Oggi, domani, dopo domani potrebbe essere l’ultimo giorno del Battaglione Donbass, accerchiato dai russi nel villaggio di Solodke, nel territorio di Donetsk. È l’epilogo del unità con compiti speciali meno nota del famigerato Battaglione Azov – col quale tutti, almeno negli ultimi venti giorni, abbiamo fatto conoscenza attraverso i titoli dei giornali – ma ugualmente agguerrita, risolute, e indispensabile per la strenua resistenza nell’Ucraina orientale. Che ora rischia di soccombere sotto i colpi delle forze soverchianti inviate da Mosca. Insieme ai soldati inviati dal Cremlino, ci sono anche le milizie separatiste della autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, che combattono contro il battaglione Donbass dal 2014 e al quale attribuisce crimini di guerra che esigono vendetta.

Secondo quanto riportato dal portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, le truppe russe sono in procinto di “completare la sconfitta del battaglione nazionalista del Donbass” nel corso di quella che ancora viene definita “operazione militare speciale” in Ucraina. I superstiti e le piccole formazioni in cui è stata sbriciolata quella che venne considerata da Kiev come una delle più agguerrite milizie nazionaliste nate dopo l’annessione della Crimea, sono rimasti accerchiati insieme a quel che rimane, o rimaneva, della 53esima brigata meccanizzata dell’Forze armate dell’Ucraina. I combattimenti, almeno fino alla divulgazione degli ultimi dispacci, proseguono negli insediamenti di Sladkoye, Novoukrainka e Shakhterskoye.



Dalle origini controverse fino all’ultima resistenza

Nato come unità indipendente per la difesa territoriale al pari dei battaglioni Aidar, Dnepr-1, e Azov, il battaglione Donbass fu creato per iniziativa di Semen Semenchenko in seguito all’occupazione russa della Crimea e a quella che ai tempi veniva vista come una “possibile invasione dell’Ucraina continentale” da parte di Mosca. Venne integrato come 2° Battaglione con compiti “speciali” inquadrato del 15esimo Reggimento della Guardia Nazionale Ucraina. Impossessandosi di incarichi strategici e “regolari”, senza però cancellare la sua origine controversa e una pessima reputazione. Secondo i russi e i russofili, infatti, i suoi combattenti si sarebbero macchiati di numerosi crimini, tra cui la tortura e lo stupro. Tutti i crimini vennero commessi durante la guerra del Donbass.


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Quando l’esercito ucraino era allo sbando, un gruppo molto eterogeneo di “volontari” – ingegneri, agenti di cambio, studenti, giornalisti e fanatici nazionalisti – risposero alla chiamata di Semenchenko, e decisero di occupare un campo estivo nel settore orientale del Paese con l’obiettivo di armarsi e fare proprie le tattiche della guerriglia in vista di una “rivoluzione”. Ad addestrare il neocostituito battaglione – che ha sempre ricevuto delle “donazioni” pervenute di patrioti ucraini mai identificati per sostenersi – furono vecchi veterani dell’esercito regolare – alcuni dei quali avevano prestato servizio durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Curioso come il tempo e l’ingerenza di Mosca siano finiti per rendere questa milizia indipendente una delle migliori risorse militari di Kiev. Un’unità speciale composta da uomini pronti a battersi fino alla morte pur di difendere l’Ucraina da russi e filo-russi. Un epilogo almeno secondo i bollettini di guerra ricevuti negli scorsi giorni dal Cremlino, sembra essere in procinto d’essere onorato.

Stupri e torture, il monitoraggio dell’ONU

In passato rapporti e testimonianze accusarono i soldati del Battaglione Donbass d’essere stati protagonisti di diversi crimini e violazioni dei diritti umani nei confronti della popolazione civile ucraina della regione di Donetsk. Essi avrebbero goduto, secondo l’opinione comune, di una prolungata impunità. A questo, e a numerosi altri eventi viene collegata la “denazificazione dell’Ucraina” ordinata da Putin attraverso la cosiddetta “operazioni militari speciali”.

Alcuni combattenti del battaglione Donbass sono stati portati a processo con l’accusa di “banditismo, rapimento, rapina a mano armata, estorsione, teppismo e detenzione illegale di armi”. A queste accuse poco lusinghiere, andarono ad aggiungersi nel corso del tempo quelle di stupro – che videro coinvolti anche alcuni uomini inquadrati nel battaglione Avoz; e quelle di tortura. Denunciate nel corso della battaglia di Ilovaisk e verificate della missione per il monitoraggio inviata delle Nazioni Unite nell’Ucraina orientale. Nell’agosto del 2014 una dozzina di uomini in età militare vennero rinchiusi in una scuola da alcuni membri del battaglione Donbass con il fine di estorcer loro confessioni e scoprire se erano affiliati alle forze nemiche. Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani si trattò di tortura. Una fossa comune con tre corpi, inoltre, venne rinvenuta nelle vicinanze della scuola.

L’ultima resistenza del Donbass

Il 20 di marzo le truppe russe hanno dichiarato d’essere penetrate in territorio nemico per oltre 12 chilometri, con l’obiettivo di raggiungere l’area di Nikolskoye. La manovra di accerchiamento sarebbe stata condotta con unità di combattimento della Repubblica popolare di Donetsk. Così l’insediamento dove si erano asserragliati gli ultimi superstiti del Battaglione Donbass insieme ad altri sbandati della 53esima brigata ucraina, si sono trovati circondati “da tre lati”. Non ci sono stime sul numero di effettivi rimasti in vita. Ma è noto che battaglione ucraino poteva contare all’inizio dell’invasione su 900 uomini. Secondo le fonti della Difesa russa solo durante le ultime fasi dell’accerchiamento 60 di loro sono caduti. Sono stati distrutti inoltre diversi veicoli corazzati e armamenti pesanti che avrebbero consentito una migliore difesa delle posizioni.

Considerati i conti in sospeso con i filo-russi di Donetsk, difficilmente assisteremo ad una resa. Gli uomini del battaglione Donbass combatteranno davvero fino all’ultimo uomo; che sia per la libertà dell’Ucraina, per quella del Donbass o per onorare i camerati caduti, non deve aver più alcuna importanza.