Kiev bombardata, missili su Kharkiv: l’assalto russo alle città dell’Ucraina

di Lorenzo Cremonesi

La situazione a Kiev e Kharkiv: bombardata Piazza della Libertà, nella seconda città dell’Ucraina; colpite anche la torre della tv. Il presidente Zelensky: «Questo è terrorismo»

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Dal nostro inviato
KIEV — La bomba colpisce l’area dell’antenna della radiotelevisione nazionale appena prima delle cinque del pomeriggio. Un rombo profondo, che giunge ancora potente sino alle pensiline della stazione ferroviaria affollata di civili in fuga. Ci sono decine di migliaia di persone, ma non tutte alzano la testa, molte restano con gli occhi fissati sui tabelloni degli orari pregando che il loro treno parta con il minor ritardo possibile. Però fuori, nel piazzale di fronte, è sufficiente alzare gli occhi al cielo per scorgere il fungo di fumo nero stagliarsi netto sulle nuvole cariche di neve. «Putin mira ai nostri media. Ci vuole accecare», mormora un anziano avvocato, che parte alla volta di Leopoli tenendo al guinzaglio il suo cane di razza. Un gruppo di volontari con cui stavamo parlando imbraccia i fucili e corre a chiudere gli accessi alla zona dello scoppio. Poco dopo, altre due deflagrazioni minori scuotono l’aria.

Per la capitale questo è il momento che segna la sesta giornata dall’inizio dell’offensiva lanciata da Putin. Poco dopo i portavoce di Mosca fanno sapere che nelle prossime ore saranno colpite le infrastrutture delle comunicazioni e i centri militari. «Consigliamo agli abitanti di Kiev di stare lontani dalle nostre zone di operazioni», dicono: un avvertimento che sembra avere ben poco di umanitario e suona piuttosto come una minaccia. Il regime russo avvisa che non cesserà l’attacco, piuttosto lo intensificherà, chi decide di restare lo fa a suo rischio e pericolo. Lo dimostrano i combattimenti accaniti che investono il sud est del Paese.

Al momento più colpita resta Kharkiv, la seconda città per importanza dell’intera regione. Qui le bombe sono cadute su «Piazza della Libertà», proprio al centro, devastando il palazzo dell’Opera e gli uffici della municipalità, pare che i morti siano almeno una decina e i feriti 35, tutte le vittime sono civili. Un crimine a cielo aperto in una grande città europea. E infatti il presidente Volodymyr Zelensky lo denuncia su tutti i media nazionali (non stupisce che poi i russi abbiano cercato di zittirlo).

«Questo è il prezzo della libertà. Questo è il terrorismo scatenato contro l’Ucraina. Non c’era alcun obbiettivo militare nella piazza insanguinata dalle bombe russe. Come del resto non ve n’erano neppure negli altri quartieri residenziali devastati», tuona. Sono parole che rafforzano la volontà di resistenza della sua gente, ma sono anche rivolte all’Europa.

Attenzione, avvisa Zelensky: Kiev e Kharkiv non sono Grozny in Cecenia e neppure Aleppo o Tripoli, qui vengono colpiti cittadini europei in regioni che sono parte integrante della cultura occidentale, tutto viene registrato e raccontato, nessun crimine resterà impunito. È la sfida diretta al disegno putiniano di riportare l’Ucraina nel grembo della «grande madre Russia». Nel sud comunque i russi avanzano, circondano Mariupol, mirando a realizzare il disegno di unire da est il Donbass alla penisola della Crimea e allargandosi lungo la costa del Mar Nero sino a Odessa, precludendo all’Ucraina continentale qualsiasi accesso al mare. Così si spiega anche l’assedio ai 300 mila abitanti della cittadina di Kershon, a nord ovest della Crimea. Qui le autorità locali continuano però a ribadire che, sebbene ormai circondata da ogni lato, la loro gente non getta le armi. Si combatte strada per strada, i social raccontano di fitti tiri di molotov sui blindati da parte di soldati e volontari che adesso adottano le tattiche della guerriglia urbana.

Kiev però necessita di un discorso a parte. Essendo sul posto, possiamo cercare di spiegarlo in diretta. Prima di tutto occorre capire cosa stia capitando al gigantesco convoglio di carri armati, blindati, camion e soldati assiepato per decine e decine di chilometri sino alla frontiera russa. Pare che Putin intendesse utilizzarlo per un’operazione lampo e di larga scala, una sorta di blitzkrieg ripreso dai manuali tedeschi della Seconda Guerra Mondiale in chiave contemporanea. Però, secondo gli osservatori del Pentagono, muniti degli ultimi rilevamenti satellitari e di un’ottima intelligence, le cose non stanno funzionando come speravano al Cremlino.

Difficile distinguere tra realtà e propaganda, ma sembra che la testa dell’armata russa sia ferma da 48 ore sulle stesse posizioni a 30 chilometri a nord di Kiev. «Ai russi manca carburante, sembra che le truppe abbiano poco cibo, ci sono stati casi in cui gli stessi soldati scoraggiati hanno boicottato i loro mezzi pur di non andare a combattere», spiegano le fonti americane. Il che suona come classica disinformazione in tempi di guerra. Ma potrebbe esserci qualche cosa di vero.

Putin aveva spiegato al suo Paese che i soldati andavano a liberare gli ucraini oppressi da un regime nazista e che sarebbero stati accolti con lanci di fiori. Ovvio, lo scontro con la realtà di una nazione che resiste deve essere sconcertante per i russi. Perché non c’è alcun dubbio su questo punto: gran parte degli ucraini, compresi molti di lingua ed etnia russa, condannano con durezza l’aggressione militare.

A Kiev ieri abbiamo fatto a piedi un lungo giro nel centro, dove piccole code di cittadini facevano le ultime scorte nei rari negozi di alimentari rimasti aperti. «Compro tante bottiglie d’acqua minerale e sigarette. Sarà lunga, magari verrà tagliata l’energia elettrica. Dunque, prendiamo conserve, cibo a lunga conservazione che non debba stare in frigo», dice Nadia, una 23enne insegnante di ginnastica, che ha deciso di restare nonostante la famiglia sia scappata in Polonia.

Le sirene durante la giornata sono suonate almeno otto volte. Tanti passano la notte nelle gallerie del metrò, dove però fa un freddo pungente e i materassini aiutano poco sui pavimenti di marmo gelido. Nel bunker vicino alla stazione di polizia una decina di volontari serve Borsc (la tipica minestra locale) con tè caldo a volontà.

«Voi italiani ed europei avreste dovuto aiutarci molto ma molto prima. Già nel 2014 avevamo capito che Putin rifiuta i valori delle democrazie occidentali e che ci avrebbe attaccato. Ma non avete fatto nulla. Anzi! Tra di voi non manca chi lo difende. Ora le vostre armi arrivano troppo tardi, come faremo a imparare a usarle? Come farete arrivare in tempo le munizioni? Il vostro desiderio di fare affari con Mosca ha messo a repentaglio le nostre vite e la libertà di tutti», esclama Vlad, un militare di 43 anni che coordina le pattuglie nel centro. Nella notte, mentre stiamo inviando questo articolo, sono riprese a suonare le sirene.

2 marzo 2022 (modifica il 2 marzo 2022 | 08:32)