Il ministero dell’Interno della repubblica separatista di Transnistria – de iure Moldavia – ha confermato le diverse esplosioni avvenute nel pomeriggio del 25 aprile al palazzo del ministero della Sicurezza dello Stato di Tiraspol, senza procurare vittime. Le deflagrazioni sono state generate dall’impiego di lanciagranate monouso.

Un attacco simile è stato condotto anche contro unità militari nel villaggio Parcani a 13 chilometri dalla capitale separatista.

La mattina del 26 aprile si sono verificate altre due esplosioni contro la stazione radiotelevisiva di Maiac, nel distretto centrale di Grigoriopol, a soli sette chilometri dal confine con l’Ucraina. L’antenna rotante a onde corte A30-31 d’origine sovietica specializzata nelle trasmissioni all’estero è stata sottratta al controllo di Chișinău nel 1991, in seguito alla proclamazione di indipendenza della Transnistria (2 settembre 1990). Da allora, le trasmissioni della radio nazionale moldava sono interrotte, mentre i programmi radiofonici russi hanno continuato a essere trasmessi per gli ascoltatori in Moldavia, Ucraina e altri paesi del quadrante dell’Europa centro-orientale. Su richiesta esplicita della Russia, nel 2007 il centro televisivo e radiofonico è stato venduto dal governo della “Repubblica moldava nistriana” all’Impresa unitaria dello Stato federale VGTRK, azienda pubblica russa attiva nel settore della teleradiodiffusione.

Alcune fonti locali segnalano inoltre l’impiego di munizioni calibro 60 contro l’aeroporto militare di Tiraspol, ristrutturato qualche anno fa per permettere l’atterraggio di pesanti aerei cargo. Evidentemente in ottica di un potenziale ponte aereo militare tra la Crimea e la Transnistria.

Il presidente della Transnistria Vadim Krasnoselsky ha immediatamente convocato il Consiglio supremo di sicurezza e dichiarato lo stato di massima allerta. Il codice rosso di allerta terrorista è al momento attivo per 15 giorni con il supporto di checkpoint addizionali ai confini della repubblica separatista. La missione Osce in Moldova chiede a tutte le parti coinvolte nei negoziati per la pace nel formato 5+2 (Osce, Moldavia, Transnistria, Ucraina, Russia, Usa, Ue) di evitare situazioni destabilizzanti nella Zona di sicurezza, onde evitare che la “guerra congelata” possa tornare a surriscaldarsi.

Gli atti dimostrativi nella regione separatista filorussa avvengono in un contesto di forte tensione regionale, dovuto alla vicina guerra d’Ucraina. Ecco perché possono essere oggetto di contrapposte speculazioni, nonché pretesto per future azioni belliche in Moldavia/Transnistria. Al momento, sia i funzionari di Chișinău sia le autorità di Tiraspol adottano un atteggiamento molto cauto, invitando la cittadinanza a non diffondere informazioni parziali che potrebbero generare pericolosi fraintendimenti.

Le testimonianze e le immagini audiovisive degli incidenti in Transnistria sono particolarmente scarne, anche per via di una stretta operata sia dai Servizi per l’informazione e la sicurezza della Moldavia sia dal Kgb transnistriano.

Per alcuni analisti i diversi attentati a distanza ravvicinata in località distanti tra loro sarebbero operazioni sotto falsa bandiera (false flag) organizzati dalla Russia per giustificare un intervento a protezione dei russofoni locali. Secondo altri, gli attacchi contro i presidi “russi” potrebbero essere correlati a infiltrazioni di gruppi ultranazionalisti ucraini nella piccola regione separatista. Non bisogna dimenticare infatti che, sebbene la lingua veicolare sia il russo, la popolazione locale è tripartita in modo quasi uguale in moldavi, russofoni e ucrainofoni.

L’impiego di lanciagranate RPG-27 Tavolga nell’attentato della capitale avvalora la prima ipotesi. Questi sistemi d’arma di fabbricazione russa sono infatti in dotazione solamente alla Russia, alla Giordania, al Gabon e alle milizie transnistriane stesse. Questo escluderebbe il coinvolgimento di apparati bessarabici o ucraini. Ma il condizionale è d’obbligo.

Le tensioni correlate ad attacchi terroristici sopraggiungono alla vigilia dell’attesa Giornata della Vittoria contro il nazismo (9 maggio), festa particolarmente sentita nella regione separatista filorussa. Quest’anno le celebrazioni avvengono in un contesto di forte contrapposizione ideologica tra il paese aggressore dell’Ucraina (la Russia) e le nazioni che ne supportano l’integrità territoriale (l’Occidente). La Repubblica Moldova – neutrale per costituzione – si trova anche geograficamente sulla faglia geopolitica dei due blocchi. Il fiume Nistru/Dnestr rappresenta una cesura netta tra due mondi contrapposti.

Le forze europeiste di maggioranza a Chișinău temono provocazioni politiche da parte delle forze d’opposizione filorusse prima e durante il 9 maggio. Il divieto di indossare i celebri gagliardetti/nastri di San Giorgio, che ricordano la più alta onoreficienza militare dell’impero zarista. Agli occhi delle autorità di Chișinău si tratterebbe di un’ostentazione inopportuna di sostegno verso un paese aggressore: oggi dell’Ucraina, ieri della Moldavia. Le stesse truppe di invasione in Ucraina ne stanno facendo ampio uso ufficioso. Le forze filorusse della Moldavia potrebbero sfidare frontalmente il governo appuntandosi sul petto i nastri a strisce nero-arancioni nella giornata simbolo della vittoriosa potenza militare russa.

Sia che si tratti di genuini atti di sabotaggio operati da gruppi filoucraini sia che si tratti di operazioni false flag pianificate dall’intelligence militare moscovita, la Russia potrebbe ora beneficiare di un elemento di propaganda interna e di un pretesto per l’intervento a protezione della minoranza russofona nella regione separatista della Moldavia. Il tutto nella cornice della seconda fase della guerra d’Ucraina che, secondo il comandante del distretto militare centrale della Federazione Russa Rustam Minnekaev, si prefigge l’obiettivo del “controllo totale” dell’Ucraina meridionale, dal Donbass alla Transnistria. Giacendo sul vertice meridionale della “linea rossa” putiniana, la regione separatista della Moldavia costituisce il confine più occidentale del Russkij Mir (mondo russo).