del 50%. Come conseguenza, il 1° maggio 1886 vengono emessi i francobolli da cent.10 e cent.20.

Affrancatura dei bollettini

Fig.6 - Bollettino pacchi da Catania per Zurigo del 25.6.1887, affrancato con cent.50 + cent.75 “Vino”.

Fig.7 - Bollettino pacchi da San Remo per Berlino del 20.2.1885, affrancato con lire 1,75 “Mandarini”.

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Il Regolamento e istruzione del servizio dei Pacchi Postali stabiliva categoricamente che l’affrancatura dei bollettini dovesse avvenire esclusivamente con i francobolli “speciali” con il minor numero possibile di francobolli e vietava l’uso (salvo casi eccezionali specificatamente previsti dal regolamento stesso) dei francobolli ordinari. Le cose non andarono... esattamente così! Il “Bullettino n°12 del 1885 al § 452” recita: “Malgrado il disposto dell’articolo 11 dell’Istruzione, molti ufizi applicano sui bullettini N.251 francobolli ordinari, invece di quelli speciali pel servizio dei pacchi. Gli articoli 40 - 46 - 217 e 218 stabiliscono i soli casi in cui possono adoperarsi francobolli ordinari, per cui l’uso dei medesimi in altre circostanze costituisce un’irregolarità che deve tosto cessare. Non saranno pertanto tenute valide le scuse che i contravventori cercheranno di addurre, e tanto meno quelle di essere sprovveduti in fine mese dei francobolli speciali, sia perché l’impostazione dei pacchi superò la quantità preveduta, sia perché la provvista della Direzione provinciale giunse in ritardo. L’irregolarità verrà adunque punita con multa.” E così ancora il “Bullettino n°1 del 1886 al § 73” recita: “Si prevengono in pari tempo gli ufizi, che a giustificazione delle irregolarità suaccennate, non sarà tenuto conto della dichiarazione di «francobolli apposti dal mittente» perché non devono accettarsi i bullettini di spedizione affrancati con francobolli ordinari, se non nei casi contemplati dall’articolo 11 della istruzione, nei quali casi peraltro dovrà esserne fatto cenno sul bullettino di spedizione medesimo.” Emanuele M. Gabbini

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Malgrado queste “rampogne” dell’Amministrazione, i bollettini giunti ai giorni nostri risultano quasi tutti affrancati solo con i francobolli speciali.

Pacchi spediti Nel periodo 1.7.1884 - 31.1.1888 (statistica dell’Amministrazione) vennero spediti: - 17.000.000 pacchi per l’interno (13.100.000 per consegna in ufficio e 3.900.000 per consegna a domicilio); - 800.000 pacchi per l’estero (non esiste statistica, in questo periodo, di destinazione dei Paesi esteri).

Distruzione dei bollettini e bollettini documentati

bollettini

documentati

stimati esistenti

affrancati con cent.50 per l’interno consegna in ufficio

10

15-20

affrancati con cent.75 per l’interno consegna a domicilio

7

10-15

affrancati con lire 1,25 per l’estero Austria, Francia e Svizzera

10

14-20

affrancati per lire 1,25 per l’estero (cent.50+75 o 50x2 + ordinaria 25 centesimi) - Austria, Francia e Svizzera

8

10-16

affrancati con lire 1,75 per l’estero Germania

2

2-3

affrancati con lire 1,75 + altri valori per l’estero - Gran Bretagna e Portogallo

4

4-6

totale

41

55-80

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Servizio dal 1° febbraio 1888 al 31 dicembre 1890 Anche per tutto il periodo 1888-1890 il peso dei pacchi sia per l’interno che per l’estero non può eccedere i 3 chilogrammi e le dimensioni non possono eccedere i 20 decimetri cubi.

Bollettini di spedizione e loro affrancatura

L’istruzione, all’articolo 220, stabilisce: “I bullettini si mandano annualmente al macero, dopo aver subito nelle Direzioni provinciali la giacenza di un anno. Durante questo tempo si conservano in sacchi chiusi col suggello della Direzione e dell’ispettore, ove esista, e consegnati all’economo delle Direzioni”. Queste istruzioni valgono naturalmente per l’Amministrazione italiana; all’estero ogni amministrazione aveva le sue regole. Questa norma giustifica il piccolissimo quantitativo di bollettini giunti ai nostri giorni. In tabella, i bollettini di cui ho raccolto documentazione e la mia stima degli esistenti. Finora non è nota alcuna altra destinazione oltre ai sei Paesi citati.

Emanuele M. Gabbini

Non è finora noto, in questo periodo, alcun bollettino con affrancatura per assegno o per valore dichiarato: questo non meraviglia perché, nel 1886 e 1887, queste spedizioni hanno rappresentato rispettivamente solo lo 0,4% e l’1,2% delle spedizioni per l’estero.

Con R.Decreto 6 giugno 1887 vengono istituite le “cartoline speciali per la spedizione dei pacchi postali”, così erano denominati i bollettini cartavalore; le disposizioni del decreto avranno effetto dal 1° febbraio 1888. I nuovi bollettini emessi sono da cent.50, 75, lire 1,25, e 1,75; il decreto specifica: “Il complemento di francatura che potesse occorrere per la spedizione di pacchi destinati a Stati esteri, per i quali non è istituita speciale cartolina, dovrà essere fatto secondo le relative tariffe, coll’aggiunta di francobolli speciali, istituiti con Nostri decreti del 4 maggio 1884 e 15 marzo 1886 e ciò fino a loro totale esaurimento”. In realtà l’uso dei francobolli speciali è stato modestissimo e sono stati usati quasi sempre i francobolli ordinari. Con l’emissione dei nuovi bollettini, nel 1889 viene anche distribuita la terza edizione del “Regolamento e Istruzione del servizio dei Pacchi Postali”. Il 1° agosto 1889 vengono emesse due nuove carte-valori da cent.25 e lire 2,70. A fine agosto 1890 viene emessa la nuova carta-valore da cent.60.

Tariffe per l’interno La tariffa per l’interno è di 50 centesimi per la consegna del pacco in ufficio e di 75 centesimi per la consegna a domicilio fino al 20 luglio 1890: dal giorno seguente le due tariffe vengono abolite e sostituite con la tariffa unificata (con consegna a domicilio) di 60 centesimi. Dal 1° agosto 1889 vengono istituite la tariffa per recipienti vuoti di ritorno di 25 centesimi VACCARI

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e la tariffa per spedizione ingombrante con la maggiorazione del 50% della tariffa ordinaria. Sempre dal 1° agosto 1889 vengono istituiti i seguenti servizi accessori: - assegno (massimo 500 lire) - tassa di 25 centesimi indipendentemente dall’importo dell’assegno; - valore dichiarato (massimo 1.000 lire) - tassa di 20 centesimi ogni 100 lire di assicurazione; ridotta, dal 21 luglio 1890, a 10 centesimi ogni 200 lire di assicurazione. Il 21 luglio 1890 viene istituita la tariffa per spedizione in distretto pari al 50% della tariffa ordinaria: queste spedizioni non necessitavano di bollettino e i francobolli dovevano essere apposti sul pacco.

- tassa assic. (da 101 a 200 lire) 40 centesimi bollettino da cent.50 con due cent.20; - tassa assic. (da 401 a 500 lire) 1,00 lire - bollettino da cent.50 con due cent.50; - tassa assic. (da 901 a 1.000 lire) 2,00 lire - bollettino da cent.50 con un cent.75 e un lire 1,25.

Uso dei francobolli per pacchi di Umberto I dopo l’emissione degli interi postali nelle spedizioni per l’interno Nelle spedizioni per l’interno, i francobolli sono stati usati per integrare il valore degli interi (Figg.8-13) per tre motivi. 1) Integrazione della tariffa di spedizione (finora noti): - tariffa da 75 centesimi - ingombrante in ufficio bollettino da cent.50 con un cent.20 + ordinaria cent.5; - tariffa da 75 centesimi - ordinaria a domicilio bollettino da cent.50 con due cent.10 + ordinaria cent.5; - tariffa da 75 centesimi - ordinaria a domicilio bollettino da cent.50 con un cent.20 + ordinaria cent.5; - tariffa da 60 centesimi - ordinaria unificata - bollettino da cent.50 con un cent.10; - tariffa da 60 centesimi - ordinaria unificata - bollettino da cent.25 con un cent.20 + ordinaria cent.15; - tariffa da 90 centesimi - ingombrante unificata bollettino da cent.25 con un cent.50 + ordinaria cent.15. 2) Integrazione per tassa di assegno (finora noti): - tassa assegno da 25 centesimi e integrazione da ufficio a domicilio - bollettino da cent.50 con un cent.50; - tassa assegno da 25 centesimi - bollettino da cent.50 con due cent.10 + ordinaria cent.5; - tassa assegno da 25 centesimi - bollettino da cent.50 con un cent.20 + ordinaria cent.5. 3) Integrazione per valore dichiarato (finora noti): - tassa assic. (fino a 100 lire) 20 centesimi - bollettino da cent.50 con due cent.10; - tassa assic. (fino a 100 lire) 20 centesimi - bollettino da cent.50 con un cent.20; 78

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Fig.8 - Bollettino pacchi da cent.50 da Alessandria per Porto Maurizio del 15.9.1890, tariffa unificata da 60 centesimi, affrancato con cent.10 “Cappello”.

Fig.9 - Bollettino pacchi da cent.50 da Campli per Cremona del 9.4.1890, tariffa assegno per consegna in ufficio 50+25 centesimi, affrancato con cent.20 + ordinaria cent.5 “Stampe”.

Fig.10 - Bollettino pacchi da cent.50 da Fiesole per San Remo del 7.3.1890, tariffa assegno per consegna a domicilio 75+25 centesimi, affrancato con cent.50 “Ventagli di paglia”.

Emanuele M. Gabbini

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Tariffe per l’estero Le tariffe per l’estero del periodo non sono modificate rispetto al periodo precedente oltre ad aggiungersi alcuni Paesi aderenti alla Convenzione di Parigi negli ultimi due anni. Dal 21 luglio 1890, la tassa per l’assegno viene ridotta a 10 centesimi ogni 10 lire con un minimo di 20 centesimi. Il massimale per il valore dichiarato viene elevato a 1.000 lire.

Fig.11 - Bollettino pacchi da cent.50 da Castelleone per Cremona del 28.5.1890, tariffa (valore assicurato 50 lire) per consegna in ufficio 50+20 centesimi, affrancato con cent.10x2 “Orecchini d’oro e stoffa lana e seta”.

Fig.12 - Bollettino pacchi da cent.50 da Belluno per Cremona del 28.9.1889, tariffa (valore assicurato 18 lire) per consegna in ufficio 50+20 centesimi, affrancato con cent.20 “12 aghi d’argento per nutrice”.

Fig.13 - Bollettino pacchi da cent.50 da Mesuraca per Arienzo del 18.10.1889, tariffa (valore assicurato 150 lire) per consegna in ufficio 50+40 centesimi, affrancato con cent.20x2 “Orologio d’oro”.

Emanuele M. Gabbini

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Uso dei francobolli per pacchi di Umberto I dopo l’emissione degli interi postali nelle spedizioni per l’estero Nelle spedizioni per l’estero, i francobolli sono stati usati per integrare il valore degli interi (Figg.14-18) per tre motivi. 1) Integrazione della tariffa di spedizione (finora noti): - tariffa da 1,25 lire - bollettino da cent.75 per la Francia con un cent.50 (l’uso di questo bollettino era proibito per l’estero); - tariffa da 1,75 lire - bollettino da lire 1,25 per il Belgio e per la Germania con un cent.50; - tariffa da 2,25 lire - bollettino da lire 1,75 per la Danimarca con un cent.50; - tariffa da 2,70 lire - bollettino da lire 1,75 per la Gran Bretagna con un cent.20 e un cent.75; - tariffa da 3,25 lire - bollettino da lire 1,75 per la Norvegia con due cent.75; - tariffa da 5,25 lire - bollettino da lire 2,70 per il Cile con un cent.10, un cent.20, un cent.50 e un lire 1,75. - è noto un solo bollettino da cent.50 per gli uffici postali italiani all’estero (Susa) del 25 novembre 1890 - tariffa da 85 centesimi (60 + 25 di diritto marittimo) con un cent.20 + ordinaria cent.15. 2) Integrazione per tassa di assegno (finora noti): - tassa assegno (da 71 a 75 lire) da lire 1,50 bollettino da lire 1,25 per l’Austria con due cent.75. 3) Integrazione per valore dichiarato (finora noti): - tassa assic. (fino a 200 lire) 25 centesimi - bollettino da lire 1,75 per la Germania con un cent.20 + ordinaria cent.5; - tassa assic. (da 201 a 400 lire) 50 centesimi bollettino da lire 1,75 per la Germania con un cent.50; - tassa assic. (da 401 a 600 lire) 75 centesimi bollettino da lire 1,75 per la Germania con un cent.75. VACCARI

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Fig.14 - Bollettino pacchi da lire 1,25 da San Remo per Francoforte del 2.12.1888, tariffa 1,75 lire, affrancato con cent.50 “Arance”.

