18 settembre 2019 - 08:18

Caporalato digitale tra rider, account italiani venduti a migranti irregolari: «Dammi il 20% e ti cedo l’account»

Milano, così lavora chi non ha documenti in regola. Le aziende: «Tolleranza zero», ma pochi i provvedimenti per limitare il fenomeno. La «tangente» sale in caso di pioggia

di Antonio Crispino

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I fattorini fantasma si incontrano tutti i giorni nel piazzale davanti alla Stazione Centrale di Milano oppure vicino all’altro scalo ferroviario di Milano Garibaldi. Portano il cibo nelle nostre case, anche se nessuno sa chi siano. Nelle ore in cui effettuano consegne, infatti, vestono l’identità di un’altra persona. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di immigrati in attesa del permesso di soggiorno che, per provare a vivere dignitosamente, si affidano al caporalato digitale.

Solidarietà tra clandestini

Il fenomeno ha due volti, abbastanza diversi. Il primo mostra i tratti di un caporalato di tipo «sussidiario» e viene praticato tra immigrati che cercano di aiutare i connazionali. Questo presuppone che i primi siano regolarmente registrati a uno dei tanti siti di food delivery. Dopodiché cedono a qualche conoscente l’attrezzatura e lo smartphone con l’applicazione necessaria per lavorare, sia perché genera il codice che consente il ritiro del cibo al ristorante sia per conoscere l’indirizzo di consegna. Quasi tutti, a chi li avvicina fingendo di voler diventare un rider, dicono di averla ricevuta gratuitamente ma è probabile, invece, che paghino almeno 65 euro. Cioè l’equivalente della cauzione che il rider versa alle piattaforme digitali per ricevere lo zaino termico. È il caso di Mohamed. In Guinea faceva il calciatore e a 27 anni ha una ex moglie, una nuova compagna e una figlia di tre anni, tutte rimaste in Africa in attesa dei soldi che lui manda dall’Italia facendo il fattorino. Ogni giorno staziona in piazza Duca d’Aosta a Milano con bici e zainetto di un suo amico: «Ha trovato lavoro in un ristorante come cameriere e mi ha ceduto l’app per qualche mese».

Se capita l’incidente

L’altra forma di caporalato la spiegano due fattorini, un italiano e un nigeriano, fermi davanti a un McDonald’s. «Se non hai i documenti non ti resta che metterti d’accordo con qualcuno e comprargli l’account. Lo fanno soprattutto gli italiani, si registrano con più facilità, e poi vendono la registrazione dandoti un’opportunità di lavoro». Quella che il ragazzo chiama «opportunità di lavoro» in realtà è puro sfruttamento. Lo sa anche lui: «In caso di incidente raccomandano di non chiamare ambulanze o polizia per evitare l’identificazione». La vendita dell’account in alcuni casi si affianca al pagamento di una «tassa» sulle consegne effettuate. Glovo, ad esempio, per ogni ordine paga 2 euro, a cui si aggiungono 0,63 centesimi per ogni chilometro percorso. Il rider racconta che al caporale digitale andrebbe il 20%. Che aumenta se piove poiché la paga cresce del 20% in caso di pioggia.

L’account

Ma come è possibile effettuare consegne al posto di altri senza che i vari Glovo, Deliveroo, Uber, Just eat se ne accorgano e senza che il fenomeno venga denunciato alle forze dell’ordine? La risposta viene dalle sessioni informative di Glovo che si tengono al settimo piano di viale Monza a Milano. All’aspirante fattorino che dopo le domande di rito chiede se è possibile cedere l’applicazione a un amico, il tutor risponde: «Assolutamente no, sarebbe caporalato». Poi aggiunge: «Se lo scopriamo non vi denunciamo, perché evitiamo di denunciare, ma vi sospendiamo l’account». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Deliveroo, che attraverso l’ufficio stampa informa che l’azienda «ha un approccio di tolleranza zero sull’argomento». Ma alla domanda su quanti e quali provvedimenti abbia generato questa tolleranza zero non c’è risposta.

Regole aggirate

Perché aggirare le regole è davvero semplice. Basta trovare l’accordo con un ragazzo disposto a cedere lo zaino e l’account. Tutto intestato a un giovane di origini africane. La prima consegna è una confezione di gelato. All’arrivo nella gelateria si mostra il codice generato dalla sua app. Un commesso lo guarda, e anche se chi si trova di fronte non somiglia a un immigrato dalla sponda Sud del Mediterraneo, non fa una piega: prende la confezione, la sistema nella borsa frigo e saluta. Il gelato arriva a destinazione in un condominio in via Zanella, a 4 km dalla Stazione centrale. Il guadagno sarebbe 4,52 euro, ma 90 centesimi li tratterrebbe il caporale. Una tangente sul lavoro povero. Senza lasciare tracce. Come fantasmi.

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