9 novembre 2020 - 07:03

Coronavirus, Richeldi (Cts): «Troppi casi non gravi in ospedale. Sarà un inverno duro»

Un terzo dei ricoverati potrebbero rimanere a casa e non intasare i reparti: «Gestire la malattia col saturimetro»

di Margherita De Bac

Coronavirus, Richeldi (Cts): «Troppi casi non gravi in ospedale. Sarà un inverno duro»
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C’è bisogno degli algoritmi per capire che gli ospedali italiani sono di nuovo sotto stress?
«Servono strumenti sofisticati per valutare correttamente l’evoluzione dell’epidemia e mantenere l’equilibrio tra il controllo della diffusione del virus e la salvaguardia delle attività economiche, nei limiti del possibile», non raccoglie la provocazione Luca Richeldi, componente del comitato tecnico scientifico (Cts). Secondo lo pneumologo della Fondazione Policlinico Gemelli il metodo delle zone colorate in questa fase è difficilmente sostituibile: «È il risultato di un lavoro di mesi e del continuo confronto con esperti internazionali per migliorarlo».

Non è più efficace dire semplicemente agli italiani restate a casa perché il virus è ormai diffuso ovunque e le regioni gialle potrebbero diventare rosse?
«Chiusure più pesanti e generalizzate non sarebbero sostenibili nel tempo. Ci attendono altri mesi difficili perché l’epidemia influenzale è in arrivo e si sovrapporrà al Covid. Solo restando a casa e limitandoci a spostamenti necessari si impedisce al virus di circolare».

I dati trasmessi dalle Regioni sono veri?
«Non ci sarebbe motivo di inviare numeri diversi dalla realtà. Le misure di contenimento che poi vengono indicate non sono punitive, ma difensive per cui deve essere interesse comune di attuarle».

Ieri non sono arrivati da alcune Regioni i dati per il monitoraggio e le nuove decisioni sono state rinviate a domani. È sempre convinto che questo sistema sia valido?
«Teniamo conto della giornata festiva. E magari pensiamo ottimisticamente anche che ci sia una maggiore cura nella elaborazione di numeri che da qui in poi saranno ancora più importanti».

La situazione peggiorerà?
«Il difficile è prevedere il futuro guardando il passato visto che i dati fotografano contagi avvenuti in media due settimane prima. Le epidemie si diffondono rapidamente e si estinguono molto lentamente. Prepariamoci a una maratona».

Gli ospedali sono allo stremo in diverse aree.
«Il problema non sono più solo le terapie intensive ma il grande numero di pazienti che, spontaneamente o su consiglio del medico curante, arrivano al pronto soccorso con sintomi. Sono spaventati, spesso è difficile rimandarli a casa e vanno ricoverati. Credo che il fenomeno riguardi almeno un terzo di quelli che entrano in ospedale. Le Regioni stanno chiedendo agli ospedali di aumentare i posti letto ordinari e sub-intensivi. Ovviamente salvaguardando le altre attività cliniche e chirurgiche. Ciò rappresenta un grande sforzo»..

Come se ne esce?
«Le persone con sintomi non gravi dovrebbero essere curate a casa quanto più possibile e gestite a distanza».

E quelli che non riescono a contattare il medico?
«Ogni famiglia dovrebbe avere in casa uno strumento indispensabile quanto il termometro, il saturimetro, che serve a misurare il valore dell’ossigenazione nel sangue. Con valori sopra il 92%, si può escludere ragionevolmente la polmonite. In questo caso la malattia può essere gestita a domicilio. La misurazione va effettuata più volte al giorno. La società italiana di pneumologia sta avviando una campagna di donazione. Verranno distribuiti attraverso la rete delle farmacie 40mila saturimetri , soprattutto a famiglie con pazienti affetti da malattie respiratorie. Attualmente credo che meno del il 10% degli italiani ne possiedano uno».

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