A seguito dell’invasione del territorio ucraino messa in atto dalla Russia, la totalità dei Paesi occidentali si è espressa a favore della risoluzione di condanna dell’Onu contro il Cremlino. All’unisono, dunque, l’Occidente si è riscoperto quanto mai unito nei confronti di Mosca, dando vita ad una nuova contrapposizione ideologica che sembra aver portato il mondo (almeno europeo-americano) indietro di una trentina d’anni.

Tuttavia, mentre l’Europa e il Nord America hanno preso una posizione decisa ed ostile nei confronti della Russia, alcuni Paesi strettamente alleati con Washington hanno preferito rimanere invece alle porte, con la speranza di non intaccare i propri rapporti privilegiati con entrambe le fazioni. Tra questi, in modo particolare, compaiono gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, storici alleati commerciali degli Stati Uniti d’America ma al tempo stesso nella necessità di non rompere le relazioni diplomatiche con i colossi petroliferi della Russia.

Voto a favore della risoluzione, ma attesa per le sanzioni

Mentre sia Riad sia la delegazione emiratina hanno votato a favore della risoluzione delle Nazioni Unite nei confronti della Russia di Vladimir Putin, fino a questo momento nessuna posizione ufficiale è stata ancora presa nei confronti delle sanzioni e di eventuali misure restrittive. Anzi, la sensazione sembra essere quella di un Golfo non schierato e maggiormente intenzionato a mantenere una certa distanza da quanto succede in Europa e questo per non avere ritorsioni né da parte americana né da parte russa. Per quanto riguarda il commercio del petrolio, infatti, i due Paesi hanno un alto interesse a non infastidire Mosca, nella speranza di non intaccare i elicati equilibri raggiunti con L’Opec+. Ed è in questo scenario, dunque, che si deve interpretare anche il rifiuto di Riad alle richieste di Washington di allinearsi già negli scorsi giorni alle sanzioni nei confronti di Mosca.

Mosca si è “scoperta” alleata del Golfo

Non sono però esclusivamente le questioni economiche ad aver spinto Abu Dhabi e Riad nello stallo sulla questione delle sanzioni nei confronti della Russia. Come riscontrato infatti negli scorsi giorni giorni e messo in evidenza da Le Monde, l’Arabia Saudita in particolare, ma anche gli Emirati Arabi Uniti, hanno trovato infatti nella Russia un alleato per quanto riguarda la condanna degli attacchi degli Houthi dello Yemen nei confronti dei territori sauditi ed emiratini. Tutto ciò, in uno scenario che negli scorsi mesi ha visto l’amministrazione democratica americana guidata da Joe Biden depennare invece dalla lista delle organizzazioni terroristiche gli Houthi, provocando la rabbia dei Paesi arabi alleati.

Se la “alleanza” moscovita dello scorso fine febbraio era forse già spinta dalla necessità di non inimicarsi l’Arabia Saudita, è anche vero che la mancanza di tatto da parte americana nei confronti della questione degli Houthi dello Yemen abbia messo Riad nella condizione di dover trattare con Washington. E le stesse sanzioni alla Russia, se mai arriveranno, altro non potranno essere che il frutto di una discussione diplomatica tra sauditi e americani che dovrà portare questi ultimi a rivedere la lista delle organizzazioni terroristiche internazionali. Anche se sulla scelta della Casa Bianca pesa il delicatissimo negoziato sul nucleare iraniano.

Riad e Abu Dhabi sceglieranno Mosca o Kiev?

Allo stato attuale, probabilmente il Golfo non ha nessun interesse a schierarsi dalla parte di nessuna delle due parti in causa, in quanto una presa di posizione decisa incrinerebbe i rapporti diplomatici difficilmente costruiti nel corso degli ultimi anni. Ma non solo: anche le loro economie, fortemente legate all’export di combustibili fossili, rischierebbero di danneggiarsi oltremodo da una eventuale guerra commerciale con Mosca, come d’altronde si è già potuto osservare in passato. In più non va dimenticato come dal 2016 lungo la direttrice Riad-Mosca sia cresciuto il flusso di armamenti russi che fanno gola alla petromonarchia.

Chiaro: ad un certo punto, Riad e Abu Dhabi dovranno decidere che parte prendere. Ma quando ciò avverrà, probabilmente, il quadro della situazione bellica sarà più preciso di quello attuale, permettendo ai due Paesi di prendere la parte del “vincitore”. E, soprattutto, tale condotta potrà permettere a sauditi ed emiratini di salire sul carro dei vincitori, senza però danneggiare i rapporti con le realtà che saranno uscite, in un modo o nell’altro, sconfitte dal conflitto.