Fig.17 - Bollettino pacchi da lire 1,75 da Catania per Pforzheim del 10.4.1888, tariffa (valore assicurato 200 lire) 25 centesimi, affrancato con cent.20 + ordinaria cent.5 “1 lingotto e 4 pezzi in oro”.

Fig.15 - Bollettino pacchi da lire 1,75 da Sesto Fiorentino per Copenhagen del 23.3.1888, tariffa 2,25 lire, affrancato con cent.50 “Trecce di paglia”.

Fig.18 - Bollettino pacchi da lire 1,75 da Napoli per Pforzheim del 26.4.1888, tariffa (valore assicurato 500 lire) 75 centesimi, affrancato con cent.75 “Oreficeria”.

Pacchi spediti Nel periodo 1888-1890 (statistica dell’Amministrazione) vennero spediti: - 16.000.000 pacchi per l’interno; - 900.000 pacchi per l’estero (non esiste statistica, in questo periodo, di destinazione dei Paesi esteri). Naturalmente la maggior parte dei bollettini non necessitava di affrancatura d’integrazione.

Distruzione dei bollettini e bollettini documentati Fig.16 - Bollettini pacchi da lire 2,70 da Santa Margherita Ligure per Valparaiso del 29.11.1889, tariffa 5,25 lire, affrancato con cent.10 + cent.20 (caduto) + cent.50 + lire 1,75 “Merletti in seta e filo”. Spettacolare e unica affrancatura finora nota quadricolore dei francobolli pacchi di Umberto I.

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Rimangono uguali le disposizioni per la distruzione dei bollettini da parte dell’Amministrazione italiana. In tabella, i bollettini di cui ho raccolto documentazione e la mia stima degli esistenti. Emanuele M. Gabbini

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bollettini

documentati

stimati esistenti

integrazione di tariffa per l’interno (con un cent.10)*

18

25-30

integrazione di tariffa per l’interno (ogni altro tipo)

6

9-12

assegno per l’interno

5

7-10

dichiarazione di valore per l’interno

8

11-14

integrazione di tariffa per l’estero

9

11-14

assegno per l’estero

1

2-3

dichiarazione di valore per l’estero

3

5-7

totale

50

70-90

Epilogo Cessata la validità postale il 31.12.1890, tutte le giacenze, di tutti sei i valori, vengono soprastampate “Valevole per le stampe - C.mi 2” e utilizzate nel servizio corrispondenze con validità fino al 31.12.1891.

* Va notato che salvo per l’affrancatura integrativa da 10 centesimi non si conoscono più di 3 affrancature uguali per la stessa tariffa e/o destinazione estera.

Si segnala anche l’esistenza di un bollettino da lire 1,75 da Santa Margherita Ligure per Buenos Aires del 25 giugno 1889; vi furono aggiunti tre francobolli - un cent.50 + un lire 1,25 + un lire 1,75 - per una tassazione postale complessiva di 5,25 lire. Ma la tariffa per l’Argentina del periodo era di 4,50 lire: si tratta quindi di un caso di grande eccesso tariffario (75 centesimi pari a 3 euro d’oggi).

Note (1) Per approfondimenti sulla convenzione di Parigi e sul servizio pacchi postali, si può consultare: E.M.Gabbini, “Desiderando di facilitare le relazioni commerciali... Pacchi Postali in Italia 18811914: una storia filatelica... e non solo”, Ed. AICPM, 2017.

DA MILANO A NEW YORK - 1917 Paolo Vaccari

In tutte le nazioni che abbiano o abbiano avuto in corso una guerra, molti dei regolamenti riferiti a rapporti esteri hanno quasi sempre avuto delle modifiche, anche di un certa rilevanza. È il caso della lettera qui riprodotta che inviata per raccomandata da Milano a New York il 21 aprile 1917, regolarmente affrancata per 1,50 lire e indirizzata a un italiano, venne rispedita al mittente con numerose indicazioni: bollo “NON HA CORSO AL MITTENTE”, “al mittente” a matita azzurra; al verso i talloncini “VERIFICATO PER CENSURA” con i relativi bolli, altro rosso della posta estera di Genova con la motivazione del mancato inoltro, ripetuto a lato “al mittente non essendo ammesso il transito di francobolli per collezione”. Ho chiesto al Dr. Beniamino Cadioli di Modena, specialista di Posta Militare (e altro), il quale mi ha confermato che lettere di questo tipo sono assai interessanti e che ne conosce pochissime.

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“POSTERIORMENTE AFFRANCATA” / “NACHTRAEGLICH FRANKIRT” ANCHE A VENEZIA E A TRIESTE Heinrich Stumvoll

Il Regolamento sulla Posta-Lettere del 1838 (in vigore dal 1° maggio 1839), al paragrafo 27 prescrive che “Non viene dato corso alle spedizioni all’estero e sotto fascia rinvenute nelle cassette postali e riguardo alle quali giusta il § 24 n.2 e 3 sono da pagare le competenze di porto all’atto dell’impostazione. Esse vengono di giorno in giorno inscritte coi contrassegni caratteristici dell’indirizzo in un elenco che si tiene esposto all’ispezione del pubblico negli uffici postali. Se per tali spedizioni non viene pagata dai mittenti la competenza di porto entro 8 giorni presso gli uffici delle direzioni delle poste, ed entro 14 giorni presso gli altri uffici postali, i destinatarj vengono avvisati della giacenza delle medesime mediante lettere d’avviso gratuite con invito a pagarne la tassa. Se il pagamento ha luogo, si dà corso alle spedizioni; in caso contrario vengono queste trattate come tutte le altre spedizioni non suscettibili di ricapito (§§ 50, 51, 52 e 53).” Tale procedura allungava ovviamente il tempo necessario per la consegna. Per spiegare il motivo e giustificare il ritardo alcuni grandi uffici usarono propri timbri “AFFRANCATA POSTERIORMENTE”. Per il Lombardo Veneto Vollmeier riporta l’uso in periodo prefilatelico solo per Mantova (12/1842 - 8/1843) e Milano (3/1844 - 5/1850), sempre in colore rosso e in doppia cartella rettangolare. Questo genere di timbro si trova utilizzato anche in periodo filatelico, secondo Schöpfer (p.8) pure in colore nero. Fedele e Luraschi citano una richiesta dell’ufficio di Lodi del 1849 per un bollo “AFFRANCATA POSTERIORMENTE”, richiesta che venne però respinta: “In luogo del timbro codesta Direzione Provinciale farà intanto la voluta annotazione a mano servendosi di inchiostro rosso”. Ma Venezia ebbe il suo timbro (Fig.1), come indicano le due lettere alle figure 2 e 3, con le parole invertite, cioè “POSTERIORMENTE AFFRANCATA”, e senza cornice. La lettera (Fig.2) da Venezia a Modena (senza anno, 1838 in poi) mostra tutte le particolarità e la data di arrivo a Modena (10 dicembre) ben dieci giorni dopo la presa in carico della lettera a Venezia (30 novembre). Non porta il bollo “FRANCA” ma “POSTERIORMENTE AFFRANCATA”. Al Heinrich Stumvoll

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verso la cifra “6” (kreuzer) dimostra il porto (posteriormente) pagato. La seconda lettera (Fig.3) viaggiò da Venezia a Pisa (1849) e rimase senza data di arrivo e anche, come succede a volte con queste lettere (Luraschi, p.76), senza annotazione del porto pagato al verso. In questo caso solo il bollo “POSTERIORMENTE AFFRANCATA” di Venezia confermò il porto pagato fino alla frontiera. Tipico per le lettere posteriormente affrancate sono altri segni manoscritti, spesso in angolo a sinistra (come il numero di registro). Una “lettera d’avviso franca di porto” (con “10” come tassa modenese?) secondo il § 27 del Regolamento postale fu spedita in modo aperto da Venezia a Modena nell’anno 1844 usando il modulo N.53 di Ramo Lettere: “(Avviso delle lettere giacenti per difetto d’affrancazione)”. Porta il numero interno 442. (Fig.4)

Fig.1

Fig.2

Fig.3

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Fig.5

Fig.4

Fig.6

BIBLIOGRAFIA

Il trattamento delle lettere da Venezia a Modena è in contrasto con una regola riportata da Carra con riferimento all’obbligo tolto di vicendevole affrancazione con decorrenza 1° gennaio 1840 e anche Carra non aveva mai osservato una lettera con il porto pagato completamente a destinazione nell’altro stato (pp.68 sgg.) In lingua tedesca si conosce un bollo analogo, “NACHTRAEGLICH FRANKIRT” (Fig.5) (in vecchia ortografia), in periodo prefilatelico (1839) forse da Brünn (Brno; Kühn, p.41, Huber, 59, p.4). Ferchenbauer (II, p.498) mostra una lettera analoga della stessa città in periodo filatelico, con il bollo eccezionalmente usato non su una lettera all’estero, ma dopo una accettazione rifiutata dal destinatario. Posso mostrare questo bollo anche per Trieste. Una lettera scritta a Venezia ancora assediata il 10 agosto 1849 (Fig.6) e portata in modo clandestino a Trieste (timbrata il 23 agosto - un giorno dopo a Venezia si firmò la resa agli austriaci), fu in seguito timbrata con “NACHTRAEGLICH FRANKIRT”. La lettera disinfettata arrivò (infine) ad Atene via l’isola di Syros. 84

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- Raccolta degli atti di governo e delle disposizioni generali emanate dalle diverse autorità in oggetti sì amministrativi che giudiziarj, Milano, 1839, vol. primo, p.78; - L.Carra, I rapporti postali del Lombardo Veneto con il Ducato di Modena 1815-1859, in “Vaccari Magazine” 30/2003, pp.64 sgg.; - C.Fedele, F.Luraschi, I bolli del Putinati - Milano 1839, un’Imperial Regia fornitura di timbri postali, in “Storie di Posta”, 3/2011, pp.21 sgg. (35); - U.Ferchenbauer, Österreich 1850-1918, II, p.498; - R.Huber, Nachträglich frankiert - nachträglich ergänzte Frankatur, in “Postgeschichte” nn.59-66 e 71, Zurigo, 1994-1997; - K.Kühn, 2. Ergänzungsbericht zu Edwin Müllers “Handbuch der vorphilatelistischen Abstempelungen Österreichs”, s.a., 41; - F.Luraschi, Quei “rabeschi” del Giusti. Che cosa può nascondere un riferimento postale, in “Storie di Posta”, 2/2010, pp.72 sgg. (76 sg.); - K.Schöpfer, “AFFRANCATA/POSTERIORMENTE” (Nachträglich frankiert), in “Postgeschichte” n.93 (aprile 2003), Zurigo, pp.5-8; - P.Vollmeier, Die vorphilatelistischen Stempel von Mailand bis 1815 / Bolli prefilatelici di Milano dalle origini al 1850, Aldo Ausilio, Padova, 1976, pp.216 sgg. Heinrich Stumvoll

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12 SETTEMBRE 1866 UN’INEDITA LETTERA DA UDINE A SEVEGLIANO PER PALMA Marco De Biasi • Bruno Lucci

Crediamo che a molti cultori di storia postale sia capitato di trovare una lettera importante per la propria collezione, ma dall’aspetto poco piacevole. A volte se ne rimanda l’acquisto nell’attesa di trovarne un’altra con le medesime caratteristiche, ma con un aspetto migliore. Purtroppo spesso ciò non si verifica soprattutto nel caso di un annullo estremamente raro, ma non solo! È il caso di questa lettera. Udine era diventata italiana il 25 luglio 1866, ma a Palma la situazione era completamente diversa: l’armistizio di Cormons del 12 agosto al punto “d” prevedeva che Palma rimanesse austriaca insieme a una fascia di territorio delimitata da “un perimetro di sette chilometri e mezzo intorno alle opere esterne di Palmanova, il quale cominciando a Villa e passando fra Gonars e Morsano termina a Percotto”. Quindi Palma era completamente circondata da territori divenuti italiani. Marco De Biasi • Bruno Lucci

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La lettera fu spedita dal Vicario Generale di Udine il 12 settembre 1866 a Pietro Mainardi, parroco di Sevegliano, un piccolo paese a meno di 3 km da Palma, che ne utilizzò l’interno per scrivere la brutta copia della risposta visibile in trasparenza. Sulla lettera venne applicato un cent.20 su 15 ferro di cavallo I tipo che fu annullato con il timbro di Udine SI piccolo ripetuto al verso. L’annullo, di origine prefilatelica, è stato usato assai poco su francobolli del Lombardo Veneto e con i valori italiani era finora noto solo su pochi esemplari sciolti e su una lettera del 10 ottobre 1866 da Udine per città affrancata con un cent.5. In arrivo troviamo il timbro di Palma del 14 settembre. La lettera, seppur proveniente dall’Italia, non venne tassata. Cercheremo di capire il motivo di questo insolito trattamento. VACCARI

