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Russia

Via dalla Russia? Sì, per un po’. Anzi no. Cosa fanno le società (secondo Yale)

La Yale School of Management negli Stati Uniti ha stilato un elenco di aziende mondiali composto da cinque categorie, corrispondenti ad altrettanti decisioni se restare (e come) o no in Russia

 

Dopo le sanzioni dell’Ue, emerge la tensione nel muro dell’unità europea, con gli Stati baltici e la Polonia che chiedono misure più severe. I paesi dipendenti dalle importazioni di petrolio temono che un divieto energetico possa portare a una massiccia disoccupazione e a carenza di carburante. Stanno emergendo crepe nel muro dell’unità Ue? Le nazioni dell’Europa occidentale diffidano delle sanzioni su petrolio e gas. Ma gli europei dell’Est – esclusa l’Ungheria – chiedono che venga esercitata una maggiore pressione su Mosca. Polonia e Usa vogliono la Russia fuori dal G-20. Il vertice è il 30-31 ottobre a Bali, ma Indonesia, India, Cina e Arabia Saudita si opporranno dall’esclusione di Mosca.

Mercoledì 23, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha affermato che il suo Paese non sosterrà le sanzioni anti-Russia che danneggiassero i propri interessi, comprese le sanzioni contro il gas e il petrolio russi. Sebbene il governo ungherese abbia condannato l’attacco di Mosca all’Ucraina e sostenuto alcune sanzioni, ha costantemente difeso il suo desiderio di starsene fuori, e si è rifiutata di unirsi ad altri paesi nell’invio di armi a Kiev.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden annuncerà oggi nuove sanzioni contro la Russia, che colpiranno leader politici e oligarchi. Lo ha confermato ieri sera il consigliere per la Sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One che ha portato Biden a Bruxelles.

Ma le sanzioni non sono sempre popolari negli Stati Uniti, con molti repubblicani con legami finanziari con l’establishment russo che si sono opposti. Inoltre, gli Stati Uniti sono stati accusati di adottare doppi standard, chiedendo che i paesi interrompano le relazioni commerciali e finanziarie con la Russia, consentendo al contempo l’arrivo di partite di petrolio sulle coste americane. “La Casa Bianca ha concesso un periodo di grazia di 45 giorni per le importazioni di petrolio dopo l’annuncio, il che significa che le navi che trasportano combustibili fossili dalla Russia non potranno attraccare nei porti americani (solo) dal 22 aprile”, riporta The Guardian. Mentre alcune compagnie petrolifere hanno deciso di assecondare le sanzioni, interrompendo tutti gli scambi con la Russia.

Nel frattempo, la pretesa del Cremlino di vedersi pagato il gas non in dollari o euro, ma in rubli, sta apprezzando la moneta e ha già visto un ulteriore aumento di 15 euro Mwh sul prezzo della bolletta. Mario Draghi dixit.

Altri fanno affari. Come l’India “che ha deciso di acquistare petrolio a prezzo scontato dalla Russia”, scrive l’indiana News9.

Più significativamente, le sanzioni sono state accolte con reazioni contrastanti tra le società occidentali, molte delle quali hanno continuato a lavorare con Mosca. Salvo repentine retromarce, come ha fatto la francese Renault, dopo la tirata d’orecchie di mercoledì 23 del presidente ucraino al Parlamento di Parigi.

La Yale School of Management negli Stati Uniti ha stilato un elenco di aziende con cinque categorie:

1) Clean Break : società che bloccano completamente gli impegni russi/lasciano la Russia
2) Sospensione: società che riducono temporaneamente le operazioni
3) Scaling back: le aziende che ridimensionano alcune operazioni commerciali mentre ne continuano altre
4) Buying time: società che posticipano investimenti/sviluppo/marketing futuri, già pianificati, mentre continuano attività sostanziali
5) Digging in: aziende che sfidano le richieste di uscita/riduzione delle attività

Qui l’elenco completo di Yale, aggiornato al 24 marzo.

