Matteo, vincitore del Certamen ciceronianum: «Pensavo di essere stato impreciso. Chiunque può farcela»

di Valentina Santarpia

Il diciottenne che ha trionfato ad Arpino e la sua passione per le lingue classiche. I consigli per la maturità: «Per tradurre individuare prima i verbi, poi il soggetto. Attenzione all’autore e all’opera. E usare con parsimonia il dizionario»

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Ha tre nomi, doppio cognome, una famiglia di geologi alle spalle e un altissimo senso del dovere che non lo abbandona mai, eppure quando è stato premiato non ci credeva: Matteo Lorenzo Guglielmo Palandri Raggi è il vincitore del Certamen ciceronianum, la più importante competizione europea per studenti latinisti. «È vero, ascoltando i nomi dei premiati ci ero rimasto anche un po’ male: leggevano i nomi, e il mio non c’era... mica ci credevo che potevo essere proprio il primo. È stata un’emozione fortissima», racconta lo studente al quinto anno del liceo classico Parentucelli di Sarzana (La Spezia), 18 anni compiuti il 17 marzo, che ad Arpino (Frosinone) ha battuto su ragazzi e ragazze di sette nazioni e anche dalla Corea del Sud.

«Non ero soddisfattissimo della mia versione- racconta Matteo- perché confrontandola con la traduzione ufficiale ho notato molte imprecisioni, e poi avevo notato che mi ero limitato a due pagine di commento, mentre molti altri avevano pagine e pagine». E invece la sua lettura era solo quella, «troppo severa», inculcata da anni di studio e rigore: «È vero, a volte mi trovo ad andare a letto ad orari improbabili per studiare: i professori vanno molto avanti con il programma. Però non sono un secchione, vado in piscina tre volte a settimana, dopo esco con gli amici: la verità è che sono lento, dovrei velocizzarmi un po’», sorride.

Eppure guai a dirgli che potrebbe essere l’influenza di quelle che chiamano tutti «lingue morte»: «Per carità, greco e latino sono lingue classiche, non morte: stimolano la creatività, la fantasia, la capacità di riflessione e ragionamento, ci insegnano a esprimere posizioni personali, a riflettere su quello che studiamo, aprono la mente, sviluppano il libero pensiero». E pensare che quando era piccolo amava matematica e scienze: «Poi ho avuto quella che chiamerei una specie di conversione, e sono passato alle materie umanistiche: prima mi ha appassionato la storia, poi la letteratura. E ora mi ritrovo che sogno di fare il filologo, o di insegnare all’università». Sembra un mostro sacro, uno che nel tempo libero legge i libri greci tradotti da Quasimodo o la Medea di Euripide, e che ricorda come viaggio più bello della vita quello a Napoli per il Certamen: e invece Matteo è sicuro che chiunque possa farcela: «Non mi stupisco che una studentessa del tecnico abbia vinto le Olimpiadi di italiano: bastano passione e impegno e tutti possono farcela. I classici non vanno messi sul piedistallo, ma attualizzati». E infatti lui, confida, ama scambiare citazioni e battute in latino coi suoi amici del cuore, che «condividono il mio interesse: con gli altri no, mi sentirei saccente».

Però non si tira indietro se c’è da dare qualche piccolo consiglio a chi sta per affrontare la seconda prova della maturità: «Individuare prima i verbi, quindi distinguere i verbi principali dai coordinati o subordinati, per ogni proposizione individuare oltre al verbo il soggetto, qualora sia espresso. Usare in maniera razionale il vocabolario e cercare di capire il significato di un termine già dal contesto della frase. Fare attenzione all’opera da cui è tratto il testo e all’autore: può aiutare nella comprensione del testo. Infine, attenzione alle frasi fatte sul dizionario: assicurarsi che siano dello stesso autore, non lasciarsi ingannare da frasi simili a quella da tradurre ma non del tutto uguali».

Lui è già pronto: pensa a Creta, probabile meta del viaggio post maturità, e più in là alla Val Pusteria, in Trentino Alto Adige, dove vorrebbe vivere: «Amo le montagne. Insieme ai miei tre amici del cuore e ai miei libri sono le cose da cui non mi separerei mai».

16 maggio 2022 (modifica il 16 maggio 2022 | 21:51)