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Vanessa Nakate, la giovane stella dell’attivismo per il clima che fa ombra a Greta Thunberg

di Sara Gandolfi

Vanessa Nakate, la giovane stella dell'attivismo per il clima che fa ombra a Greta Thunberg

Alla Youth4Climate di Milano è nata una stella. Una giovane stella africana.

È diventata «grande», in realtà, l’ugandese Vanessa Nakate che appena due anni fa, alla COP25 di Madrid veniva ogni tanto affiancata a Greta, forse per non far sembrare che la lotta dei ragazzi di FridaysForFuture fosse troppo bianca, troppo ricca, troppo occidentale, come accusava qualcuno.

Nel 2019, però, Vanessa, però, non era ancora pronta alle luci della ribalta e davanti ai giornalisti, timidissima, faticava a mettere insieme due parole.

A Milano, ormai ventiquattrenne, è stato diverso
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È diventata davvero la voce di quel Sud del mondo che finora è sempre rimasto un po’ ai margini della discussione globale sulla transizione ecologica. Paesi che non hanno i mezzi, non hanno inquinato, non hanno economie sviluppate e spesso neppure l’elettricità nelle case, ma pagano le conseguenze più devastanti.



Come l’Africa, la sua Africa, che, sottolinea Vanessa, «è il continente che emette meno gas serra al mondo, dopo l’Antartide: storicamente è responsabile appena del 3% delle emissioni globali, eppure è quella che sta subendo di più la crisi climatica».

Nakate snocciola tutte le piaghe del suo continente: le ondate di calore, i roghi che hanno devastato l’Africa, la carestia che sta distruggendo le vite di decine di migliaia di persone in Madagascar. Poi cita anche le isole dei Caraibi e del Pacifico diventate «inabitabili», i 6 milioni di abitanti del Bangladesh costretti a lasciare le proprie case, le «migliaia di specie animali e vegetali che finiranno nell’oblio».

E infine, ormai maestra della retorica, ripete come un mantra la frase: «Who is going to pay?», chi pagherà per tutto questo?

«Ovunque io vada i leader dicono che manterranno gli impegni ma sono poche le prove dei 100 miliardi di dollari che sono stati promessi per aiutare i paesi vulnerabili dal punto di vista climatico. Dovevano arrivare entro il 2020 ma siamo ancora in attesa».

E ancora, frasi fortissime che colpiscono lo stomaco,come: «Per quanto tempo le bambine saranno date in sposa perché le loro famiglie hanno perso tutto nella crisi climatica?». O «non ci si può adattare alla perdita di una lingua, di una storia, alla fame, all’estinzione».

Il lungo applauso che ha chiuso il suo intervento, all’apertura della COP dei Giovani, ha superato in durata e intensità quello (consueto) tributato a Greta Thunberg che è intervenuta subito dopo facendo intonare al pubblico i suoi slogan — «What do we want? Climate justice. When do we want it? Now!» («Cosa vogliamo? la giustizia climatica; quando la vogliamo? Ora»).



Vanessa non ha fatto cori, ma ha commosso e si è commossa. Fino alle lacrime finali, che hanno preso il sopravvento mentre Greta l’abbracciava. E sì, bisogna dirlo, Greta con il suo inglese senza sbavature, la voce da prima della classe, quella pelle bianchissima, il sorriso ironico, alla fine sembrava un personaggio quasi secondario rispetto alla potenza di Vanessa.

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