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Fonti fossili: il picco si avvicina, a rischio migliaia di miliardi

Fonti fossili: il picco si avvicina, a rischio migliaia di miliardi
Il picco della domanda di combustibili fossili potrebbe già arrivare nel 2020, mettendo a rischio migliaia di miliardi di investimenti imprevidenti. Invece, la crescita delle rinnovabili nei mercati emergenti guiderà la transizione energetica. Lo afferma il think-tank internazionale Carbon Tracker, alla vigilia del summit sul clima a San Francisco
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Il picco del fossile è sempre più vicino. La domanda globale di petrolio, gas e carbone verosimilmente potrebbe raggiungere il suo massimo all'inizio del prossimo decennio, per poi precipitare. Ottima notizia sul fronte della lotta al cambiamento climatico. Pessima prospettiva per i tanti (troppi) investitori che ancora puntano sulle fonti energetiche non rinnovabili.

È ciò che emerge dal report rilasciato oggi dal think-tank internazionale Carbon Tracker (https://www.carbontracker.org/ ), alla vigilia del Global Climate Action Summit di San Francisco.

«Il 2020 – commenta Kingsimill Bond, New Energy Strategist  di Carbon Tracker e autore del rapporto - sarà il decennio del picco e del declino dei combustibili fossili, le cui roccaforti, una dopo l'altra, saranno sommerse dall'ondata crescente delle energie rinnovabili». Cosa che, inevitabilmente, porterà alla perdita di migliaia di miliardi di dollari investiti nell'industria fossile e colpirà i paesi grandi esportatori di petrolio che non saranno in grado di reinventare la propria economia.

TRANSIZIONE ENERGETICA, TECNOLOGIA E GEOPOLITICA: LE COORDINATE DI UNA PREVISIONE

Che la transizione energetica sia in atto non è in discussione. Ciò che, a questo punto, diventa cruciale per gli equilibri dell'economia globale è la capacità di prevedere quando avverrà il salto. E stando a quanto affermano gli analisti di Carbon Tracker, l'industria delle fonti fossili non si sta dimostrando molto lungimirante a riguardo, per non dire decisamente cieca. Grandi compagnie come BP – si legge nel report -  o addirittura l'Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) e la IEA (Agenzia Internazionale dell'Energia) si aspettano il picco non prima di un'altra generazione, vale a dire dopo il 2030. Tuttavia diverse agenzie di analisi e forecasting, ad esempio DNV GL, avvisano di tenersi pronti già nel prossimo decennio.

A sostenere la previsione, ci sono i dati incrociati circa il rallentamento nella crescita (+1-1,5% all'anno) della domanda globale di energia, dovuto in buona parte a una migliore efficienza, e la contemporanea crescita dell'industria delle rinnovabili, in particolare solare ed eolico che stanno guadagnando un 15-20% all'anno. In poche parole, a una richiesta sempre più contenuta di energia si sopperisce con una quota sempre maggiore di rinnovabili. Di questo passo, sostiene il rapporto, il picco e poi la caduta dei combustibili fossili dovrebbe collocarsi tra il 2020 e il 2027, con buona approssimazione nel 2023.

I fattori che spingono verso la transizione e avvicinano sempre più il fatidico anno si possono riassumere, secondo Bond, in tre concetti: tecnologia, geopolitica e necessità. Da un punto di vista tecnologico, è un dato di fatto la progressiva e rapida diminuzione dei costi del fotovoltaico, dell'eolico e delle batterie per lo storage energetico. Secondo l'Agenzia Internazionale delle Energie Rinnovabili, entro il 2020 queste tecnologie saranno più economiche delle fonti fossili.

Secondo fondamentale driver è il comportamento dei mercati emergenti. Con Cina e India in testa, la maggior parte delle economie in crescita punta sulle fonti rinnovabili, abbandonando progressivamente le fossili. I motivi sono vari: hanno meno infrastrutture legate al comparto fossile, hanno in genere maggiori problemi di inquinamento atmosferico da risolvere e cercano quell'indipendenza energetica che solare ed eolico, al contrario del petrolio, possono garantire.

Infine, a spingere verso una veloce transizione energetica, c'è la necessità ormai drammaticamente pressante di contenere il riscaldamento globale. Nonostante il passo indietro degli Stati Uniti, quasi tutti i decisori politici stanno lavorando per regolamentare e frenare le fonti fossili.

PREPARARSI ALLE CONSEGUENZE

«La domanda di combustibili fossili è in crescita da duecento anni, ma sta ora per entrare in una fase di declino strutturale. E questa transizione non sarà indolore per molti settori», avverte Kingsmill Bond.

Considerata la mole degli investimenti e delle infrastrutture impiegate nel comparto delle fonti fossili, le perdite si annunciano, scrive il Carbon Tracker, ”colossali«. Si stima che l'intero settore abbia investimenti per 25mila miliardi di dollari in infrastrutture: tutti asset che, con la caduta della domanda, diventeranno irrecuperabili. E gli impatti non si faranno sentire solo sull'industria dei combustibili, ma anche su tutti i comparti ad essa legati, a cominciare ovviamente da trasporti e automotive.

Ci saranno, infine, conseguenze geopolitiche e riorganizzazione degli equilibri globali, a partire dalle economie dei paesi grandi esportatori di petrolio. Carbon Tracker ne ha contati dodici Iraq, Emirati e Arabia Saudita, naturalmente, ma anche la Russia), che patiranno forti contraccolpi se non saranno in grado di riconvertirsi al più presto.

Se l'industria delle fonti fossili non vuol vedere, quelli di Carbon Tracker fanno allora appello alla finanza. «Gli investitori giocano d'anticipo, in genere reagiscono prima che le compagnie vedano arrivare il picco della domanda. Ci auguriamo– conclude Bond - che si attivino in fretta, prima che la transizione energetica si sia fatta strada nel mercato globale». Insomma, tutto sta nel non farsi cogliere impreparati.

  

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