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Con i primi giorni di settembre cessò l’uso della “Via di Svizzera” in quanto erano riprese le comunicazioni postali dirette, alle condizioni in essere prima dello scoppio delle ostilità, con la precisazione che “le corrispondenze spedite dalle località venete occupate dall’esercito italiano devono essere considerate come originarie della 1a sezione italiana”. La lettera avrebbe quindi dovuto essere affrancata per 25 centesimi. Ma proprio l’11 settembre a Udine si era riunita una commissione per ripristinare ufficialmente le relazioni postali tra le due parti. La delegazione italiana era guidata dal delegato speciale per le Regie Poste nel Veneto Carlo Vaccheri mentre quella austriaca dal direttore delle Poste di Venezia Giuseppe Berger. Già il 14 settembre venne sottoscritta una “Convenzione temporanea” resa nota con la circolare n.424 “Torino, addì 18 settembre”; essa prevedeva che le corrispondenze scambiate tra le province venete occupate dall’Italia e quelle occupate dall’Austria, se affrancate secondo la tariffa interna prevista dallo stato di appartenenza, “sono considerate come francate fino al destino e distribuite senza tassa”; ne stabiliva inoltre la decorrenza dal giorno 20. Sembrerebbe il caso della nostra lettera se non fosse che essa anticipa di otto giorni l’entrata in vigore della “Convenzione temporanea”: anticipo peraltro già rilevato in altri casi, ma non di tale entità. A questo punto riteniamo di poter formulare le seguenti ipotesi per giustificare la mancata tassazione:

- il mittente non era a conoscenza che anche il paese di Sevegliano fosse ancora austriaco, ma ciò è poco probabile visto che sul fronte aveva comunque indicato “Per Palma”; - il mittente era venuto a conoscenza delle decisioni della commissione e delle agevolazioni previste e aveva pensato di sfruttarle in anticipo; - l’impiegato postale di Udine non rilevò l’affrancatura insufficiente; - il titolare dell’ufficio, Luigi Putelli, era preoccupato di conservare il proprio posto di lavoro anche con l’amministrazione italiana, come in effetti avvenne e, considerato il ruolo del destinatario, evitò “cortesemente” di tassare la lettera. Comunque sia andata in quei giorni turbolenti rimane la testimonianza di questa lettera, forse non impeccabile da un punto di vista puramente estetico, comunque assai pregevole dal punto di vista storico postale. BIBLIOGRAFIA - L.Carra, 1866 La Liberazione del Veneto, Vaccari, Vignola (Mo), 1998; - M.Cedolini, M.De Biasi, L’estate del 1866 in Veneto, in “Vaccari Magazine” 58/2017; - P.Fabrizio, Gli annulli del Veneto, del Friuli e del Mantovano (1866-1879) e loro valutazione, Editrice Elzeviro, Padova, 2000.

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IL DEPREZZAMENTO DEL DOLLARO CARTACEO DURANTE E DOPO LA GUERRA DI SECESSIONE I suoi riflessi sulle tariffe postali Antonello Fumu

Prima della guerra civile degli anni 1861-1865 il dollaro statunitense era coniato in monete d’oro e argento. La moneta cartacea era emessa solo da qualche banca, ma non aveva valore legale. Nel 1862 vennero emessi i primi dollari cartacei stampati in verde al retro da cui il nome “green backs currency or notes”; queste banconote non erano, almeno ufficialmente, supportate da oro o argento, ma solo dalla credibilità del Governo. Dalla metà del 1863, peraltro, lo sforzo economico sopportato per la guerra di secessione ebbe un pesante impatto sul valore della valuta statunitense che, nel periodo più incerto della guerra, raggiunse il picco negativo della svalutazione allorché per 100 dollari oro occorrevano 258 dollari in carta moneta. Sotto il profilo postale si creò un grosso problema per le lettere non affrancate, con porto a carico del destinatario, provenienti da Oltremare. Difatti il Dipartimento delle Poste, che curava l’inoltro di tali lettere, mentre percepiva dai destinatari i relativi importi in moneta cartacea svalutata, era invece tenuto a saldare i debiti con i paesi di provenienza con valuta monetata. La situazione, fra l’altro, favoriva, in quanto più conveniente, l’invio della posta con tariffa a carico del destinatario rispetto a quella regolarmente affrancata secondo le convenzioni postali internazionali. Per superare il problema, che stava comportando gravi perdite valutarie al Dipartimento delle Poste, vennero diramate precise istruzioni che prevedevano, per le lettere provenienti dall’Oltremare con porto a intero carico del destinatario, che il relativo importo potesse essere soddisfatto con pagamento in valuta monetata o con banconote; in quest’ultimo caso, però, l’ammontare doveva essere conteggiato applicando l’indice di svalutazione che veniva aggiornato quotidianamente. Si illustrano di seguito tre lettere che, in periodi diversi (1864, 1866 e 1867), vennero tassate in arrivo con questo sistema. La prima (Fig.1) risulta spedita il 2 agosto 1864 da Sion (Svizzera) a Bridgeport nel Connecticut, via Parigi ove venne apposto il bollo di ingresso “SUISSE 25 Aout 64 PONTARLIER 3” indicando in 18 cents il debito degli U.S.A. La lettera venne, quindi, inoltrata via Inghilterra a Queenstown ove venne imbarcata sul vapore “Scotia” della Cunard Antonello Fumu

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per New York ove giunse il 6 settembre e ricevette il bollo circolare nero “N.Y. 21 Br. PKT - SEP 6 or U.S. 50 NOTES” che indicava che la lettera era stata trasportata con i vapori inglesi e che erano dovuti dal destinatario 21 cents (18 + 3 di maggiorazione per lettera non affrancata) se pagati in moneta metallica o 50 se pagati in banconote. Siamo ancora in piena guerra di secessione con un tasso di inflazione molto alto che richiedeva per 100 dollari d’oro 238 dollari in cartamoneta.

Fig.1

La seconda lettera (Fig.2) è stata spedita nel novembre del 1866 da Smirne (Impero Ottomano) a New York e venne inoltrata col vapore “Gange” delle Messaggerie Imperiali a Marsiglia (28 nov.) e da qui per ferrovia a Parigi dove l’ufficio postale di scambio indicò in 12 cents il debito degli Stati Uniti. La lettera venne, quindi, trasferita a Liverpool per essere imbarcata sul vapore “Cuba” della Cunard e giunse a New York il 13 dicembre successivo. In arrivo venne apposto il timbro di scambio “N.Y.15 Br. PKT - Dic 13 - or U.S. 21 NOTES” indicante che erano dovuti dal ricevente 15 cents se pagati in moneta metallica (oro o argento) e 21 cents in dollari cartacei (100 dollari oro per 140 dollari carta).

Fig.2

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L’ultima lettera (Fig.3) del 1° aprile 1867 venne spedita da Messina a Genova a mezzo della compagnia Fraissinet e da qui ad Havre per essere imbarcata sul vapore americano della Havre line per New York dove giunse il 22 aprile successivo e ricevette il bollo circolare “N.Y. 21 AM. PKT or U.S. 28 NOTES” (100 dollari oro per 133 dollari carta) con la svalutazione ulteriormente in lieve calo. Il problema andò progressivamente esaurendosi: a titolo di esempio troviamo, in lettere pubblicate nel testo in riferimento (R.F.Winter, “Understanding Transatlantic Mail”, APS, U.S.A., 2006) un rapporto di 100/114 nel maggio 1872 e uno

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Fig.3

di 100/110 oro/carta nel 1875, sino alla sua definitiva cessazione con l’entrata a regime dell’Unione Postale Universale.

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FALSO DELL’AQUILA DA 15 CENTESIMI Operazione di Polizia Giudiziaria del 26 dicembre 1863 Gianluigi Maria Forti

Le disposizioni dell’articolo 43 della Legge del 5 maggio 1862 n.604* e degli articoli 82 e 83 del Regio Decreto del 21 settembre 1862 n.891* avevano previsto pene detentive per chi falsificava o deteneva francobolli falsi o materiale destinato alla loro fabbricazione e disciplinato le procedure di individuazione e incriminazione dei responsabili. Non erano state però sufficienti a scoraggiare comportamenti fraudolenti a danno della Pubblica Amministrazione perpetrati da falsari che avevano stampato e messo in circolazione imitazioni del francobollo da 15 centesimi litografico previsto dal Regio Decreto dell’11 gennaio 1863 n.1101*, vista anche la semplicità del disegno che rendeva agevole la contraffazione. I primi francobolli falsi di colore azzurro avevano circolato a Napoli da aprile a fine agosto 1863 ed erano stati regolarmente annullati quando applicati sulle corrispondenze consegnate agli uffici postali. Anche gli impiegati postali dell’Aquila si erano fatti cogliere impreparati quando un nuovo stock di francobolli falsi da 15 centesimi di colore grigio ardesia era stato spacciato in città dalla seconda metà di novembre fino al 26 dicembre 1863: sebbene presentassero un colore alterato rispetto agli originali, non erano stati riconosciuti ed erano stati regolarmente annullati. La scoperta della frode postale è dovuta all’attenzione di un cittadino che aveva rilevato la contraffazione e informato un ufficiale postale di aver comprato francobolli falsi da 15 centesimi nella bottega del “tabaccaro” Luigi Ardente acquistati da quanto dichiarato da sua moglie al costo di 14 centesimi “da mano estranea e non dall’Ufficio Postale”. Al termine dell’operazione di Polizia Giudiziaria del 26 dicembre 1863 richiesta dal Direttore dell’Ufficio postale dell’Aquila, che pose termine alla truffa ai danni dell’Amministrazione postale, venne redatto un verbale (Fig.1) sul quale sono applicati due degli esemplari sequestrati. (Pochi giorni dopo, il 31 dicembre 1863, il francobollo originale sarebbe andato comunque fuori corso.) In esso si legge: “L’anno milleottocentosessantatre il dì ventisei dicembre in Aquila. Io qui sottoscritto Gennaro Russomanno, Applicato di Pubblica Sicurezza, ed addetto all’Uffizio Centrale di Aquila. Gianluigi Maria Forti

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Fig.1 - Il verbale redatto al termine dell’operazione di Polizia Giudiziaria del 26 dicembre 1863 con applicati due degli esemplari sequestrati.

In seguito di avvertenza avuta da questo Direttore Postale, con la quale faceva intendere che tal Ardente Luigi, esercente tabaccaro alla strada S.Francesco di questa Città, conservasse e smerciasse francobolli postali da quindici centesimi di falso conio, mostrandomi in pari tempo una diecina di essi francobolli falsi. Io dunque ne ho presi due per controllarli, e mi sono portato con la forza nello spaccio dell’Ardente predetto per praticarvi una perquisizione. Quivi giunto ho fatto appositamente chiamare, ed adibirli da testimoni Antonio Del Giudice, di Rocca di Mezzo, di anni 41 carrozziere, domiciliato a S. Pietro a Coppito, case di Cerasoli, ed Antonio Damiani, di Aquila, di anni 38, Commesso di Prefettura, domiciliato alla via S.Pietro di Sasso case di Signorini. Trovatovi il suddetto esercente e sua moglie Maria Giuseppa, mi son fatto da essi conoscere nella mia qualità, fregiandomi del nastro bicolore voluto dalla Legge. Ho fatto la perquisizione VACCARI

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e niuno di quelli o di altri francobolli postali mi è stato possibile rinvenire. Interrogato sul fatto il Luigi Ardente, mi ha risposto di sapere che sua moglie avea comprati francobolli postali, da mano estranea e non dall’Ufficio Postale, e che non se ne trovava più per averli smaltiti, e che gli ultimi dodici furono, poche ora prima, da lui stesso venduti al Sig.r Ciolini Angelo, di Aquila, e che non si trovava neanche altri francobolli di diverso valore perché gli erano terminati: che lui dopo di poco di aver venduti detti francobolli fu avvertito dal Sig.r Ciolini che detti eran falsi, con assieme ad un Uffiziale di Posta. Allora lui mandò a chiamare sua moglie, e rimastala nel botteghino, si portò dal Direttore Postale, e che in allora vi ritornava. Interrogata sulla generalità del fatto anche la di costui moglie Maria Giuseppa, ha risposto che da tre o quattro giorni dietro ha preso circa quaranta francobolli postali da quindici centesimi, pel valore di centesimi quattordici l’uno, da un giovanotto di circa anni quindici, ch’essa non conosce, e che ignorava puranco che detti francobolli erano falsi. Aggiunge ancora il Luigi Ardente, che dubita che detti francobolli si potessero trovare anche nel botteghino della Tabella alla via Del Corso di questa Città. Del che ne ho redatto il presente verbale, che viene firmato da me dall’Ardente Luigi, e dalle testimone, avendo la Maria Giuseppa detto di essere illetterata. Lettura e spiega fatta agl’intervenuti, han detto contenere la verità. Qui in margine, si trovano attaccati i due francobolli falsi. Fatto e chiuso oggi mese ed anno come sopra. Luigi Ardente Antonio Damiani testimone Antonio Del Giudice testimone G.o Russomanno” Anche se il danno economico subito dall’Erario dello Stato non era stato rilevante in quanto circoscritto, per incentivare gli uffici più periferici (Uffici Secondari e Distributori previsti dal Regio Decreto del 15 dicembre 1860 n.4480* sulla riorganizzazione postale) a porre più attenzione nello svolgimento dei loro compiti, era stata riconosciuta anche a loro, con il Regio Decreto dell’11 dicembre 1864 n.2071 (Fig.2), la stessa percentuale sulle vendite di francobolli concessa ai rivenditori privati (art.70 RD 21 settembre 1862 n.891*): “Art.1 - È attribuito agli Uffizi delle Poste di qualunque categoria l’obbligo di somministrare 90

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Fig.2 - Il Regio Decreto dell’11 dicembre 1864 n.2071 con il quale si riconosce agli uffici postali periferici la stessa percentuale sulle vendite di francobolli concessa ai rivenditori privati.

