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Dossier

L’Europa lancia la corsa alle terre rare: “Diventeranno più preziose del gas”

L’Europa lancia la corsa alle terre rare: “Diventeranno più preziose del gas”

Tutto ci vuole meno che un bis del disastro gas. L’Europa e l’Italia stanno correndo ai ripari per evitare di ritrovarsi con le materie prime critiche - litio, cobalto, stronzio, tanto per citarne alcune - nelle stesse condizioni di dipendenza che sperimentiamo con gas e petrolio. Per questo l’Europa ha deciso di mettere a punto una legge su questo delicatissimo tema.  La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato questa nuova norma, l’European Critical Raw Materials Act, usando toni molto netti: “Presto il litio e le terre rare diventeranno più importanti del petrolio e del gas. La nostra domanda di terre rare aumenterà di cinque volte entro il 2030.  Per evitare di diventare nuovamente dipendenti, la Ue punta a identificare progetti strategici lungo tutta la filiera, dall'estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo”.
E l’Italia prova a prendere una posizione di testa in questa corsa. Poche settimane fa il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, hanno firmato il decreto interministeriale che formalizza il tavolo tecnico “Materie Prime Critiche”. L’obiettivo è contribuire alla creazione di condizioni normative, economiche e di mercato per un approvvigionamento sicuro e sostenibile di queste preziose risorse.

Il boom della domanda 
Quello che è certo è che nel giro di pochi anni - entro il 2030 - la domanda di materie critiche raddoppierà. Per quella data l’Europa avrà bisogno di una quantità di litio 18 volte superiore e di una quantità di cobalto 5 volte superiore. Fallire questo obiettivo sarebbe drammatico perché si tratta di elementi essenziali per la produzione di pannelli fotovoltaici, batterie per i veicoli elettrici, accumulatori, turbine eoliche e chip elettronici. Insomma sono materie indispensabili in molti processi produttivi cruciali della transizione ecologica. Dove trovarle? Il rischio nell’approvvigionamento è alto.  L’Italia e sostanzialmente l’Europa non hanno siti di estrazione significativi. Ci sono giacimenti di terre rare in Svezia, Finlandia e Portogallo, ma le preoccupazioni delle comunità locali sugli impatti ambientali hanno di fatto bloccato i progetti di sfruttamento. 
 

Come garantire l’approvvigionamento 
La stragrande maggioranza di queste materie è concentrata in pochi Paesi extraeuropei. Oggi delle 30 materie prime considerate critiche, 10 provengono soprattutto dalla Cina che peraltro controlla anche l'industria di trasformazione visto che qui viene lavorato quasi il 90% delle terre rare e il 60% del litio.  Diversificare le forniture è il primo passo che l’Europa si appresta a compiere. La stessa von der Leyen ha affermato proprio nel discorso di presentazione della nuova legge che spingerà per la ratifica degli accordi commerciali conclusi con Cile, Messico e Nuova Zelanda e cercherà di far avanzare i negoziati con partner come Australia e India. Ma potrebbe non bastare. Secondo il commissario europeo per il mercato interno e i servizi Thierry Breton “per molte di queste materie prime, il mercato globale non sarà in grado di soddisfare la domanda in rapido aumento. Alla luce del rischio di carenze strutturali dell'offerta, la sola diversificazione commerciale, sebbene necessaria, non sarà sufficiente anche perché l'approvvigionamento di materie prime è diventato un vero e proprio strumento geopolitico”. Il riferimento è alla Cina che solo nell’ultimo anno ha aumentato i prezzi 50-90%. 

Le miniere urbane
L’altra strada da percorrere per assicurarsi la disponibilità di materie prime critiche è quella di sfruttare le miniere urbane, ovvero valorizzare la raccolta, il recupero e il riciclo di questi materiali preziosi contenuti nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il riciclo potrebbe fare la differenza apportando un contributo significativo al soddisfacimento della domanda. A patto di sviluppare una filiera industriale completa che comprenda una raccolta efficace dei Raee, la capacità di recupero e lavorazione completa delle materie prime critiche, una rete di vendita.  “Il nostro Paese ha storicamente una grande capacità di riciclo: lo facciamo con la carta, l’acciaio, la plastica, gli abiti”, precisa Michele Zilla, amministratore delegato di Cobat, la piattaforma che si occupa della  raccolta, stoccaggio e avvio al riciclo anche di Raee, pile e accumulatori. “L’automotive ad esempio è un settore di eccellenza. Oggi riusciamo a riciclare il 98% di un’automobile, recuperando componenti in plastica, acciaio, pneumatici. Il problema si presenta quando arriviamo alle componenti elettroniche dell’auto: in Italia purtroppo sono ancora poche le aziende che hanno la capacità di completare il riciclo delle materie prime critiche: la lavorazione si ferma in una fase intermedia, alla triturazione che è solo la preparazione per il riciclo.  Con il risultato che questi semilavorati vanno poi inviati all’estero per la parte finale dei trattamenti”.

