In fuga da Irpin sui bus gialli sotto le granate russe

In fuga da Irpin sui bus gialli sotto le granate russe

Il primo sibilo provoca una scossa elettrica lungo la schiena, che serve a reagire subito. Faccio appena in tempo a buttarmi nel canale in mezzo al fogliame, che la granata o il razzo esplode fragoroso in mezzo alla foresta sulla sinistra. Non più di 40 metri, ma gli alberi attutiscono la sventagliata di schegge. I civili in fila che sperano nella salvezza vengono presi dal panico. Cominciano a correre da tutte la parti anziché appiattirsi sul terreno. Il secondo colpo arriva proprio davanti a noi, a 30 metri sul posto di blocco dell’esercito ucraino all’ingresso di Irpin, il sobborgo della capitale caduto nelle mani dei russi. Un secondo sibilo, prima dell’impatto, mi fa appiattire ancora di più a terra. Intravedo l’esplosione, 30 metri più in là, che alza una colonna di fumo con un fragore che spacca le orecchie. È il panico totale: i soldati ucraini si ritirano di corsa e i civili sembrano impazziti. Un militare viene colpito alla spalla, un ucraino in fuga a una gamba, ma le bombe russe uccidono otto civili, più avanti, compresi due bambini secondo Kiev.

L’arrivo dalla capitale all’ingresso Nord Ovest di Irpin comincia subito male. «Giornalisti, andate via! È pericoloso. Bombardano di brutto», urla un civile nascosto dietro un albero. Dall’altra parte della strada gli autobus gialli dell’evacuazione attendono gli sfollati della cittadina sotto attacco da 48 ore.

I disperati arrivano in fila indiana fra la foresta e il guard rail della strada principale. Donne, bambini, anziani, pochi uomini che portano via tutto quello che possono: trolley, zaini di scuola, borse sportive piene di roba oltre a gatti e cani. Sia l’artiglieria ucraina con colpi in partenza sia quella russa con le granate in arrivo duellano dalla mattina presto. Ogni cinque minuti una granata esplode vicino, ma ancora a qualche centinaio di metri, costringendo soldati, giornalisti e civili ad accucciarsi con il fiato in gola. Poi riparte la corsa degli sfollati verso la salvezza.


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Il guard rail è alto, un maledetto ostacolo. I militari sollevano a forza i più deboli portandoli oltre, ma le bombe sempre più vicine interrompono di continuo i soccorsi. Una volta superato l’ostacolo la gente sale sugli autobus gialli, che potrebbero venire centrati da razzi e granate da un momento all’altro. Le donne piangono, i bambini tremano e gli anziani hanno lo sguardo perso nel vuoto. A bordo un giovane racconta in inglese: «I russi ci stanno ammazzando, sono entrati a Irpin e Buca». Xenia ha il volto in lacrime: «Sono arrivata dal ponte, la gente cerca disperatamente di attraversare il fiume. La situazione è orribile. I russi bombardano tutto attorno. Ho visto due corpi senza vita. Sto raggiungendo mio marito a Kiev, ma parte della mia famiglia è rimasta ad Irpin».

Il maledetto ponte spezzato a metà è 800 metri più in là. Gli ucraini lo hanno fatto saltare in aria per rallentare l’avanzata russa. L’unico modo per passare è usare una traballante passerella che bisogna percorrere in fila indiana. Centinaia di sfollati sono assiepati nel terrore sotto la navata ancora intatta per ripararsi dalle bombe, ma una volta passati rischiano la vita fino al posto di blocco, che viene bombardato.

I russi sono a 5-8 chilometri dalle prime case alla periferia di Kiev. Militari e polizia cominciano a piazzare grossi tronchi in mezzo alla strada. Una casamatta con l’immagine della Madonna all’interno è la postazione all’incrocio che porta verso il centro. «Giornalista, sei italiano? Ho vissuto vent’anni nel tuo paese», spiega Vladimir armato di kalashnikov. Sul cellulare mostra i carri armati russi che entrano a Irpin, ma ribadisce: «Resisteremo. Ciao Italia».

I bombardamenti non diminuiscono e una raffica di razzi fa tornare il brivido lungo la schiena, ma sono diretti verso una pista d’atterraggio vicina. Una macchina arriva suonando il clacson con il militare ferito alla spalla al posto di blocco di Irpin. Impreca e urla dal dolore quando gli tolgono il giubbotto antiproiettile. Più tardi un’ambulanza lo porta via. Poi arriva un furgoncino blu con un civile colpito a una gamba che non riesce a camminare. Gli infermieri fasciano la ferita e viene caricato su una macchina che corre verso l’ospedale.

I russi stanno avanzando verso la capitale e spianano il terreno con l’artiglieria. La postazione alle porte della città sarà il nuovo bersaglio fra poche ore.