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collo sconto del 2 p. % i francobolli ai rivenditori autorizzati dall’Amministrazione che hanno stanza nel distretto postale di ciascun Uffizio. Art.2 - Ai titolari degli Uffizi secondari ed ai distributori postali è accordato lo sconto del 2 p. % sui francobolli da essi venduti.” Alla fine del 1864 il Ministro dei Lavori Pubblici Stefano Jacini, dal quale dipendeva la Direzione Generale delle Poste, aveva accertato che il bilancio dell’Amministrazione postale aveva bisogno di correttivi. Tra i provvedimenti già attuati o in fase di realizzazione era prevista la riduzione dei costi di produzione dei francobolli. Di questo problema si era occupato il Ministro delle Finanze Quintino Sella che per risolverlo ave-

va dato attuazione all’articolo 26 della Legge del 5 maggio 1862 n.604*: “La fabbricazione della carta pei francobolli e dei francobolli medesimi è riservata allo Stato”. Con la Legge dell’11 maggio 1865 n.2285 (Fig.3) si autorizzò la fabbricazione di Valori Bollati a Torino in una nuova Officina Governativa Carte Valori dipendente dal Ministero delle Finanze; fino ad allora erano stati prodotti dalla ditta inglese Thomas De La Rue e C. di Londra. Note * Il Regio Decreto 15 dicembre 1860 n.4480, la Legge 5 maggio 1862 n.604, il Regio Decreto 21 settembre 1862 n.891 e il Regio Decreto 11 gennaio 1863 n.1101 sono pubblicati in G.M.Forti “La riforma postale del 1863 nel Regno d’Italia - leggi, convenzioni, documenti, tariffe”, Vaccari, Vignola (Mo), 2017.

Fig.3 - La Legge dell’11 maggio 1865 n.2285 che autorizza la fabbricazione di Valori Bollati a Torino in una nuova Officina Governativa Carte Valori dipendente dal Ministero delle Finanze.

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FIUME 1918-2018 Carlo Giovanardi

Questo articolo comincia, come oggi va di moda, con un piccolo spot promozionale: il 2 dicembre 2018 presso il Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera, verrà inaugurata una mostra di filatelia e storia postale di Fiume che chiuderà i battenti nell’aprile 2019. Esattamente 100 anni fa infatti, il 2 dicembre del 1918, vennero emessi i primi sovrastampati “FIUME” su francobolli ungheresi in filler e corone, facendo parte quella città della Ungheria sino alla fine della Prima guerra mondiale. Da quella data sino a marzo del 1924, quando Fiume venne annessa al Regno d’Italia, si sviluppò una straordinaria vicenda politica, militare ed economica, testimoniata passo dopo passo dall’emissione di francobolli, che contribuirono in maniera determinante alla sopravvivenza dello Stato Libero in quei 7 anni. Naturalmente nella storia postale fiumana c’è un prima e un dopo rispetto a quei formidabili sette anni: nell’Ottocento e sino al 1918 vennero usati francobolli austriaci (quando Fiume era austriaca), poi ungheresi, poi per un solo giorno, il 17 novembre 1918, con sovrastampa croata, poi dal 1924 al 1943 del Regno d’Italia, poi dal 1943 al 1945 della RSI unitamente a quelli della posta di servizio tedesca, poi dal 1945 al 1947 della Occupazione Militare Jugoslava, dal 1947 sino al 1991 della Jugoslavia, dal 1991 della Croazia.

Non meno straordinaria e variata dal punto di vista filatelico è la storia postale che si è sviluppata dal 1918 al 1924, nei periodi retti dal Consiglio Nazionale Italiano prima, dal 12 settembre 1919 all’8 settembre 1920 con l’occupazione militare da parte di Gabriele D’Annunzio della città che si trasforma sino al “Natale di sangue” del 1920 in Reggenza del Carnaro, con relativa Posta Militare ed emissioni per le isole di Arbe e Veglia, e poi la prima e seconda Costituente, lo Stato Libero di Zanella, il governo militare e l’annessione all’Italia. In questo Paradiso della filatelia ci sono due strade da seguire, assieme o disgiunte, altrettanto affascinanti: la ricerca delle sovrastampe a mac-

Uffici postali di Fiume 1918-1924 Fiume 1: Posta Centrale serve anche la Posta Militare - Fiume 2: Stazione Ferroviaria - Fiume 3: Cantrida - Fiume 4: Giardino (parco comunale) Fiume 5: Belvedere - Fiume 6: Drenova - Zametti: sotto occupazione militare italiana

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china e a mano e delle varietà delle varie emissioni, distinguendo quelle vere da quelle false che, sin dai primi tempi, inquinarono il collezionismo, vista l’enorme domanda di francobolli fiumani, e la storia postale, lettere e cartoline che a parte le affrancature di grande interesse portano anche testimonianze scritte di Legionari dannunziani, ex combattenti, militari, autonomisti, uomini politici, molti dei quali personaggi storici di grande rilievo.

3 febbraio 1919 - Lettera raccomandata da Fiume per città in tariffa di 40 filler (15 locale + 25 raccomandazione). Affrancatura con valori gemelli: 20 filler con sovrastampa a mano della legatoria Kirchhofer & C. + 20 filler con sovrastampa a macchina (1a tiratura) della tipografia Wadasz & C. (emessi il 2 dicembre 1918).

Foglio completo del cent.5 dell’emissione con sovrastampa piccola per le isole di Arbe e di Veglia.

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Un vero e proprio Fiume in piena - recentemente studiato e approfondito in due fondamentali volumi, ambedue dal titolo “FIUME 19181924”, uno dello studioso croato Ivan Martinas e l’altro del nostro Oliviero Emoroso - che merita di essere ancor più valorizzato in occasione del Centenario della prima emissione.

Strisce complete usate su bustone dei quattro valori con sovrastampa grande emessi nel 1919 per le isole di Arbe e Veglia.

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IL CENTENARIO DEL VOLO SU VIENNA Fiorenzo Longhi

Quest’anno, il 9 agosto, è ricorso il centesimo anniversario del volo su Vienna, una impresa aviatoria che, ai tempi in cui fu compiuta, destò grande entusiasmo in Italia e notevole interesse in tutto il mondo anche per il fatto che quel volo era stato ideato, propugnato e realizzato da Gabriele d’Annunzio. L’idea del volo su Vienna era balenata nella mente del poeta sin dal 1915 quando, su una fotografia che lo ritrae accanto al capitano Ermanno Beltramo, il pilota che il 20 settembre lo aveva portato con un Farman su Trento, d’Annunzio aveva scritto a chiare lettere: “Campoformido: ottobre 1915. Donec ad metam. Vienna!” Dopo che i grandi biplani Caproni avevano dimostrato la loro capacità d’impiego in centinaia di azioni, vi fu, nell’agosto 1917, all’XI Gruppo Aeroplani da Bombardamento, chi pensò che l’impresa fosse realizzabile e volle tentarla. Erano cinque ufficiali della 4a Squadriglia Caproni (i tenenti Parravicini, Scavini, Thaon di Revel, Abba e Sala) che, in una aviorimessa del campo di Aviano, si misero segretamente al lavoro con due meccanici per attrezzare due apparecchi. La notizia di quanto stavano facendo trapelò e ne furono informati d’Annunzio e il maggiore La Polla, comandante del Raggruppamento Bombardieri il quale, con un immediato sopralluogo ad Aviano, bloccò il tentativo. Tuttavia, per dimostrare agli ufficiali responsabili che, senza essere disposto a tollerare eccessi di zelo comunque motivati, egli apprezzava lo spirito che li animava, li assicurò che, se interpellato dal generale Cadorna, avrebbe dato il suo parere favorevole sulla possibilità di compiere l’impresa. Alla fine di agosto d’Annunzio si recò a Udine per chiedere il consenso di Cadorna il quale volle prima sentire il parere dei tecnici. Quello di La Polla fu favorevole ma, prima di prendere una decisione, chiese che un Caproni dimostrasse di poter arrivare sino a Vienna e tornare, effettuando sul nostro territorio un volo senza scalo di almeno mille chilometri. D’Annunzio protestò e scrisse a tutti che la prova era superflua ma il Comando Supremo fu irremovibile e il volo di prova fu compiuto il 4 settembre 1917 dal Caproni 4145 che aveva a bordo, oltre al poeta, i piloti cap. Pagliano, ten. Gori e il sottoten. G.B. Pratesi, il quale aveva già compiuto con loro numerose azioni, tra cui quelle di Pola. Il volo si svolse sul percorso PordenoneVenezia-Padova-Vicenza-Verona-Milano-NovaraFiorenzo Longhi

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Torino e ritorno. Quando, dopo 9 ore e 13 minuti, il Caproni rientrò alla base, l’equipaggio fu festosamente accolto da Baracca e da Piccio, i due assi della caccia che si erano recati alla Comina per felicitarsi con i colleghi del bombardamento. Il mattino del 5 il permesso fu accordato, venne disposta la stampa di manifestini “Donec ad metam” e l’equipaggio si preparò alla partenza. Ma, a sera, inatteso e inesplicabile, giunse il contrordine: niente Vienna. Probabilmente il Comando Supremo considerava il rischio del lungo volo in territorio nemico troppo grande in rapporto ai risultati conseguibili.

Foglio preparato da Gabriele d’Annunzio per il raid su Vienna che non fu eseguito per la mancata approvazione del Comando Supremo.

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D’Annunzio scrisse ancora a Cadorna e a La Polla lettere molto amareggiate, ma nello stesso mese di settembre i preparativi per il bombardamento di Cattaro lo impegnarono e lo distrassero. Poi vennero Caporetto, il ripiegamento, gli interventi disperati e le gravi perdite, e per molto tempo di Vienna non si parlò più. Ma nella primavera del 1918, quando cominciarono a essere assegnati ai reparti i nuovi SVA 5 da ricognizione, l’idea di raggiungere in volo Vienna venne ripresa. Gli SVA, che derivavano la loro sigla dai nomi dei due progettisti, Savoja e Verduzio, e da quello della casa costruttrice, che era l’Ansaldo, dimostrarono in una serie di azioni di essere dotati di caratteristiche brillanti, specialmente per quanto concerneva la loro autonomia di volo. A parte le estese ricognizioni compiute in tutti i settori del fronte, alcuni SVA della 87a Squadriglia effettuarono voli che per quei tempi apparivano veramente eccezionali. Il 21 maggio 1918, ad esempio, due apparecchi pilotati da Antonio Locatelli e Francesco Ferrarin avevano raggiunto la base dirigibili di Friedrichshafen, sul lago di Costanza, compiendo 750 chilometri in 4 ore e 15 minuti. Il 1° giugno, Natale Palli, partito da Jesi, aveva raggiunto con uno SVA il Gargano, aveva traversato l’Adriatico, sorvolato Zara, Sebenico e Spalato ed era tornato al campo dopo un volo di 950 chilometri compiuto in 5 ore e 45 minuti. Il 24 giugno un nuovo volo di 900 chilometri era stato effettuato da un altro SVA, che Locatelli aveva portato sino a Zagabria.

l’obiettivo, dichiarò al generale che il suo reparto era in grado di approntare non quattro, ma quattordici aerei e fu preso in parola.

Cartolina in franchigia del Regio Esercito Italiano con il timbro della 87a Squadriglia, spedita da Piero Massoni.

Per d’Annunzio sorgeva però un grosso ostacolo, perché gli apparecchi della squadriglia erano monoposto ed egli non era pilota. I pochi SVA biposto disponibili avevano soltanto due ore di autonomia e non potevano essere impiegati. Tenuto conto del suo temperamento, sarebbe stato assurdo pensare che un impedimento tecnico potesse fermarlo e inoltre al Comando Supremo tutti erano convinti della grande efficacia della sua azione animatrice. Lo stesso generale Bongiovanni aveva riconosciuto che la sua partecipazione all’impresa costituiva un suo diritto. Forte di questo riconoscimento, d’Annunzio ottenne che l’ing. Giuseppe Brezzi dell’Ansaldo ricavasse dai serbatoi di uno degli SVA a grande autonomia un secondo posto fatto su misura per lui. L’apparecchio venne affidato al cap. Luigi Bourlot, un valoroso ed esperto aviatore, prescelto come pilota di d’Annunzio.

Cartolina in franchigia del Regio Esercito Italiano con il timbro della 87a Squadriglia, spedita da Antonio Locatelli a suo padre tramite la Posta Militare.

Confortato da queste prove, il gen. Bongiovanni, dal quale dipendevano allora tutti i reparti aerei italiani, aveva convocato il cap. Antonio Masprone, che comandava la 87a Squadriglia SVA, e lo aveva incaricato di approntare quattro apparecchi per un volo di circa 1000 chilometri ed egli, intuito 96

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Gabriele d’Annunzio davanti allo SVA 9 biposto del volo su Vienna.

