18 Ago 2022

Zelensky all’ONU: “Demilitarizzare Zaporizhzhia”

Guterres e Erdogan in Ucraina

Giovedì il Segretario generale delle Nazioni Unite e il presidente turco hanno incontrato il presidente ucraino nella città di Leopoli per promuovere una espansione delle spedizioni di grano e trovare una soluzione alla crisi della centrale nucleare occupata dai russi. Nel frattempo, la Cina invia truppe in Russia per esercitazioni e la guerra si espande dietro le linee di combattimento.

 

Le Nazioni Unite devono “assicurare la sicurezza dell’obiettivo strategico, la sua demilitarizzazione e la completa liberazione dalle truppe russe.” Questo il messaggio che Zelensky ha recapitato al Segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, che gli ha fatto visita nella città di Leopoli, sulla crisi in corso attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. I due hanno poi incontrato anche il presidente turco Recep Erdogan, con cui hanno discusso le possibilità di una ulteriore espansione delle partenze di grano ucraino dai porti sul Mar Nero. Secondo l’agenzia di stampa Anadolu, un accordo per la ricostruzione di infrastrutture distrutte durante la guerra è stato firmato da Kiev e Ankara.

Per il presidente turco si tratta della prima visita in Ucraina dall’inizio del conflitto. Un viaggio atteso, dato che in molti si chiedono con chi stia esattamente: nonostante si tratti un membro NATO, il Paese non si è mai unito alle sanzioni decise dall’Unione Europea, e ha anzi visto il suo commercio con la Russia crescere da febbraio.

Guterres ha poi chiesto a Mosca e Kiev di continuare a mostrare uno spirito di compromesso per assicurare che il grano continui a lasciare i porti. “Ma è solo l’inizio: esorto tutte le parti a garantire che questo successo continui”.

Il meeting è avvenuto dopo una tragica notte di bombardamenti russi sulla città di Kharkiv. Secondo il sindaco, gli attacchi hanno ucciso sette persone e ferito altre 17. Ma in città un colpo ha centrato almeno un dormitorio, uccidendone almeno altre due e ferendone altre 18. Sarebbe quindi di 10 per ora il numero ufficiale dei morti.

Proprio alla vigilia dell’incontro, la Russia aveva ribadito però la propria contrarietà alla proposta di Guterres di demilitarizzare l’impianto nucleare di Zaporizhzhia, che nei giorni scorsi è stato più volte colpito da vari attacchi. Il ministero degli esteri russo ha poi accusato Kiev e l’occidente di stare progettando una “provocazione” per venerdì, proprio in occasione del viaggio del Segretario delle Nazioni Unite, ed annunciato che potrebbe spegnere la centrale.

Domani, Guterres visiterà invece la città di Odessa, il più grande porto ucraino, per osservare i risultati dell’accordo mediato con la Russia dall’ONU e voluto fortemente dalla Turchia che sta permettendo al grano ucraino di lasciare i porti in cui erano rimasti bloccato a causa della guerra.

 

 

Cosa parte dai porti ucraini?

A oggi sono 21 le navi che hanno lasciato le città Ucraine nel Mar Nero cariche di derrate. Se l’accordo dovesse tenere, si potrebbe così evitare che milioni al mondo soffrano la fame e, allo stesso tempo, salvare dal collasso l’enorme settore agricolo ucraino. Prima della guerra, l’Ucraina riforniva infatti di circa 50 milioni di tonnellate di grano l’intero mercato mondiale, secondo i dati dell’ONU. Ma la Russia ha bloccato i porti dopo aver invaso il Paese a febbraio, aggravando crisi globale e contribuendo all’aumento dei prezzi.

Le prime provviste però non sono andate ai paesi a rischio di malnutrizione, visto che la maggior parte non erano nemmeno di grano, ma semi di girasole e soia per l’Italia e granoturco per il Regno Unito e l’Irlanda.

Le autorità hanno spiegato a Politico che queste sono infatti le colture rimaste intrappolate nei silos ucraini da prima dello scoppio della guerra. Secondo un rappresentante dell’Unione Europea, solo un quarto delle 20 milioni di tonnellate bloccate sarebbero effettivamente di grano.

