Perché «SKAM Italia 4» scrive la storia della serialità italiana

La quarta stagione della popolare serie prodotta da Cross Productions e TimVision arriva su TimVision e su Netflix scrivendo un nuovo capitolo della serialità italiana, capace di parlare non solo ai ragazzi ma anche agli adulti. VanityFair.it ne parla con i protagonisti Beatrice Bruschi, Federico Cesari e Ludovica Martino e il regista e sceneggiatore Ludovico Bessegato
Perch «SKAM Italia 4» scrive la storia della serialità italiana

Perché «SKAM Italia 4» scrive la storia della serialità italiana

La musica è così alta da non permettere ai pensieri di scorrere liberamente: tutto intorno è talmente veloce e frenetico che sembra di essere su un ottovolante, in balia dei sensi e dell'intermittenza. Tra il frastuono rimbombante delle casse e i ragazzi che si ubriacano e fanno festa, Sana chiede dove sia un lavandino e si sposta nell'intimità del garage. I suoni che provengono dal piano di sopra si fanno più ovattati, le luci, prima di un rosso accecante, sfumano nell'azzurro, tendenti al quarzo, e l'attenzione si focalizza sui dettagli: è il momento della preghiera e la ragazza, musulmana praticante, si passa i polpastrelli intinti nell'acqua sulla fronte e sui polsi, recupera un tappetino di fortuna, capisce grazie a un'app sul telefono in quale posizione debba rivolgere lo sguardo e inizia il rito. Basta questa scena per capire che la quarta stagione di SKAM Italia, prodotta da Cross Productions - TimVision e disponibile dal 15 maggio su TimVision e Netflix, non cerca di essere un prodotto di consumo, ma un manifesto di peculiarità, di tante piccole attenzioni che compongono un puzzle più ricco, un'intelaiatura che s'insinua nel mondo degli adolescenti in maniera non prepotente o invasiva, ma naturale e armonica.

«Per troppo tempo il teen è stato un genere a sé stante, fatto di semplificazioni e di regole estetiche studiate per fare presa su un certo tipo di pubblico. Questo ha creato una sorta di diffidenza ma, da un po' di tempo a questa parte, quel muro è crollato» spiega a VanityFair.it il regista e sceneggiatore Ludovico Bessegato, che insiste sul fatto che una serie dedicata agli adolescenti possa benissimo essere vista da un pubblico adulto senza sentirsi sbagliati o fuori posto. «Non facciamo una fotografia coccolosa e non mettiamo musichine con il carillon e la chitarrina: non ingraniamo una marcia diversa e, anche se qualcuno si lamenta perché la fotografia è troppo buia e le facce non si vedono bene, sono contento di conservare le caratteristiche della mia regia». A colpire di questa quarta stagione di SKAM Italia, uno dei remake più riusciti dell'omonima serie norvegese, non è solo la normalità dell'adolescenza, ma anche una protagonista, brillantemente interpretata da Beatrice Bruschi, che apre le porte a un mondo che la televisione italiana non aveva mai raccontato prima: quello della comunità musulmana di Roma. Per farlo nella maniera più sincera e più vicina possibile alla realtà, Bessegato si è avvalso della collaborazione di Sumaya Abdel Qader, sociologa, scrittrice e nota esponente della comunità femminile musulmana italiana che ha supervisionato la sceneggiatura lavorando a stretto contatto non solo con il regista, ma con la stessa Bruschi. «Conoscere Sumaya, entrare nella sua casa e incontrare le sue figlie mi ha permesso di entrare nella loro quotidianità in maniera naturale. Mi ha insegnato le preghiere, la pronuncia di alcune parole: tanti piccoli dettagli che ti aiutano a costruire un personaggio completo» racconta Beatrice a VanityFair.it aggiungendo di essere uscita di casa indossando il velo per calarsi ancora meglio nei panni di Sana, capire cosa significa sentirsi gli occhi addosso su un tram o per strada esattamente come succede al suo alter ego.

Tutta la stagione è, infatti, incentrata non solo sul tema dell'accettazione, ma anche sul bisogno di trovare un equilibrio tra ciò che è giusto e ciò che sbagliato, tra la fede e il sentimento. Oltre all'urgenza di spiegare a chi la circonda che una ragazza musulmana non è né sottomessa né chiamata a indossare l'hijab per forza, ad affollare la mente di Sana è anche l'amore: l'attrazione per Malik (Mehdi Meskar), il migliore amico di Rami (Ibrahim Keshl), suo fratello, sarà per la ragazza un nodo da sciogliere, un'interferenza a una vita che sembra scritta nero su bianco ma che, in realtà, è molto più sfaccettata di quanto non ci si aspetterebbe. Ad accompagnare la ragazza in questo percorso meraviglioso di scoperta e di rinascita, non molto diverso al viaggio introspettivo dell'eroe descritto così bene da Joseph Campbell, sono gli amici che abbiamo già avuto modo di conoscere nelle precedenti stagioni di SKAM Italia: dal gruppo delle «Matte» a figure cruciali come quella di Martino Rametta che, nel 2018, è riuscita a descrivere la delicata fase del coming out in maniera fresca, inedita, libera. Lui, Federico Cesari, ed Eva, Ludovica Martino, rispettivamente i personaggi sui quali SKAM Italia si è concentrata nelle prime due stagioni, spiegano a VanityFair.it la gioia nell'impegnarsi per far sì che Sana brilli di luce propria: «Abbandonare la propria stagione ha un certo peso, ma il passaggio del testimone è una cosa bellissima: come se dicessimo "adesso la palla è tua, valorizza il tuo personaggio e noi ti daremo il supporto di cui hai bisogno"» racconta Federico. «È bello girare la propria stagione, ma anche restare dentro al progetto e tenerlo vivo: non devi guardare solo al tuo, altrimenti non funziona. Non mi piace pensare che il mio personaggio sia stato messo da parte, ma che aiuti gli altri a raccontare la propria storia» aggiunge Ludovica.

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Una peculiarità di SKAM Italia è, infatti, la compenetrazione di una storia con un'altra, l'innata capacità di raccontare un universo vastissimo che non si concentra solo sul personaggio sul quale è costruita la stagione, ma anche su tutti gli altri che gli ruotano intorno. Oltre a Sana, infatti, assistiamo all'evoluzione della storia di Martino e Niccolò, ai turbamenti di Eva e alla vasta gamma di emozioni che sfiorano i ragazzi durante l'adolescenza: le antipatie con i compagni, le marachelle, il bisogno di sentirsi accettati e anche il rapporto con i genitori che, spesso, nei teen drama assumono un ruolo di contorno, comprimario, a tratti bidimensionale. A dirci molto dei figli sono, invece, proprio gli adulti che li educano e li crescono: nel caso specifico di Sana, non incontriamo solo due figure genitoriali diverse, ma anche due modi di intendere l'Islam e di mettere in pratica i dettami descritti dal Corano. Una sforzo così vero e così sentito, una forza intrinseca così sincera e così libera dalle sovrastrutture, trascende qualsiasi teen drama e permette a SKAM Italia di guadagnarsi un posto nella storia della serialità italiana. Perché i ragazzi, che vengono trattati alla stregua di creature elementari, tutti amorini e amorucci, hanno molte cose da dire e da condividere, e prendersi del tempo per ascoltarli, specie in un periodo così difficile della nostra storia come la pandemia, non può che farci bene.

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