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Ma una sorte avversa sembrava perseguitare i compagni di volo del “Comandante”: il 21 dicembre 1915 era precipitato Miraglia; il 3 aprile 1916 erano morti Bresciani e Prunas; il 30 dicembre 1917 erano caduti in azione Pagliano e Gori. Anche Bourlot non sfuggì alla sorte e il 3 luglio 1918, durante un volo di esercitazione con lo SVA biposto, precipitò nei pressi di Treviso, uccidendosi. Un altro degli SVA destinato al volo su Vienna, quello del ten. Andrea Costantini, era stato abbattuto il giorno prima a Col Caprile. In un ambiente così superstizioso come quello aeronautico, nessun altro uomo che non fosse d’Annunzio avrebbe potuto trovare un altro compagno. Ma il fascino e l’ascendente del poeta-soldato erano tali che il primo pilota interpellato, il cap. Natale Palli, accettò senza esitazione di prendere il posto di Bourlot. Mentre l’ing. Brezzi provvedeva a far approntare un nuovo biposto, alla 87a Squadriglia, battezzata La Serenissima, il cap. Masprone designava i piloti e completava l’addestramento. Frattanto il Comando Supremo decideva che su Vienna non

avrebbe dovuto essere sganciata alcuna bomba e dava disposizioni per l’approntamento di diverse migliaia di manifestini tricolori e di due tipi di volantini contenenti testi diversi, stampati sia in italiano sia in tedesco. Non risulta invece che sia stata fatta la traduzione del celebre messaggio di d’Annunzio ai Viennesi.

Gabriele d’Annunzio con il pilota che lo portò su Vienna. il cap. Natale Palli. Cartolina fotografica autografata e datata dal poeta dopo il raid.

Il famoso messaggio di Gabriele d’Annunzio ai Viennesi. Un volantino con firma Gabriele D’Annunzio; l’altro con firma Natale Palli.

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Alla fine di luglio tutto era pronto e il 2 agosto 1918 fu compiuto il primo tentativo che il maltempo fece fallire: dei tredici SVA partiti dal campo di San Pelagio di Padova, sette riuscirono, malgrado la nebbia che si era levata quando erano già in volo, a rientrare regolarmente alla base, quattro atterrarono su altri aeroporti e due finirono fuori campo danneggiandosi irreparabilmente. Quando la sorte si rivela così avversa, ci vuole molta tenacia e coraggio per non arrendersi; ma né l’una né l’altro facevano difetto ai piloti della Serenissima, i quali, riportati a S.Pelagio i quattro SVA che avevano atterrato su altri campi, attesero il ritorno del bel tempo e il mattino dell’8 agosto ritentarono la prova. Dopo circa un’ora di volo, quando ormai avevano raggiunto le Prealpi Carniche, un’impenetrabile cortina di nubi sbarrò loro la strada e li costrinse a rientrare alla base. Di fronte a questo nuovo insuccesso sembrò che il Comando Supremo volesse rinunciare all’azione e fu soltanto dopo molte insistenze che il comandante della Serenissima riuscì a ottenere 24 ore di proroga, con l’intesa che, se il volo non avesse potuto essere compiuto entro quel termine, sarebbe stato definitivamente sospeso. Al campo di S.Pelagio la notte sul 9 agosto trascorse lenta, senza che gli aviatori riuscissero a riposare. L’ordine di operazione prevedeva che se, per qualsiasi motivo, gli apparecchi si fossero ridotti a meno di cinque, avrebbero dovuto rinunciare all’azione e rientrare. All’alba, quando i motori erano già in moto, d’Annunzio radunò intorno a sé Natale Palli, Antonio Locatelli, Gino Allegri, Aldo Finzi e Piero Massoni e chiese loro di giurare sull’anima e sull’onore che avrebbero raggiunto Vienna a qualunque costo.

I protagonisti del volo su Vienna del 9 agosto 1918. Da sinistra: ten. Giordano Granzarolo, ten. Gino Allegri, ten. Antonio Locatelli, cap. Natale Palli, Gabriele d’Annunzio, ten. Piero Massoni, ten. Aldo Finzi, ten. Ludovico Censi.

Al levar del sole l’atmosfera è tersa anche se, con il lancio di palloni sonda, si accerta la presenza di un forte vento in quota. Undici SVA decollano 98

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insieme alle ore 05.50 e puntano decisamente a nord-est. Ma prima di aver raggiunto il confine, tre accusano irregolarità nel funzionamento del motore e devono desistere: sono il cap. Masprone, che atterra fuori campo e si ferisce alla mandibola, e i ten. Ferrarin e Contratti, che riescono a rientrare senza danni al campo di partenza. Gli altri otto proseguono insieme guadagnando quota, mentre intorno a loro il tempo peggiora. Sorvolano le Alpi Carniche, passano al traverso di Klagenfurt e raggiungono i monti della Stiria, nel cuore del territorio nemico, senza che da parte austriaca si manifesti alcuna reazione. Nei pressi di Wiener Neustadt gli SVA sorvolano anche due campi d’aviazione, sui quali sono visibili diversi aerei avversari, che però non si levano in volo. Probabilmente gli austriaci non sospettano neppure che la formazione che procede con tanta sicurezza sul loro territorio sia italiana. Ma è proprio in quella zona che ancora uno degli SVA si stacca dalla formazione: è il ten. Sarti che, tradito da un’avaria al motore, è costretto ad atterrare quando ormai la meta è vicina. Si saprà poi che, prima di venire catturato, è riuscito a incendiare l’apparecchio e i volantini affinché non cadano in mano nemica. Gli altri sette SVA procedono intrepidi. Insieme ai cinque piloti che hanno giurato di raggiungere Vienna a qualunque costo, e che sembrano protetti da quel patto, vi sono i ten. Giordano Granzarolo e Ludovico Censi. Alle 09.10 la capitale nemica è in vista: gli SVA picchiano da 3000 metri sino a meno di 800, giungono sulla capitale austriaca alle 09.20 e volteggiano, indisturbati, per venti minuti, tra lo stupore attonito della popolazione. Sfrecciano sui sobborghi, passano rombando sul castello di Schönbrunn, sorvolano la stazione ferroviaria e il ponte di S.Brigida, raggiungono il centro della città lanciando tutto il carico dei manifestini: uno col testo di Gabriele d’Annunzio e altri con quelli di Ugo Ojetti. Sul percorso e sulla capitale austriaca furono lanciati quattro diversi testi che, con la versione in lingua tedesca e il colore della carta, sommano a quattordici tipi. Nel frattempo e su tutto il percorso cittadino Antonio Locatelli scattava fotografie con una macchina a lastre posta sotto la carlinga e dotata di un sistema manuale per far scorrere le lastre fotografiche. C’era da aspettarsi che la difesa austriaca, già messa in allarme dall’atterraggio di Sarti, dopo il sorvolo della capitale e il lancio dei manifestini, sarebbe entrata tutta in azione, decisa a far scontare duramente ai nostri aviatori la loro temerarietà. Fiorenzo Longhi

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Il volantino con il testo di Ugo Ojetti lanciato su Vienna (Viennesi! Imparate a conoscere gli italiani!)

Un altro tipo dei volantini del volo su Vienna (Non è vero) lanciato anche sul percorso, con autografo del poeta.

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Foto scattata dal ten. Locatelli dei volantini che cadono sul centro di Vienna. Nessuno degli SVA portava bombe e perciò l’impresa conservò il carattere di una sfida cavalleresca.

In particolare c’era da prevedere che gli animosi cacciatori austriaci, che avevano tra le loro file alcuni assi di provato valore, avrebbero tentato di

intercettare la nostra formazione nel corso della lunga rotta di ritorno. Era però stata opportunamente prevista una deviazione che, pur allungando il percorso, servì a trarre in inganno i piloti avversari e portò i nostri aerei a sorvolare anche le città di Gratz, Lubiana e Trieste. Di qui essi puntarono su Venezia, la città che aveva dato il nome alla squadriglia, e lanciarono su piazza S.Marco un messaggio di saluto. Ancora pochi minuti di volo sorvolando Mira, Dolo e Stra e, alle 12.40 i sette SVA atterrarono alla base di partenza, accolti con indescrivibile entusiasmo da tutti gli aviatori convenuti a S.Pelagio per festeggiare i valorosi compagni che avevano portato il tricolore sino alla capitale dell’Impero austro-ungarico. Il bel volo, considerato il più importante e il più significativo tra quelli compiuti da tutte le aviazioni impegnate nella Prima guerra mondiale, era durato esattamente 6 ore e 50 minuti.

Dopo il volo, la Croce Rossa, avuto in dono dal Comando Supremo un quantitativo di volantini, li vendette al pubblico per beneficenza. Gli autografi dei protagonisti del volo furono stampati riproducendoli da un esemplare fatto firmare a tutti. Dall’alto in basso e da sinistra a destra vi sono le firme seguenti: Gabriele d’Annunzio / 9 VIII 1918, Piero Massone, Natale Palli, Fra Ginepro degli Allegri (come d’Annunzio aveva soprannominato Girolamo Allegri), Ten. Locatelli, Ludovico Censi, Finzi Aldo (capovolto), Ten. Giordano Bruno Granzarolo (all’estrema destra per alto).

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IL SERVIZIO POSTALE REGOLARE DELLA L.A.T.I. SULLA ROTTA SUD-ATLANTICA Flavio Riccitelli (dodicesima parte)

La posta in partenza dal Sudamerica Dopo aver analizzato la posta verso il Sudamerica in partenza dai vari paesi d’Europa, passiamo adesso in rassegna la posta in partenza dal Sudamerica verso i paesi d’Europa ed eventuali altri paesi, in connessione con i collegamenti che andiamo ad analizzare. Come già fatto nella prima parte, la descrizione dei collegamenti via LATI nel periodo 1939-1941 viene completata con la descrizione dei voli anche della diretta concorrente, vale a dire la Pan American Airways. I vari paesi sudamericani verranno analizzati, come già avvenuto per quelli europei, secondo un ordine di rarità relativa. Inizieremo dunque dall’Argentina (su questo numero una prima parte), la cui corrispondenza per quanto si andrà a descrivere di seguito è sicuramente tra le più comuni, per poi seguire con il Brasile, il Cile, l’Uruguay, il Perù, il Paraguay e gli altri paesi del Sud-America e CentroAmerica, completando il quadro con l’Arcipelago di Capo Verde, la cui corrispondenza si può considerare invece tra le più rare. Non manca, anche in questo caso, un’analisi preliminare del contesto, che per i paesi sudamericani, non coinvolti negli avvenimenti bellici, se non indirettamente e solo alcuni di essi (Argentina, Brasile), si soffermerà soprattutto nella descrizione della rete aerea nazionale, in modo da permettere una comprensione più chiara dei vari avviamenti possibili, quando si andrà ad analizzare la corrispondenza; nonché lo studio comparativo delle tariffe, rispetto al servizio della Pan Am, alternativo alla LATI sulla rotta per il Sudamerica. Dunque, prima di iniziare la nostra analisi per ogni singolo paese, ci sembra importante una descrizione generale delle linee aeree in Sudamerica, nel periodo considerato (1939-1941), tenuto conto che già gli anni che precedettero la Seconda guerra mondiale videro una stabile espansione delle aerolinee statunitensi(138) lungo le rotte del Centro e Sud-America, a discapito delle linee aeree europee (Air France, Deutsche Zeppelin Reenderei e Deutsche Lufthansa), che andarono gradualmente perdendo il loro potere d’influenza nella regione. Basti pensare che prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale, la quantità di posta trasportata tra il Sudamerica e l’Europa era notevolissima e i Flavio Riccitelli

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voli schedulati delle compagnie europee erano di molto superiori a quelli tra Sudamerica e Stati Uniti. Ma non c’è dubbio che con l’inizio del Secondo conflitto mondiale e con lo stop imposto ai servizi di posta aerea tedesco e francese, accompagnati più tardi dall’entrata in guerra degli Stati Uniti, il traffico aeropostale tra il Nord e Sud-America, così come i collegamenti atlantici con l’Europa, videro l’affermarsi della Pan American Airways come unico protagonista, se si esclude la breve parentesi della LATI, dal 1939 al 1941, oggetto principale della nostra analisi. Come si può osservare dalla mappa di figura 332, tratta da una brochure edita dalla Pan American Airways nell’ottobre 1939 (Fig.333), la società americana aveva già stabilito diverse rotte nei Caraibi e nel Sudamerica, che rimasero generalmente invariate per tutta la durata della Seconda guerra mondiale.(139) Le due principali rotte erano quelle che si sviluppavano lungo le due coste: la n.3 operata dalla Pan American Grace Airways (PANAGRA),(140) lungo la costa occidentale e la n.2 operata dalla Panair do Brasil,(141) lungo la costa orientale, entrambe in partenza dai Caraibi. La rotta della PANAGRA partiva da Cristobal (Canal Zone) e si estendeva verso sud, lungo la costa del pacifico, con soste a Cali (Colombia), a Quito e Guayaquil (Ecuador), a Talara e Lima (Perù), ad Arica, Antofagasta e Santiago (Cile). Il terminal principale era Santiago del Cile, da dove la linea si estendeva, attraversando le Ande, verso est fino a La Paz (Bolivia) e verso la costa occidentale fino a Buenos Aires (Argentina). Per il trasporto della posta per via aerea, la società americana aveva stipulato contratti con tutti i paesi nei quali la linea faceva scalo e da essi traeva i maggiori profitti. Il timbro di avviamento “VIA PANAGRA” era in uso in tutti gli uffici postali dei paesi interessati, da Cristobal a Buenos Aires, e sovente veniva applicato sulla corrispondenza trasportata, in tutto o in parte, su questa linea. La rotta della Panair partiva invece da Port of Spain (Trinidad) e si sviluppava lungo la costa atlantica fino a Rio de Janeiro (Brasile). Venivano operati due tipi di servizi: uno comprendeva un limitato numero di scali tra Port of Spain e Rio de Janeiro (Paramaribo, in Venezuela e Belem, Camocin, Recife, Salvador e Victoria, in Brasile); un VACCARI