Nella prima categoria di società (che ne conta 169), di quelle che si sono ritirate dalla Russia, ci sono alcuni giganti internazionali come Accenture, Airbnb, AMD, Asia Infrastructure Investment Bank, Authentic Brand Group – Reebok, Autodesk, Avid, Baker McKenzie, Blackrock, Bose, BP, British American Tobacco, Coursera, Daimler, Deloitte, eBay, Eurovision, Exxon, FIFA, Formula 1, Grammarly, international federations for Boxing, Cycling, Ice Hockey, Skating, Tennis and Weightlifting, KPMG, McKinsey, Moody’s, Nasdaq, Netflix, Omnicom, OneWeb, PwC, S&P, Rolex, Shell, Spotify, Stanley Black & Decker, TripAdvisor, Uber e WeWork.

La seconda categoria di aziende (che ne totalizza 190) tra quelle che hanno sospeso l’attività, e tengono aperta la possibilità di ritorno, comprende: 3M, Adidas, Adobe, Akamai, Alphabet, Amazon, American Express, Amway, Apple, Aston Martin, Atlas Copco, Bentley, Boeing, Bridgestone Tyre, Burberry, Burger King, Canon, Chanel, Citi, Cisco, Coca Cola, Cogent, Dassault Aviation, Dell, Deutsche Bank, DHL, Diageo, Discover, Disney, Ericson, FedEx, Ferrari, Ford, Herbalife, Honda, Honeywell, H&M, HP, Heineken, Hermes, Herbalife, Hyundai, IBM, Ikea, Intel, Iveco, JCB, Komatsu, LG Electronics, Levi Strauss, L’Oreal, Mastercard, Maersk, Marks & Spencer, McDonald’s, Mercedes Benz, Microsoft, Mothercare, Nike, Nissan, Nokia, Nvidia, Oracle, Panasonic, Paypal, Prada, Puma, Panasonic, Raytheon, Ralph Lauren, Rolls Royce, Samsung, Skoda, Sony, Timken, Toyota, Twitter (in parte), Volkswagen, Volvo and Xerox. Da poche ore anche Renault. Il social cinese, TikTok, ha sospeso in Russia lo streaming e il download di nuovi contenuti dopo la legge approvata da Mosca che inasprisce le pene per le presunte fake news sul conflitto.

Il terzo elenco, di 30 società, che stanno ridimensionando le operazioni correnti include Allianz, BNP Paribas, Carlsberg, Coinbase, Dow, GE, Goldman Sachs e JP Morgan chiudono gli affari in Russia ma acquistano debito russo, HSBC, Kellogg, Michelin Tyre, Pepsi e Whirlpool.

Il quarto gruppo di 54 società di quelle che hanno preso tempo sospendendo investimenti e sviluppo include Abbott Labs, Accor, Baker Hughes, BASF, Bayer, Barilla, Cargill, Colgate-Palmolive, Coty, Danone, GlaxoSmithKline, Haliburton, Hyatt, Hilton, Johnson & Johnson, Marriott, Merck, Nestle, Otis, Pirelli, Pfizer, Phillip Morris, Procter & Gamble, Sanofi, Snyer Electric, Siemens and Unilever, Total Energies.

Nel quinto elenco delle 38 società che si sono rifiutate di uscire dalla Russia, troviamo: Acer, AstraZeneca (250 dipendenti e stabilimento di produzione a Kaluga), Asus, Auchan – Retail (3,5 miliardi di dollari di entrate dalla Russia), Credit Suisse (1 miliardo di esposizione netta), Decathlon (almeno 50 negozi in Russia, entrate di 300 milioni di dollari), Deutsche Telekom (2.000 dipendenti in Russia), la svizzera Geberit, la tedesca Knauf, l’americana Koch Industries, Emirates Airlines, l’americana FM Global (ha profondi rapporti con Ingosstrakh, una delle principali compagnie assicurative russe), Glencore (società mineraria e di scambio merci multinazionale anglo-svizzera) che ha partecipazioni in Rosneft (Rosneft è una compagnia petrolifera di proprietà in maggioranza del governo russo), Metro e Société Générale (tra i primi istituti nella classifica per capitalizzazione dei gruppi bancari della zona euro). Nonostante le critiche ucraine, restano le francesi Leroy Merlin (4 miliardi di entrate dalla Russia) e Auchan (3,5 miliardi di entrate).

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