Cobat: serve creare un mercato europeo
Zilla ricorda che il problema non sono le quantità: in Italia oggi raccogliamo ogni anno circa 300.000 tonnellate di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ma se anche riuscissimo a recuperare tutte le materie contenute nei Raee, dovremmo poi chiederci a chi le vendiamo. Il problema vero è che nel nostro Paese non esiste ancora un mercato, mancano le aziende che hanno bisogno di questi materiali. “Mi spiego meglio”, precisa Zilla. “Due anni fa Cobat ha brevettato con il Cnr una tecnologia per trattare accumulatori al litio. Abbiamo realizzato uno stabilimento a Pollutri in provincia di Chieti che al termine del trattamento produce carbonato di litio.  E’ evidente che questo processo ha senso se esistono realtà industriali che hanno bisogno di carbonato di litio, altrimenti produrre carbonato di litio per venderlo in Cina diventa insostenibile, dal punto di vista economico, ambientale e geopolitico”. In sostanza quello che occorre è la chiusura del cerchio dell’economia circolare: serve capacità di mercato in tutti i settori che compongono la filiera, altrimenti il sistema perde efficienza. Per questo il centro del messaggio della von der Leyen non è l’allarme per la mancanza di un singolo componente chiave nelle filiera della transizione ecologica: la denuncia punta a stimolare la creazione di un sistema innovativo e ad alta competitività, in grado di reggere la sfida globale nei settori critici.

Riciclo: la strada maestra 
Oltretutto questo sforzo produttivo d’assieme consentirebbe di ridurre il livello di rischio di catene produttive che sono legate alla sicurezza dei Paesi. Una filiera industriale efficiente legata al riciclo consentirebbe infatti di affrancarsi dalle importazioni di materie prime critiche o almeno ridurle in maniera consistente, soddisfacendo al contempo la domanda futura. Permettendo così un rilancio anche nella trasformazione energetica che ha subito una drammatica accelerazione.
“L’Italia è ricca di queste materie preziose non solo nei Raee ma anche in altri prodotti complessi a fine vita, come ad esempio le batterie e le pale eoliche. Ma limitandoci alle materie prime contenute nei Raee va detto che il recupero è molte più efficiente rispetto all’estrazione da giacimenti in cui tali materie prime sono contenute in concentrazioni fino a 1000 volte più basse”, spiega Claudia Brunori, responsabile Divisione uso efficiente delle risorse e chiusura dei cicli dell’Enea. “Va anche ricordato che in un giacimento, l’estrazione riguarda solo poche selezionate materie prime, mentre nei Raee sono presenti decine di materie prime che possono essere tutte recuperate utilizzando idonee tecnologie innovative ad elevata selettività”. C’è poi una componente etica, non trascurabile. L’estrazione delle materie prime critiche nei Paesi dove i controlli sulla sicurezza del lavoro sono vaghi se non inesistenti spesso avviene in condizioni di vero sfruttamento, ricorrendo alla manodopera minorile, a bambini che lavorano senza alcuna protezione, esposti a sostanze altamente nocive. Senza considerare gli impatti ambientali prodotti dalle attività estrattive e le ferite lasciate sul territorio che quasi mai viene bonificato al termine dell’attività.  “Per valutare correttamente i costi del riciclo rispetto a quelli dell’estrazione occorre tenere conto anche di tutti questi aspetti, le cosiddette esternalità negative. Nel caso dell’estrazione primaria: impatti ambientali, inquinamento, sfruttamento dei lavoratori, effetti sulla salute. Al contrario dai processi di riciclo, se basati su tecnologie innovative, beneficiano tutti perché producono minori impatti sull’ambiente e sulla salute e la riduzione dei rifiuti prodotti”, precisa Claudia Brunori.

L’innovazione tecnologica 
Altro vantaggio: le miniere urbane sono di fatto inesauribili. La quantità degli apparecchi elettrici ed elettronici dismessi è infatti in crescita anche a causa di tempi di obsolescenza tecnica sempre più ridotti, specie per cellulari e computer. A questi prodotti ha pensato Enea con Romeo (Recovery Of MEtals by hydrOmetallurgy). Si tratta di un progetto innovativo in grado di recuperare da telefonini e pc dismessi – con tecniche a ridotto consumo energetico - materiali preziosi tra cui oro, argento, platino, palladio, rame. Dal trattamento di 1 tonnellata di schede elettroniche si ricavano 129 chili di rame, 43 chili di stagno, 15 chili di piombo, 0,35 chili di argento e 0,24 chili di oro. Romeo vuole stimolare la creazione di una filiera nazionale completa per il recupero di metalli preziosi da Raee che non si fermi al trattamento iniziale.  Un obiettivo che può portare risultati importanti: circa il 57% dei Raee (dati Enea) viene infatti smaltito ancora in discarica o esportato all’estero.  “Stimiamo che nei prossimi 20 anni la domanda di materie critiche crescerà notevolmente per coprire il fabbisogno prodotto dalla crescita della mobilità elettrica e dalla transizione energetica e digitale”, conclude Claudia Brunori. “E’ indispensabile fare in modo di avere il controllo del sistema: non possiamo permetterci che a decidere sia solo una logica di mercato globale guidato da pochi Paesi. Per prima cosa occorre una mappatura accurata delle materie prime che ci occorrono in base alle linee di sviluppo delle nostre tecnologie e alle possibili fonti di tali materie prime presenti sul nostro territorio (preferibilmente secondarie), per poter poi sviluppare ed implementare un piano strategico nazionale sulle materie prime, che includa impianti di riciclo innovativi e premialità per l’utilizzo di materie prime riciclate a minor impatto ambientale”.

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