Messaggio di Xi a Taiwan: «Riunificazione inevitabile»

di Guido Santevecchi

Dopo gli stormi di aerei intorno all’isola, il discorso da Pechino: «La via pacifica nell’interesse della nazione, chi tradisce la storia farà una brutta fine». La replica: sul futuro dell’sola decidono i suoi 23 milioni abitanti

desc img

La riunificazione di Taiwan alla Cina «è storicamente inevitabile e sarà realizzata». Parola di Xi Jinping, che è tornato sulla questione in un discorso trasmesso in tv dalla Grande Sala del Popolo di Tienanmen dopo aver lanciato a inizio ottobre stormi di aerei da guerra intorno all’isola che ancora rifiuta di sottomettersi alla «inevitabilità».

Xi da quando è al potere, nel 2012, ha parlato molte volte della questione taiwanese, alternando toni concilianti alla minaccia di uso della forza. In questa occasione ha scelto la linea più moderata quando ha affermato che «la riunificazione attraverso mezzi pacifici è quella migliore per gli interessi della nazione cinese, compresi i compatrioti taiwanesi». Ma ha aggiunto che «coloro che dimenticano le loro origini, tradiscono la madrepatria e cercano di dividere il Paese non faranno una bella fine, saranno disprezzati dal popolo e condannati dalla storia».

In passato, Xi ha proclamato «missione storica» e «impegno irremovibile» riportare sotto il controllo del governo comunista l’isola dove nel 1949 si rifugiarono i nazionalisti Kuomintang di Chiang Kai-shek sconfitti nella guerra civile dall’Armata rossa di Mao. Nel 2019 ha esplicitamente sollevato lo spettro dell’azione militare dicendo di non volere e non potere fare «alcuna promessa di rinunciare all’impiego della forza, manteniamo l’opzione di ricorrere a ogni misura necessaria».

Questa volta Xi si è appellato alla storia e all’inevitabilità del raggiungimento dell’obiettivo che fa parte della sua promessa di «rinnovamento della nazione cinese».

I politologi del mondo globalizzato, da Taipei a Washington, si sono subito messi al lavoro per decifrare il discorso di Xi Jinping. Bisogna considerare che è stato pronunciato per celebrare i 110 anni della rivoluzione ispirata dal dottor Sun Yat-sen, che nel 1911 rovesciò l’ultimo imperatore della dinastia Qing fondando la Repubblica di Cina. Si tratta di una giornata di orgoglio nazionale, da una parte e dall’altra dello Stretto: Taipei la celebrerà domani. Xi ha invocato l’eredità del primo leader rivoluzionario Sun Yat-sen, che fondò il Kuomintang, e questo può essere letto come un segnale di rispetto nei confronti di Taiwan dove si ritirò il Kuomintang scacciato dal resto della Cina, osserva l’autorevole storico Rana Mitter, docente di politica cinese a Oxford. «Negli ultimi mesi, Pechino ha usato quasi solo un linguaggio minaccioso verso Taiwan e questo discorso di Xi può essere un tentativo di suggerire una via pacifica», dice il professore. Interpretazione sottile, ma bisogna ricordare che Xi ha più volte promesso che la risoluzione della questione taiwanese non può essere più lasciata alle generazioni future, come è stato fatto per oltre settant’anni dal dicembre 1949, quando Chiang Kai-shek sbarcò sull’isola e ci si arroccò. Da allora Taiwan si è autogovernata, evolvendosi da dittatura sotto legge marziale fino agli Anni 80 in democrazia matura, oltre che potenza economica.

Quando dice che la questione taiwanese non può essere passata senza soluzione alla prossima generazione di leader, Xi rivela il suo obiettivo: vuole essere lui il grande riunificatore. Ha ancora diversi anni per compiere la missione, perché ha fatto cambiare la Costituzione per essere presidente senza limiti di tempo e l’anno prossimo il Congresso del Partito comunista gli accorderà un altro lustro da Segretario generale. Ma per portare a termine la missione «inevitabile» della riunificazione di Taiwan, Xi si è lasciato poche opzioni. La carta migliore era quella «Un Paese due Sistemi», usata per ottenere la restituzione di Hong Kong dai colonizzatori britannici. Ma a Taipei hanno osservato bene come si è chiusa la questione hongkonghese negli ultimi mesi e un’ipotesi di riunificazione su quel modello è ormai morta.

Questa settimana il ministro della Difesa taiwanese ha dato l’allarme sui preparativi di attacco cinese, ammonendo che nel 2025 Pechino avrà la capacità per tentare l’invasione; la presidente Tsai Ing-wen ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché eviti la «catastrofe della caduta di Taiwan in mano cinese».

Oggi la risposta di Taipei al discorso di Xi è stata formulata dal Consiglio per le Relazioni con la Cina: i 23 milioni di abitanti dell’isola hanno il diritto di decidere il futuro e lo sviluppo di Taiwan; il modello Un Paese due Sistemi si è dimostrato sbagliato. Domenica 10 ottobre parlerà la presidente Tsai Ing-wen, nel giorno che Taiwan ha scelto per celebrare la Festa nazionale per la rivoluzione repubblicana di Sun Yat-sen. Davanti al palazzo presidenziale di Taipei si svolgerà una parata militare con missili e sfrecceranno aerei, per segnalare a Pechino la volontà di resistere.

9 ottobre 2021 (modifica il 9 ottobre 2021 | 11:56)