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Fig.332 - La rete dei collegamenti aerei con il Centro-America e Sud-America della Pan American Airways nell’ottobre 1939.

altro prevedeva di fare scalo in ogni centro della costa, attrezzato per l’ammaraggio degli idrovolanti e per il trasferimento dei passeggeri e della posta. La rotta n.2 proseguiva poi fino a Buenos Aires (Argentina), sempre servita da idrovolanti, con soste a Santos, Paranagua, Fliorianopolis e Porto Alegre. Dal settembre 1940 venne poi inaugurata una nuova rotta, servita da aerei terrestri, che includeva soste a Sao Paulo e Curityba in Brasile, e Montevideo in Uruguay.(142) La posta aerea in partenza dai diversi paesi del Sud-America e indirizzata in Nord-America o in Europa era canalizzata attraverso la rete suddetta fino a Miami, da dove proseguiva attraverso i diversi collegamenti della Pan Am verso gli Stati Uniti e verso New York, per diramarsi poi lungo le li102 VACCARI

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nee atlantiche per l’Europa, via Lisbona o Foynes (FAM 18).(143) Se si escludono i vari collegamenti a carattere regionale che operavano in ciascuno dei paesi sudamericani, altri punti di collegamento di questa rete potevano essere Rio de Janeiro (Brasile), da dove partiva la linea transatlantica italiana o, in alternativa, Belem (Brasile), da dove partiva il nuovo collegamento con Lisbona (Portogallo), via Bolama (Guinea Portoghese), inaugurato dalla Pan Am il 1° febbraio 1941, anch’esso facente parte della FAM 18.(144) Il servizio transatlantico della LATI, inaugurato nel dicembre 1939, si inseriva dunque in uno scenario di grande competitività da parte della compagnia Pan Am, con le sue diverse affiliazioni. Il servizio postale italiano, nel senso S-N, era organizzato Flavio Riccitelli

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Fig.333 - Brochure edita dalla Pan American Airways nell’ottobre, con informazioni di dettaglio relative a voli, scali e orari.

nel modo seguente: l’apparecchio partiva da Rio de Janeiro il venerdì, effettuava la traversata il sabato e giungeva nelle prime ore pomeridiane a Guidonia, da dove la posta veniva trasportata a Roma e qui smistata per le diverse destinazioni. Nel viaggio verso l’Europa, oltre all’atterraggio a Recife, veniva effettuato uno scalo a Natal, da dove si effettuava la traversata atlantica. La scelta di questo aeroporto era dovuta a due ragioni di carattere tecnico e commerciale: a) lo scalo era più vicino di 300 km all’Isola del Sale, per cui imbarcava meno carburante e più carico utile; b) l’aeroporto era più grande e dato il fondo del campo più duro permetteva decolli a pieno carico, tenuto conto che gli aerei viaggiavano sempre nei limiti di “overload”.(145) Con l’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940), lo Stato Maggiore dell’Aeronautica emanò le disposizioni per la militarizzazione dell’aviazione civile, che passò alle dipendenze del Comando Servizi Aerei Speciali (CSAS), appositamente costituito allo scopo, al cui vertice si succedettero i generali Aurelio Liotta, Vincenzo Velardi, Attilio Matricardi e Ulisse Longo.(146) Il compito dei Servizi Aerei Speciali (SAS) era di assicurare il mantenimento dei collegamenti sul territorio nazionale e con i paesi alleati, di garantire il traffico prettamente militare per tutti i teatri operativi di guerra. Proprio per fronteggiare queste due esigenze operative, civile e militare, fin dall’inizio i reparti dei SAS vennero distinti in “Nuclei di Comunicazione” e “Reparti di Trasporto”. I primi erano dedicati a quei collegamenti aventi connotazioni proprie delle linee commerciali, che ragioni di opportunità politico-militare consigliavano di mantenere o attivare, mentre i secondi con compiti più spiccatamente militari assicuravano la rapida alimentazione dei fronti di guerra. Dunque, l’eserFlavio Riccitelli

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cizio di alcune linee commerciali ritenute di preminente interesse fu affidato ai Nuclei Comunicazioni di Ala Littoria, Aviolinee e LATI che, pur dipendendo operativamente dal CSAS, gestivano in proprio l’impiego degli equipaggi e l’assistenza tecnica al materiale di volo. Ma la differenziazione tra Nuclei e Reparti presto divenne solo virtuale. La pressione degli eventi costrinse a utilizzare i Nuclei anche in veri e propri voli di guerra. Cosicché il Nucleo LATI, che il 22 giugno 1940, come si dirà nel seguito, riprendeva i voli per il Sudamerica, nel contempo era impegnato ad assicurare le linee con l’Impero, in particolar modo i collegamenti con l’Africa Orientale Italiana (AOI), sulla rotta Roma-Bengasi-Asmara.(147) La ripresa dei voli faceva seguito alla breve interruzione che vi era stata in coincidenza con l’entrata in guerra del nostro paese e la conseguente riorganizzazione delle linee civili. In proposito, come testimoniato dalla corrispondenza intercorsa tra la LATI, il Ministero dell’Aeronautica e il CSAS, va evidenziata l’importanza che assumeva, per i vertici della Società e anche dell’Aeronautica, la conservazione dei collegamenti con il Brasile. Di alcune di queste testimonianze, assai significative, si riportano alcuni stralci.(148) In una lettera del 22 giugno 1940 della Direzione Generale della Società LATI al Ministero dell’Aeronautica - Gabinetto, avente a oggetto il Servizio LATI, che faceva seguito a un telegramma ricevuto in pari data dal Ministero Affari Esteri, si comunicava il parere espresso dal Regio Ambasciatore d’Italia a Rio de Janeiro circa l’opportunità politica ed economica di conservare alla linea aerea per il Sudamerica la maggiore regolarità possibile (con partenze a giorno fisso ogni 10 giorni). Si faceva osservare che un servizio più ridotto sarebbe riuscito anti-economico e comunque dannoso al prestigio che la nuova linea transcontinentale italiana si era potuta assicurare nel Brasile pur in così breve tempo (Fig.334). Nella stessa lettera, si legge ancora: “La scrivente Società, dal canto proprio, mentre va uniformando scrupolosamente la propria attività alle direttive che le vengono impartite da codesto Ministero attraverso il Comando Servizi Aerei Speciali, si associa pienamente alle suesposte considerazioni, e pertanto assicura che, in conformità degli accordi verbali già intervenuti con codesto Gabinetto, sarà fatto tutto il possibile per realizzare nel più breve tempo, compatibilmente con le attuali esigenze di carattere eccezionale, la desiderata intensificazione del servizio aereo Roma-Sud America con relativa regolarità di orari. Firmato: Il Colonnello Pilota Attilio Biseo”. VACCARI

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Fig.335 - ACS Ministero Aeronautica 1940 b.99 - Comunicazione di CSAS a Gabaereo, 11.7.40 - Servizio L.A.T.I. - Linea per l’America.

Fig.334 - ACS Ministero Aeronautica 1940 b.99 - Comunicazione di Direzione Generale LATI a Gabaereo, 22.6.40 - Servizio L.A.T.I.

In una successiva lettera, datata 11 luglio 1940, questa volta dal Comando Servizi Aerei Speciali al Ministero dell’Aeronautica - Gabinetto (Fig.335), si legge: “questo Comando fa presente che in un primo tempo era stato stabilito che la linea per l’America avesse frequenza mensile. La prima partenza, effettuatasi dopo la costituzione di questo Comando, fu quella del 22 giugno c.a.; di essa fu data comunicazione a codesto Gabinetto con il fonogramma 0276/S del 21 giugno. La possibilità di intensificare il servizio in oggetto è stata esaminata da parte della Direzione Generale dell’Aviazione Civile su proposta della L.A.T.I. ed in massima si prevede che la linea avrà frequenza settimanale. Nel corrente mese si è effettuato un primo viaggio con partenza da Roma il 1° luglio ed un secondo viaggio ha avuto inizio in data odierna. Si fa riserva di comunicare in quale giorno della settimana sarà effettuato il servizio in parola. Firmato: Il Comandante Servizi Aerei Speciali (Gen. Squadra Aerea A[urelio] Liotta)”. 104 VACCARI

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Come testimonieranno gli eventi successivi, i voli per il Sudamerica si susseguiranno effettivamente con discreta regolarità, pur nei limiti imposti dalla evoluzione della situazione bellica, a dimostrazione del fatto che i collegamenti con il Sudamerica, oltre che per motivi di prestigio, consentivano di importare quantità significative di materiali strategici necessari per lo sforzo bellico. Infatti, con il passaggio alle dipendenze del CSAS, il compito dei piloti diventava molteplice e se per i viaggi da/per il Sudamerica lo Stato Maggiore della Regia Aeronautica aveva rilasciato ai piloti una dichiarazione (richiesta specialmente dal Brasile), nella quale si attestava la non appartenenza degli stessi alle forze mobilitate e quindi si evidenziava la loro veste di piloti civili, in realtà gli ordini del Comando Superiore erano di ben altro tenore. In pratica, veniva richiesto loro: di segnalare via radio al Comando degli U-Boot i convogli marittimi nemici avvistati, attraverso messaggi cifrati; di portare dal Brasile la maggiore quantità possibile di “mica” e “diamanti industriali”, che erano indispensabili alle nostre industrie belliche; di unire le potenze dell’Asse con il Sudamerica, ove avvenivano contatti indiretti con i servizi segreti.(149) Flavio Riccitelli

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Argentina Come si sa l’Argentina fu un paese verso il quale tra fine ‘800 e primi anni del ‘900 vi fu una fortissima ondata di immigrazione dall’Europa, in particolar modo dall’Italia, dalla Spagna e dalla Germania. Si trattava di una immigrazione di carattere soprattutto agricolo, stimolata dalle politiche fondiarie dei vari governi argentini. Con lo sviluppo dell’industria anche i caratteri dell’immigrazione e i nuovi flussi migratori cambiarono e questi ultimi si andarono concentrando sempre più spesso nei grandi centri urbani. A differenza di queste prime ondate migratorie, a carattere spontaneo e non troppo organizzato, l’emigrazione tedesca, con il nazismo già al potere, assunse caratteri diversi e fortemente politicizzati, con la presenza di consolidate comunità e di un sistema economico-produttivo locale riconducibile a investimenti che provenivano da fondi della madrepatria, che portarono a stabili relazioni tra la Germania nazista e l’Argentina già diversi anni prima del 1939. Il movimento nazista non operò solo a Buenos Aires, ma si spinse anche nell’entroterra, dove vi erano altri importanti insediamenti di coloni tedeschi.(150) Inoltre, nella sua strategia di espansione, riservò molti dei suoi sforzi per influire sui funzionari del governo argentino e sui maggiori esponenti dell’alta società del tempo, attraverso l’ambasciatore tedesco in Argentina, Edmund von Thermann (Fig.336). Si trattava di potenziali utilizzatori della moderna tecnologia tedesca ed erano anche dei canali tramite i quali i tedeschi potevano a loro volta acquistare materie prime essenziali per la Germania. Questa espansione, sempre avendo a riferimento l’Ambasciata tedesca in Argentina, non si limitò solo al mondo economico e politico. Il nazismo cercò di penetrate anche il mondo culturale, tentando di coinvolgere esponenti importanti, come scrittori

Fig.336 - L’ambasciatore Edmund von Thermann.

