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11 ottobre 2022

UCRAINA: THE DAY AFTER

Il giorno dopo i bombardamenti russi, numerosi blackout in tutta l’Ucraina. Kiev incassa il sostegno del G7, mentre Mosca apre all’ipotesi di un colloquio Putin-Biden.

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Sale la tensione all’indomani dei massicci bombardamenti russi su decine di città ucraine che hanno provocato – secondo un bilancio aggiornato – 19 morti e oltre un centinaio di feriti. Questa mattina nella regione di Kiev e in altre aree del paese le sirene anti-missile sono tornate a suonare mentre droni kamikaze colpivano la centrale termoelettrica di Ladyzhyn nella regione centro-occidentale di Vinnytsia. Sembra ormai chiaro che nel mirino di Mosca ci siano le infrastrutture civili del paese, prime fra tutte le centrali elettriche. Il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ha detto che i raid ne hanno colpite 11 in otto regioni, costringendo Kiev a sospendere le esportazioni di elettricità all’Unione europea, per “stabilizzare” la rete energetica nazionale. I raid hanno interrotto la fornitura di elettricità in 15 oblast, tra cui Leopoli, Kiev e Zaporizhzhia, dove ha sede la centrale nucleare più grande d'Europa, mentre le autorità hanno invitato la popolazione a ridurre al minimo i consumi, lasciando spente stufe, caldaie, bollitori ed elettrodomestici per non mettere a rischio la tenuta del sistema. In un discorso alla nazione, il presidente russo Vladimir Putin ha rivendicato la decisione di sferrare “attacchi massicci contro obiettivi legati a infrastrutture energetiche, di comando militare e di comunicazione dell’Ucraina”. Putin ha aggiunto che Mosca continuerà a rispondere qualora Kiev continui colpire il territorio della Federazione. “La nostra risposta sarà dello stesso livello della minaccia”, ha dichiarato ancora Putin.


L'Europa unita nella condanna?

I massicci bombardamenti russi sull’Ucraina hanno avuto l’effetto di ricompattare i leader europei, apparsi finora divisi su strategie energetiche e intensità del sostegno da destinare a Kiev dopo otto mesi di conflitto. Ieri il coro di voci provenienti dalle capitali dei 27 suonava insolitamente armonico, come se la brutalità dell’attacco avesse rinsaldato gli alleati attorno a Kiev e al presidente Volodymyr Zelensky. Se il presidente del Consiglio Charles Michel ha definito gli attacchi russi “crimini di guerra”, il premier olandese Mark Rutte gli aveva fatto eco precisando: “Questa non è una rappresaglia, questo è terrorismo”. Mentre la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha sentenziato che “i responsabili vanno processati”. Dura anche la presa di posizione che la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola ha espresso in un tweet: “L'unica via di uscita che il Cremlino dovrebbe cercare è quella di lasciare l'Ucraina. I miei genitori mi hanno insegnato presto come comportarmi con i bulli: la pacificazione non funziona. La pacificazione non ha mai funzionato. La pacificazione non funzionerà mai”. E oggi il presidente ucraino Zelensky ha incassato anche il sostegno del presidente USA Joe Biden (che ha promesso all’Ucraina sistemi avanzati di difesa aerea) e del G7. Al termine della riunione d’emergenza i leader dell’organismo hanno diffuso un comunicato in cui dichiarano che “continueranno ad imporre costi economici alla Russia” e che saranno al fianco dell’Ucraina “per tutto il tempo che sarà necessario”.

Da Astana a Bali?

Intanto dalla Turchia arriva la conferma: l’incontro tra il presidente turco RecepTayyp Erdogan e Vladimir Putin, previsto per domani ad Astana, si terrà. Nel faccia a faccia – il quarto negli ultimi quattro mesi – Erdogan chiederà a Putin “un cessate-il-fuoco immediato”, fanno sapere da Ankara. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov non ha escluso che durante l'incontro possa essere discussa anche la possibilità di colloqui tra la Russia e l’Occidente. A ben vedere, in questi giorni l’agenda del leader del Cremlino appare più fitta del previsto: oggi ha incontrato il sovrano degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Rafael Mariano Grossi a San Pietroburgo. Ma l’incontro più significativo potrebbe esserci a metà novembre a Bali. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista all'emittente Rossiya 1, dichiarando che “la Russia non esclude la possibilità di un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello americano Joe Biden a margine del prossimo G20 e valuterà la proposta nel caso arrivasse”. ll ministro degli Esteri russo ha insistito sul fatto che gli Stati Uniti sono da tempo coinvolti nella guerra in Ucraina: “Mi sembra che gli americani abbiano partecipato di fatto a questa guerra per molto tempo”, ha detto Lavrov e ha affermato che coloro che speculano continuamente su una guerra nucleare causata da Mosca “dovrebbero rendersi conto della loro responsabilità per ciò che stanno dicendo” e che Putin ha “ripetutamente affermato che nella nostra dottrina nucleare consideriamo questa come una misura esclusivamente di ritorsione per prevenire l'annientamento della Russia”.

Carta bianca ai militari?

A 24 ore dal peggior bombardamento a tappeto dall’inizio del confitto, si moltiplicano le voci di chi si chiede se – scatenando l’inferno sui cieli ucraini – Vladimir Putin non abbia voluto mandare una risposta in patria, a chi sempre più vistosamente critica i rovesci della sua ‘operazione militare speciale’. Gli osservatori del Cremlino sostengono che le sortite di pubblico dissenso da parte di membri dell'élite russa – inclusi il leader ceceno Ramzan Kadyrov e il capo paramilitare Yevgeny Prigozhin – siano senza precedenti. Quest’ultimo – fa notare Politico – ha riconosciuto per la prima volta a fine di settembre di aver fondato il Gruppo Wagner, l'organizzazione paramilitare russa accusata di aver commesso gravi violazioni dei diritti umani in Africa, Siria e Ucraina per conto del Cremlino. Un’ammissione sorprendente dal momento che in passato ha citato in giudizio i mezzi di conformazione che lo indicavano come ‘l’eminenza grigia’ dell’organizzazione. Ora invece sembra volersi accreditare come un comandante militare esperto, e di fronte all’avanzata ucraina intorno a Kharkiv e Kherson ha applaudito pubblicamente la richiesta di Kadyrov per “misure più drastiche”. A Mosca – riferisce il Guardian – si dice che Putin “abbia nominato un nuovo comandante militare con una reputazione brutale per dimostrare che i militari ora hanno carta bianca”. Surovikin – noto anche come “il macellaio di Aleppo” – è un esponente dell’ala nazionalista più oltranzista e la sua nomina è stata accolta favorevolmente dai sostenitori dello sforzo bellico, tra cui Kadyrov e Prigozhin. Ma la guerra – e i suoi rovesci – potrebbero aver messo in moto una corsa alla successione difficile da arrestare: “Negli ultimi anni, le manovre politiche erano fatte con grande riserbo e tenute nell'ombra – osserva il giornalista russo Andrey Pertsev – ma in questa nuova era, i proclami pomposi e i gesti politici ad alta visibilità sono diventati la norma”.

ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
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