20 ottobre 2020 - 14:57

Gli Stati Uniti contro Google: «Condotta illegale per soffocare la concorrenza»

Si tratta dell‘azione legale più aggressiva degli Usa nei confronti di un colosso tecnologico degli ultimi vent’anni

di Martina Pennisi

Gli Stati Uniti contro Google: «Condotta illegale per soffocare la concorrenza»
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Stati Uniti contro Google: «Un caso monumentale», per usare le parole del procuratore generale William Barr. È iniziato ieri, con la causa Antitrust intentata dal dipartimento di Giustizia americano contro Google, accusato di aver adottato pratiche anticoncorrenziali per mantenere il proprio monopolio nei settori di ricerca online e pubblicità per la ricerca online. A fianco del dipartimento undici Stati, fra i quali Florida, Texas e Georgia. New York deve ancora concludere la sua indagine.

La prevista e procedente stretta di Washington sulle BigTech parte dunque da Mountain View, a due settimane dalle elezioni presidenziali e due settimane dopo il rapporto monstre della sottocommissione Antitrust della Camera: «Dalla mia conferma, ho dato la priorità all’analisi delle piattaforme leader del digitale per garantire che l’industria tecnologica rimanga competitiva. Milioni di americani si affidano quotidianamente a Internet e alle piattaforme. La concorrenza è di vitale importanza» ha spiegato Barr.

In che modo Google la soffoca, secondo le 64 pagine di accusa? Viene definito «l’unica porta d’accesso per Internet (gatekeeper, in inglese, ndr)» che si accorda per miliardi di dollari ogni anno con produttori di dispostivi, operatori di telecomunicazioni e altri canali di distribuzione per fare in modo che il suo motore di ricerca sia l’opzione predefinita per i consumatori. Le intese sono fuori dalla portata economica dei concorrenti più piccoli: quella con Apple per assicurare la presenza del motore di ricerca Google all’interno del programma di navigazione degli iPhone, Safari, vale 8 miliardi all’anno secondo le stime di Sanford C. Bernstein & Co., per esempio.

L’accusa di favorire i propri servizi non è nuova, soprattutto se vista dall’Europa, dove nel 2018 Google è stato multato per 4,3 miliardi di euro per il modo in cui si spianava la strada nel (suo) sistema operativo Android, che con iOs dell’iPhone si spartisce il mercato degli smartphone. Ecco come BigG si mette in condizione di controllare i canali di distribuzione che rappresentano anche l’80 per cento delle ricerche fatte negli Stati Uniti: o ci arriva con il suo marchio, o paga.

La difesa del colosso: «Le persone usano Google perché scelgono di farlo, non perché sono costrette o perché non riescono a trovare alternative. Questa causa non fa nulla per aiutare i consumatori. Al contrario, sosterrebbe artificialmente alternative di ricerca di qualità inferiore, aumenterebbe i prezzi dei telefoni e renderebbe più difficile ottenere i servizi di ricerca desiderati» ha scritto il vicepresidente per gli affari globali Kent Walker in una nota. E ha paragonato gli accordi stretti dalla sua azienda a quelli di un marchio di cereali con un supermercato per posizionare la merce sugli scaffali.

E adesso?
Con l’azione più forte contro un colosso del tech da quella contro Microsoft degli anni ‘90, il dipartimento definisce la condotta di Google «illegale» e chiede che venga fermata. Si prospetta una lunga battaglia giudiziaria, ed è solo il primo passo sull’asse Washington-Silicon Valley.

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