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e giornalisti, secondo un disegno di lungo periodo. A tale proposito, va segnalato che nel giugno 1941 moltissimi intellettuali argentini, impegnati in varie professioni, ricevevano regolarmente per posta giornali tedeschi inneggianti al nazismo. Ciò avveniva attraverso il consolato generale argentino a Berlino.(151) Tuttavia, malgrado la linea governativa del presidente Roberto Marcelino Ortiz, radicale salito al potere nel 1938, non sostenesse il III Reich, l’influenza nazista sulla comunità tedesca proseguì negli anni del conflitto mondiale. L’insistenza del governo argentino nel conservare la propria neutralità nel conflitto mondiale e il tenersi a debita distanza dalla politica statunitense, che tentava di convincere i paesi sudamericani a costituire un’unica difesa continentale, si rilevarono funzionali a tale riguardo. E in effetti, l’Argentina mantenne una posizione neutrale fino al 1942.(152) Questi aspetti dell’emigrazione tedesca e quanto fossero consolidati i rapporti tra Germania e Argentina nel periodo considerato trovano testimonianza nella grande quantità di corrispondenza scambiata tra i due paesi durante il conflitto, in particolar modo nel periodo di operatività della LATI, con la quale la posta viaggiava senza essere soggetta alla censura alleata. Si può dire, senza timore di essere smentiti, che tra le molteplici destinazioni della corrispondenza in partenza dall’Argentina, che si andranno ad analizzare, quella verso la Germania è in assoluto la più frequente da riscontrare, in misura anche maggiore di quella verso l’Italia, pur essendo stati i flussi migratori provenienti dall’Italia significativamente superiori rispetto a quelli provenienti dalla Germania. Passiamo dunque all’analisi della corrispondenza in partenza dall’Argentina, per la quale è possibile riscontrare una grande diversificazione di destinazioni, alcune delle quali niente affatto comuni. Come sempre, è necessaria in via preliminare la descrizione delle tariffe vigenti nel periodo considerato, che nel caso dell’Argentina sono ben conosciute e ampiamente riscontrate.(153) La tariffa relativa al trasporto aereo per la posta diretta in Europa era pari a 1.25 Pesos (5 gr di peso o frazioni di peso). Ad essa andava aggiunto il porto ordinario, pari a 0.20 Pesos per le lettere (fino a 20 gr di peso), incrementato di 0.12 Pesos per ogni porto aggiuntivo e 0.12 Pesos per le cartoline. Per i paesi dell’UPAE (Union Postal de las Américas y Espana) il porto ordinario era pari a 0.15 Pesos (fino a 20 gr di peso), leggermente inferiore al resto dei paesi dell’UPU. La tassa relativa al diritto di raccomandazione era pari a 0.20 Pesos. VACCARI

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Queste tariffe erano le stesse di quelle applicate sulla corrispondenza trasportata precedentemente con la Deutsche Lufthansa e l’Air France, in quanto la sovrattassa aerea era entrata in vigore già dal 1937, mentre quella ordinaria dal 1938. Inoltre, nel mese di ottobre 1939 venne adottata una nuova tariffa postale, per quella che era un’innovazione realizzata in quegli anni proprio in Argentina, vale a dire il fonoposta, per l’invio di messaggi incisi su disco. Sono del periodo alcuni francobolli emessi per pubblicizzare il servizio, che si possono vedere in affrancatura su diverse lettere qui illustrate. La tariffa per questo curioso servizio venne fissata a 0.50 Pesos (per ciascuna unità) per la posta diretta in Cile o in Brasile e a 2.50 Pesos (per ciascuna unità) per la posta diretta in Europa.(154) Nell’analizzare la corrispondenza partiamo dunque proprio dagli ultimi voli delle due compagnie citate. A tal proposito, va ricordato che il servizio tedesco cessò definitivamente di operare da fine agosto 1939, più precisamente con il volo L.480, partito da Buenos Aires il 24 agosto 1939.(155) Infatti, il volo successivo, denominato L.482, già pianificato, venne cancellato e la corrispondenza dirottata sul primo volo disponibile dell’Air France, come possiamo mostrare con la lettera di figura 337. Nel caso dell’Air France gli avvenimenti bellici non determinarono nell’immediato l’interruzione del servizio, bensì solo una momentanea sospensione, con la cancellazione di un solo volo. Ma gli eventi bellici che seguirono all’armistizio con la Germania e alla creazione del governo di Vichy (22 giugno 1940)(156) avevano fatto ben comprendere quanto fossero ormai impraticabili la zona Mediterranea e anche le coste dell’Africa e quindi impossibile per la compagnia continuare a operare il servizio con il Sudamerica. Dunque anche il servizio francese venne a cessare definitivamente, precisamente con il volo partito da Buenos Aires

Fig.338 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 1.5.40) a Cam, Francia, via Paris, Francia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa con l’Air France (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos). Al retro timbro commemorativo del 10° Ann. Servizio francese.

Fig.339 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 1.6.40) a Parigi, Francia. Affrancatura (con francobolli perfin “BFRP”): 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa con l’Air France (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.337 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 30.8.39) a Stockholm, Svezia, via Paris, Francia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa con l’Air France (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

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il 29 giugno 1940. Nelle figure 338 e 339 sono illustrate due lettere dell’Air France, tra le ultime a essere spedite dall’Argentina. A seguito degli inconvenienti che la guerra creava alle comunicazioni, la Direzione Generale delle Poste e Telegrafi di Buenos Aires cercò di porvi rimedio, concedendo nel dicembre 1939 l’autorizzazione per l’attivazione del collegamento CondorLATI, con il quale veniva ristabilita, venendo meno Flavio Riccitelli

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la DLH ed essendo ancora in servizio l’Air France, una seconda via diretta verso l’Europa. In tal modo l’amministrazione postale argentina anticipava in qualche modo gli eventi successivi, se si tiene conto che già nel settembre 1939 era stata concessa l’autorizzazione per l’invio della corrispondenza via New York, tramite la rete di collegamenti della Pan American Airways sopra descritti. Passiamo dunque in rassegna le corrispondenze trasportate via LATI, il cui collegamento, prima dell’estensione della linea fino a Buenos Aires, aveva come terminal Rio de Janeiro (Brasile). Il tratto Buenos Aires - Rio de Janeiro era coperto dalla compagnia “Syndacato Condor”, ragione per cui sulla corrispondenza è spesso presente l’indicazione “via Condor-Lati”, anche con timbri di diversa dimensione, molti dei quali di origine privata.(157) Nelle immagini da figura 340 a figura 362 sono illustrate diverse lettere con le più svariate destinazioni. Interessanti e non comuni sono le corrispondenze destinate nell’Europa dell’Est (Bulgaria, Romania, Ungheria), ma anche quelle destinate nei paesi iberici (Spagna e Portogallo) o nei Sudeti. Ul-

teriori destinazioni non comuni sono quelle dirette in Francia, ad esempio alle figure 355 e 359, entrambe transitate per l’ufficio di censura di Torino, secondo gli accordi armistiziali con l’Italia. Ma non c’è dubbio che la più interessante, non solo per la destinazione ma anche per il lungo tragitto percorso, è la lettera di figura 342, con de-

Fig.342 - Lettera raccomandata da Buenos Aires, Argentina (p. 8.5.40) a Melbourne, Australia (a. 30.5.40), via Darwin, Australia (t. 28.5.40), via Rio de Janeiro, Brasile, Roma, Italia e via BOAC a destino. Affrancatura (con francobolli “Servicio Official”): 2.05 Pesos, come da tariffa per l’Oceania (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, raccomandata 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.65 Pesos).

Fig.340 - Lettera raccomandata da Buenos Aires, Argentina (p. 28.2.40) a Gotenborg, Svezia, via Rio de Janeiro, Brasile, Roma, Italia e Stockholm, Svezia (t. 26.9.40). Affrancatura: 2.90 Pesos (per 2 porti di posta aerea), come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, raccomandata 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.343 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 17.4.40) a Roma, Italia (a. 23.4.41), via Rio de Janeiro, Brasile. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.341 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 1.3.40) a Sassello, Italia (a. 13.3.40), via Rio de Janeiro, Brasile. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.344 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 5.6.40) a Rotterdam, Olanda, via New York, Stati Uniti. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos). Avviata per errore con le linee americane.

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stinazione l’Australia. Come si può notare, essa reca il timbro in cartella “Por Avon Hasta Destino”, vale a dire è stata trasportata per via aerea fino a destinazione, seguendo presumibilmente il seguente percorso: con la linea Condor fino a Rio de Janeiro (Brasile), con la LATI fino a Roma (Italia) e infine con la BOAC (ex Imperial Airways) fino a Melbourne

Fig.345 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 3.7.40) a Vejle, Danimarca (a. 13.9.40), via Rio de Janeiro, Brasile. Riavviata a Jelling, Danimarca. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.346 - Lettera raccomandata da Buenos Aires, Argentina (p. 12.7.40) a San Sebastian, Spagna (a. 27.7.40), via Rio de Janeiro, Brasile. Affrancatura: 1.60 Pesos, come da tariffa per la Spagna (superficie / 20 gr 0.15 Pesos, raccomandata 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.347 - Lettera raccomandata da Buenos Aires, Argentina (p. 30.7.40) a Stockolm, Svezia (a. 26.9.450), via Rio de Janeiro, Brasile. Affrancatura (per 2 porti di posta aerea): 2.90 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, raccomandata 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

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(Australia), passando per l’Egitto e l’India. Trattandosi di una corrispondenza partita dal Ministero Relazioni Estere è affrancata con francobolli “Servicio Oficial”. La tariffa per l’Oceania nel periodo considerato era pari a 1.65 Pesos (per 5 gr di peso o frazioni di peso). Interessante è anche la lettera di figura 362. Si tratta di una raccomandata con

Fig.348 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 7.8.40) a Varna, Bulgaria (a. 14.8.40), via Rio de Janeiro, Brasile e Roma, Italia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.349 - Lettera raccomandata da Buenos Aires, Argentina (p. 13.11.40) a Konigswald, Sudeti, Germania (a. 25.11.40), via Rio de Janeiro, Brasile. Affrancatura: 1.65 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, raccomandata 0.20 Pesos, sovrattassa aerea /5 gr 1.25 Pesos).

Fig.350 - Lettera raccomandata da Buenos Aires, Argentina (p. 27.11.40) a Sandrigo, Italia (a. 4.12.40), via Rio de Janeiro. Affrancatura: 1.65 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie /20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

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ricevuta di ritorno destinata in Italia. La tassa per il servizio di avviso di ricezione era anch’essa pari a 0.20 Pesos.(158) Infine, una curiosità interessante ci è fornita dalla lettera di figura 360 che, come si evince dal retro, risulta essere stata spedita dall’ambasciatore Edmund von Thermann, sopra citato.

Fig.354 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 22.1.41) a Olbersdorf, Germania, via Rio de Janeiro, Brasile e Roma, Italia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.351 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 4.12.40) a Lepzig, Germania, via Rio de Janeiro, Brasile e Roma, Italia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie /20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.355 - Lettera ordinaria da Juarez, Buenos Aires, Argentina (p. 30.1.41) a Nice, Francia, via Roma, Italia. Affr.: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (sup. / 20 gr 0.20 Pesos, sovr. aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.352 - Lettera ordinaria da Astra, Chubut, Argentina (p. 19.12.40) a Walzenhausen, Germania, via Comodoro Rivadavia, Argentina (t. 19.12.40) e Rio de Janeiro, Brasile. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.356 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 19.2.41) a Dubrovik, Jugoslavia (22.3.41), via Rio de Janeiro, Brasile e Roma, Italia. Affrancatura: 1,45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.353 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 25.12.40) a Bucarest, Romania (a. 2.1.41), via Roma, Italia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos). Fig.357 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 12.3.41) a Budapest, Ungheria, via Rio de Janeiro e Roma, Italia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

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Fig.358 - Cartolina da Buenos Aires, Argentina (p. 12.3.41) ad Hamburg, Germania, via Roma, Italia. Affrancatura: 1.40 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.15 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.359 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 20.3.41) a Biarritz, Francia, via Roma, Italia e Marsiglia, Francia (29.4.41). Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.361 - Lettera raccomandata da Buenos Aires, Argentina (p. 30.4.41) a Lisboa, Portogallo (a. 13.5.41), via Rio de Janeiro, Brasile e Siviglia, Spagna. Affrancatura: 2.90 Pesos (per 2 porti di posta aerea), come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, raccomandata 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Fig.362 - Lettera raccomandata con ricevuta di ritorno da Rosario, Argentina (p. 23.7.41) a Torriglia, Italia (a. 7.8.41), via Rio de Janeiro, Brasile e Roma, Italia. Affrancatura: 1.85 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, raccomandata 0.20 Pesos, avviso di ricezione 0.40 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

Note

Fig.360 - Lettera ordinaria da Buenos Aires, Argentina (p. 23.4.41) a Muenchen, Germania, via Rio de Janeiro e Roma, Italia. Affrancatura: 1.45 Pesos, come da tariffa per l’Europa (superficie / 20 gr 0.20 Pesos, sovrattassa aerea / 5 gr 1.25 Pesos).

