IL PAPER

Rete unica Tlc, Bankitalia: “Non è ipotesi migliore, concorrenza infrastrutturale un vantaggio”

Pro e contro del merger Tim-Open Fiber: restano le asimmetrie ma va evitato il dispendio dei costi frutto delle duplicazioni. L’incumbent potrebbe focalizzarsi sulle aree grigie. Da valutare anche le conseguenze sul piano finanziario e della stabilità delle due società

Pubblicato il 05 Ott 2020

fibra-ottica

La rete unica delle Tlc è la migliore opzione quando è già in essere o, paradossalmente, quando non ci sono infrastrutture. E questo non è il caso dell’assetto italiano delle telecomunicazioni”: anche Banca d’Italia interviene sul tema della newco Tim-Open Fiber e lo fa, nero su bianco, analizzando scenari e prospettive all’interno del Quaderno “Questioni di economia e finanza – Connected Italy” – datato luglio 2020 – a cura di Emanuela Ciapanna e Giacomo Roma. A pagina 18 del documento – che fa il punto sullo stato della connettività in Italia e sulle prospettive legate all’infrastrutturazione in fibra e 5G – si analizzano nel dettaglio i pro e i contro del merger Tim-Open Fiber.

“Abbiamo la rete di Telecom Italia dove prevale la tecnologia mista rame-fibra, ma aumenta anche l’Ftth, e la rete in fibra di ultima generazione di Open Fiber, non confrontabile in termini di estensione ma che potrebbe potenzialmente performare molto meglio”, si evidenzia nel paper. “Il tempismo è importante ma l’efficienza statica e dinamica non sono facili da conciliare”, dice Bankitalia spiegando che “non ci si sta muovendo lungo una curva di diffusione della tecnologia; piuttosto, la curva si è spostata verso l’aggiornamento tecnologico da x-Dsl a fibra”.  In questo scenario “la concorrenza infrastrutturale può essere un vantaggio, come per l’incumbent recuperare i costi di investimento, in particolare nelle “aree grigie” dove gli investimenti privati ​​possono essere redditizi per al massimo un operatore. Probabilmente fa parte di una strategia preventiva, ma così si potrebbe accelerare una migliore copertura del paese con Ngan”.

Nel capitolo dedicato al merger si esaminano anche gli aspetti finanziari: “Da quando Open Fiber è entrata nel mercato all’ingrosso, è sorto un intenso dibattito sull’opportunità di una fusione tra la controllata Enel-Cdp e la rete di Telecom Italia, per una copertura efficiente del territorio italiano con infrastrutture in fibra di nuova generazione. La valutazione della fusione non può essere netta, anche a causa delle possibili conseguenze sul piano finanziario e della stabilità delle due società. Il risultato dipenderà in modo cruciale dal modo in cui l’operazione sarà eseguita”.

Se da un lato la fusione viene considerata auspicabile “perché la concorrenza delle infrastrutture genera il rischio di una duplicazione inefficiente degli investimenti e di costi più elevati”, dall’altro la concorrenza infrastrutturale “è – e probabilmente rimarrà tale per alcuni anni a venire – asimmetrica, poiché l’incumbent, integrato verticalmente, oggi serve direttamente quasi il 50% della domanda residenziale finale e, indirettamente, l’80% della domanda residua tramite gli altri operatori che utilizzano la sua rete (Fastweb, Vodafone, Wind, Tiscali e altri fornitori di servizi minori)”.

L’asimmetria – secondo Bankitalia – è rafforzata dal duplice ruolo di Telecom Italia sul mercato all’ingrosso e al dettaglio,  “il che contrasterebbe con la parità di condizioni di accesso”. Secondo i sostenitori del merger la fusione massimizzerebbe la crescita digitale, l’occupazione e la coesione sociale. Sarebbe garantita una concorrenza leale tra tutti i fornitori di servizi, in condizioni di parità nell’infrastruttura “neutra”; sarebbe facilmente investibile con una copertura universale contro obblighi per un compenso fisso predefinito, e ne risulterebbe una massimizzazione per l’intera economia. Sono emersi dubbi inoltre sulle duplicazioni, che vanno evitate, perché costose e inefficienti in un settore che si configura come un monopolio naturale.

L’investimento di Flash Fiber e la partnership pubblico-privato Tim-Infratel rappresentano secondo Bankitalia due esempi positivi sul fronte della concorrenza infrastrutturale. Flash Fiber, la joint venture creata nel 2016 che vede in campo Tim all’80% e Fastweb al 20% per promuovere la costruzione di una banda larga Ftth in 29 grandi città italiane prevede un investimento complessivo di 1,2 miliardi di euro, per portare la fibra a circa 3 milioni di famiglie entro il 2020. A luglio 2019, Infratel e Tim hanno firmato un accordo finalizzato all’attivazione di tutte le infrastrutture di rete pubblica in fibra ottica.  All’inizio di aprile 2020 Infratel e Tim hanno annunciato il completamento della rete in 241 comuni e hanno fissato l’obiettivo di 310 comuni entro la fine di maggio.

C’è da dire però che il report è stato pubblicato prima del memorandum fra Tim e Cdp e che quindi non tiene conto delle garanzie di terzietà e neutralità su cui fa leva il progetto newco

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