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Il
giorno dopo i bombardamenti russi, numerosi blackout in tutta l’Ucraina. Kiev
incassa il sostegno del G7, mentre Mosca apre all’ipotesi di un colloquio
Putin-Biden.
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Sale la tensione all’indomani dei massicci bombardamenti russi su decine di città
ucraine che hanno provocato – secondo un bilancio aggiornato – 19 morti e oltre un centinaio di feriti.
Questa mattina nella regione di Kiev e in altre aree del paese le sirene anti-missile
sono tornate a suonare mentre droni
kamikaze colpivano la centrale termoelettrica di Ladyzhyn nella regione centro-occidentale di
Vinnytsia. Sembra ormai chiaro che nel mirino di Mosca ci siano le infrastrutture civili
del paese, prime fra tutte le centrali elettriche. Il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ha detto che i raid ne
hanno colpite 11 in otto regioni, costringendo Kiev a sospendere le
esportazioni di elettricità all’Unione europea, per “stabilizzare” la rete
energetica nazionale. I
raid hanno interrotto la
fornitura di elettricità in 15 oblast, tra cui Leopoli, Kiev e Zaporizhzhia,
dove ha sede la centrale nucleare più grande d'Europa, mentre le autorità hanno
invitato la popolazione a ridurre al
minimo i consumi, lasciando spente stufe, caldaie, bollitori ed
elettrodomestici per non mettere a rischio la tenuta del sistema. In un discorso alla
nazione, il presidente russo Vladimir Putin ha rivendicato la decisione di sferrare “attacchi massicci contro obiettivi
legati a infrastrutture energetiche, di comando militare e di comunicazione
dell’Ucraina”. Putin ha aggiunto che Mosca continuerà a rispondere qualora Kiev
continui colpire il territorio della Federazione. “La nostra risposta sarà
dello stesso livello della minaccia”, ha dichiarato ancora Putin.
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L'Europa unita nella condanna?
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I massicci bombardamenti russi
sull’Ucraina hanno avuto l’effetto di ricompattare
i leader europei, apparsi finora
divisi su strategie energetiche e intensità del sostegno da destinare a Kiev dopo otto mesi di
conflitto. Ieri il coro di voci provenienti dalle capitali dei 27 suonava insolitamente armonico, come se la
brutalità dell’attacco avesse rinsaldato gli alleati attorno a Kiev e al
presidente Volodymyr Zelensky. Se il
presidente del Consiglio Charles Michel ha definito gli attacchi russi “crimini
di guerra”, il premier olandese Mark
Rutte gli aveva fatto eco precisando: “Questa non è una rappresaglia, questo è terrorismo”. Mentre
la presidente della Commissione Ursula
von der Leyen ha sentenziato
che “i responsabili vanno processati”. Dura anche la presa di posizione che la
presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola ha
espresso in un tweet: “L'unica
via di uscita che il Cremlino dovrebbe cercare è quella di lasciare
l'Ucraina. I miei genitori mi hanno insegnato presto come comportarmi con i
bulli: la pacificazione non funziona. La pacificazione non ha mai
funzionato. La pacificazione non funzionerà mai”. E oggi il
presidente ucraino Zelensky ha incassato anche il sostegno del presidente USA Joe
Biden (che ha promesso all’Ucraina sistemi
avanzati di difesa aerea) e del G7. Al termine della riunione d’emergenza i leader
dell’organismo hanno diffuso un comunicato in cui dichiarano che “continueranno
ad imporre costi economici alla Russia” e che saranno al fianco dell’Ucraina “per
tutto il tempo che sarà necessario”.
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Intanto
dalla Turchia arriva la conferma: l’incontro tra il presidente turco RecepTayyp
Erdogan e Vladimir Putin, previsto per domani ad Astana, si terrà. Nel faccia a
faccia – il quarto negli ultimi quattro mesi – Erdogan chiederà a Putin “un cessate-il-fuoco immediato”, fanno
sapere da Ankara. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov non ha escluso che
durante l'incontro possa essere discussa anche la possibilità di colloqui tra la Russia e l’Occidente. A
ben vedere, in questi giorni l’agenda del leader del Cremlino appare più fitta del previsto: oggi ha
incontrato il sovrano degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed Al Nahyan e
il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Rafael
Mariano Grossi a San Pietroburgo. Ma l’incontro più significativo potrebbe esserci a metà novembre a Bali.
Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri
russo Sergej Lavrov in un’intervista all'emittente Rossiya 1, dichiarando che “la Russia
non esclude la possibilità di un incontro tra il presidente russo Vladimir
Putin e quello americano Joe Biden a
margine del prossimo G20 e valuterà la
proposta nel caso arrivasse”. ll ministro degli Esteri russo ha insistito
sul fatto che gli Stati Uniti sono da tempo coinvolti nella guerra in Ucraina:
“Mi sembra che gli americani abbiano partecipato di fatto a questa guerra per
molto tempo”, ha detto Lavrov e ha affermato che coloro che speculano
continuamente su una guerra nucleare causata da Mosca “dovrebbero rendersi
conto della loro responsabilità per ciò che stanno dicendo” e che Putin ha “ripetutamente
affermato che nella nostra dottrina nucleare consideriamo questa come una misura
esclusivamente di ritorsione per prevenire l'annientamento della Russia”.
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L'approfondimento di oggi:
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Carta bianca ai militari?
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A 24 ore dal peggior
bombardamento a tappeto dall’inizio del confitto, si moltiplicano le voci di
chi si chiede se – scatenando l’inferno sui cieli ucraini – Vladimir Putin non
abbia voluto mandare una risposta in patria, a chi sempre più vistosamente critica i rovesci della sua ‘operazione militare speciale’. Gli
osservatori del Cremlino sostengono che le sortite di pubblico dissenso da
parte di membri dell'élite russa – inclusi il leader ceceno Ramzan Kadyrov e il capo
paramilitare Yevgeny Prigozhin –
siano senza precedenti. Quest’ultimo
– fa notare Politico – ha riconosciuto per la prima volta a fine di settembre di aver fondato il Gruppo Wagner,
l'organizzazione paramilitare russa accusata di aver
commesso gravi violazioni dei diritti umani in Africa, Siria e Ucraina
per conto del Cremlino. Un’ammissione sorprendente dal momento che in
passato ha citato in giudizio i mezzi di conformazione
che lo indicavano come ‘l’eminenza grigia’ dell’organizzazione. Ora invece
sembra volersi accreditare come un comandante militare esperto, e di fronte
all’avanzata ucraina intorno a Kharkiv e Kherson ha applaudito pubblicamente la
richiesta di Kadyrov per “misure più drastiche”. A Mosca – riferisce il
Guardian – si dice che Putin “abbia nominato un nuovo comandante militare con
una reputazione brutale per dimostrare che i
militari ora hanno carta bianca”. Surovikin – noto anche come “il macellaio
di Aleppo” – è un esponente dell’ala nazionalista più oltranzista e la sua
nomina è stata accolta favorevolmente dai sostenitori dello sforzo bellico, tra
cui Kadyrov e Prigozhin. Ma la guerra – e i suoi rovesci – potrebbero aver messo
in moto una corsa alla successione
difficile da arrestare: “Negli ultimi anni, le manovre politiche erano fatte
con grande riserbo e tenute nell'ombra – osserva il giornalista russo Andrey Pertsev – ma in questa
nuova era, i proclami pomposi e i gesti politici ad alta visibilità sono
diventati la norma”.
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