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Consegne, ecco perché il drone non decolla

Nel 2014 Amazon annunciò questa modalità nella distribuzione dei pacchi, che oggi è ancora al palo

Elisa Gosti
2 minuti di lettura

Daniel Silva, oggi professore di Ingegneria industriale e dei sistemi alla Auburn University, era uno stagista del gigante statunitense del commercio digitale Amazon nell’estate del 2014.

All’epoca erano trascorsi alcuni mesi da quando il fondatore del gruppo, Jeff Bezos, aveva svelato i piani della società, annunciando il lancio del servizio di consegna tramite drone, ovvero Amazon Prime Air.

In questi anni il percorso è stato lungo e tortuoso per motivazioni tecniche ma soprattutto per le implicazioni normative legate all’inserimento della nuova tecnologia sul mercato: «Ricordo che è stato come se avessimo annunciato che nel giro di un anno avremmo cominciato a vedere droni che consegnavano pacchi - spiega Silva -. Ad oggi i progressi realizzati sono stati molto lenti, anche per un’azienda del calibro di Amazon».

Nel 2016 Prime Air ha effettuato la sua prima consegna di successo nel Regno Unito utilizzando un drone. Lo scorso anno, l’azienda ha ricevuto l’autorizzazione da parte della Federal Aviation Administration a effettuare prove di consegna tramite droni nelle aree rurali.

Al momento invece i droni che trasportano pacchi non sono ancora decollati e non è detto che questo avvenga: «Stiamo lavorando attivamente per testare le nuove tecnologie e i nuovi metodi. Ci vorrà ancora tempo e molto duro lavoro perché queste nuove metodologie possano diventare operative ed essere applicate sul mercato - spiega Amazon sul proprio sito Internet in merito a Prime Air -. Crediamo molto in questo progetto e siamo fiduciosi che un giorno possa essere possibile consegnare pacchi in tutto il mondo ai nostri clienti in 30 minuti o meno».

Secondo Silva la lentezza del processo è dovuta principalmente all’attività normativa e regolatoria in capo alla Federal Aviation Administration ma nel frattempo, mentre l’agenzia lavora all’approvazione del sistema per consentire le consegne con la massima sicurezza oltre il campo di visuale dell’operatore, vengono anche testati e sviluppati altri utilizzi logistici dei droni che vanno oltre le consegne dalle aziende ai consumatori.

La pandemia ha solo ulteriormente evidenziato l’utilità di questo sistema. «Gli ordini in rete hanno registrato una crscita straordinaria nel corso dell’ultimo anno e mezzo a causa della diffusione del coronavirus - spiega Yariv Bash, co-fondatore e amministratore delegato dell’azienda israeliana Flytrex, specializzata nelle consegne a mezzo drone -. A questo proposito è stato ancora più importante ricercare soluzioni alternative capaci di migliorare l’efficienza del servizio, in considerazione del fatto che le opzioni attuali non risultano sufficienti».

Attualmente, le opzioni tecnologiche offerte dai droni nella cosiddetta logistica di ultimo miglio spaziano da consegnare un caffè ancora caldo nella periferia più remota fino a traghettare farmaci salvavita, sempre in un ambiente urbano.

La ricerca sta anche esplorando la possibilità di consegnare merci agli autisti mentre si trovano sulle rispettive rotte.

Questo perché negli ultimi anni i droni non hanno rimpiazzato i camioncini dedicati alle consegne ma si sono piuttosto guadagnati un ruolo di tutto rispetto nelle lavorazioni di ultimo miglio. Secondo le previsioni di Daniel Silva, nel giro di pochi anni i droni saranno coinvolti in specifiche fasi del processo di consegna.

Potrebbe non trattarsi della consegna dell’ordine al consumatore, proprio in ragione della normativa in materia di linea di vista, che allo stato attuale limita le applicazioni in ampia scala.

È possibile invece immaginare un coinvolgimento dei droni nella movimentazione delle merci all’interno dei magazzini piuttosto che nelle attività di inventario: «Penso che i droni avranno un ruolo definito - conclude Silva - ma non è detto che questo sia quello che tutti quanti immaginano, ovvero che possano consegnarti un pacco a casa».

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