La riapertura dei porti ha avuto comunque un effetto positivo, dato che i prezzi alimentari dopo la firma dell’accordo si sono significativamente abbassati, permettendo così ai paesi in via di sviluppo di accedervi più facilmente. Inoltre, martedì la prima nave umanitaria ha lasciato il porto di Pivdennyi, trasportando 23.000 tonnellate di grano alla volta dell’Etiopia.

Se i paesi più a rischio di carestie – come la Somalia, l’Etiopia, lo Yemen e il Sudan del sud – potranno beneficiare del grano ucraino, dipenderà però soprattutto dall’accesso che il World Food Programme delle Nazioni Unite avrà a queste derrate.

 

Perché la Cina manda truppe militari in Russia?

L’altro sviluppo che ha destato preoccupazione negli osservatori internazionali è stato l’annuncio della Cina, che invierà truppe militari in Russia alla fine del mese per prendere parte a delle esercitazioni militari congiunte.

Le esercitazioni di “Vostok” erano state già annunciate lo scorso mese da Mosca, ma, nell’attuale contesto, la conferma della partecipazione cinese ha immediatamente sollevato speculazioni su un suo coinvolgimento nel conflitto in Ucraina, anche in virtù del fatto che si è finora opposta alle sanzioni decise dall’occidente. Pechino ha però subito chiarito che questa esercitazione è “scollegata dall’attuale situazione regionale e internazionale.

I timori però permangono, dato che Russia e Cina hanno infatti forti legami nel settore della difesa e che Pechino ha annunciato di voler portare la collaborazione a “un livello più alto”. Proprio poco prima dello scoppio della guerra, inoltre, Putin e Xi Jinping avevano condiviso l’idea di una partnership “senza limiti”.

Quelle di Vostok sono poi le seconde esercitazioni congiunte di quest’anno. Oltre alla Cina, vi prenderanno parte anche India, Bielorussia, Mongolia e Tagikistan. Il Dipartimento di Stato statunitense ha comunque confermato che, nonostante lo stringersi dei legami fa Pechino e Mosca sia preoccupante, non vi è nulla da temere da questa iniziativa nello specifico. “Molti dei Paesi che partecipano si uniscono di routine in svariate simulazioni militare anche con gli Stati Uniti,” ha dichiarato in una conferenza stampa.

 

Crimea: offensiva dietro le linee nemiche?

Se gli scontri fra truppe hanno raggiunto una fase di stallo, come ammesso dallo stesso consulente della presidenza ucraina Oleksiy Arestovych, , è però ormai evidente come dietro le linee russe si stia sviluppando una guerra parallela. Martedì, Mosca ha reso noto che una serie di esplosioni hanno colpito un suo deposito di munizioni nel distretto di Dzhankoi in Crimea, e il suo ministro della difesa ha parlato espressamente di sabotaggio. La penisola di Crimea è stata occupata e annessa alla Russia nel 2014, ed è oggi una delle rotte principali per il rifornimento delle sue forze nel sud dell’Ucraina.

L’Ucraina non ha finora rivendicato questi attacchi (e non li ha nemmeno negati), ma Mykhailo Podolyak, consulente diretto del presidente Zelensky, ha dichiarato in esclusiva al Guardian che nei prossimi “due o tre mesi” ci potranno essere altre esplosioni simili. Podolyak ha insistito su come il suo paese sia impegnato in una controffensiva per creare “caos tra le forze russe”, colpendo le loro linee di rifornimento nei territori occupati. Strategia confermata anche in una intervista al Washington Post del ministro della difesa Oleksii Reznikov, in cui sostiene che l’Ucraina ha di recente attivato una “forza di resistenza” per portare avanti attacchi come quelli che hanno colpito la Crimea.

Una estensione della guerra che Reznikov ha garantito non metterà in difficoltà alleati come gli Stati Uniti. Nelle scorse settimane, infatti, l’Ucraina ha ripetutamente chiesto armi con una gittata più lunga. Washington si è però dimostrata reticente, proprio per la paura che eventuali attacchi in territorio russo effettuati con armi NATO potessero estendere la scala del conflitto. Finora, invece, dietro ai sabotaggi in Crimea si intravedono soprattutto le mani dei guerriglieri ucraini. Ma lo sconfinamento della guerra rimane un brutto segnale.

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

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