Chi è Fumio Kishida, il nuovo primo ministro giapponese

Fumio Kishida, già ex ministro degli Esteri giapponese, è il primo ministro del Giappone – per l’esattezza il centesimo – dal 4 ottobre 2021. Dopo aver vinto le elezioni interne al Partito Liberaldemocratico (LDP), il centrodestra nipponico al momento a capo della coalizione governativa, Kishida ha incassato la fiducia del parlamento e preso il posto dell’uscente Yoshihide Suga. Ricordiamo che in questo Paese, per convenzione, il leader del partito di maggioranza ricopre anche il ruolo di premier.

Kishida è nato a Shibuya il 29 luglio 1957. Proviene da una famiglia coinvolta nella politica da due generazioni. Suo padre e suo nonno erano infatti entrambi membri della Camera Bassa, mentre l’ex primo ministro nipponico Kiichi Miyazawa risulta essere un suo lontano parente. L’ex Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria è invece suo cugino Yoichi Miyazawa.

Nella vita di Kishida è fondamentale il trasferimento a New York. Ancora bambino, è volato oltre oceano per un breve lasso di tempo, accompagnando suo padre, all’epoca impegnato in un lavoro negli Stati Uniti. Qui il piccolo Kishida ha frequentato la scuola elementare nel quartiere Queens, dove ha assaggiato non poche discriminazioni razziali.

Questa parentesi biografica ha segnato tanto il comportamento quanto la futura politica di Kishida, incentrata su giustizia ed equità. Rientrato in patria, ha studiato legge presso la Waseda University – dove è diventato amico del politico Takeshi Iwaya – per poi laurearsi nel 1982.

Prima del “grande salto” tra le fila dell’LDP, Kishida ha lavorato sia presso l’allora Long-Term Credit Bank of Japan, sia come segretario di un membro della Camera dei rappresentanti. L’ingresso vero e proprio nel mondo politico è arrivato nel 1993, quando Fumio Kishida è stato eletto alla Camera dei rappresentanti in occasione delle elezioni generali del 1993, rappresentando il primo distretto di Hiroshima.

Dal 2007 al 2008 ha ricoperto la carica di ministro degli Affari di Okinawa, in parte nel governo guidato da Shinzo Abe, e in parte in quello di Yasuo Fukuda. A quel punto è diventato ministro di Stato responsabile dei consumatori e della sicurezza alimentare di quest’ultimo, salvo occuparsi anche di scienza e tecnologia nello stesso gabinetto Fukuda. Nel 2012 è entrato nel nuovo governo Abe nelle vesti di ministro degli Esteri, diventando, tra l’altro, il ministro degli Esteri giapponese più longevo nella storia della sua nazione dal dopoguerra ad oggi.

Nel 2017 ha lasciato il governo per diventare presidente del Consiglio per la ricerca politica dell’LDP. Gli esperti hanno subito alzato le antenne designandolo tra i possibili eredi di Abe, visto che quella posizione è considerata una sorta di trampolino di lancio verso la leadership del partito. Del resto l’LDP ha guidato il Giappone per oltre 60 anni, e il leader del partito maggioritario è convenzionalmente premier.

Non ha succeduto Abe quando, nel 2020, l’ex primo ministro si è dimesso. “Kishida è per il tempo di pace, non per i tempi difficili”, dichiarò in quei giorni il vice primo ministro Taro Aso. In ogni caso, non è stato incluso nel governo Suga, nonostante la sua fazione godesse di un certo peso, con due seggi di governo.

Il 29 settembre 2021 Fumio Kishida ha vinto le elezioni interne al DLP, diventando primo ministro almeno fino alle nuove elezioni politiche, in calendario il prossimo novembre. Nel primo turno ha battuto Taro Kono di un solo voro; ha quindi superato Kono, ancora una volta, sconfiggendolo al ballottaggio, ottenendo 257 voti contro 170. Kono, responsabile della campagna vaccinale del Giappone e candidato alla vittoria, ha dovuto sorprendentemente alzare bandiera bianca nonostante i sondaggi lo descrivessero come uno dei favoriti.

Ricordiamo che l’elezione di Kishida come leader del partito – e quindi del Giappone, essendo i liberaldemocratici in maggioranza – è arrivata in un momento delicatissimo, tanto per il Partito liberaldemocratico che per il Paese. I consensi del partito sono calati a causa della gestione della pandemia di Covid, non giudicata al meglio da molti cittadini.

In ogni caso, Kishida viene descritto come meno popolare, carismatico e appariscente dei suoi avversari politici, ma pur sempre un uomo affidabile. Dopo aver perso le elezioni contro Suga, ecco il riscatto inatteso. “Adesso sono convinto di essere il leader giusto”, ha dichiarato entusiasta.

L’ascesa della Cina, l’instabilità della Corea del Nord, i dissidi storici con la Corea del Sud. E ancora: l’alleanza – probabilmente, in parte, da ridefinire – con gli Stati Uniti, la riorganizzazione della Difesa giapponese e, ancora, l’economia nazionale da risanare. Tante sono le sfide che attendono Kishida, catapultato in un ruolo di primaria importanza in un periodo storico del tutto particolare, tra le tensioni internazionali in crescita e l’ombra del Covid non ancora svanita del tutto.

Kishida è uno strenuo sostenitore dell’alleanza tra Usa e Giappone, e ha più volte parlato dell’importanza di contrastare l’espansione militare di Pechino nell’area del Pacifico. È pur vero che la Cina rappresenta per Tokyo un fondamentale partner commerciale, e giocare sul filo di questo equilibrio sarà un’impresa ardua.