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(138) Quando si parla di aerolinee statunitensi si fa riferimento sostanzialmente alla Pan Am o alle sue affiliazioni in Sudamerica. (139) Una delle rotte più importanti sviluppate successivamente fu quella che collegava direttamente, con aerei terrestri (il Boeing “Stratoliners”), Belem a Rio de Janeiro, una rotta più breve rispetto a quella lungo la costa, con un’unica sosta a Barreiras, nel pieno della giungla amazzonica, dove era stato costruito un nuovo aeroporto. Vedi “Correio Aéreo. A History of the Development of Air Mail Service in Brazil”, di William Victor Kriebel, The American Air Mail Society, 1996. (140) La Pan American-Grace Airways, meglio conosciuta come PANAGRA, era nata dalla fusione (joint venture) tra la Pan American Airways e la Grace Shipping Company. Venne creata nel 1929 per competere con la SCADTA, assumendo quasi il monopolio del trasporto aereo in alcune zone del Sudamerica durante gli anni ‘40 e ‘50. (141) La Panair do Brasil iniziò a operare il 22 ottobre 1929, come NYRBA do BRASIL, società brasiliana controllata dalla NYRBA Inc. (New York, Rio, and Buenos Aires Line). Entrambe queste compagnie erano adibite al trasporto di posta e passeggeri, tramite idrovolanti, tra Argentina, Brasile e Stati Uniti, operando lungo la costa orientale del continente. La NYRBA do Brasil fu una risposta americana per entrare in concorrenza con l’analogo servizio che era stato avviato dai tedeschi nel 1927, il Condor Syndikat e successivamente la Deutsche Lufthansa. A quel tempo, se una compagnia aerea straniera voleva operare in territorio brasiliano doveva creare una filiale. Questo permetteva una leale concorrenza tra i vettori nazionali ed esteri. Per cui, dopo essere state acquisite le necessarie autorizzazioni, il 24 gennaio 1930 la nuova compagnia (filiale brasiliana della NYRBA nordamericana) iniziò a operare in Brasile, con possibilità di estensioni verso l’Uruguay,

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l’Argentina e la Guyana, in attesa di accordi bilaterali. Il 30 aprile 1930, a seguito anche del crollo di Wall Street, la NYRBA fu venduta alla Pan american Airways e di conseguenza, il 21 novembre 1930, la nuova proprietaria della controllata diede alla NYRBA do Brasil il nuovo nome di Panair do Brasil. (142) Sul contesto generale qui illustrato vedi “Airmail Operations During World War II”, di Thomas H.Boyle Jr., American Air Mail Society, 1998. (143) Visibili nella mappa di figura 332 con le rotte identificate con il n.1 e di colore blu. (144) Questa rotta della FAM (Foreign Air Mail) 18 era conosciuta come la “winter route”, in quanto venne operata soprattutto nei mesi invernali, quando le proibitive condizioni del mare rendevano impossibile l’ammaraggio ad Horta (Isole Azorre). Spesso accadeva che il “Clipper”, una volta partito dalle Bemuda, a seguito dei messaggi ricevuti circa le cattive condizioni del mare ad Horta, fosse costretto a metà strada a far ritorno alle Bermuda. Questi problemi costrinsero a posticipare molti voli transatlantici. A fronte di queste difficoltà, il presidente della Pan Am, Juan Trippe, con l’approvazione del Civil Aviation Board, prese in considerazione l’ipotesi di un passaggio più a sud della rotta transatlantica. Sulla costa occidentale africana, non essendo disponibile lo scalo di Dakar, in quanto il Senegal in quel periodo era ancora sotto l’autorità del governo di Vichy, venne scelta Bolama, capitale della Guinea Portoghese, con il cui governo vennero subito avviate le negoziazioni per le necessarie autorizzazioni. La distanza totale di questa nuova rotta da Lisbona a New York, via Bolama (Guinea Portoghese), Port of Spain (Trinidad) e San Juan (Porto Rico), era di circa 6.500 km più lunga della rotta che passava per Bermuda e Horta, ma il nuovo Boeing B-314A aveva le caratteristiche per coprire una così lunga distanza. In effetti la nuova rotta, anche chiamata “crocodile route”, per via dei molti coccodrilli che infestavano le acque del fiume Jeba, vicino Bolama, venne di fatto utilizzata solo per i voli verso il Sud-America. In particolare, durante l’inverno 1940-1941, dei 35 voli pianificati ben 21 seguirono la rotta via Bolama-Trinidad, dove la corrispondenza era sottoposta a censura e poi proseguiva verso sud, utilizzando le altre rotte della Pan Am. A completare il quadro, non si può fare a meno di citare anche la famosa FAM 22, un ulteriore servizio transatlantico che collegava New York all’Europa, passando anch’esso dall’Africa. Un servizio che venne inaugurato il 6 dicembre 1941, un momento critico, che coincideva con l’attacco giapponese a Pearl Harbour e l’entrata in guerra degli Stati Uniti. La rotta collegava Miami (Stati Uniti) a Leopoldville (Congo Belga), via San Juan (Porto Rico), Port of Spain (Trinidad), Belem e Natal (Brasile), Fisherman’s Lae (Liberia) e Lagos (Nigeria). Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti una cortina di segretezza calò su questa nuova aerolinea, che venne utilizzata soprattutto come supporto logistico per le forze alleate impegnate nel conflitto. Per maggiori ragguagli circa la FAM-18 e la FAM-22, vedi: “Bridging the Continents in Wartime - Important airmail routes 1939-1945”, di Hans E.Aitink & Egbert Hovenkamp, 2005; “Intercontinental Airmails - Volume One - Transatlantic and Pacific”, di Edward B.Proud, 2008. (145) A tale proposito, vedi: “Linee Aeree Transcontinentali Italiane”, di Renato Vigliar, Associazioni Nazionale Piloti ANPAC, 1979. (146) Già prima dell’entrata in guerra, nonostante la dichiarazione di non-belligeranza del nostro paese, uno strisciante clima di guerra andava coinvolgendo la sicurezza delle nostre comunicazioni internazionali. Le nostre aerolinee gestivano una rete di oltre 60 mila km con un volume di traffico che ci poneva al quinto posto nel mondo, dopo Stati Uniti, Unione Sovietica, Germania e Gran Bretagna. I piloti si trovarono a operare in condizioni di forte insicurezza. Per prevenire il rischio di esser attaccati, dal novembre 1939, sugli aeromobili delle linee civili furono applicate vistose insegne di neutralità consistenti in bandiere nazionali sulle superfici alari e sugli impennaggi, accompagnate da una fascia tricolore in fusoliera. Insegne che andarono a caratterizzare in particolar modo gli apparecchi della LATI, anche dopo l’entrata in guerra. (147) Per approfondimenti sulle attività dei SAS, si rimanda a: “S.A.S. - I Servizi Aerei Speciali della Regia Aeronautica 1940-1943”, di Massimo Civoli, Ed. Gribaudo, 2000; “I Voli dell’Albatros Gli equipaggi delle Linee Civili nella Seconda Guerra Mondiale (1940-1945)”, Supplemento al n.12 dicembre 1995 di “Pegaso” notiziario ANPAC. (148) I documenti di seguito illustrati sono tratti dal fondo del Ministero Aeronautica - Gabinetto, presso l’Archivio Centrale dello Stato (ACS) di Roma, Busta 99, Classe 5, Sottoclasse II, Cartella 2, Fascicolo 14: Lati, Collegamenti con altri stati dell’America Latina, volume 1.

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(149) In proposito, vedi: “I voli della LATI (1939-1941)”, di Renato Vigliar, contenuto in “SAL”, a cura di Gherado Lazzeri e Adalberto Pellegrino, LoGisma Editore, 2001. (150) Un esempio in tal senso è rappresentato dalla provincia di Misiones, situata a nord-ovest dell’Argentina, confinante a ovest con il Paraguay, con il fiume Paranà a separare i due paesi. Prende il nome dalle numerosissime missioni di gesuiti create tra il 1603 e il 1773 tra gli Indios Guaranì per convertirli al cristianesimo. In questa località, nei primi anni quaranta vi era una popolazione di 190.000 abitanti, di cui 80.000 stranieri e tra di essi circa 14.000 erano tedeschi, ma la popolazione che parlava tedesco era molto superiore. Sui rapporti tra la Germania nazista e l’Argentina, si rimanda allo studio “I progetti del Terzo Reich per l’Argentina”, di Pier Luigi Guiducci, 2017. (151) Non mancarono anche le infiltrazioni in ambito militare. Tanto che nel 1939, alla vigilia dello scoppio del Secondo conflitto mondiale, un certo numero di ufficiali argentini si trovavano in Germania. Ma taluni militari argentini non dimostrarono simpatie verso la propaganda nazista, esprimendo riserve per gli effetti negativi che avrebbe potuto generare nell’opinione pubblica. Si guardava con timore all’immagine anticlericale del regime nazista, che conseguentemente costituiva motivo di ampie riserve presso i più diversi settori politici argentini. Vedi: “I progetti del Terzo Reich per l’Argentina”, di Pier Luigi Guiducci, 2017. (152) Con la salita al potere di Ramon S.Castillo, il governo di Buenos Aires si avvicinò sempre più alla Germania nazista, alla quale vennero fornite le materie prime. Gli aiuti terminarono nel 1944 con Pedro Pablo Ramirez, che ruppe le relazioni diplomatiche con la Germania e il Giappone. Solo il 27 marzo 1945, quando la vittoria degli Alleati era ormai certa, la giunta argentina dichiarò guerra alla Germania e al Giappone, sottoscrivendo il mese successivo l’Atto di Chapultepec, che creava il sistema difensivo integrato delle nazioni americane. L’Argentina venne accettata come membro delle Nazioni Unite in giugno dello stesso anno. In ogni caso, particolare non trascurabile, l’Argentina non dichiarò mai guerra all’Italia e non partecipò mai attivamente al conflitto. (153) Tra le varie pubblicazioni che riportano con accuratezza le tariffe argentine possiamo citare le seguenti: “Los Secretos de las rutas y tarifas aéreas en Sudamerica. 1928-1941”, di Mario D.Kurchan, Buenos Airess, 2001; “Intercontinental Airmails Transatlantic and Pacifici - Volume One”, di Edward B.Proud, East Sussex, 2008; “La Linea - Rutas y tarifas de la Compania General Aeropostal y Air France (1928-1940)”, di Miguel Emilio Rovignani, Centro Filatelico Buenos Aires, Biblioteca Cefiba. (154) Per i riferimenti su questa tariffa, vedi: Miguel Emilio Rovignani, opera citata. (155) Lo scalo di Bathurst, nel Gambia, strategico per la linea, ricadeva in un protettorato britannico e con l’inizio delle ostilità non era più nelle disponibilità della DLH. Era da qui che partivano i grossi idrovolanti Blohm and Voss Ha-139 per la traversata verso Natal (Brasile) e viceversa. (156) Il volo cancellato fu quello del 10 settembre 1939, a ridosso del fatidico 3 settembre 1939, il giorno in cui la Francia e la Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania, a seguito della mancata risposta all’ultimatum inviato a quest’ultima dopo l’aggressione alla Polonia. Nonostante le difficoltà del momento, l’Air France continuò a sviluppare i suoi servizi, stipulando nello stesso mese di settembre un accordo con la VARIG, per la distribuzione della posta da Porto Alegre (scalo della linea francese) verso altri centri brasiliani. Inoltre, qualche mese dopo, la compagnia manifestò di essere disposta a sostenere a suo carico i costi di inoltro della posta in Europa, ampliando in tal modo l’accordo che già esisteva tra l’amministrazione postale argentina e la Francia. Tutte queste iniziative erano la dimostrazione della volontà dell’Air France di continuare a espandersi e nessuno poteva immaginare gli eventi immediatamente successivi. In particolare, quelli che seguirono alla firma dell’armistizio tra Francia e Germania e alla costituzione del governo di Vichy, vale a dire gli attacchi e la distruzione di parte della flotta francese a Orano (Algeria), a opera degli inglesi, e poi il fallito tentativo di occupazione di Dakar nell’agosto-settembre 1940, da parte di De Gaulle, appoggiato dagli inglesi. Sulla cessazione del servizio francese, vedi: Miguel Emilio Rovignani, opera citata. (157) In ordine ai timbri di avviamento, si rinvia all’articolo “Some notes on LATI services - Directional cachets, postal items carried, the end of service”, di Alfredo Bessone, in “Fil-Italia”, n.2, Spring 1999 e successivi. (158) Anche in questo caso, per i riferimenti su queste tariffe, vedi: Miguel Emilio Rovignani, opera citata.

(continua)

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Regno Lombardo Veneto - 1854 Lettera raccomandata da Milano a Parigi del 2 febbraio 1854, spedita franca a destino secondo le tariffe della convenzione franco-austriaca del 1831, aggiornata nel 1843. È affrancata per krCM 37 (CM = Convention Münzen): 31 pagati in contanti (indicazione manoscritta al verso) + 6 tramite francobollo al verso (diritti per la raccomandata di spettanza austriaca). La tariffa di 37 krCM può essere così analizzata: 3 krCM diritti austriaci per lettera con origine a meno di 75 km dal confine svizzero + 4 krCM diritti di transito svizzeri in plico chiuso + 12 krCM diritti francesi + 6 krCM diritti di raccomandazione austriaci + 12 krCM diritti di assicurazione francesi. Il francobollo al verso è parzialmente ricoperto da ceralacca del controllo francese. All’indiscutibile interesse storico postale della lettera, va aggiunto che è stata scritta da Tito Ricordi, editore musicale a Milano, a “Joseph Verdi - Célébre compositeur de musique”, a quel tempo residente a Parigi.

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60 2018 ISSN 1120 - 6934 Magazine_60_COP.indd 1

RIVISTA DI INFORMAZIONE FILATELICA E STORICO POSTALE Periodico semestrale anno XXX n.60 novembre 2018 - Vaccari S.r.l. - Via M.Buonarroti 46 - 41058 Vignola (MO) - Italia - tel. (+39) 059771251 - 059764106 fax (+39) 059760157 - Poste Italiane S.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 - (conv. in L. 27/02/2004 N.46) art.1, comma 1 CN/MO - p 20,00

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