Dal punto di vista economico, accanto al debito nazionale sempre più enorme, la necessità di una riforma generale e a una bolla del mercato azionario ormai pericolosissima, Kishida ha promesso di ricostruire il Paese mediante varie proposte. Una su tutte: la creazione di un fondo di 90 miliardi di dollari nei settori della biologia, della scienza e della tecnologia come punto di partenza.

C’è poi da non trascurare le lotte intestine che Kishida potrebbe dover affrontare all’interno del suo stesso partito, soprattutto quelle con uno dei suoi predecessori, Shinzo Abe, secondo gli esperti ancora molto influente da dietro le quinte. Dal punto di vista della Difesa, proprio come molti membri del suo partito, Kishida sostiene che il Giappone dovrebbe possedere le facoltà di attaccare le basi nemiche, e cioè le capacità di lanciare missili verso gli eventuali rivali.

Kishida ha espressamente parlato di “nuovo capitalismo” come soluzione per risolvere l’insoddisfazione pubblica e incoraggiare le aziende a distribuire più profitti ai lavoratori della classe media, vessati da anni di ristagno.

Scendendo nel dettaglio, l’erede di Suga ha parlato di un pacchetto di stimoli fiscali per superare lo choc causato dalla pandemia di Covid-19, evidenziando la necessità di ridurre le diseguaglianze sociali, nel frattempo aumentate un po’ in tutto il mondo.

Il premier ha spiegato che il neoliberismo e la deregolamentazione che il Giappone ha abbracciato nei primi anni Duemila, durante l’era delle riforme dell’ex primo ministro Junichiro Koizumi, hanno ampliato il divario tra ricchi e poveri. “Senza la distribuzione della ricchezza non ci sarà un aumento dei consumi e della domanda. Non ci sarà un’ulteriore crescita se la distribuzione della ricchezza viene persa”, ha detto Kishida durante una presentazione delle sue proposte economiche.

Il 24 febbraio 2022, in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, Kishida si è unito ad altri leader delle nazioni del G7 per imporre sanzioni economiche contro la Russia. Le sanzioni proposte da Kishida sono molto più dure di quelle, per lo più simboliche, imposte dall’allora governo di Shinzo Abe a Mosca in seguito all’annessione russa della Crimea nel 2014.

I leader del Partito Liberal Democratico, probabilmente temendo che una risposta poco brillante da parte del Giappone alla crisi ucraina potesse tradursi in una mancanza di sostegno da parte degli alleati europei in caso di una potenziale aggressione cinese contro Taiwan, sono quindi entrati a gamba tesa contro il Cremlino.

Questo ha tuttavia generato nuove tensioni tra Giappone e Russia, in primis il ritorno della storica disputa territoriale russo-giapponese sui famigerati “territori del nord” (Isole Curili comprese) rimasta per decenni a covare sotto la cenere in nome di commercio e convenienza reciproca. Kishida è dunque chiamato a sciogliere, o quanto meno a gestire, un nodo spinosissimo.

Kishida si è ritrovato a fare i conti con l’assassinio di Shinzo Abe. L’ex premier giapponese è stato ucciso l’8 luglio 2022. In quell’occasione, l’attuale premier ha condannato l’autore del gesto ma ha rifiutato di sospendere la campagna politica per dimostrare che la democrazia non sarebbe stata ostacolata dalla violenza.

In seguito, Kishida ha accusato l’insufficiente protezione della polizia per aver consentito l’omicidio. A causa dei resoconti dei media sui legami tra l’LDP e la Chiesa dell’Unificazione, una setta coreana accusata di aver truffato seguaci giapponesi, inclusa la madre del killer di Abe, il 10 agosto 2022 Kishida ha rimescolato il suo gabinetto. Kishida ha infatti rimosso il fratello di Abe, Nobuo Kishi, dal ruolo di Ministro della Difesa.

Ricordiamo che, mentre la maggior parte dei membri dell’LDP, inclusi Shinzo Abe e Nobuo Kishi, erano in qualche modo, almeno indirettamente, legati alla chiesa in vari gradi, lo stesso Kishida è considerato estraneo alla setta.

Il Giappone, preoccupato dalle maxi esercitazioni congiunte organizzate dalla Russia nel Mar del Giappone nel settembre 2022, è pronto ad intensificare gli sforzi per consolidare le proprie difese militari, in particolare il settore missilistico.

L’espansione della Cina, la militarizzazione del Mar Cinese Meridionale – dove tiene banco la questione taiwanese – l’instabilità della Corea del Nord, i cui missili spaventano eccome gli alti comandi statunitensi e gli alleati locali, e, di recente, anche la ritrovata imprevedibilità della Russia, con la quale esiste il conto aperto delle terre contese delle Isole Curili. Tokyo ha abbastanza problemi da risolvere, tanto che, già da diversi anni, nella capitale giapponese si dibatte su come riformare la Costituzione pacifista.

La patata bollente è ora nelle mani di Fumio Kishida. Il quale, nel libro bianco del 2022, un documento in cui vengono sostanzialmente indicati gli obiettivi militari di Tokyo in base al quadro geopolitico internazionale, ha fissato l’obiettivo del Paese ad una crescita della spesa militare al 2% del pil, così da prepararsi nel caso di una guerra a Taiwan o altri conflitti.